gérer sa fortune il Leroy-Beaulieu ne diede
fre-quenti e suggestivi saggi), l'applicazione del mede-simo dopo l'infausta data si riflette nei bilanci delle stesse compagnie in modo assai meno fortu-nato, se non disastroso (il Miremonde ne cita alcuni significativi esempi). Piuttosto che da paracadute contro le .improvvise flessioni dei valori locali, il possesso dei titoli stranieri sembra aver spesso funzionato da acceleratore. Convien notare tut-tavia che i casi ricordati non possono assumersi a indice delle conseguenze inevitabili del sistema, in quanto, dinante la guerra, in Francia ed in Inghilterra, lo Stato requisì, più o meno volonta-riamente, i titoh esteri espressi in valute pregiate per servirsene a regolare i cambi, lasciando ai loro proprietari soltanto i peggiori (dei paesi nemici od insolventi). Naturalmente così non agì l'assicu-razione predisposta.
CAPITOLO P R I M O LA G E S T I O N E P A T R I M O N I A L E
Bimane, comunque, intuitivo che il principio della ripartizione geografica degli impieghi, ottimo finche le guerre avevan carattere particolare, si adatta assai meno ad un periodo nel quale ogni rottura di equilibrio in un punto qualsiasi minaccia di degenerare in conflagrazione mondiale. Tanto più difficile riesce poi applicarlo razionalmente allorché gli orientamenti politici dei vari Stati, anziché apparir consolidati in raggruppamenti e direttive fissate da trattati o comunque apparenti, ondeggiano incerte, schiudendo l'adito a qualunque improvvisa novità di combinazioni. È in vista di tali circostanze che parecchi autori (per esempio E. G. Levy) consigliano oggi di astenersene rigo-rosamente.
Concludere senz'altro in codesto senso sembra tuttavia esagerato. Oltre al vantaggio della reci-proca assicurazione, i valori esteri presentano quello di consentire degli arbitraggi assai lucrosi, sulla base delle sensibili differenze di interesse
reale (cioè comportante un accurato confronto delle quote comparative di rischio). Nell'immediato anteguerra i portatori di consolidato italiano 3,50 % (artificialmente valorizzato dalla politica finan-ziaria del governo e, più ancora, dalla predile-zione non ragionata dei nostri risparmiatori), avrebbero realizzato un aumento di reddito facile e sicuro anche comprando semplicemente dei titoli pubblici stranieri, almeno altrettanto solidi
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cesi, germanici, olandesi, svedesi, svizzeri, nord-americani, ecc.). Nè oggi la possibilità di opera-zioni simili mancherebbe. Non si vede il perchè si dovrebbe rinunciarvi a •priori, quando i divieti legali, che han carattere provvisorio, fossero cessati.
Evidentemente il problema si riduce anche questa volta ad una accurata discriminazione di persone e di beni.
Sulla convenienza pei grandi organismi finan-ziari di non limitare ad un mercato il raggio delle loro operazioni non fa d'uopo insistere. Come pure è naturale che i grandi capitalisti, industriali, commercianti, che, pei rapporti d'affari, si trovano in grado di apprezzare con sufficiente esattezza le condizioni offerte agli investimenti lontani di ogni specie, ne approfittino largamente. E vedremo più tardi in che modo la loro intermediazione intel-ligente dischiuda talvolta le stesse agevolezze anche ai risparmiatori comuni.
Riguardo invece a questi ultimi, se agenti iso-latamente e direttamente, escluderemo subito dagli impieghi consigliabili in territorio estero gli immo-bili. La necessità di visitarli, almeno di quando in quando, personalmente, li rese sempre poco con-venienti a proprietari lontani; ma, colla recente recrudescenza di violente passioni nazionalistiche, la condizione di costoro si è resa sempre più pre-caria, nè essi posson più contare sulla tutela
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parziale del diritto comune. Durante lo svilimento della corona e del marco, furono molti i capita-listi stranieri che acquistarono stabili (sopratutto case) in Germania ed in Austria, per sfruttare il ritardo dei prezzi interni ad adeguarsi al livello oro. Ben presto però lo Stato tedesco, emanando misure di valorizzazione dei vecchi debiti, adottò tali provvedimenti nei riguardi di codesti compra-tori da indurli ad abbandonare i beni acquistati, piuttosto che sopportare i carichi confìscatori che loro venivano imposti. Similmente, le riforme agrarie espropriatici decretate da parecchi Stati dell'Europa orientale ebbero in parte lo scopo spe-cifico di spogliare i grandi proprietari di terre, in vista sopratutto della loro nazionalità o di-scendenza.
L'Ungheria reclama tuttavia inutilmente dalla Romania un congruo indennizzo pei latifondisti transilvani colpiti dalla legge che loro tolse le tenute con indennità derisorie. E perdite non meno gravi subirono i grandi proprietari di stirpe tedesca in Polonia, Estonia, Lituania, Ceco-Slo-vacchia, ecc. L'antipatia popolare che circonda in tanti luoghi il diritto di proprietà privata fon-diario diviene doppiamente pericoloso quando questo ha per titolari degli stranieri, i quali, nella migliore ipotesi, non potran contare sopra un trat-tamento imparziale nel caso di conflitto giuridico con inquilini, coloni, affittuari, ecc. La lentezza
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di realizzo degli stabili, le formalità e le spese che l'operazione comporta, la facilità di vietarne i tra-passi e di sottoporli a sequestro, li renderà inoltre vulnerabili più d'ogni altra forma di proprietà, ove scoppino le ostilità fra i due paesi. Affrontare tante alee senza adeguato compenso (perchè la gestione delegata di beni immobili è gravata di costi ecce-zionali) equivale dunque alla peggiore delle spe-culazioni.
Gli stessi motivi di astensione non sussistono invece pienamente, rispetto all'acquisto, anche per parte di privati, di una buona scelta di valori mobiliari esteri.
Si ebbero certo testé dei clamorosi esempi di aperto ripudio o di larvata insolvenza di taluni Stati verso i loro creditori. Né è affatto provato" che certe politiche monetarie non si siano proposte lo scopo segreto di annullare, per via indiretta (come in pratica accadde) il debito verso i medesimi.
Altri però han fatto onore brillantemente ai loro impegni, creando ai portatori dei loro titoli una situazione privilegiata. La verità è che un capitalista il quale nel 1913 avesse distribuito con criterio il proprio avere in valori pubblici di molti Stati diversi, se avrebbe sofferto le perdite ine-renti all'elevarsi universale del saggio di capitaliz-zazione, si sarebbe tuttavia salvato meglio di colui che convertì la sua sostanza in consolidato di un solo paese. Evidentemente il risultato non sarebbe
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stato ottenuto con una scelta fatta meccanica-mente o a casaccio. Occorreva esaminare serena-mente il quadro politico internazionale, per sta-bilire con qualche approssimazione quali Stati presentassero maggiori probabilità di mantenersi neutrali in caso di conflitto fra i due ostili raggrup-pamenti che si venivan chiaramente delineando.
L'osservatore obbiettivo del 1913 avrebbe ovvia-mente elencate, in tale categoria, le nazioni ame-ricane e scandinave, il Belgio, la Svizzera, la Spagna, l'Olanda. Per quanto errando riguardo a taluna di esse (l'invasione del Belgio fu realmente evento sconcertante), non può disconoscersi che un portafoglio composto su tali plausibili previ-sioni si sarebbe comportato ottimamente in con-fronto ad un altro rigorosamente specializzato, o
costituito con norme automatiche di indifferenza eclettica.
Tanto meglio ciò può dirsi ove si tratti di valori industriali, specie se a reddito variabile, invece che di pubblici, a frutto fisso. La varietà della scelta, non meno dell'ubiquità della collocazione, han campo con essi di esercitarsi in modo assai più agile e più amino. Ma, tanto più in essi si impone la prontezza di movenze, illuminata dall'assidua vigilanza delle condizioni del mercato.
« La divisione geografica degli imirieglii, insomma, dice il Miremonde, non deve considerarsi fine a sè stessa. Essa non dispensa il capitalista di
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occuparsi della sua fortuna, di seguire l'evolu-zione generale, per operare arbitraggi, a norma delle circostanze. Diversamente, non è che un mezzo di moltiplicare le perdite. Appena una ten-denza si delinea, od un grave evento minaccia, conviene ripartire i propri fondi fra i valori che si presume abbiano ad approfittarne, o, quanto meno, a non soffrirne. Il procedimento può quindi risultare molto utile, se usato con intelligenza ed elasticità, e non ciecamente ed automaticamente. È un mezzo di premunirsi contro le eventualità accidentali ed imprevedibili. Non deve attender-sene di più. Ma ciò è già molto ».
Aggiungeremo che, dalla guerra in poi, la neces-sità di saper decidere e manovrare con rapidità nell'applicazione del metodo si è resa più peren-toria; mentre le incognite del problema si sono notevolmente aggravate. Un minimo di cogni-zioni tecniche e di pratica di affari occorrono più che mai al risparmiatore come per seguire con suc-cesso ima linea di condotta, la cui utilità, subor-dinatamente a tali premesse, rimane indiscutibile.
6. Alla distribuzione geografica del patrimonio devono, secondo molti, accompagnarsi criteri di reparto scalare rispetto alla sua immobilizzazione. Si ritiene generalmente convenga di collocarne una parte in valori a scadenza fissa, opportunamente graduata, per esser in grado sempre di far fronte
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a bisogni improvvisi e di approfittare di eventua-lità favorevoli. Ugualmente si consiglia di prefe-rire i valori di largo mercato ed immediato rea-lizzo ai meno noti o raramente quotati in borsa, la necessità di vendere i quali importa spesso per-dite e difficoltà.
Occorre però accogliere con senso di relatività tali suggerimenti. Sta in fatto anzitutto che, in tempi normali, codesta linea di condotta implica la rinuncia a diversi vantaggi. I valori rimborsa-bili a breve scadenza non ottengono plusvalenze, nelle fasi di prezzi e di saggio di interessi calanti (come gli anni fra il 1875 ed il 1900); quelli di più largo mercato dànno, a parità d'ogni altra con-dizione, frutti inferiori. Gli impieghi più vincolati ed anche di durata indefinita procurano allora red-diti più alti, tendono ad aumentare in valor capi-tale in base alle rassicuranti previsioni sull'anda-mento del mercato, e risultano anche di cessione relativamente facile, in urgenze inopinate dei loro possessori. Sarebbe eccesso di prudenza, in tali circostanze, dar loro il bando.
Gioverà tutt'al più tenere una piccola quota (dal 10 al 20 % al massimo) di valori a corto ter-mine, a guisa di riserva prudenziale contro un brusco mutamento di congiuntura.
Nei periodi agitati, invece, quando le mcognite si moltiplicano e qualunque previsione diviene incertissima, se non impossibile, la mobilità dei
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capitali acquista importanza preponderante, e comunque superiore alla considerazione del frutto. Le difficoltà di realizzo possono crescere, in tali tempi, straordinariamente per ogni specie di beni, ponendo in serio imbarazzo chi abbia d'uopo im-provvisamente di mezzi liquidi. Rimborsi periodici di titoli redimibili e, comunque, investimenti brevi ed immediatamente revocabili servono allora a mantenere in equilibrio la propria barca fra l'in-coerente e mutevole alternarsi dei venti. Per le stesse ragioni non si adattano a codesti dinamici periodi gli impieghi nominativi, anche se vi siano connessi privilegi considerevoli, specie di natura fiscale.