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1.6 DIAGNOSTICA PER IMMAGIN

1.7.5 Artrotomia e drenaggio aperto

Alcuni autori (Schneider et al., 1992; Stoneham et al., 1997) hanno applicato l’utilizzo dell’artrotomia e del drenaggio aperto nei casi di artrite settica non responsiva e cronicamente infetta. I risultati ottenuti da questi studi appaiono davvero soddisfacenti. Questa tipologia specifica di trattamento è appunto particolarmente indicata in quei

cavalli che sono affetti da un’artrite settica che presenta caratteristiche di cronicità o di mancanza di risposta agli altri trattamenti terapeutici effettuati precedentemente. Bisogna porre attenzione ai segni clinici e alla loro evoluzione nel tempo al fine di tenere sotto controllo la risposta al trattamento. Nel momento in cui l’infezione è tenuta sotto controllo dalla terapia seguita si può osservare una diminuzione fino alla totale risoluzione dei segni clinici. Si verifica, quindi, una diminuzione del gonfiore a livello dell’area circostante l’articolazione, la risoluzione del versamento articolare, la presenza di minor sensibilità valutabile mediante palpazione e un netto miglioramento dell’uso e della motilità dell’arto. Inoltre, si ha un ritorno ai valori fisiologici della temperatura corporea e la diffusione a livello sistemico dell’infezione verso altre strutture sinoviali è piuttosto improbabile. Nelle situazioni in cui l’infezione non è monitorata e gestita, invece, i segni clinici persistono o diventano ricorrenti. Tutto ciò è molto importante in qualsiasi paziente, ma per quanto riguarda i giovani puledri il controllo e il monitoraggio devono essere ancora più attenti e puntuali (Auer et al., 2006).

Il drenaggio aperto viene solitamente eseguito in anestesia e impiegando grandi volumi, dai 3 ai 5 litri, per effettuare il lavaggio dell’articolazione. Le incisioni dell’artrotomia hanno un’ampiezza di 2 cm o di più di 3 fino ad arrivare a 5 cm, servono per consentire alla fibrina e al fluido sinoviale di essere drenati fuori dall’articolazione. Esse vengono lasciate aperte affinchè il drenaggio diventi cronico ed efficace e vengono effettuate nella migliore posizione che consenta un corretto drenaggio. La posizione in cui devono essere praticate le incisioni varia in funzione di quale articolazione si trova coinvolta (Schneider et al., 1992).

Qualsiasi sia l’articolazione infetta, l’artrotomia non cambia la sua ampiezza, che deve essere sufficientemente larga in modo da permettere il drenaggio dell’articolazione senza correre il rischio di venire sigillata dalla fibrina e dal gonfiore intorno all’incisione.

sterile, che deve essere sostituito una volta al giorno. Per quelle articolazioni, come quella del ginocchio, in cui non è possibile applicare un bendaggio si possono suturare delle bende di stent al di sopra del sito in cui è stata eseguita l’artrotomia. Questo avviene principalmente nei puledri (Auer et al., 2006).

Nei cavalli adulti viene fasciata la coda e le incisioni vengono pulite accuratamente varie volte al giorno. Alcune infezioni possono essere risolte solo mediante il ricorso alla tecnica del drenaggio aperto e all’utilizzo degli antibiotici sistemici. Tuttavia questo non è sufficiente in quei casi che richiedono il trattamento di articolazioni cronicamente infette, che invece necessitano anche di antibiotici intra-articolari e lavaggi ripetuti. Se il drenaggio non si dimostra efficace, l’articolazione diventa gonfia, l’artrotomia si tappa con la fibrina e il bendaggio dell’arto non viene bagnato dal fluido drenante. Se ciò si verifica, si esegue un lavaggio articolare attraverso un ago di grosse dimensioni posizionato sul lato dell’articolazione opposto rispetto all’incisione al fine di permettere l’eliminazione della fibrina attraverso l’artrotomia, ampliando l’incisione e favorendo il futuro drenaggio (Schneider et al., 1992).

La procedura chirurgica di artrotomia prevede (Schneider et al. 1992): - La cute deve essere sottoposta ad una preparazione asettica, sia

nella regione dell’artrocentesi che in quella circostante l’artrotomia.

- La distensione dell’articolazione tramite irrigazione viene condotta con una siringa da 60 ml ed un tubo che funge da prolunga collegato all’ago.

- La siringa genera una notevole pressione, che può essere regolata modificando il volume iniettato.

- La fibrina presente può essere rimossa dal sito dell’artrotomia mediante una pinza Kelly sterile.

- Dopo il lavaggio vengono iniettati all’interno dell’articolazione degli antibiotici attraverso un piccolo ago

(18 o 20 G) che viene rimosso dal sito dell’artrotomia in condizione di totale asepsi una volta al giorno.

- In alternativa a questo metodo si può utilizzare un piccolo catetere sterile che può essere passato attraverso l’artrotomia una volta che l’incisione è stata pulita con una soluzione antisettica.

- È di fondamentale importanza far passare il catetere vari centimetri all’interno dell’articolazione in modo tale che non ci sia il rischio di far fuoriuscire gli antibiotici subito dopo averli iniettati.

- Quando si riesce ad eliminare l’infezione il gonfiore e il versamento articolari svaniscono e il fluido sinoviale che viene drenato attraverso l’incisione chirurgica appare chiaro e viscoso.

- Il paziente continua ad essere sottoposto a terapia antibiotica sistemica fino a quando non sarà guarita l’incisione dell’artrotomia.

- Una volta che si è risolta l’infezione si può andare a chiudere l’incisione mediante sutura.

Una chiusura precoce della ferita chirurgica riduce i tempi di ospedalizzazione e anche il periodo in cui il cavallo deve essere sottoposto a terapia antibiotica con un’articolazione protetta da un bendaggio. Tuttavia esiste il rischio di una recidiva e quindi del ripresentarsi dell’infezione, che ha conseguenze ancora più gravi dell’infezione di partenza (Auer et al., 2006).

Il Penrose, altra tipologia di drenaggio utilizzabile, presenta da un lato il vantaggio di aumentare la fuoriuscita attraverso le aperture a livello delle articolazioni o delle guaine tendinee, ma dall’altro ha lo svantaggio di poter costituire, essendo un materiale estraneo, un veicolo attraverso il quale i batteri dall’ambiente esterno possono raggiungere la cavità articolare. Inoltre i drenaggi attivi riescono a raggiungere una decompressione più efficace rispetto a quella ottenuta

drenaggi attivi sono stati impiegati con successo nel trattamento dell’artrite settica a livello dell’articolazione tarso crurale (Ross et al., 1991).

Comunque questo tipo di drenaggio è più difficile da mantenere in situ rispetto al drenaggio aperto mediante artrotomia e richiede un attento e continuo monitoraggio dell’apparecchio di aspirazione (Auer et al., 2006).

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