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II. Le S.T.U

2. Le aree di intervento

A seguito dell’inserimento della disposizione nel Testo Unico degli Enti locali l’art. 17, comma 59, della Legge 15 maggio 1997, n. 127, viene sostituito dall’art. 120 del D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267 che consente ai Comuni di disporre di uno strumento per attuare i piani urbanistici che si intendano effettuare nelle aree caratterizzate dalla prevalenza di interventi di trasformazione. La legge individua con sufficiente precisione le parti di città in cui devono avvenire questi interventi. Si tratta di luoghi in cui si registra una pronunciata crisi delle condizione urbanistiche, necessitanti di una radicale trasformazione sia dell’impianto urbano che delle sue caratteristiche funzionali. Questo tipo di trasformazione urbana si sostanzia in una riqualificazione urbanistica e funzionale e si differenzia quindi dalla “classica“ riqualificazione urbana. Compito della città moderna è anche quello di attrarre investimenti in quanto la qualità urbana può e deve considerarsi un condizione indispensabile allo sviluppo economico.

Molte città italiane non sono dotate in modo sufficiente di quegli standard di qualità che una città moderna dovrebbe avere: grandi parchi, impianti sportivi, musei, luoghi dedicati al tempo libero, ecc.. Esse non sono state incluse nella fase di espansione edilizia all’atto della nascita dei quartieri e degli insediamenti che, pertanto oggi, hanno bisogno di essere riqualificati. Gli interventi di trasformazione quindi hanno una grande rilevanza strategica nella fase di revisione urbanistica di quegli insediamenti nati come espansione delle aree urbane consolidate, per porre rimedio a quegli errori urbanistici che hanno caratterizzato la fase espansiva dei centri urbani. Nella circolare n. 622/2000 vengono individuate le aree urbane maggiormente suscettibili di trasformazione che possono essere individuate, giuridici e problematiche applicative. Le modalità di attuazione nell’esperienza di 11 Comuni, p. 51-53.

73 scontando una certa schematicità, nelle seguenti principali tipologie insediative:

a) le aree comprese fra il centro storico comunemente inteso e l’espansione postbellica. Questi ambiti comprendono in genere insediamenti discontinui e misti (residenziali, produttivi e di servizio), realizzati nella prima metà del secolo e caratterizzati da una discreta e spesso rilevante qualità edilizia e da un impianto urbanistico concluso. La successiva dismissione o sottoutilizzazione delle funzioni produttive e di servizio determinata da nuove esigenze funzionali ha in alcuni casi prodotto un degrado urbano diffuso particolarmente contrastante con la centralità e la qualità potenziale dei siti. Gli elevati valori posizionali, purché governati nella logica dell’interesse pubblico, possono facilitare la ricerca di formule di trasformazione economicamente vantaggiose ed urbanisticamente sostenibili;

b) gli ambiti di edilizia intensiva del dopoguerra, in cui la scarsa qualità edilizia si associa con una insufficienza di servizi collettivi. Si tratta, quasi sempre, di insediamenti ad alta densità edilizia in cui la formazione dei suddetti servizi comporta forti investimenti economici, che devono essere necessariamente combinati con operazioni di ristrutturazione urbanistica, al fine di recuperare gli spazi pubblici attualmente carenti; c) i quartieri di edilizia residenziale pubblica, in cui le esigenze di

riqualificazione sono generalmente facilitate da una soddisfacente disponibilità di spazi pubblici che consentono di dar luogo a consistenti miglioramenti delle condizioni urbanistiche anche senza operare interventi di ristrutturazione urbanistica;

d) gli insediamenti di edilizia illegale, assimilabili nella insufficienza delle dotazioni infrastrutturali ai quartieri di cui al punto b);

Il ricorso alle Stu è particolarmente idoneo per interventi di trasformazione sulle aree di cui ai precedenti punti a) e b) e, in particolare, su porzioni di territorio connotate da una delle seguenti caratteristiche:

74 - insediamenti che, ferma restando la rilevanza quantitativa e la portata strategica, richiedono interventi di ristrutturazione urbanistica nettamente prevalenti su quelli di ristrutturazione edilizia e di restauro. E’ questo, infatti, il caso in cui il progetto del nuovo insediamento può prevedere una configurazione nettamente indipendente dall’assetto fondiario; - aree caratterizzate da una particolare discontinuità qualitativa non

emendabile attraverso interventi puntuali o come sommatoria di interventi singoli come quelle comprese tra il centro storico e l’espansione del dopoguerra, che spesso hanno provocato fenomeni di degrado urbano diffuso e, in tempi più recenti, dei casi di edilizia intensiva di scarsa qualità a cui si è associata una insufficiente qualità di servizi collettivi.

A tali ambiti vanno aggiunti i quartieri di edilizia illegale e le cosiddette aree dismesse, in particolare quelle militari, industriali e ferroviarie. La circolare afferma che non sono opportune le ipotesi di interventi in aree di espansione edilizia, per le quali la vigente disciplina urbanistica già predispone

strumenti specifici, come per gli interventi di riqualificazione della città

consolidata conseguibili con il semplice ricorso ad un’appropriata

disciplina urbanistica.

La circolare ministeriale espone quindi chiaramente quali siano gli ambiti di intervento anche se le caratteristiche delle città italiane sono spesso molto diverse tra loro, e sembra tenere in considerazione solo le grandi città. Questo è un limite, in quanto, invece, si sono attivate operazioni di costruzione di Stu anche in città medio-piccole. Ciò si è determinato probabilmente a causa del fatto che nelle amministrazioni più snelle è più facile operare con uno strumento che risulti molto impegnativo per gli organi politici dell’ amministrazione comunale, soprattutto nella fase di gestazione; nelle grandi città invece, eccetto casi sporadici, ciò risulta più difficile.

75 particolarmente complessi e di grande valore economico, per i quali l’amministrazione pubblica intenda associare alla propria iniziativa, partner privati, non solo per integrare capitali, ma anche per avvalersi di qualificate esperienze per la gestione economica dell’iniziativa. Altra possibilità è che si debba procedere ad azioni di ricomposizione e ricucitura del tessuto urbano contestuali alla realizzazione di opere infrastrutturali complesse anche a sviluppo lineare (ad esempio nuove linee di trasporto o ristrutturazioni di linee esistenti, nuovi impianti viari, ecc.).

La Stu risulta dunque particolarmente adatta per interventi nelle aree dismesse, caratterizzate da fenomeni di abbandono delle vecchie funzioni, per le quali è possibile avviare un programma di ristrutturazione urbanistica per la formazione di nuovi organismi urbani che generalmente ospiteranno funzioni diverse dalle precedenti125.