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Aristotele: un punto di partenza in chiave retrospettiva

Nel documento a cura di Mattia De Poli (pagine 133-136)

dalla Grecia antica ad oggi

1. Aristotele: un punto di partenza in chiave retrospettiva

Come punto di partenza si consideri la definizione di ira data da Aristo-tele nella Retorica8: tra le passioni (τὰ πάθη) l’ira (ἡ ὀργή) è un desiderio di aperta vendetta (ὄρεξις τιμωρίας φαινομένης) per una palese offesa (φαινομένη ὀλιγωρία)9 rivolta alla nostra persona o a qualcuno a noi legato, quando l’offesa non è meritata (τοῦ ὀλιγωρεῖν μὴ προσήκοντος), un desiderio accompagnato da dolore (μετὰ λύπης)ma anche da un certo piacere (ἡδονή τις) fisico e mentale, derivante dalla speranza di vendicarsi (ἁπὸ τῆς ἐλπίδος τοῦ τιμωρήσασθαι) e dal compimento stesso della vendetta10.

Tale definizione è ripresa e variamente approfondita dallo Stagirita anche al di fuori della Retorica, sempre in un quadro organico e sistematico11. Meritano di essere richiamate tre precisazioni: l’ira viene placata se la vendetta viene presa in tempo e prima della manifestazione eccessiva della passione oppure se viene lenita dal trascorre del tempo12; essa ha una propria giustezza e opportunità nei rapporti sociali, se ci si adira per i motivi giusti e contro le persone giuste e come

8  Arist. Rhet. 1378a 30-b 1: Ἔστω δὴ ὀργὴ ὄρεξις μετὰ λύπης τιμωρίας φαινομένης διὰ φαινομένην ὀλιγωρίαν εἰς αὐτὸν ἤ <τι> τῶν αὐτοῦ, τοῦ ὀλιγωρεῖν μὴ προσήκοντος. […] καὶ [scil. ἀνάγκη]

πάσῃ ὀργῇ ἕπεσθαί τινα ἡδονήν, τὴν ἀπὸ τῆς ἐλπίδος τοῦ τιμωρήσασθαι· ἡδὺ μὲν γὰρ τὸ οἴεσθαι τεύξεσθαι ὧν ἐφίεται […]. Vd. Campeggiani 2013, pp. 92-104; Gastaldi 2014, pp. 452-456.

9  Sul valore di φαινομένη, ora nel senso oggettivo di “manifesta”, “palese” agli occhi della comunità cittadina, ora nel senso soggettivo di “percepita” dal soggetto che subisce l’offesa, vd. ricognizione in Gastaldi 2014, p. 453, con bibliografia precedente. Tra i tipi di ὀλιγωρία Aristotele poco più avanti enumera anche la ὕβρις, la tracotanza intesa come atto dai rilevanti effetti sociali, che minano il ruolo dell’individuo in rapporto agli altri e violano le norme del convivere sociale gerarchicamente strutturato. Su questo aspetto dell’offesa e della necessaria risposta irata vd.

infra pp. 133-134.

10  Su ira-dolore e vendetta-piacere, cf. etiam Arist. Eth. Nic. 1126a 21s.: ἡ γὰρ τιμωρία παύει τῆς ὀργῆς, ἡδονὴν ἀντὶ τῆς λύπης ἐμποιοῦσα.

11  L’ira nasce a seguito di un’ingiustizia, intesa come mancanza di rispetto (Arist. Rhet. 1378b 10-15; Eth. Nic. 1135b 28-29); essa non può dunque scatenarsi contro il giusto (πρὸς τὸ δίκαιον), perché l’uomo sa che non ha subito qualcosa che non sia dovuto (οὐ γὰρ ἔτι παρὰ τὸ προσῆκον νομίζουσι πάσχειν; cf. Rhet. 1380b 16-18); l’offesa, fisica e morale, deprezza di valore ciò che è oggetto stesso dell’offesa e reclama una risposta che giustifica l’ira (cf. passim Arist. Rhet. 1378b 10-1380a 5); l’ira è tanto più accesa quanto più l’offesa è a danno di categorie sociali nodali, come i genitori, la cui mancata difesa sarebbe vergognosa (Arist. Rhet. 1379b 27-28); essa coinvolge tanto l’anima quanto il corpo in specifiche parti, come la zona intono al cuore (Arist. De anim. 403a-b).

12  Arist. Rhet. 1380b 6-8: παύει γὰρ ὀργὴν ὁ χρόνος· παύει δὲ καὶ ἑτέρου ὀργὴν μείζω ἡ παρ’

ἄλλου ληφθεῖσα τιμωρία πρότερον. Cf. etiam Arist. Eth. Nic. 1126a 25: […] ἐν αὑτῷ δὲ πέψαι τὴν ὀργὴν χρόνου δεῖ.

si deve, quando e per tutto il tempo in cui si deve13; essa dunque va controllata e tale controllo è una virtù che si esercita nella forma della πραότης, la medietà, tra il cedere facilmente all’ira (ὀργιλότης) e il non cedervi affatto (ἀοργησία)14.

La definizione contenuta nella Retorica si giustifica all’interno della più ampia riflessione di Aristotele sulle abilità dell’oratore, che sa sfruttare a pro-prio vantaggio le disposizioni d’animo del pubblico15. Insieme a tutte le altre occorrenze, tuttavia, quella stessa definizione deve essere considerata come la sistematizzazione teorica, con una precisa finalizzazione pratica, di percezioni e riflessioni collettive sull’ira, che risalgono già a età arcaica e perdurano, con evidenti trasformazioni, per tutta l’età classica16; la diacronia e l’evoluzione se-mantica dei termini a essa legati sono una chiara testimonianza della suddetta stratificazione17. In questo senso Aristotele ha il grande merito di avere

analiz-13  Arist. Eth. Nic. 1125b 31-32: […] ὁ μὲν οὖν ἐφ’ οἷς δεῖ καὶ οἷς δεῖ ὀργιζόμενος, ἔτι δὲ καὶ ὡς δεῖ καὶ ὅτε καὶ ὅσον χρόνον, ἐπαινεῖται.

14  Arist. Rhet. 1380a 6-9; Eth. Nic. 1125b 26. Vd. Bodei 2010, p. 56: «Non si deve ovviamente intendere questa mitezza in senso cristiano […], bensì come propensione all’ira commisurata alla gravità dell’ingiustizia da combattere e al parallelo ripudio dell’ira commessa invece agli eccessi del carattere iracondo, all’orgoglio e alla superbia».

15  Arist. Rhet. 1380a 1-5: οἷς μὲν οὖν ὀργίζονται καὶ ὡς ἔχοντες καὶ διὰ ποῖα, ἅμα εἴρηται· δῆλον δ’ ὅτι δέοι ἂν κατασκευάζειν τῷ λόγῳ τοιούτους οἷοι ὄντες ὀργίλως ἔχουσιν, καὶ τοὺς ἐναντίους τούτοις ἐνόχους ὄντας ἐφ’ οἷς ὀργίζονται, καὶ τοιούτους οἵοις ὀργίζονται.

16  Per l’età arcaica sia sufficiente rimandare all’ira (μῆνις) di Achille per la sottrazione del suo bottino di guerra da parte di Agamennone, un’ira estrema che denuncia la violazione di un ordine nella struttura sociale, che si manifesta nel blocco dell’impresa troiana, nella paralisi del campo acheo, nella messa in discussione delle prerogative dell’Atride maggiore e del ruolo dei combattenti al suo seguito (Muellner 1996; Most 2003; Giacomoni 2014, pp. 20-24). Per l’età classica meritano di essere ricordate le orazioni giudiziarie finalizzate a suscitare l’ὀργή dei giudici-cittadini nei tribunali, che nella polis sono le uniche strutture deputate a decretare un verdetto eventualmente favorevole per chi abbia subito un’offesa, ma non possa vendicarsi privatamente per ripristinare il proprio onore (Allen 2003).

17  Κότος, μῆνις, θυμός, χόλος e ὀργή sono forme e gradazioni differenti di ira, che hanno significato dalla prospettiva di chi le prova e di chi le osserva, in una serrata dinamica intersoggettiva e narrativa. Gli studi sul lessico greco dell’ira sono molteplici: Harris 2001, pp. 50-70; Walsh 2005, pp. 21-31 et passim; Campeggiani 2013, pp.11-15 et passim. Mi limito qui a indicazioni cursorie, rinviando alla bibliografia citata per analisi più dettagliate. La μῆνις è «una forza distruttrice e pericolosa, che si scatena in risposta alla trasgressione di un ordine o a un oltraggio» (Giordano 2010, p. 117); il termine indica un’ira intensa e durevole, che sussiste come una sanzione cosmica intesa a garantire l’integrità dell’ordine del mondo (Muellner 1996, p. 26); vd. DELG s.v.; EDG s.v.;

LfgrE s.v.; Schwyzer 1931, pp. 213-217; Watkins 1997a; Watkins 1997b; Cairns 2003, pp. 31-32;

Campeggiani 2013, p. 12. Il μένος è l’ardore guerriero, l’impulso che spinge l’uomo e gli animali a battersi; vd. DELG s.v.; EDG s.v.; Cairns 2003, p. 22. Il χόλος indica l’amarezza e il rancore come risposta a un affronto e ha un legame diretto con il torace; è un elemento connaturato al corpo umano, da cui l’interpretazione medica di bile, capace di attivarsi in modo automatico allo stimolo esterno; vd. DELG s.v.; EDG s.v. χολή; Cairns 2003, p. 22; Driessen 2003; Campeggiani 2013, pp. 13-14. Il θυμός, che persiste significativamente da Omero a tutta l’età classica accanto a ὀργή, è il furore inteso quale mistione di ira e di zelo nell’azione, anch’esso legato agli aspetti psicofisici dell’essere umano; vd. DELG s.v.; EDG s.v.; Cairns 2003, p. 26; Harris 2001, pp. 53-54;

Campeggiani 2013, p. 14. Su ὀργή cf. supra pp. 131-132 le parole di Aristotele e vd. Harris 2001,

zato l’ira, insieme alle altre emozioni, come parte integrante della vita umana, senza esprimere un giudizio di valore a priori su di esse18. In una prospettiva civica, le varie occorrenze di questa emozione confermano lo stretto legame tra l’ira, la vendetta come forma di giustizia e le relazioni sociali19.

Provando a fare un passo in avanti e contestualizzando la riflessione aristo-telica in termini antropologici e culturali, in particolare in relazione alla con-cezione interconnessa del mondo da parte dei Greci, ne deriva una conclusione piuttosto importante ai fini del nostro studio20. Se l’ira è la risposta a un’offesa ricevuta e viene placata tramite una ritorsione vendicativa, quest’ultima costi-tuisce il prezzo per l’offesa stessa e concretamente ripristina l’equilibrio turbato.

Tale risposta vendicativa, di cui l’ira è parte integrante, non va intesa come un mero impulso emotivo e irrazionale al danno subito, ma si inquadra in un si-stema cognitivo ed etico preciso, che attribuisce all’offesa, all’ira e alla vendetta significati e funzioni sociali. L’ὀλιγωρία, l’offesa ricevuta, intacca l’articolato sistema dell’αἰδώς e della τιμή dell’individuo in rapporto a sé stesso e agli altri nel gruppo sociale; l’αἰδώς va intesa come riguardo per il proprio onore, nel timore latente di una futuribile αἰσχύνη, la τιμή come indicazione di uno status sociale e delle proprie prerogative, violate le quali l’individuo viene screditato21. In una stretta dialettica tra coscienza di sé di tipo discorsivo e percezione da parte altrui di tipo narrativo, l’offesa mina l’identità sociale dell’individuo che la subisce e come tale è un’ingiustizia, che reclama una reazione ugualmente riconosciuta a livello sociale. La τιμωρία, la risposta ritorsiva, è un diritto e in-sieme un dovere legittimo che l’offeso prescrive a sé stesso, o ai suoi familiari, in chiave difensiva e reattiva e va intesa come insieme di atti, proporzionali all’offesa, che ripristinano αἰδώς e τιμή lese. L’ira si colloca dunque al centro tra i due poli dell’offesa e del ripristino: ha un valore cognitivo, perché accompagna l’analisi della violazione del sistema αἰδώς – τιμή, ne paventa le conseguenze e ne soppesa le possibili soluzioni; ha anche un valore etico, in quanto il senso di

pp. 52-54; Braund, Most 2003, p. 94; Campeggiani 2013, pp. 14-15. Il κότος è interpretabile come risentimento quale conseguenza a lungo termine di un’offesa; vd. DELG s.v.; EDG s.v.; Cairns 2003, pp. 30-31.

18  Konstan 2003; Konstan 2006, pp. 41-76, in part. p. 41: «[scil. Aristotle] was the only one among the major Greek philosophers to accept the emotions as a natural and normal part of human life, attempting neither to abolish them utterly nor to reduce them to mere wraiths of living passion».

19  Piazza 2008, p. 105: «Il sentimento che Aristotele sta analizzando […], lungi dall’essere qualcosa di puramente “irrazionale”, è un pathos realizzato con il concorso del logos (o non senza logos) ed è pensabile unicamente all’interno di un tessuto, articolato e complesso, di relazioni sociali. L’ira di cui Aristotele parla qui non è la rabbia provata da un animale non umano minacciato nella sua sopravvivenza, ma un intricato intreccio di desideri, fantasie, credenze e speranze, impensabile al di fuori di quella particolare forma di vita tipica dell’animale che ha logos e vive nella polis».

20  Su cosmologia interconnessa, vd. Oudemans, Lardinois 1987.

21  Vd. Campeggiani 2013, pp. 51-87, con bibliografia selettiva precedente.

ingiustizia che la smuove si spiega alla luce del carattere della lesione, insieme individuale e collettivo. Nel caso dell’omicidio, quello pertinente a queste pagi-ne, il sistema offesa-ira-vendetta raggiunge la tensione maggiore e implica le più estreme conseguenze22.

2. Due pesi, due misure: l’ira come strumento e segno di una giustizia

Nel documento a cura di Mattia De Poli (pagine 133-136)