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Diagnosi, trattamento chirurgico e strategia terapeutica dell'artrite settica nell'articolazione tarso crurale del puledro

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE

VETERINARIE

Corso di Laurea Specialistica in

Medicina Veterinaria

Diagnosi, trattamento chirurgico e strategia

terapeutica dell’artrite settica nell’articolazione

tarso crurale del puledro

Candidato: Relatori:

Sara Costa prof.ssa Micaela Sgorbini

dott. Riccardo Rinnovati ANNO ACCADEMICO 2017/2018

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INDICE

CAPITOLO 1 – L’ARTRITE SETTICA

1.1 Prevalenza pag. 7

1.2 Eziopatogenesi pag. 11

1.3 Segni clinici pag. 14

1.4 Diagnosi

1.4.1Valutazione torbidità e viscosità pag. 16

1.4.2 Mucin clot test pag. 17

1.4.3 Citologia articolare pag. 17

1.4.4 Coltura batterica pag. 21

1.4.5 Biopsia capsula sinoviale pag. 22 1.5 Ematologia e biochimica clinica pag. 23 1.6 Diagnostica per immagini

1.6.1 Radiografia pag. 24

1.6.2 Ecografia pag. 25

1.6.3 Tomografia computerizzata pag. 25

1.6.4 Risonanza magnetica pag. 26

1.7 Trattamento

1.7.1 Terapia antibiotica sistemica pag. 28 1.7.2 Terapia antibiotica locale pag. 31

1.7.3 Perfusione regionale pag. 34

1.7.4 Drenaggio e lavaggio articolare pag. 36 1.7.5 Artrotomia e drenaggio aperto pag. 38

1.7.6 Debriment chirurgico pag. 41

1.7.7 Terapia di supporto pag. 41

1.7.8 Management pag.

CAPITOLO 2 - MATERIALI E METODI

2.1 Criteri di inclusione e raccolta dati pag. 43

2.2 Analisi statistica pag. 43

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DEDICA

Vorrei dedicare la scelta del mio percorso di studi e il raggiungimento di questo importantissimo traguardo al mio fedele amico, compagno nell’attività sportiva e nella vita Don Carlos Della Baia. Lui è il cavallo che dal 13 settembre 2010 ha stravolto la mia vita completamente. La ragione della mia grande passione per la Medicina Veterinaria ed in particolare l’ippiatria è tutta partita da lui.

Tutto è cominciato quando Don ha avuto problemi di tendinopatie e desmiti e io mi incantavo a guardare il mio super veterinario di fiducia Roberto Da Pozzo che faceva la valutazione della zoppia e gli esami diagnostici per identificare e localizzare la lesione. Mi affascinava ammirare l’ecografo e sentire le spiegazioni del Doc, rimanevo a bocca aperta e pensavo “questo è quello che desidero e che voglio fare nella vita”, “quando sarò grande diventerò come lui e potrò curare anche il mio cavallo”.

È tutta colpa o merito di Don se sono così tanto ‘fissata’ con l’ortopedia equina. Non ho mai avuto dubbi da quando ho iniziato il primo anno di Medicina Veterinaria e poi durante il periodo di studi, fino ad arrivare al momento i cui mi sono rivolta alla professoressa Micaela Sgorbini con la precisa intenzione di voler intraprendere il mio percorso di tesi sulla Medicina Interna del cavallo.

Voglio ringraziare con tutto il mio cuore Don Carlos perché ha fatto nascere in me questa irresistibile passione e mi ha insegnato a lottare con tutte le forze per raggiungere i miei obiettivi e inseguire i miei sogni.

Il carattere forte e determinato che ho adesso lo devo al mio meraviglioso sport che mi ha fatto apprendere che non bisogna arrendersi mai, bisogna superare tutti gli ostacoli che la vita ci pone davanti e che ogni volta che si cade bisogna rialzarsi più forti di prima.

Un grazie speciale lo devo al mio piccolo App Z, l’altro mio speciale cavallino, che mi ha dato la forza di superare qualsiasi difficoltà mi si

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sia presentata durante l’ultimo anno. Senza Don e App tutto questo non sarebbe mai stato possibile. Questo importantissimo traguardo della mia vita lo voglio dedicare completamente a loro.

Vorrei ringraziare con tutto il mio cuore i miei fantastici genitori che mi hanno supportata e sopportata durante la mia carriera universitaria e hanno sempre fatto tutto il possibile e anche l’impossibile per rendermi felice. Mi hanno insegnato quali sono i valori veri, mi hanno sempre permesso di fare le mie scelte senza mai influenzarmi, ma sostenendomi in ogni situazione e mi hanno lasciata libera di inseguire le mie passioni. È grazie a loro se oggi posso coronare il mio sogno. Tutti i grazie del mondo non saranno mai abbastanza per il mio super veterinario di fiducia Roberto Da Pozzo che fin da quando ero piccola ha rappresentato per me un idolo, un esempio da seguire ed imitare, un maestro da prendere come riferimento sia nella professione che nella vita, ma anche un amico e un confidente. È sempre stato l’unico in grado di tranquillizzarmi e di farmi tornare a ragionare razionalmente ogni volta che l’ho chiamato nel panico più totale perché uno dei miei cavalli aveva anche una piccola sciocchezza.

Vorrei dire un grande grazie alla mia relatrice e a tutto il bel gruppo di tesisti di Grossi Animali grazie ai quali è stato possibile vivere con allegria e spensieratezza i lunghi e pesanti turni settimanali e le faticose notti. Abbiamo lavorato tanto, ci siamo consolati, ci siamo arrabbiati e ci siamo sfogati, ma abbiamo soprattutto riso e creato un legame forte che contraddistingue un vero team.

Grazie davvero di cuore a tutto il meraviglioso gruppo di chirurghi che ho conosciuto all’Università di Medicina Veterinaria di Bologna e di cui ho avuto il grandissimo onore di far parte, anche se per un breve periodo.

Mi hanno fatta sentire perfettamente integrata ed a mio agio e mi hanno dato la meravigliosa opportunità di imparare tanto e di veder operare il professor Alessandro Spadari e il dottor Riccardo Rinnovati. In particolare, vorrei ringraziare per l’accoglienza e l’amicizia che mi hanno dimostrato Andrea e Giulia.

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Ringrazio anche tutto il mio team del Terrebrune Equestrian Centre, tra cui il mio super istruttore Willy, il gestore del maneggio Fabione e tutti i miei amici e compagni con cui condivido l’attività sportiva e la stessa grande passione.

Mi dicono tutti che quando parlo dei cavalli mi si illuminano gli occhi…beh direi che ho fatto proprio la miglior scelta di vita che potessi desiderare. È una grandissima soddisfazione fare della propria passione il proprio lavoro.

“Il lavoro riempirà gran parte della tua vita perciò l’unico modo che hai di essere soddisfatto di ciò che fai è fare un buon lavoro e per fare un buon lavoro bisogna amarlo”.

“Fai della tua passione il tuo lavoro e non lavorerai un solo giorno nella tua vita”.

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RIASSUNTO

Introduzione. In questo studio sono riportati diagnosi, trattamento, management

chirurgico e prognosi in 18 puledri affetti da artrite settica dell’articolazione tarso crurale confermata.

Materiali e metodi. Le informazioni riportate includono segnalamento, anamnesi,

esame clinico completo, grado di zoppia. In tutti i soggetti sono stati effettuati valutazione IgG sieriche, rx ed ecografia delle articolazioni colpite, esame qualitativo, mucin clot test, citologia ed esame colturale del fluido sinoviale.

Risultati. Dodici dei diciotto puledri erano maschi e sei di loro erano femmine. La

sepsi ha colpito l’articolazione tarso crurale destra in tre puledri e quella sinistra in otto puledri; sette presentavano entrambe le articolazioni coinvolte. La terapia scelta è stata il lavaggio della cavità sinoviale eseguito mediante l’utilizzo dell’artroscopio, una o due volte, a causa della ricorrenza dei segni clinici. Il lavaggio artroscopico è stato ripetuto in quattro dei diciotto puledri; sei dei diciotto avevano due articolazioni colpite, e il lavaggio artroscopico è stato ripetuto per tutte le articolazioni. In tredici puledri l’infezione è stata risolta con successo ed un singolo intervento è risultato sufficiente per la remissione dei sintomi e la risoluzione dell’infezione.

Discussione e conclusioni. Nonostante la letteratura attuale descriva scarse

possibilità di esplorare le articolazioni nel puledro, in questo caso è stato possibile visualizzare le strutture interne, accertare correttamente e stadiare il danno intra-articolare risultante dall’infezione e la presenza di materiale organico all’interno dello spazio articolare.

Parole chiave: Puledro, Artrite settica, Articolazione tarso-crurale, Artroscopia. ABSTRACT

Introduction. In this study the diagnosis, treatment, surgical management, and

outcome of tarsocrural septic arthritis have been described. in a cohort of 18 foals

Materials and methods. The nformations recorded included: signalment, history, a

complete clinical evaluation, grade of lameness. In all the foals included, blood work, serum IgG assessment, rx and ultrasound exams and synovial tap have been performed. Evaluation of qualitative aspect, mucin clot test, cytology and bacteriology were performed on the synovial fluid sample. The treatment applied was the lavage of the synovial cavity performed arthroscopically, once or twice, due to recurrence of clinical signs. The outcome has been assessed.

Results. Twelve/18 foals were colts, 6/18 fillies. Sepsis affected the right tarsocrural

joint in 3/18 foals and the left one in 8/18 foals; 7/18 foals had both hocks affected. In 13/18 foals the infection was successfully solved with a single intervention, while arthroscopic lavage was repeated in 5/18; 6/18 foals had two joints involved, and the arthroscopic lavage was repeated for all joints.

Discussions and conclusions. In this study, it was possible to visualize the inner

structures, correctly diagnose and grade the intra-articular damage and the presence of organic materials inside the joint space.

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CAPITOLO 1 – L’ARTRITE SETTICA

1.1 PREVALENZA

L’infezione ortopedica rappresenta un problema clinico, più grave nei cavalli rispetto a molte altre specie, perché le sue conseguenze possono comportare una zoppia permanente e possono esitare in perdita dell’utilizzo del cavallo o nella sua morte.

L’infezione di un’articolazione causa infiammazione che può portare a un danno irreversibile alla cartilagine ed a una degenerazione dell’articolazione anche dopo che la flogosi si è risolta. L’osteoartrite provoca un dolore che è causa di zoppia che impedisce il ritorno del cavallo alla sua attività (Mcllwraith, 1983; Schneider et al., 1992). L’infezione del sito di frattura, soprattutto dopo un intervento chirurgico di riparazione, rappresenta una delle maggiori complicazioni post-operatorie e può incidere notevolmente sull’esito. È frequente che questo porti ad un fallimento della guarigione della frattura. Inoltre il trattamento dell’infezione ortopedica è ancora più complicato nella specie equina a causa dell’alta incidenza di laminite sull’arto controlaterale dovuta al sovraccarico (Bramlage, 1983). Il trattamento dell’infezione ortopedica ha subìto un notevole miglioramento negli ultimi 20 anni. Il precoce riconoscimento, metodiche più efficaci di somministrazione di alte concentrazioni di antibiotico a livello del sito di infezione e tecniche usate per ottenere un adeguato drenaggio hanno aumentato la capacità del clinico di eliminare con successo i batteri responsabili dell’infezione (Snyder et al., 1987; Lloyd et al., 1990; Schneider et al., 1992).

Attualmente la prognosi per un cavallo con un’articolazione settica di tornare alla sua attività sportiva non è più completamente sfavorevole. Sono molti i progressi ottenuti, ma sono ancora presenti notevoli limitazioni. Infatti, non tutte le infezioni possono essere debellate e le

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complicazioni possono esitare nel mancato recupero delle funzionalità atletiche fino alla morte dell’animale. Inoltre a questi problemi si aggiungono gli elevati costi di trattamento (Auer et al., 2006).

Il primo mese di vita è il periodo più vulnerabile per molte specie animali e ovviamente i puledri non rappresentano un’eccezione.È il momento in cui i puledri devono adattarsi all’ambiente circostante, mentre però sono ancora compromessi immunologicamente e i loro sistemi muscolo-scheletrici crescono con rapidità e si devono adattare agli stress legati a una quantità crescente dell’esercizio. Quindi, se un puledro presenta già alla nascita o acquisisce un’anomalia o una patologia che coinvolge il sistema muscolo-scheletrico devono essere messi in atto tempestivamente degli accorgimenti e impostate opportune terapie per consentire al puledro di crescere nel modo corretto in modo da non compromettere le sue future prestazioni atletiche.

Quando i problemi sono stati identificati, il trattamento spesso consiste in un approccio complesso polimodale: terapia conservativa, terapia medica o chirurgica.

Generalmente a causa del sistema immunitario immaturo i puledri neonati sono molto più suscettibili alle infezioni e di conseguenza vanno incontro a setticemia con molta più facilità rispetto ai cavalli adulti. Esiste una predisposizione all’infezione in caso di una lenta crescita degli anticorpi endogeni combinata ad una rapida diminuzione dei livelli di anticorpi materni.

A maggior ragione, in caso di parziale o mancato trasferimento dell’immunità passiva (FTP), cioè nel caso in cui il puledro non riesca ad assumere e assorbire completamente adeguati livelli di anticorpi materni attraverso il colostro, la sepsi rappresenta una conseguenza piuttosto comune.

Nei puledri i focolai settici hanno un’alta tendenza a diffondere nei tessuti circostanti, come le articolazioni o le ossa, grazie alla capacità di diffusione per via ematogena dei batteri. Alcuni studi retrospettivi (Steel et al., 1999; Meijer et al., 2000) hanno dimostrato che i puledri

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che presentavano articolazioni settiche dal 50% all’88% presentavano un parziale (400-800 mg/dL) o completo (≤400 mg/dL) fallimento del trasferimento dell’immunità passiva.

L’artrite settica e l’osteomielite sono le seconde più comuni lesioni identificate all’esame necroscopico dei puledri settici, rispettivamente con un 26% e un 28% (Koterba et al., 1984; Raisi set al., 1996).Inoltre è importante sottolineare che l’artrite settica può anche essere secondaria a un trauma.

Gli agenti eziologici batterici responsabili del’artrite settica e dell’osteomielite sono gli stessi che danno inizio alla setticemia (Martens et al., 1981).

A livello delle ossa immature e delle articolazioni abbiamo una fase di rapido accrescimento che necessita di un maggior flusso sanguigno nei vasi trans-fisari verso metafisi, fisi, epifisi e capsula articolare. In questa regione il sangue presenta una più bassa tensione di ossigeno e, col raggruppamento in sinusoidi, una diminuzione del flusso ematico e queste sono cause predisponenti allo sviluppo di infezioni(Trumble,2005).

L’artrite settica colpisce sia gli adulti che i puledri. Nei puledri ha un’incidenza che va dallo 0,5% all’1% della popolazione (Bertone et al., 1987; Stoneham, 1997) ed è causa di morte nel 5,2% dei soggetti tra gli 8 e i 31 giorni di vita (Bertone et al., 1987).

L’artrite settica si può definire come un’infiammazione dell’articolazione sinoviale che viene colonizzata da microrganismi patogeni di origine batterica.Per riuscire ad ottenere una risoluzione dell’infezione e un ripristino dell’articolazione è fondamentale la tempestività, una diagnosi precoce e la rapidità nell’impostare una terapia idonea e mirata (Annear et al., 2011).

Più di 30 anni fa l’artrite settica aveva un’incidenza maggiore, mentre oggi, con il miglioramento delle conoscenze in merito alla patologia, alla sua eziopatogenesi e grazie alle più moderne e avanzate metodiche diagnostiche che si hanno a disposizione, ad una miglior efficacia delle terapie adottate e a più accurate tecniche di management, l’incidenza è notevolmente diminuita. Nonostante ciò,

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questa patologia rimane responsabile di un’elevata morbilità e mortalità. Presenta una variabilità in funzione dei diversi allevamenti con le loro specifiche pratiche di management ed in particolare la condizione igienica del peri-parto sia per la fattrice che per il neonato (Annear et al., 2011).

Altri fattori di rischio sono rappresentati da un inadeguato trasferimento di immunoglobuline con il colostro per cause o legate alla madre che produce un colostro di cattiva qualità o legate al puledro che non è in grado di assumere il colostro o di assimilarlo a livello intestinale (Meijer et al., 2000).

Molte cause sono da ricercare in problemi che si verificano al momento del parto: distocia, nascita di un puledro ipossico, prematuro o dismaturo con conseguenti difficoltà ad assumere la stazione quadrupedale o a puppare, patologie della fattrice (Meijer et al., 2000). L’aver identificato in questi problemi i principali fattori di rischio consente di monitorare attentamente e prestare particolare attenzione a queste situazioni per prevenire o intervenire precocemente. La finestra di maggior criticità è rappresentata dai primi 30 giorni di vita, in cui si ha la più elevata probabilità di sviluppare articolazioni settiche (Schneider et al., 1992).

L’artrite settica può verificarsi in qualsiasi articolazione sinoviale, ma quella in cui si manifesta più frequentemente è l’articolazione del tarso (Schneider et al., 1992)

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1.2 EZIOPATOGENESI

Nel puledro, la disseminazione dell’infezione articolare avviene per via ematogena durante la batteriemia, ossia la presenza di batteri nel sangue, transitoria o permanente. Il maggior fattore di rischio è il fallimento nel trasferimento dell’ immunità passiva delle immunoglobuline colostrali (McGuire et al., 1977).

Le principali vie di ingresso attraverso cui i microrganismi patogeni riescono a penetrare nell’organismo sono: tratti dell’apparato gastroenterico e del respiratorio, annessi ombelicali e placenta.

La diffusione avviene per via ematogena, attraverso il flusso sanguigno, e i batteri si vanno a localizzare all’interno dell’articolazione dove trovano un pabulum idoneo alla loro crescita e scatenano una marcata risposta infiammatoria da parte dell’ospite, con conseguenti effetti negativi sulla salute e l’integrità dell’articolazione fino alla completa distruzione della cartilagine articolare (Annear et al., 2011).

La colonizzazione di un’articolazione è favorita dall’elevata vascolarizzazione della sinovia e dell’osso sub-condrale epifisale. La vascolarizzazione epifisale nei soggetti immaturi è diretta verso la superficie articolare e termina con piccoli capillari, per finire con ampi sinusoidi venosi. Questi sinusoidi possiedono un lento flusso ematico e una bassa pressione e questo predispone alla deposizione. I batteri depositati nel plesso capillare sinoviale possono moltiplicarsi e migrare all’interno del fluido sinoviale (Meijer et al.,2000).

L’infezione sinoviale è stata classificata in (Annear et al., 2011): - Tipo Epifisale (Tipo E): è quello più comunemente riscontrato nei puledri che hanno meno di 2 mesi di vita. Questo tipo di infezione parte dalla giunzione dell’osso sub-condrale epifisale e dalla cartilagine per poi estendersi nell’articolazione. Questo non si verifica nei soggetti più grandi perché i vasi all’interno della cartilagine articolare, responsabili della diffusione di questa infezione, regrediscono con il processo di maturazione delle epifisi.

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In caso di artrite settica acuta la risposta infiammatoria è iniziata dalla presenza di batteri all’interno della membrana sinoviale e del fluido sinoviale dell’articolazione.I microrganismi solitamente raggiungono il sito articolare tramite la batteriemia, quindi attraverso il flusso ematico, anche se possono arrivare pure dai tessuti circostanti, come nel caso di un focolaio di osteomielite nella metafisi (Alderson et al.,1987).

La natura e la gravità della risposta infiammatoria dipendono strettamente dalla patogenicità degli agenti eziologici, dall’ampiezza dell’inoculo e dalla resistenza dell’ospite. In genere, la presenza di batteri esita in iperemia e flogosi acuta della sinovia, con neutrofili polimorfonucleati che si infiltrano sia nella sinovia che nel lume dell’articolazione (Alderson and Nade, 1987).

Il rilascio di citochine pro infiammatorie ed enzimi proteolitici partecipa a questa congestione vascolare e infiltrazione neutrofilica. L’effusione di fluido causa una distensione dell’articolazione che ostacola il flusso sanguigno verso la membrana sinoviale, andando ad alterare il fluido sinoviale e ad impedire il flusso sanguigno sub-condrale. Subito dopo l’infezione articolare si verifica una distruzione della cartilagine dovuta all’azione degli enzimi di degradazione e alla mancanza di una corretta nutrizione della cartilagine. In particolare, il deposito di fibrina sulla cartilagine articolare e la ridotta motilità dell’articolazione causano il mancato apporto di sostanze nutritive alla cartilagine.

Anche le citochine giocano un ruolo importante contribuendo attivamente alla distruzione della cartilagine dell’articolazione, in quanto intervengono direttamente sui sinoviociti e sui condrociti favorendo un incremento nella loro produzione di metalloproteinasi. Man mano che il processo flogistico diventa cronico viene alterata la funzione dei sinoviociti, con una minor secrezione di acido ialuronico e una minor produzione di mediatori dell’infiammazione. Il problema consiste nel fatto che una volta che il danno ha coinvolto i tessuti

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in grado di restituire l’integrità delle strutture. La cartilagine articolare è priva di terminazioni nervose, mentre invece la capsula dell’articolazione presenta numerosi nocicettori che arrivano fino alla membrana sinoviale. Tutto ciò è responsabile della sensazione dolorifica percepita in corso di artrite settica. Inoltre il rilascio di prostaglandine E2, durante la cascata infiammatoria, migliora la percezione del dolore.È molto importante riuscire a modulare e tenere sotto controllo il dolore, non solo per quanto riguarda il benessere del paziente, ma anche per ridurre la risposta infiammatoria all’interno dell’articolazione (Annear et al., 2011).

Alcuni studi (Lotz et al., 1987; Lotz et al., 1988) hanno dimostrato che il sistema nervoso ha una grande rilevanza in corso di artrite settica, in quanto possiede la capacità di incrementare la risposta infiammatoria e renderla ancora più grave. In particolare, la stimolazione di nervi dell’articolazione provoca un rilascio di neuropeptidi, come la Sostanza P, nei tessuti circostanti.

La Sostanza P è responsabile del rilascio di prostaglandine E2 e collagenasi dai fibroblasti sinoviali (Lotz et al., 1987). Inoltre agisce sui monociti causandone il rilascio di mediatori dell’infiammazione, tra cui fattori di necrosi tissutale (Lotz et al., 1988).

Per quanto riguarda i patogeni più frequentemente isolati nei puledri affetti da artrite settica si ha una prevalenza di microrganismi Gram-negativi ed è molto comune l’infezione causata da specie batteriche multiple (Schneider et al., 1992).

Dai risultati degli antibiogrammi effettuati si evince che tra i batteri gram-negativi quelli che si riscontrano maggiormente sono

Escherichia coli, Actinobacillus spp., Salmonella spp. e Klebsiella

spp., mentre tra i gram-positivi i più comunemente isolati sono

Streptococcus spp., Staphylococcus spp. e Clostridium spp. (Hardy et

al., 2006). Sono anche stati isolati, ma con una bassa frequenza, batteri anaerobi obbligati e Mycoplasma e Chlamydia (McChesney et al., 1974; Moorthy et al., 1977).

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1.3 SEGNI CLINICI

Le conseguenze di un’infezione batterica articolare sono rapidi cambiamenti patologici che esitano in versamento articolare e grave zoppia (Curtis et al., 1973; Tulamo et al., 1989).

Sono diversi i fattori da cui dipende il grado della zoppia, tra cui (Auer et al., 2006):

- le dimensioni del cavallo e di conseguenza il peso che gli arti devono sopportare,

- la durata dell’infezione;

- la patogenicità dell’agente infettante.

Ci sono cavalli che riescono a camminare quasi normalmente ed altri che riescono a caricare poco o per niente il peso sull’arto colpito. Pazienti che presentano lacerazioni articolari attraverso le quali il fluido sinoviale può fuoriuscire e che di conseguenza non presentano raccolte sinoviali rilevanti manifestano un minor grado di zoppia rispetto a cavalli con infezioni articolari chiuse (Kraus, 2006).

L’articolazione appare gonfia e distesa e questo segno clinico si può valutare visivamente oppure mediante palpazione, o usando entrambi i metodi.In alcuni soggetti l’aumento del liquido sinoviale non appare evidente perché viene mascherato dalla presenza dei tessuti sovrastanti e questo è una diretta conseguenza della regione anatomica in cui è localizzata l’articolazione colpita, ad esempio la regione della spalla (Ross et al., 2010).

Un’altra causa è rappresentata dalle piccole dimensioni della capsula articolare, ad esempio la porzione distale delle due articolazioni tarsali (Auer et al., 2006). Inoltre, anche la presenza di edema periarticolare e di cellulite può rendere complessa la palpazione dell’effusione articolare (Martens et al., 1986).

Altri segni clinici tipici sono calore e dolore alla palpazione dell’articolazione. Si ha anche risposta alla pressione digitale applicata

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L’aumento della temperatura rettale con l’istaurarsi di episodi febbrili non si riscontra durante le fasi iniziali dell’infezione, ma successivamente. La febbre è l’osservazione clinica più consistente e si manifesta in media 9 giorni dopo l’intervento. Tuttavia, nel caso di animali trattati con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) la febbre potrebbe non essere presente (Schneider et al., 1992)

È importante che tutti questi segni clinici vengano esaminati e valutati durante il decorso clinico del paziente e che siano accuratamente messi in relazione al tempo intercorso dall’inizio dell’infezione (Stoneham et al., 1997).

È stato dimostrato che la zoppia si sviluppa tra le 8 e le 24 ore dopo l’inizio dell’infezione e che, nonostante la temperatura rettale sia elevata nella fase acuta, successivamente presenta un andamento ondulatorio (Tulamo et al., 1989).

Il gonfiore dell’articolazione rappresenta il più importante e facilmente apprezzabile segno clinico in corso di artrite settica e può variare da lieve a grave e può o meno essere accompagnato da dolore e calore riscontrabili mediante palpazione dell’articolazione coinvolta (Annear et al., 2011).

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1.4 DIAGNOSI

A causa dell’assenza di segni clinici sistemici precoci in corso di infezione, i proprietari dei cavalli sono spesso portati a ricondurre la zoppia o il gonfiore a livello dell’articolazione ad eventi traumatici o al fatto che il puledro possa essere stato pestato dalla fattrice, mentre invece, in determinate circostanze, l’artrite settica dovrebbe essere la prima ipotesi diagnostica. E’ necessario, oltre alla valutazione della sintomatologia clinica, prendere in considerazione anche altri mezzi diagnostici, sia di laboratorio che di diagnostica per immagini.

1.4.1 Valutazione torbidità e viscosità

Il liquido sinoviale fisiologico del cavallo presenta una colorazione giallo paglierino ed è chiaro e viscoso, senza la sospensione di alcun tipo di materiale. Il volume di fluido che può essere raccolto è in funzione dell’articolazione che deve essere campionata e rappresenta un attendibile indicatore della salute dell’articolazione in questione. In generale, la capacità di eseguire un prelievo del liquido sinoviale in quantità adeguate, al fine di poterlo analizzare, non costituisce un problema nella specie equina, come invece accade per il cane e il gatto.Infatti almeno 1ml di liquido sinoviale è possibile raccoglierlo dalla più grande articolazione sana.

Nonostante esistano molte tecniche per quantificare la viscosità, essa può essere agevolmente e rapidamente stimata posizionando una goccia tra il pollice e l’indice, separando lentamente le dita e osservando il filo sinoviale che si forma. Il fluido sinoviale di viscosità normale forma un filo di almeno 2.5 cm di lunghezza prima che si rompa. Un’altra semplice tecnica consiste nell’osservare la lunghezza del filo di fluido sinoviale che si forma sulla punta di un ago prima che goccioli dall’ago. Anche in questo caso, il normale liquido sinoviale forma un filo di almeno 2.5 cm di lunghezza. Inoltre, il normale liquido sinoviale non si coagula in posizione eretta, ma diventa spesso gelatinoso. Questo fenomeno è chiamato tixotropismo.

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Il campione può essere riportato allo stato fluido mediante agitazione (Cowell et al., 2002).

Mentre invece, le alterazioni fisiche che si possono riscontrare in corso di artrite settica comprendono: il liquido prelevato da articolazioni infiammate meno viscoso, più scuro e più torbido.

In corso di grave artrite settica, il fluido sinoviale diventa di un lieve color aranciato con flocculi di materiale purulento, facilmente osservabili all’interno del campione prelevato.

Quindi nel caso in cui il liquido sinoviale appaia torbido potremmo affermare con una certa probabilità che vi sia la presenza di infezione (Auer et al., 2006).

1.4.2 Mucin clot test

Il mucinclot test fornisce un indice semiquantitativo del grado di polimerizzazione dell’acido ialuronico nel liquido sinoviale. Non dovrebbe essere eseguito su campioni raccolti in EDTA, ma dovrebbero essere utilizzati campioni prelevati con eparina o senza anticoagulante. Il test viene eseguito miscelando circa una parte di surnatante ottenuto dal liquido sinoviale centrifugato con 4 parti di acido acetico glaciale al 2.5%.L’acido provoca precipitazione o aggregazione della mucina del fluido sinovialeDopo aver mescolato delicatamente, si osserva la mucina raggrinzita.

Per registrare i risultati del mucin clot test viene utilizzato uno schema di classificazione soggettiva a quattro livelli. Il coagulo è classificato come buono se si forma un singolo coagulo compatto in una soluzione che altrimenti sarebbe chiara.È classificato come giusto se un singolo coagulo morbido si forma in una soluzione leggermente torbida. Un coagulo scarso è friabile e può rompersi se il tubo viene agitato delicatamente. Il fluido circostante i campioni è nuvoloso e torbido. Si dovrebbe ottenere un coagulo molto scarso se la provetta contiene solo particelle di mucina in una soluzione altrimenti torbida. Il contenuto di acido ialuronico è stato misurato direttamente nel fluido sinoviale, ma questo test non viene eseguito nella maggior parte dei laboratori clinici (Cowell et al., 2002).

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1.4.3 Citologia articolare

È necessario ottenere un campione di fluido sinoviale da tutte le articolazioni colpite per eseguire le analisi prima di effettuare il lavaggio o l’intervento chirurgico. Il fluido sinoviale viene prelevato utilizzando la tecnica dell’artrocentesi. In particolare, l’artrocentesi è una procedura che deve essere condotta in maniera asettica e con estrema accuratezza, posizionando il puledro in decubito laterale e sedato. In letteratura viene riportato l’utilizzo del diazepam (0.1 mg/kg EV), un comune sedativo appartenente alla categoria delle benzodiazepine. Dopo che l’articolazione è stata tosata e preparata chirurgicamente mediante idonea disinfezione è stato adoperato un ago da 18G o 21G e il fluido sinoviale è stato raccolto in provette EDTA per l’esame citologico e all’interno di tubi di siero sterile per la coltura. Una volta raccolto, il campione deve essere valutato per: • Consistenza;

• Colore;

• Proteine Totali (PT);

• Conta delle cellule della linea bianca (TNCC); • Test di sensibilità;

• Coltura per l’identificazione.

Per quanto riguarda le articolazioni con un piccolo volume di liquido sinoviale, per rendere più agevoli le procedure di aspirazione e raccolta, bisogna necessariamente prima iniettarvi della soluzione salina sterile. Un chiaro esempio di articolazione in cui dobbiamo adottare questa tecnica è quella tarso-metatarsale (Auer et al., 2006). Per la valutazione delle proteine totali, nonché della conta totale e differenziale delle cellule della linea bianca, il liquido sinoviale è raccolto in EDTA.

All’interno del liquido sinoviale viene eseguita la conta delle proteine totali. Vengono utilizzate misure refrattometriche per identificare

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qualitativamente e quantitativamente la concentrazione delle proteine totali.I valori per la concentrazione proteica nel fluido sinoviale equino sono ampiamente vari.Un range di riferimento fisiologico va da 0.92 a 3.11 g/dl. Mentre il metodo del blu di Coomassie identifica come range fisiologico da 0.5 a 1.0 g/dl (Cowell et al., 2002).

Le proteine presenti nel liquido sinoviale settico sono solitamente più di 4 g/dl. Comunque nei puledri una qualsiasi valutazione che rilevi più di 2 g/dl dovrebbe essere considerata sospetta e rende necessaria un’interpretazione (Tulamo et al., 1989).

Per quanto riguarda il conteggio delle cellule nucleate totali, ossia i globuli bianchi, è stato riportato che la loro presenza all’interno del normale liquido sinoviale equino varia ampiamente da un’articolazione all’altra. Anche se sono stati riportati oltre 2000 cellule/microlitro di liquido dalle articolazioni temporo-mandibolari di animali clinicamente sani, le articolazioni degli arti di cavalli sani più comunemente campionate di solito contengono meno di 500 cellule nucleate/microlitro (Davies, 1945; Duncan et al., 1994).

La conta delle cellule nucleate del liquido sinoviale può essere determinata manualmente con un ematocitometro o automaticamente con un contatore di cellule elettroniche. Poichè il fluido sinoviale fisiologico equino contiene una conta cellulare molto più bassa di quella canina e felina, la validità dei conteggi determinati elettronicamente presenta una scarsa affidabilità. Questo infatti perché il conteggio delle cellule del liquido sinoviale dalle normali articolazioni equine può essere talmente basso da risultare al di sotto del livello di soglia dei contatori elettronici. I contatori elettronici manuali possono fornire dei conteggi accurati su dei campioni di almeno 500 cellule/microlitro. Se però il conteggio ottenuto elettronicamente è vicino al livello di soglia dello strumento, è necessario eseguire un conteggio manuale. La conta manuale deve essere eseguita caricando la camera dell’ematocitometro con liquido sinoviale non diluito se il numero di globuli bianchi è basso. Il numero totale di cellule deve essere contato nei primi quattro quadratini primari; il numero di cellule nei quattro angoli viene moltiplicato per

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2.5 per ottenere il numero di cellule per microlitro. I campioni con conta cellulare alta devono essere prima diluiti con una pipetta di globuli bianchi. La soluzione salina deve essere usata come diluente per il fluido sinoviale, anziché l’acido acetico che viene spesso utilizzato come diluente per il sangue. L’acido acetico provoca una precipitazione di mucina nel liquido sinoviale. Una pipetta standard di globuli bianchi può essere riempita fino alla tacca di 0.5 con liquido sinoviale e fino alla tacca dell’11 con soluzione salina. Dopo aver mescolato ed aver scartatole prime gocce, bisogna riempire di liquido una camera dell’ematocitometro. Le cellule nucleate negli angoli dovrebbero essere contate come indicato in precedenza. Infine, il totale viene moltiplicato per 50 per ottenere il numero di cellule per microlitro di liquido sinoviale non diluito (Cowell et al., 2002).

Può essere difficile eseguire conteggi su campioni essudativi a causa della presenza di gruppi cellulari, fibrina e detriti necrotici. Un’altra potenziale difficoltà tecnica consiste nel fatto che il numero di cellule può essere falsatamente basso a causa della viscosità del fluido sinoviale che non permette che si mescoli adeguatamente con il diluente nella pipetta. Inoltre, il pretrattamento di tale fluido sinoviale con ialuronidasi provoca un aumento del numero di cellule nucleate di oltre il doppio (Palmer, 1968).

Il normale fluido sinoviale contiene linfociti, grandi cellule mononucleari, cellule del rivestimento sinoviale e meno del 10% di neutrofili. Durante l’infezione si osservano i neutrofili come cellule preponderanti (Tulamo et al., 1989).

Il normale numero di globuli bianchi è pari a 167±21 cellule/mm^3 e il numero di cellule nucleate superiore a 10000 cellule/mm^3 in presenza di segni clinici rilevanti identifica un alto sospetto di infezione (Van-Pelt, 1974).

In ogni caso, qualsiasi articolazione con un aumento del numero dei globuli bianchi e con un’anomala percentuale di neutrofili dovrebbe essere considerata settica. Inoltre i puledri possono anche essere affetti da sinovite secondaria a fisite settica, che si manifesta con un lieve

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incremento di cellule della linea bianca e meno del 90% di neutrofili (Firth, 1990).

Nonostante il valore diagnostico iniziale, ciò che veramente può aiutare nell’impostare la terapia è la coltura del campione di fluido sinoviale. In particolare, risultano necessarie colture aerobie ed anaerobie per la ricerca della antimicrobica. Se la crescita dei microrganismi fallisce ciò non implica necessariamente l’assenza di artrite settica dato che il tasso di successo della coltura del liquido sinoviale può essere basso con un tasso di isolamento batterico che varia tra il 55 e il 78% (Steel, 2008).

Per quanto riguarda la conta cellulare differenziale i valori delle proporzioni relative dei vari tipi di cellule possono variare notevolmente. Partiamo dal presupposto che la proporzione dei neutrofili nel normale fluido sinoviale non deve superare il 10%.Tuttavia, sono possibili le eccezioni di alcuni campioni con conta cellulare totale molto bassa e campioni con marcata contaminazione del sangue. Ciò che può variare con maggiore facilità sono le proporzioni delle cellule mononucleate. La maggior parte delle cellule mononucleate presenti nel liquido sinoviale fisiologico sono i linfociti e le grandi cellule mononucleate, che comprendono monociti/macrofagi e spesso anche alcune cellule del rivestimento sinoviale. Solitamente i macrofagi predominano, anche se le proporzioni di macrofagi e linfociti variano da un’articolazione e l’altra (Van Pelt, 1962).

Alcuni laboratori riportano i linfociti, i macrofagi e le cellule del rivestimento sinoviale sotto il titolo di “cellule mononucleate”. Gli eosinofili si riscontrano raramente (<1% delle cellule totali) nel fluido sinoviale fisiologico equino. Per quanto riguarda le caratteristiche morfologiche le dimensioni dei macrofagi e il grado di vacuolizzazione citoplasmatica nel fluido sinoviale variano ampiamente. Sullo sfondo della maggior parte degli strisci di fluido sinoviale c’è la mucina, che appare come materiale rosa finemente granuloso. Bisogna porre attenzione a non confondere la mucina con i

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batteri che si colorano di blu scuro utilizzando la colorazione di Wright (Cowell et al., 2002).

Ora descriverò brevemente la tecnica di preparazione di strisci citologici a partire da campioni fluidi. Devono essere preparati immediatamente dopo la raccolta dei liquidi. Quando possibile, i campioni di fluido devono essere raccolti all’interno di provette con EDTA. Gli strisci possono essere preparati direttamente dal fluido fresco e ben mescolato o dai sedimenti di un campione centrifugato. Possono essere utilizzate tre differenti tecniche e la scelta di quale utilizzare è in funzione della cellularità, della viscosità e dell’omogeneità del fluido in questione.

Un liquido sinoviale raccolto da una articolazione settica presenta una Total Nucleated Cell Count (TNNC) superiore a 75.000 cellule/μL con una predominanza di neutrofili e la concentrazione di proteine totali (PT) è superiore a 5 g/dL. Una conta totale dei globuli bianchi inferiore a 10.000 cellule/dL, ma comunque superiore a 300 cellule/dL, non esclude un’articolazione infetta. E’ infatti dimostrato dal fatto che in alcune articolazioni si possano riscontrare un numero basso di globuli bianchi a causa del loro sequestro all’interno dei depositi di fibrina nell’articolazione stessa (Tulamo et al., 1989; Schneider et al., 1992).

Attraverso la valutazione citologica possiamo osservare anche la presenza di batteri, ma soltanto un 24% dei campioni contiene batteri osservabili all’esame microscopico (Auer et al., 2006).

1.4.4 Cultura batterica

Se vogliamo eseguire un esame batteriologico del liquido sinoviale raccolto, è necessario conservarlo in una provetta sterile e quindi seminarlo con una tecnica di routine oppure utilizzare un terreno per l’emocultura (Montgomery et al., 1989; Madison et al., 1991).

Idealmente, andrebbe utilizzata una quantità di 5 mL di liquido sinoviale, ma in realtà viene impiegata per la coltura la quantità che si riesce ad aspirare. L’utilizzo del questo tipo di terreno come tecnica di

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coltura massimizza le possibilità di incubazione dei microrganismi infettanti e di ottenere risultati per quanto riguarda l’antibiogramma, ossia la sensibilità agli antibiotici. Per cui, questa tecnica permette di selezionare i farmaci antimicrobici, a cui i batteri sono sensibili, per mettere in atto una terapia antibiotica mirata e selettiva (Montgomery et al., 1989).

1.4.5 Biopsia capsula sinoviale

Non ci sono vantaggi nell’ottenere un campione bioptico della membrana sinoviale. Anche se il paziente è già stato sottoposto a terapia antibiotica e quindi diventa difficile poter riscontrare la presenza di positività nella coltura, è comunque necessario prelevare fluido sinoviale da mettere in coltura, ricordandosi però di compilare il modulo di richiesta per le analisi di laboratorio inserendo anche un elenco degli antibiotici utilizzati fino a quel momento.

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1.5 EMATOLOGIA e BIOCHIMICA CLINICA

Una volta individuati i segni clinici presenti, come zoppia e articolazione calda ed effusa, è molto importante valutare la salute sistemica del puledro e cercare il punto di partenza dell’infezione sottostante. valutazione della condizione sistemica del soggetto dovrebbe includere prima di tutto il completo esame fisico e il comune studio ematologico. Per prima cosa bisogna assicurarsi che non ci siano patologie gastrointestinali o infezioni del residuo ombelicale. Nel caso in cui venga identificato un allargamento dell’uraco con pervietà associata o un altro sito di infezione, il sangue dovrebbe essere raccolto dove possibile. Questo perché i cambiamenti ematologici dovrebbero essere lievi nelle fasi iniziali dell’infezione, ma tra le 48 e le 72 ore c’è spesso una significativa leucocitosi e iperfibrinogenemia in corso di artrite settica.Un utile ed attendibile indicatore di osteomielite delle fisi o delle epifisi è rappresentato dal valore assoluto di concentrazione plasmatica di fibrinogeno superiore a 900 mg/dl. Tuttavia, un’iperfibrinogenemia di questa entità non è un segno specifico di flogosi di fisi ed epifisi, ma l’assenza non esclude assolutamente che si tratti di artrite settica, che potrebbe essere agli stadi iniziali. Nonostante ci siano altre patologie, quali emartrosi, cellulite e fratture, che si manifestano con zoppia e versamento articolare, il corretto modo di procedere e approcciarsi a questa sintomatologia è quello di considerare ogni episodio dolorifico e versamento come riconducibile all’artrite settica ‘fino a prova contraria’. Poi di seguito andrò ad elencare i comuni test diagnostici che, usati in combinazione, permettono di ottenere una diagnosi di artrite settica. Nessuna procedura diagnostica è infatti in grado, presa singolarmente, di portare ad una diagnosi definitiva. La scelta di quale mezzi diagnostici avvalersi viene effettuata sulla base dell’equipaggiamento, dell’attrezzatura a disposizione e dei livelli di confidenza del professionista veterinario nei confronti di queste procedure.

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1.6 DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

La diagnostica per immagini viene di solito utilizzata e fornisce informazioni utili ad accertare e verificare la gravità e la cronicità della patologia. Attraverso l’utilizzo delle modalità di diagnostica per immagini, che descriverò inseguito, l’articolazione controlaterale rappresenta il “controllo” per favorire e facilitare la diagnosi della patologia sull’arto colpito.

1.6.1 Radiografia

Gli esami radiografici condotti nelle fasi iniziali dell’artrite settica possono risultare normali, ma possono anche mostrare uno spostamento dei tessuti molli peri-articolari, un allargamento dello spazio articolare e un gonfiore dei tessuti molli che circondano l’articolazione. Nonostante il fatto che le indicazioni precedenti risultino assolutamente non specifiche, esse tuttavia forniscono un importante contributo diagnostico, se messe in relazione al quadro clinico ed ai risultati analitici del fluido sinoviale (Annear et al. 2011). L’esame radiografico è infatti strettamente consigliato in tutti i casi che coinvolgono un’articolazione infetta o la guaina tendinea al fine di valutare l’osso per verificare l’eventuale presenza di osteite o osteomielite ed escludere fratture e patologie articolari associate. Questo risulta essenziale sia per quanto riguarda i puledri che i cavalli adulti affetti da infezioni croniche a livello articolare. Risulta di fondamentale importanza anche perché è necessario sottolineare che in presenza di osteomielite dell’osso epifisale sub-condrale o delle fisi dei puledri il trattamento è complicato e anche il quadro prognostico è diminuito. Inoltre, bisogna anche prestare particolare attenzione all’osso sub-condrale e alle fisi circostanti che, nei giovani cavalli, devono essere valutati perché possono essere soggetti a lisi ossea (Auer et al., 2006).

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La radiografia rappresenta un mezzo diagnostico di fondamentale importanza in corso di artrite settica. Più nello specifico, è utile nel monitorare la progressione della patologia mostrando un significativo restringimento dello spazio articolare, distruzione della cartilagine articolare con caratteristiche aree di lisi, reazione periostale con proliferazione ossea e osteolisi dell’osso sub-condrale. Permette anche di rilevare un’osteomielite che può frequentemente essere concomitante all’artrite settica. Bisogna anche tenere presente che nei puledri affetti da osteomielite non si rendono evidenti cambiamenti apprezzabili all’esame radiografico se ci troviamo nei primi stadi della patologia, ma questi ultimi diventano evidenti tra i 7 e i 10 giorni dall’esordio dei segni clinici (Annear et al., 2011).

Le ossa che con maggiore frequenza vengono colpite da osteomielite sono femore, tibia e falange distale (Neil et al., 2010). In conclusione, è possibile affermare che la radiografia fornisce, se viene garantita una corretta esposizione e un idoneo posizionamento, una serie di vantaggi tra cui la possibilità di identificare precocemente cambiamenti lievi.

1.6.2 Ecografia

L’esame ultrasonografico rappresenta un altro mezzo diagnostico importante nell’identificare articolazioni gonfie, soprattutto per quanto riguarda regioni anatomiche scarsamente accessibili. Inoltre, costituisce un valido aiuto come guida durante l’artrocentesi, il mezzo diagnostico che ho brevemente descritto precedentemente. Possiamo attribuire a questo tipo di esame molti vantaggi, ma anche alcuni aspetti negativi. L’ecografia presenta infatti come principale limitazione il fatto che non rappresenta uno studio anatomico completo ed è anche meno affidabile nella caratterizzazione di un versamento e nella sua causa. Ci permette di osservare una capsula articolare ispessita con un aumento dell’ecogenicità del fluido articolare che però non possono essere ritenuti indicatori attendibili di infezione. I vantaggi sono: fornisce un’immagine in “tempo reale”, può essere facilmente interpretata e la stragrande maggioranza dei

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clinici possiede un macchinario ad ultrasuoni disponibile (Annear et al. 2011).

1.6.3 Tomografia computerizzata

Nonostante non venga utilizzata frequentemente, la tomografia computerizzata (CT) rappresenta un mezzo diagnostico utile per valutare un’ infezione articolare e offre dei vantaggi maggiori rispetto all’ esame radiografico. Quello che si evince da questo tipo di metodica è piuttosto simile ai risultati ottenuti con la radiografia e che ho in precedenza descritto. La differenza consiste nella più alta sensibilità e nel maggior numero di dettagli. La tomografia computerizzata può anche consentire l’individuazione di segni clinici precoci di artrite settica quali l’ispessimento articolare e il gonfiore sottostante. Inoltre, così come la radiografia, può rappresentare un valore aggiunto nell’identificazione e nella caratterizzazione delle lesioni peri-articolari e dell’osteomielite.

1.6.4 Risonanza magnetica

La risonanza magnetica (MRI) rappresenta la tecnica di diagnostica per immagini di scelta, ossia il gold standard, in medicina umana nei pazienti affetti da artrite settica.

Mentre invece viene raramente utilizzata, così come la tomografia computerizzata, per la diagnosi e la stadiazione dell’artrite settica nei puledri. Nonostante ci sia stato un recente sviluppo di esperienza nell’ uso della risonanza magnetica negli ospedali equini, il suo ruolo nella diagnosi dell’artrite settica rimane comunque limitato. Il motivo principale è legato agli elevati costi di questa tecnica, al tempo richiesto e alla necessità di sottoporre il puledro ad una profonda sedazione o ad un’anestesia generale. La risonanza magnetica presenta però il grande vantaggio di fornire immagini qualitativamente superiori dell’ osteomielite, della proliferazione sinoviale, delle lesioni

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cartilaginee e dei cambiamenti nei tessuti molli periarticolari (Annear et al., 2011).

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1.7 TRATTAMENTI

Per riuscire ad eliminare il prima possibile un’infezione dalle strutture sinoviali è necessario ricorrere ad un trattamento precoce ed aggressivo. Il trattamento terapeutico viene sempre iniziato prima di venire a conoscenza dei risultati della coltura. Dato che nel 25% dei campioni di fluido sinoviale si potrebbe non riuscire ad isolare un microrganismo, è importante puntare su un antibioticoterapia mirata contro l’agente infettante riscontrato con maggiore frequenza, cioè usando antibiotici ad ampio spettro. Tuttavia bisognerebbe considerare attentamente la fonte scatenante l’infezione articolare. In letteratura è riportato che i cavalli che sviluppano infezione settica dopo un intervento chirurgico o dopo un’iniezione intrarticolare vengono più frequentemente infettati dagli Stafilococchi, in particolare

Staphylococcus aureus, mentre invece, per quanto riguarda i cavalli

che sviluppano la sepsi in seguito ad una ferita penetrante, i batteri più frequentemente isolati dal liquido sinoviale sono Enterobacteriaceae in associazione a Staphylococcus spp.,Streptococcus spp.,

Pseudomonas spp. e gli anaerobi (Schneider et al., 1992).

In un lavoro (Snyder et al., 1987) eseguito su cavalli affetti da patologia ortopedica, si riporta che batteri più comunemente isolati sono, in ordine decrescente: Enterobacteriaceae, Streptococcus spp.,

Staphylococcus spp. e Pseudomonas spp. Gli autori sostengono che

l’utilizzo di antibiotici ad ampio spettro d’azione debba essere per via endovenosa al fine di massimizzare la capacità di penetrazione all’interno del fluido sinoviale dell’articolazione.

Il trattamento dell’artrite settica nei puledri, in particolare quelli neonati, può essere veramente difficile a causa del fatto che essi nella maggior parte dei casi sono colpiti da patologia multi sistemica. Per poter garantire una prognosi favorevole è assolutamente indispensabile cercare di ottenere una diagnosi il più precoce possibile e ricorrere ad un trattamento aggressivo e mirato (Schneider et al., 1992; Steel et al., 1999; Meijer et al 2000; Smith et al., 2004).

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Dalle informazioni riportate in letteratura (Trumble, 2005) si evince che non esiste un singolo trattamento che si possa considerare risolutivo e che possa essere ritenuto migliore rispetto agli altri.

Ciò che di solito risulta vincente è un approccio integrato mediante l’utilizzo di una combinazione di alcune o di tutte le forme di trattamento terapeutico conosciute. Questa strategia permette di amplificare le possibilità di successo e aumentare le chances di ottenere una prognosi favorevole (Bertone et al., 1992).

È inoltre importante prendere in considerazione il decorso clinico e la disponibilità economica al fine di impostare la terapia più idonea in relazione alla specifica situazione. Nella scelta del percorso terapeutico da intraprendere bisogna prestare attenzione anche alle difese immunitarie del puledro (Trumble, 2005).

1.7.1 Terapia antibiotica sistemica

Dopo che la diagnosi di artrite settica è stata fatta oppure presunta, bisognerebbe subito iniziare la terapia antibiotica sistemica. È importante che essa venga cominciata ancora prima che si abbia il risultato dell’isolamento batterico e l’esito dell’antibiogramma. Quindi il primo passaggio consiste nell’utilizzo di un antibiotico ad ampio spettro, ricorrendo nella scelta all’esperienza e alla conoscenza delle specie microbiche più frequentemente isolate a livello delle articolazioni dei puledri. Successivamente, dopo aver ricevuto l’esito della coltura, quindi circa dopo 48 ore e aver identificato il batterio responsabile e la sua sensibilità ad uno specifico antibiotico viene reimpostata la terapia in funzione di queste nuove conoscenze e quindi scelto il farmaco antimicrobico più adatto (Auer et al., 2006).

Allo stesso modo però, nel caso in cui non sia possibile effettuare un esame colturale, la scelta dell’antibiotico da utilizzare, al fine di aumentare l’efficacia battericida e amplificare le possibilità di ottenere una prognosi fausta, può essere influenzata dal fatto che la risposta clinica risulta scarsa così come si può evincere dai numerosi e ripetuti esami citologici eseguiti sul fluido sinoviale, dai risultati degli esami

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dall’osservazione dell’evidente fallimento nella diminuzione del gonfiore e del grado di zoppia (Annear et al., 2011).

In sintesi, si può affermare che si parte con una terapia antibiotica ad ampio spettro e poi si procede apportando modifiche e migliorie impostando un antimicrobico più mirato e specifico in funzione dei risultati dell’antibiogramma oppure in caso di assenza di questi ultimi si procede cambiando la scelta del trattamento in funzione di un’attenta e puntuale osservazione dei segni clinici. La preferenza dell’utilizzo della via di somministrazione parenterale nel puledro neonato è dovuta alla possibilità di garantire il corretto raggiungimento da parte del farmaco della circolazione sistemica (Baggot et al., 1984; Baggot, 1994).

Prima di utilizzare gli antibiotici per via orale dobbiamo tenere presente la loro variabilità nella biodisponibilità del farmaco e porre particolare attenzione ai possibili effetti gastrointestinali. La via di somministrazione intramuscolare, nonostante la sua efficacia e la sua facilità di utilizzo nei soggetti adulti, nel puledro presenta, invece, molteplici difficoltà dovute alla mancanza o comunque alla scarsità di masse muscolari e il conseguente rischio di provocare dolore e gonfiore nel sito di inoculo (Annear et al., 2011).

In particolare ci sono tre specifiche ragioni per cui vengono usati antibiotici diversi nei puledri neonati rispetto ai cavalli adulti. Per prima cosa i puledri, non essendo ancora completamente fermentatori, non sono esposti al medesimo rischio di colite che invece rappresenta un possibile effetto collaterale da tenere presente nei soggetti adulti. In secondo luogo, possono essere utilizzati antibiotici che per i cavalli adulti vengono considerati troppo costosi e quindi tendono ad essere usati con moderazione, dato che possiamo approssimare il peso di un puledro a circa un decimo di quello di un cavallo. Infine, dobbiamo tenere ben presente il problema della tossicità dei farmaci, anche in relazione alle loro dosi (Caprile et al., 1987).

È importante ricordare che per molti farmaci il dosaggio nel puledro è superiore a quello somministrato nell’adulto. Questo trova spiegazione nel fatto che la massa corporea del puledro contiene una percentuale di

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acqua superiore a quella del cavallo adulto. In generale, i farmaci idrofili, come gli amminoglicosidi, vengono usati a dosaggi più alti nel puledro, mentre invece i farmaci lipofili allo stesso dosaggio dell’adulto (Corley et al., 2009).

I farmaci più utilizzati nei puledri in quanto vengono considerati adeguati per il fatto di essere ad ampio spettro e ben tollerati dai soggetti neonati sono: penicillina G potassio (20.000 UI/kg EV QID), amikacina (20-25 mg/kg EV SID) e cefalosporine di terza generazione come il ceftiofur (2.2 mg/kg IM BID) (Baggot et al., 1984; Baggot, 1994).

Un attento calcolo della dose da somministrare al paziente è indispensabile anche perché il puledro presenta un’alterazione nella fase di eliminazione del farmaco, causata principalmente dall’assenza di una completa maturazione della funzionalità epatica e renale. Inoltre, quest’ultima può anche risultare indebolita dalla patologia. Si può ricorrere alla scelta degli aminoglicosidi somministrati attraverso la via endovenosa, ma adottando alcuni accorgimenti come utilizzare un dosaggio con intervalli più dilazionati in modo da riuscire a trovare un compromesso tra l’ottenere una buona efficacia terapeutica e allo stesso tempo ridurre al minimo il rischio di incorrere in un effetto collaterale negativo, ossia la nefrotossicità.Nonostante ciò occorre monitorare attentamente la farmacocinetica e la farmacodinamica dei farmaci impiegati nella terapia (McKellar et al., 2004).

Altre indicazioni molto importanti da tenere in considerazione per quanto riguarda l’antibiotico terapia sono: rispettare la durata appropriata della terapia farmacologica, il trattamento deve essere prolungato per due settimane dopo la risoluzione dei segni clinici, eseguire un esame emocromocitometrico e la valutazione della concentrazione di fibrinogeno sierico (Annear et al., 2011).

In caso di osteomielite associata all’artrite settica sarebbe necessario ricorrere ad una durata maggiore del trattamento antibiotico, che potrebbe arrivare fino ai due mesi. La conta delle cellule totali della linea bianca presenti all’interno dei campioni di fluido sinoviale è di

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settica, mentre non ha alcuna rilevanza per guidare nella scelta della durata della terapia. Anche le proteine totali del fluido sinoviale e la citologia possono non risultare alterati in caso di un basso numero di batteri. Questi possono essere responsabili di un forte aggravamento se l’antibiotico terapia venisse interrotta troppo precocemente (Annear et al., 2011).

La scelta dell’antibiotico per via sistemica si basa su alcuni fattori principali quali (Stoneham et al., 1997):

1) Ampio spettro: fino a quando la coltura e l’antibiogramma non identificano una specifica sensibilità. I microrganismi responsabili di molte infezioni nei soggetti giovani sono i Gram negativi;

2) Battericida: perché il sistema immunitario dei puledri con l’artrite settica solitamente è compromesso;

3) Adeguate concentrazioni: nell’osso e nella sinovia. L’infezione esita in un crollo del valore del pH a livello della sinovia; 4) Via di somministrazione: è considerata migliore la via

endovenosa rispetto a quella intramuscolare a causa delle scarse masse muscolari dei puledri di quest’età. Inoltre è possibile facilitare e rendere più agevole la somministrazione endovenosa andando ad inserire un ago cannula o un CVC catetere venoso centrale, che può rimanere in situ per più giorni;

5) Metabolismo e fase di escrezione dell’antibiotico utilizzato: nel puledro con una compromissione della funzionalità renale la gentamicina non rappresenta l’antibiotico adatto.

Per quel che concerne la scelta del farmaco dobbiamo tenere presente che cefazolina, appartenente alla classe delle cefalosporine di prima generazione, e amikacina, appartenente al gruppo degli aminoglicosidi, nonostante presentino un ampio spettro d’azione e un’ottima efficacia terapeutica, non rappresentano la scelta ottimale per quanto riguarda il trattamento sistemico (Moore et al., 1992).

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Sono invece migliori, sotto alcuni punti di vista quali il prezzo, che è inferiore, e l’efficacia verso molti batteri, la penicillina, un antibiotico beta-lattamico con un ampio spettro d’azione, e la gentamicina, un antibiotico aminoglicosidico, ad ampio spettro in particolare con elevata attività verso i batteri Gram negativi. Sempre ad ampio spettro sono il ceftiofur e la cefazolina, entrambi appartenenti alla classe delle cefalosporine, rispettivamente di terza e di prima generazione, che possono essere considerati antibiotici di scelta nel trattamento endovenoso iniziale (Auer et al., 2006).

1.7.2 Terapia antibiotica locale

Considerata come un supporto alla terapia antimicrobica per via sistemica, la somministrazione di antibiotici direttamente all’interno dell’articolazione viene usata di frequente al fine di raggiungere alte concentrazioni di farmaco a livello del fluido sinoviale per periodi di tempo prolungati (Annear et al., 2011).

L’antibiotico-terapia locale è in grado di raggiungere concentrazioni superiori di farmaco in situ rispetto all’antibiotico-terapia sistemica in quanto quest’ultima è ostacolata dalla compromissione vascolare secondaria alla trombosi locale che vanno a diminuire la quantità di farmaco che riesce ad arrivare nell’articolazione (Stoneham et al., 1997).

Tuttavia alcuni autori (Errecalde et al., 2001) sostengono che la somministrazione per via sistemica di alcuni antibiotici in realtà produca un’uguale o addirittura superiore concentrazione intra-articolare di farmaco rispetto alla sua somministrazione direttamente dentro all’articolazione. A queste affermazioni fa eccezione la gentamicina, la cui somministrazione intra-articolare permette di ottenere concentrazioni più alte di quelle raggiunte mediante la sua somministrazione endovenosa.

Inoltre, l’utilizzo di questo antibiotico a livello topico è considerato molto sicuro e privo di significativi ed evidenti effetti dannosi sul liquido sinoviale o sulla cartilagine articolare ( Lescun et al., 2002).

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La gentamicina causa anche una minima infiammazione e questo rappresenta un ulteriore vantaggio che la rende l’antibiotico intra-articolare di prima scelta (Lloyd et al., 1988).

Un altro farmaco ampiamente utilizzato è l’amikacina in quanto possiede una notevole somiglianza alla gentamicina e dispone di una grande efficacia contro una vasta gamma di batteri (Moore et al., 1992).

Ceftiofur, l’associazione ticarcillina-clavulanico, e la meticillina possono essere iniettati dentro alle articolazioni perché i loro effetti infiammatori negativi per la cartilagine articolare sono scarsi.La cefazolina usata nei pazienti affetti da artrite settica non causa rilevanti effetti negativi (Mills et al., 1997; Wooten et al., 1998). È comunque molto importante valutare attentamente gli effetti infiammatori che le diverse classi di antibiotici possono avere sui tessuti articolari, prima di decidere di utilizzarli sui pazienti clinici. Questo proprio perché alcuni antibiotici possono comportare danni importanti alla cartilagine articolare o al fluido sinoviale o a entrambi (Auer et al., 2006).

Alcuni studi (Lloyd et al., 1988; Mills et al., 1997; Wooten et al., 1998) riportano che i livelli di fluido sinoviale, misurati dopo la somministrazione intra-articolare di gentamicina, ceftiofur, l’associazione ticarcillina-acido clavulanico sono da 10 a 100 volte i livelli di fluido sinoviale raggiunti con la somministrazione sistemica. Inoltre, alcuni microrganismi risultati resistenti agli esiti degli antibiogrammi e delle prove di sensibilità antimicrobica eseguite in laboratorio possono invece essere suscettibili alle alte concentrazioni di antibiotici raggiunte attraverso l’iniezione intra-articolare.

Uno degli antibiotici maggiormente utilizzati nella terapia antimicrobica locale è l’amikacina grazie alla sua efficacia (Moore et al., 1992).

Occorre prestare particolare attenzione a non eccedere con i dosaggi degli antibiotici per via sistemica soprattutto nei cavalli con più di un’articolazione infetta o che hanno coinvolte anche le guaine tendinee. Questo diventa ancora più importante quando si tratta di

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puledri la cui massa corporea è limitata e nei quali è molto frequente l’artrite settica multipla, con più articolazioni interessate. Di solito gli antibiotici intra-articolari vengono iniettati dopo aver eseguito un lavaggio dell’articolazione e vengono somministrati una volta al giorno fino a quando non si osserva la completa remissione dei segni clinici. Dopo il lavaggio e l’iniezione intra-articolare di antibiotico le articolazioni infette devono essere bendate per ridurre il gonfiore e per proteggere le incisioni chirurgiche dal rischio di contaminazione. I pazienti vengono mantenuti sotto terapia antinfiammatoria con i FANS, farmaci antinfiammatori non steroidei a basso dosaggio. Il più comunemente usato nel cavallo adulto è il fenilbutazone (4 mg/kg OS SID).Questo favorisce una diminuzione della flogosi e un aumento dell’utilizzo e della mobilizzazione dell’arto interessato (Auer et al., 2006).

Tutte le tecniche per la somministrazione intrarticolare di antibiotici dovrebbero rappresentare un ausilio ed essere considerate un supporto alla terapia sistemica, non un’alternativa a quest’ultima (Annear et al., 2011).

1.7.3 Perfusione regionale

Un altro metodo utilizzato per consentire ad alte concentrazioni di antibiotico di raggiungere l’articolazione e di penetrare nei tessuti molli e intorno alle ossa è la perfusione regionale dell’arto (Whitehair et al., 1992).

Questa tecnica sfrutta lo spazio vascolare per consentire al massimo la penetrazione dell’antibiotico nel fluido sinoviale e nei tessuti circostanti. Il suo impiego sfruttando alte dosi di antibiotico potrebbe essere particolarmente vantaggioso, soprattutto in quelle situazioni in cui è presente un’osteomielite concomitante (Annear et al., 2011). Questo trattamento terapeutico è utile specialmente quando i pazienti affetti da artrite settica sono puledri in cui diventa necessario il raggiungimento dell’osso e dei tessuti molli circostanti l’articolazione

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