minati dall'Aucuy sulla Revue d'economie politique
D) I mutui ipotecari
1. Molte considerazioni relative agli immobili si applicano, per riflesso, ai mutui garantiti da ipoteca sui medesimi.
Ricercatissimi nel passato, e definiti impiego tipico di tutto riposo, han perduto anch'essi assai nella pubblica estimazione dopo che il valore dei pegni su cui riposavano subì tante vicende. Ma effetti ben più disastrosi ebbe a lor danno lo svili-mento monetario, che li colpì in pieno, senza spe-ranza di difesa o di rimedio.
Come tutti i creditori di somme fisse, il mutuante ipotecario non ebbe modo di sottrarsi alle conse-guenze del fenomeno, con l'aggravante, nel suo caso, della impossibilità di liberarsi in tempo, sia pure con grande perdita, mediante un risconto. Vincolato ad un rimborso a data fìssa, egli vide assottigliarsi e svanire di giorno in giorno il suo avere, talvolta fino all'annullamento quasi totale (come in Germania, in Austria, in Polonia). Gli interessi che percepiva rappresentavano, di sca-denza in scasca-denza, un valore minore. E, dove si iniziò un processo rivalutatore della moneta, egli
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11011 potè impedire all'accorto c vigile debitore (salvo che vi ostasse ima clausola contrattuale) di estinguere anticipatamente l'obbligazione, mentre ancor perdurava un forte svilimento. Le banche ipotecarie tedesche, le casse di risparmio, gli isti-tuti di credito fondiario, che investivano in tale forma la maggior parte dei loro capitali e depositi, si trovarono in pochi mesi in istato di nullatenenza, peggio che di fallimento. Adatti ad epoche tran-quille, di sicura stabilità monetaria, e di valori durevolmente uniformi, questi impieghi offrono dunque eccezionali pericoli nei periodi di dina-mismo economico, accentuato e sconcertante.
2. Indipendentemente poi da qualsiasi motivo contingente, un equo apprezzamento dei mutui deve ascrivere al passivo, anche in tempi normali, l'immobilizzazione non mai breve e praticamente irrevocabile di capitale che essi significano. La cessione del credito è sempre diffìcile e, quanto meno, molto onerosa, ben poche essendo le persone desiderose di riscattare delle ipoteche. Non v'ha impiego di più problematico realizzo, in caso di bisogno urgente. Onde l'adottarlo implica, nella migliore ipotesi, la rinuncia a qualsiasi eventua-lità inaspettatamente favorevole che, in sì lungo intervallo, abbia a presentarsi.
Se, nel contempo, l'andamento generale dei prezzi è al rialzo, il creditore riceverà, alla scadenza
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una somma inferiore in potere d'acquisto a quella imprestata. Se tende invece a ribassare, guada-gnerà qualcosa; ma meno di quanto avrebbe rica-vato con un altro collocamento, pure « di pieno riposo ».
Valga un esempio. Tizio impiegò nel 1870, 100 mila lire in ipoteche. Alla scadenza, nel 1896, il potere di acquisto delle medesime era sensibil-mente superiore; egli lucrò pertanto circa il 30 %. Intanto però Caio adoprò, alla stessa data, 100 mila lire comprando rendita consolidata, al corso di 57, che, nel 1896, al corso di 93, ne valeva 159 mila, le quali, alla loro volta, avevano un potere d'acquisto del 30 % superiore ad una pari somma di 25 anni prima. Il benefizio del secondo fu pertanto, a doppio titolo, incomparabilmente maggiore. L'impiego ipotecario pone dunque a carico del creditore tutte le alee sfavorevoli mentre 10 priva delle altre.
La scarsa convenienza dell'investimento non ha d'uopo, dopo ciò, di essere maggiormente illustrata. 11 che equivale a dire che, se, malgrado tutto, taluno vorrà praticarlo, dovrà premunirsi con patti particolarmente restrittivi e prudenti.
Il pegno di certi immobili deve, primamente, essere escluso a priori. Un'officina, una villa, una palazzina, un terreno di coltura specializzata e costosa, un'area fabbricabile offrono troppe inco-gnite di valutazione e troppe sorprese per
costi-C A P I T O L O P R I M O G L I I N V E S T I M E N T I F O N D I A R I
tuire una garanzia seria; a meno che non vengano stimate — come prescrivono taluni regolamenti di istituti di credito fondiario — in base a precisi dati di valore intrinseco, indipendente dalla desti-nazione attuale e dalle vicende di congiuntura. Anche per gli altri stabili poi (case d'affitto o fondi agricoli di reddito noto, attestato da buoni con-tratti d'affìttamento) è regola comune che la somma imprestata non superi la metà del valore cauzio-nano rigorosamente calcolato. Il margine, che sembra assai ampio, risulta però in pratica ancora insufficiente, ove si tenga conto delle fluttuazioni dei valori venali, dei deperimenti che può subire nell'intervallo l'immobile gravato e di un complesso di passività diverse inerenti al rimborso. In dieci anni, durata media approssimativa dei prestiti privati, una casa d'affitto subisce generalmente, come vedemmo, una svalutazione naturale che può salire ad una percentuale considerevole, se il proprietario (come più spesso avviene per gli inde-bitati) non spenda annualmente somme sufficienti per ripararla ed « aggiornarla ».
Succede poi frequentemente che l'estimo primi-tivo superi il vero valore venale, sempre assai difficile da calcolare a priori; per cui, credendo di imprestare il 50 %, si giunge facilmente senza avvedersene al 60 od al 70. Nel caso inoltre di ritardato pagamento di una o più annualità di interessi, il nuovo credito si cumula col principale,
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indebolendo di altrettanto la garanzia assunta. Venuta infine la scadenza, e verificandosi l'even-tualità dell'insolvenza del debitore, le spese legali dell'esecuzione forzata (che posson essere propor-zionalmente molto alte) accrescono ancora il passivo. In realtà è comune il caso di mutuanti ipotecari costretti a tenersi il pegno, dopo una pro-cedura di espropriazione che non copre tutto il loro credito. Essi divengono così compratori a data in-certa, per un prezzo fissato parecchi anni in anti-cipo, e verosimilmente superiore a quello che avrà lo stabile al momento dell'entrata in possesso. E se questo coincide con un periodo di depressione, che incida fortemente sui redditi, la perdita può essere rilevantissima. Il Crédit fonder francese, ricorda Leroy-Beaulieu, segnò spesso cifre consi-derevoli al passivo del suo bilancio, a tale titolo. E non fa d'uopo rievocare l'esempio, ben più gran-dioso ed istruttivo, delle ingenti immobilizzazioni che minacciarono la vita stessa delle banche di emissione italiane, quando, fra il 1880 ed il 1890, esse si impegnarono e a fondo in operazioni ipo-tecarie su stabili, che fu loro impossibile poi rea-lizzare, mentre, per un complesso di avverse cir-costanze, non davan che utili derisori.
Una meticolosità scrupolosa e diffidente nella valutazione cauzionale del pegno (per la quale non conviene rimettersi ciecamente al solo parere di intermediari, anche esperti); una attenzione
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costante a non lasciar cumulare le rate di interessi scadute; la pronta decisione, alla prima insolvenza, della procedura risolutiva, costituiscono dunque precauzioni elementari per chi voglia o debba avventurarsi in questo ramo di affari.
Sembra superfluo, dopo ciò, aggiungere clie im-prestare su seconda ipoteca rappresenta un aggra-vante di rischio ed una menomazione di libertà di movimenti assolutamente sconsigliabile.
3. La simpatia pei mutui ipotecari dipendeva nell'ante-guerra, anche dal fatto del frutto legger-mente superiore (del % o 1 %) che essi procura-vano, in confronto ai buoni valori mobiliari; ele-mento non trascurabile in tempi di danaro a buon mercato. Lo stesso motivo induceva più d'uno a partecipare, con accomandite o prestiti, ad imprese private, industriali, commerciali od agricole. Ma fin d'allora lo si giudicava pericolosissimo, salvo pei tecnici specializzati (p. e. per un commerciante che collocasse i suoi risparmi anche in altre aziende a lui ben note, rispetto alle quali possedesse infor-mazioni complete e perfetta competenza).
Oggi, con l'enorme massa e varietà di titoli imme-diatamente negoziabili che si offrono al capita-lista, e col frutto assai rimuneratore che la maggior parte di essi procurano, il risparmiatore comune che si lasci vincere dall'eloquenza suggestiva di chi, volendo lanciare un affare, lo invita ad
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trarvi, non avrà la menoma ragione di lagnarsi se, dopo poco tempo, la sua quota di conferimento sarà evaporata, senza lasciar traccia di sè.
L'ambiente commerciale, non certo moralmente migliorato dalla guerra in poi; il violento dina-mismo succeduto alla relativa tranquillità e con-suetudinarietà delle vecchie aziende; il moltipli-carsi inaudito delle sorprese e degli imprevisti, economici, politici, sociali, rendono le operazioni di finanziamento privato delle imprese sempre più inadatte ai capitalisti, che non ne facciano pro-fessione esclusiva ed abituale, come certe categorie di banchieri.