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L’asilo nel diritto internazionale contemporaneo: una lettura evolutiva

Al termine di questa breve ricostruzione sulla natura giuridica del diritto di asilo nel diritto internazionale generale, occorre mettere in luce l’evoluzione compiuta in materia negli ultimi 50’anni. Per il presente lavoro di ricerca, l’indagine svolta finora, e la conclusione che si sta per presentare, rappresenta la base scientifica sulla quale costruire un ragionamento logico giuridico intorno al sistema europeo comune di asilo in Europa; e più precisamente sulla portata della clausola di sovranità contenuta nel regolamento Dublino III. Infatti, la clausola di sovranità è azionabile dallo Stato membro che deve trasferire il 135 F. LENZERINI, Asilo e diritti Umani, cit., p. 347 ove l’autore motiva la sua

conclusione sostenendo che la stessa è coerente con i principi generali del diritto internazionale, in quanto un obbligo gravante su uno Stato non esaurisce il proprio effetto vincolante entro il territorio dello stesso, se esso estende la sua giurisdizione anche fuori dal territorio; Nello stesso senso GOODWIN -GILL, J. MC ADAM, The

richiedente asilo ai sensi del regolamento Dublino in caso di crisi sistemiche del sistema di asilo del Paese in cui deve essere trasferito il richiedente e laddove il singolo individuo, valutata la priproria condizione personale, corra il rischio di subire trattamenti inumani e degradanti se trasferito verso un altro Paese , anche intraeuropeo.

Come si è analizzato all’inizio di questo capitolo, per il diritto internazionale classico l’asilo costituiva un mero esercizio della sovranità statale; con la Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato e con la prassi che ne è eseguita136si è registrata una vera e

propria evoluzione in materia.

Questo mutamento scaturisce dall’universalizzazione dei principi fondamentali contenuti nella Convenzione di Ginevra del 1951 i quali, infatti, sono stati puntualmente reiterati nei successivi strumenti internazionali in materia di rifugiati, inoltre moltissimi Stati hanno aderito alla Convenzione e quelli che non lo hanno fatto comunque generalmente rispettano le norme fondamentali in essa contenute. Da quest’adesione generalizzata ai principi della Convenzione del 1951 discenderebbe la necessità, ma si potrebbe azzardare a dire “l’obbligo giuridico” di fornire un livello minimo di protezione a chi possegga i requisiti previsti per essere riconosciuto rifugiato, questa necessità è avvertita in seno alla comunità internazionale come un valore da salvaguardare al di là degli obblighi derivanti dall’accordo convenzionale.137

Autorevole dottrina ritiene che questa esigenza della comunità internazionale si sia concretizzata nel principio di non refoulement che, come si è già detto, si traduce nell’obbligo di accordare ai richiedenti 136 Per un’analisi approfondita sulla prassi formatasi in seguito alla Convenzione di

Ginevra del 1951 si rinvia a F. LENZERINI, Asilo e diritti umani, cit., capitolo III.

asilo almeno un livello minimo di protezione temporanea. La concessione di tale protezione temporanea finirebbe col sovrapporsi con il principio di non refoulement stesso138poiché dal principio deriva

l’obbligo di garantire ai rifugiati la tutela richiesta. La protezione che discende dal principio di non refoulement si sostanzia nel non respingere un individuo verso il Paese da cui fugge finché questo corra il rischio serio ed effettivo di subire una lesione dei suoi diritti fondamentali internazionalmente riconosciuti. In questa prospettiva, il principio di non refoulement non impone agli Stati un mero onere di non facere e quindi di non respingere, ma li obbliga a fornire una protezione, che la dottrina definisce temporanea poiché la sua durata è connessa alla permanenza del rischio di subire la violazione dei diritti fondamentali così come temuta, finché in sostanza sussista una minaccia alla vita e alla libertà e dunque l’individuo corra un timore fondato di persecuzione. Ragionando, dunque, sulla corrispondenza tra principio di non refoulement e protezione temporanea, in dottrina si è giunti ad affermare che: « […] il principio di non refoulement- garantendo all’individuo la protezione necessaria e sufficiente a sottrarlo dal pericolo di essere sottoposto a persecuzione- giunga sostanzialmente a corrispondere con l’asilo stesso. Infatti, quando si estingue il pericolo dal quale era scaturito l’obbligo di non refoulement viene meno anche l’utilità pratica dell’asilo, in quanto per il rifugiato cessa di sussistere il bisogno di essere protetto, non essendo più suscettibile di prodursi il pregiudizio dal quale rischiava di essere sottoposto in mancanza di protezione da parte dello Stato di asilo».139

Da questa tesi per converso deriverebbe la sussistenza di una norma di diritto consuetudinario diversa dal mero obbligo di non respingimento, la 138 Ibidem.

cui portata si sostanzia nell’obbligo degli Stati di concedere asilo agli stranieri o agli apolidi sottoposti a un rischio effettivo che i loro diritti fondamentali siano violati, gli Stati quindi dovrebbero astenersi dal respingere tali individui finché il rischio si protrae.

Il riconoscimento di tale obbligo di natura consuetudinaria è controbilanciato con il permanere di esigenze di sovranità, infatti, gli Stati potranno derogare alla concessione della protezione temporanea soltanto nel caso in cui tale Stato rinvii la persona interessata verso un altro Stato che offra a essa una protezione adeguata ed effettiva contro la possibile infrazione di altri diritti. Chi in dottrina ha sostenuto questa tesi ritiene che in tal modo sia comunque garantito il diritto di asilo.140

Ad avviso di chi scrive, sebbene tale tesi giunga ad affermare che il diritto di asilo si sia trasformato da prerogativa accessoria alla sovranità degli Stati a obbligo di diritto internazionale generale, che si manifesta nel dovere di garantire protezione a chi, nel Paese di provenienza, sia sottoposto a un rischio effettivo di violazione dei propri diritti fondamentali,141si ritiene tuttavia che questa conclusione non faccia venir

meno tutte le problematiche presenti nel diritto internazionale in tema di asilo. In particolare, la possibilità di poter derogare alla norma sulla protezione temporanea rinviando verso un Paese terzo c.d. “sicuro” ha generato il fenomeno dei rifugiati in orbita, intendendosi con questo termine la circostanza del rinvio continuo di un rifugiato da un Paese all’altro, in tal modo, infatti, gli Stati non violano il principio di non refoulement ed eludono l’obbligo della protezione temporanea; in tal 140 Ibidem p. 550.

141 Eloquenti, in tal senso, appaiono le parole utilizzate da F. LENZERINI, Asilo e diritti

Umani, cit., p. 550 ove si legge:«[…] per la già rilevante correlazione tra “obbligo” e “diritto”- è oggi possibile sostenere che il diritto internazionale genera accordi tra individui (potenziali) vittime di persecuzione il diritto di ottenere la concessione dell’asilo presso gli Stati diversi da quello di provenienza».

modo, di fatto, si sacrifica la dignità umana di chi richiede la protezione internazionale poiché il continuo trasferimento da un Paese all’altro impedisce di poter vivere in modo dignitoso e ostacola ogni processo di integrazione.

Il fenomeno dei rifugiati in orbita e dell’asylum shopping, espressione quest’ultima con la quale s’indica la circostanza per cui gli individui scelgono il Paese in cui presentare la domanda di asilo, rappresentano due limite del diritto internazionale in materia di asilo.

Il sistema di protezione internazionale dello straniero si è rivelato fallimentare, pertanto almeno a livello regionale gli Stati hanno cercato di porre rimedio cedendo in parte la competenza in materia di asilo all’Unione europea, la quale annovera tra i suoi obiettivi la costruzione di un sistema europeo comune di asilo, il cui processo di costruzione pare ancora non del tutto compiuto.

CAPITOLO II

DALLO SPAZIO DI LIBERTÀ, SICUREZZA E GIUSTIZIA