IL “SISTEMA COMUNE EUROPEO” DI ASILO
3. La normativa di armonizzazione, una breve premessa
3.2. La direttiva “procedure” n 2013/32/UE
La direttiva “procedure” 2013/32/Ue336, recante procedure comuni ai fini
del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione) è stata adottata il 26 giugno 2013 e trova la sua base giuridica nell’art. 78, par. 2 lett. d) del TFUE. Il termine fissato per il recepimento di questa direttiva era quello del 20 luglio 2015.
La direttiva 2013/32/UE di refusione della direttiva 2005/85/CE si applica a tutti gli Stati con esclusione dell’Irlanda e del Regno Unito per i quali si continuerà ad applicare la direttiva del 2005.
Com’è noto lo scopo della direttiva è quello di «sviluppare ulteriormente le norme relative alle procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale, così da istituire una procedura comune di asilo nell'Unione».337Tuttavia, la direttiva lascia ampi margini di
discrezione agli Stati e possibilità di deroghe come nel caso della durata massima dell’esame delle domande di asilo in prima istanza.
La direttiva “procedure” 2013, come emerge dal suo articolo 1, si riferisce alla direttiva “qualifiche” per chiarire che le norme procedurali in essa previste si applicano a entrambe le categorie di beneficiari di protezione internazionali da essa disciplinate. Dunque, con questo strumento normativo è emanata una procedura comune al fine di stabilire il riconoscimento o la revoca della protezione internazionale, in conformità alle regole fissate dall’art. 3, comma 1 riguardo all’ambito di
336 Direttiva 2013/32/UE Del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013
recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione).
applicazione della direttiva338e dall’art. 2, lett. b)339 con riguardo alla
definizione di “domanda di protezione internazionale”.
È dalla lettura dei considerando che si comprende come il legislatore europeo si sia determinato nel voler individuare una procedura unica al fine di garantire una valutazione completa ed efficiente delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti ai sensi della direttiva qualifiche, il cui scopo principale dovrebbe essere quello di limitare i movimenti secondari.340
L’idea di una procedura unica e comune si pone in contrasto e rappresenta una novità rispetto alla precedente previsione della direttiva procedure 2005/85/CE la quale si applicava solo ai richiedenti asilo ai sensi della Convenzione di Ginevra e prevedeva la mera possibilità di estensione della procedura ai richiedenti protezione sussidiaria.341
Inoltre, la direttiva “procedure” del 2005 presentava le carenze tipiche degli atti adottati nella prima fase d’integrazione del sistema comune europeo di asilo. Per tale ragione la Commissione europea presentò due proposte di refusione della direttiva “procedure”: la prima nel 2009342e la
338 Art. 3, comma1 direttiva Procedure 2013/32/UE: «La presente direttiva si applica
a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio, compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito degli Stati membri, nonché alla revoca della protezione internazionale».
339 Art. 2, lett. b) direttiva “procedure” 2013/32/UE:«“domanda di protezione
internazionale» o «domanda”: una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria, e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione non contemplato nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/95/UE e che possa essere richiesto con domanda separata.»
340 Considerando 11 e 12 della direttiva “procedure” 2013/32/UE.
341 Si vedano il combinato disposto dell’art. 3, commi 3 e 4 e dell’art. 2, lett, b) della
direttiva Procedure 2005/85/CE.
342 Commissione, Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio
seconda e definitiva nel 2011.343
Nonostante l’ambizioso obiettivo di realizzare una procedura comune di riconoscimento delle domande di asilo, espressa nel titolo stesso della direttiva, gli standard di procedure adottati rimangono piuttosto flessibili al fine di assecondare le particolarità dei sistemi nazionali. Questo riflette le forti differenze che esistono tra i sistemi amministrativi scelti dagli Stati membri per l’esame delle domande di protezione internazionale. Infatti, le procedure di asilo, sono generalmente disciplinate dal diritto amministrativo di ogni Stato, pertanto l’implementazione di procedure europee comuni può causare un notevole e forte impatto nei vari ordinamenti nazionali.
Occorre comprendere il significato giuridico dell’adozione di una procedura europea comune di riconoscimento o revoca della protezione internazionale dello straniero nell’ambito del diritto internazionale.
La Convenzione di Ginevra nulla enuncia circa le norme procedurali e non richiede agli Stati membri di stabilire procedure specifiche per la determinazione dello status di rifugiato. Essa prevede esclusivamente che la procedura che ogni Stato membro applicherà sia conforme e coerente con gli standard e i principi di trattamento stabiliti dagli artt. 3- 34 della Convenzione stessa. La Convenzione di Ginevra, sottolinea l’obbligo di proteggere i rifugiati anche nella determinazione del loro status, pertanto indica che gli Stati membri debbano ricorrere a forme di procedure amministrative o giudiziarie al fine di poter prima identificare le persone e poi valutare la loro domanda di riconoscimento dello status
riconoscimento e della revoca della protezione internazionale (rifusione), COM ( 2 0 0 9 ) 5 5 4 final, r e p e r i b i l e a l l ’ i n d i r i z z o http://eur-lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/?qid=1492847668380&uri=CELEX:52009PC0554.
343 Commissione, Proposta modificata di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO
EUROPEO E DEL CONSIGLIO recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (rifusione) COM(2011) 319 final, reperibile all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/?qid=1492847816776&uri=CELEX:52011PC0319.
di rifugiati.344
La mancanza d’interesse all’individuazione di una procedura specifica per l’esame delle domande di asilo, è coerente con il diritto internazionale della Convenzione di Ginevra. Secondo la Convenzione la presentazione e accettazione della domanda è un atto meramente dichiarativo e non costitutivo dello status di rifugiato, al quale sarà apprestata la protezione solo successivamente e quando il richiedente dimostrerà di possedere i requisiti per il riconoscimento dello status.345
Per la Convenzione, la procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato è irrilevante ai fini della protezione dei rifugiati, si legge, infatti, nell’Handbook on Procedures and Criteria for determining Refugees Status: « a person is a refugee within the meaning of the 1951 Convention as soon as he fulfils the criteria contained in the definition […] Recognition of his refugee status does not therefore make him a refugee but decleres him to be one. He does not become a refugee because of recognition, buti s recognized decause he is a refugee».346
Per il diritto dell’Unione europea così non è, infatti, nel lungo e tortuoso processo d’integrazione dell’Unione il legislatore europeo si è spinto sempre più verso un maggiore grado di armonizzazione delle procedure 344 In questo senso: J.VEDSTED-HANSEN, Asylum Procedures Directive 2013/32/EU, in
Eu Immigration and Asylum, commentary, cit. p. 1295; HYNDMAN, The 1951 Convention and Its Implication for Procedural Questions, in International Journal of
Refugee Law, n.6, 1994; HATHAWAY, The Right of Refugees under International
Law, cit. ,pp. 158-160 e pp. 184-185; HOFMANN e LÖHR, Introduction to Chapter V:
Requirements for Refugee Determination Procedures, in ZIMMERMAN (ed.), The 1951
Convention relating to the Status of Refugees and its 1967Protocol, Commentary,
2011, pp. 1081-1128; J.VEDSTED-HANSEN, The asylum procedures and the asessment
of asylum requests, in CHETAIL e BAULOZ (ed), Research Handbook on International
Law and Migration, 2014, pp. 439, 441.
345 HATHAWAY, The Right of Refugees under International Law, 2005, cit., p. 184 e
278; GOODWIN- GILL e MCADAM, The Refugee in International Law, III ed., 2007, pp. 51 e 244; ZIMMERMANN e MAHLER, Article 1°, para 2, in ZIMMERMANN (ed), The 1951
Convention relating to the Status of Refugees and its 1967Protocol, Commentary,
2011, p. 281-299.
346 UNHCR, Handbook on Procedures and Criteria for determining Refugees Status,
e ciò perché si è compreso, grazie alla giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo, che il permanere delle differenze nel sistema delle procedure per l’esame delle domande di protezione internazionale ha posto in rischio in più occasioni la tenuta dell’intero sistema comune europeo di asilo.
Una grande difficoltà nell’individuare un sistema di norme procedurali condivise e comuni è di non avere un chiaro quadro giuridico di riferimento per l’esame delle domande. La Convenzione di Ginevra, come si è visto, non indica quale tipo di procedura deve essere adottata per la determinazione dello status di rifugiato, lasciando così liberi gli Stati contraenti di stabilire la procedura che ritengono più appropriata con riguardo al proprio ordinamento interno.
Gli unici parametri di riferimento sono il rispetto del principio di non refoulement ex art. 33 Convenzione di Ginevra e il divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti sancito dall’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il ruolo offerto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo è stato preziosissimo, infatti, in considerazione del carattere assoluto dell’art. 3 e del grave danno che un individuo richiedente asilo potrebbe subire dalla sua espulsione verso un Paese terzo, la Corte ha precisato che è necessario l’esame della domanda attraverso una procedura che consenta di rispettare in modo rigoroso il principio di non refoulement.347
Un altro parametro di riferimento per la corretta individuazione di una procedura dell’esame della domanda di protezione internazionale è il rispetto del diritto a un effettivo ricorso sancito dall’art. 13 della
347 Corte Edu, sentenza 30 ottobre 1991, Vilvarajah c. Regno Unito, n. 13163/87,
paragrafo 108; Corte Edu, sentenza 11 luglio 2000, Jabari c. Turchia, n. 40035/98, paragrafi 39-40; Corte Edu, sentenza 4 febbraio 2005, Mamatkulov c. Turchia, n. 46827/99, paragrafo 123.
Convenzione europea dei diritti dell’uomo.348Infatti, tutti gli Stati
membri dovrebbero garantire l’accesso a strumenti di ricorso avverso il rigetto della propria domanda di protezione. Inoltre, seppur agli Stati sia stato lasciato un ampio margine di discrezione il limite che tale discrezionalità incontra è costituito dal necessario rispetto dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’equivalente art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, così come dell’art. 19 della stessa sul principio di non refoulement, nonché dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali sul diritto al ricorso effettivo. L’apporto della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo ha messo in luce le numerose carenze presenti in diversi Stati membri con riguardo alle procedure adottate per il riconoscimento dello status di protezione internazionale; è emerso che in alcuni casi le procedure adottate si ponevano in netto contrasto con i diritti fondamentali della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Si ricorda come la Corte di giustizia dell’Unione ha in più occasioni osservato che la correttezza della procedura di asilo di uno Stato si misura dall’efficacia delle procedure di ricorso che sono ivi previste e che vanno valutate analizzando il complesso del sistema amministrativo e giudiziario vigente nello Stato.349La Corte Edu ha precisato che anche
l’insieme di rimedi diversi può determinare la loro efficacia ai sensi dell’art. 13 della Convenzione.350
La proposta di refusione della direttiva del 2011 aveva come obiettivo: il 348 Corte Edu, sentenza 5 febbraio 2002, Conka c. Belgio, n. 51564/99; Corte Edu,
sentenza 26 aprile 2007, Gebremedhin c. France, n. 25389/05. In dottrina si veda T. SPIJKERBOER, Subsidiary and Arguability: the European Court of Human Rights Case
law on Judicial review in Asylum Cases, in International Journal of Refugee Law,21,
2009, pp. 1-27.
349 Corte di giustizia ue, sent. 28 luglio 2011, Samba Diouf, causa C- 69/10, par. 46;
Corte di giustizia ue, sent. 31 gennaio 2013, H.I.D., causa C- 175/11, par. 102.
350 Corte Edu, sent. M.S.S. c. Belgio paragrafo 289; Corte Edu, sent. 26 aprile 2007,
perseguimento di una piena garanzia dei diritti fondamentali, così come informati e sviluppati nella prassi giurisprudenziale della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo, soprattutto con riferimento al diritto a un ricorso effettivo.351
Per quanto concerne i principi e le garanzie fondamentali offerte dalla direttiva “procedure” occorre analizzare le norme contenute al capo II della stessa (artt. 6-30) ove è presente una lista di principi e garanzie che devono essere rispettati durante la fase di esame della domanda di asilo. Alcune di queste previsioni sono applicate solo nella fase di prima istanza, la cui procedura è segnatamente prevista agli artt. 31-43 della direttiva. Tra le prescrizioni della direttiva, quelle che più di altre sono degne di nota sono le seguenti: 1) il diritto all’accesso alla procedura di esame della domanda di asilo352; 2)il diritto a rimanere nello stato
membro durante l’esame della domanda di asilo353; 3) all’art. 12 sono
disciplinate le garanzie del richiedente asilo tra le quali vi è innanzi tutto il diritto d’informazione nella lingua del richiedente o in quella compresa dal richiedente circa la procedura da seguire e i connessi diritti e obblighi354; 4) il diritto a ricevere l’assistenza di un’interprete durante i
colloqui con le autorità competenti355; 5) all’art. 13 sono indicati gli
obblighi dei richiedenti ove è previsto al primo comma che questi sono tenuti a cooperare con le autorità competenti ai fini dell’accertamento dell’identità e degli altri elementi di cui all’art. 4, paragrafo 2 della direttiva “qualifiche”. Inoltre l’articolo 13 dispone che gli Stati membri possano prevedere altri obblighi quali ad esempio: comparire a una data specifica se convocati e di riferire con le autorità; di consegnare i documenti di identità; comunicare il luogo di residenza e le eventuali 351 COM (2011) 319, final, cit., paragrafo 3.1.
352 Art. 6 della direttiva “procedure” 2011/32/UE. 353 Art. 9 della direttiva “procedure” 2011/32/UE.
354 Art. 12, par. 1, lett. a) della direttiva “procedure” 2011/32/UE. 355 Art. 12, par. 1 lett. b) della direttiva “procedure” 2011/32/UE.
variazioni; i richiedenti possono essere sottoposti a perquisizioni personali effettuate da persone dello stesso sesso e nel rispetto dei principi di dignità umana e integrità fisica e psicologica; infine, i richiedenti possono essere fotografati dalla autorità le quali possono, previa comunicazione, registrare anche le dichiarazioni orali del richiedente.356
Come appare evidente dalla lettura di questo capo della direttiva, sono amplissimi i margini di discrezionalità lasciati agli Stati membri, il che il più delle volte ha condotto alla sussistenza di divergenze notevoli tra i diversi sistemi nazionali. Se si considera che non tutti i Paesi dell’Unione subiscono la stessa pressione migratoria è tanto facile quanto ovvio comprendere perché alcuni sistemi nazionali in tema di procedure di asilo e accoglienza nella prassi non riescono a mantenere alti standard di tutela.
Queste divergenze di tutela nelle procedure di asilo, così come in quelle di accoglienza, sono pericolosissime per la tenuta del sistema europeo comune di asilo perché da un canto non limitano il fenomeno dei movimenti secondari dei richiedenti asilo, i quali continueranno a sfuggire ai controlli per cercare di raggiungere i Paesi che offrono garanzie migliori, dall’altro impediscono la corretta applicazione del regolamento Dublino mettendo in discussione il principio del mutuo riconoscimento.
Il ruolo della giurisprudenza delle Corti europee è stato fondamentale in questo tema, dalla cui prassi discendono le seguenti osservazioni: la prima concerne la presa di coscienza che non tutti gli Stati membri offrono un sistema di garanzie di tutela dei diritti umani equivalente a quello previsto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo; la seconda questione attiene a una più approfondita riflessione sul principio 356 Art. 13 della direttiva “procedure” 2011/32/UE.
di mutuo riconoscimento e reciproca fiducia che governa l’integrazione europea nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.357
Il capo terzo della direttiva “procedure” è intitolato alle “procedure di primo grado”358, e si osserva che per quanto concerne la durata
dell’esame della domanda gli Stati membri provvedono affinché la procedura di esame sia espletata entro sei mesi dalla presentazione della domanda e che tale termine inizi, nelle procedure che coinvolgono l’applicazione dei meccanismi previsti dal regolamento Dublino, dal momento in cui si è determinato lo Stato competente all’esame della domanda secondo il regolamento. È prevista anche la possibilità di prorogare la durata dell’esame della domanda per un ulteriore periodo massimo di nove mesi nei seguenti casi: a) se la domanda comporta questioni complesse in fatto o in diritto; b) nel caso in cui un gran numero di cittadini di paesi terzi o apolidi chiede contemporaneamente protezione internazionale, rendendo molto difficile all’atto pratico concludere la procedura entro il termine di sei mesi; c) quando il ritardo dipende dall’inottemperanza da parte del richiedente degli obblighi imposti all’art. 13 della direttiva stessa. In alcuni casi la procedura di esame della domanda può anche essere rinviata a un termine successivo, ciò accade quando, fatti salvi gli articoli 13 e 18 della direttiva 2011/95/UE, non si può ragionevolmente attendere che l’autorità accertante decida entro i termini previsti al paragrafo 3 a causa di situazioni incerte nel Paese di origine presumibilmente temporanea. In ogni caso la procedura di esame della domanda di asilo non può superare i 21 mesi. Nella direttiva non sono fissati termini minimi di durata della 357 Corte di giustizia ue, sentenza 21 dicembre 2011, caso C-411/10, NS. c. Secretary
of State fro the Home Departement. In dottrina si veda: H. LABAYLE, Droit d’asile et
confiance mutuelle: regard critique sur la jurisprudence européenne, in Cahiers de
droit européenne,n. 50, 2014, pp. 501-534.
procedura d’esame della domanda. Occorre osservare che le norme previste dalla direttiva sembrano essere conformi agli artt. 3 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla sua giurisprudenza, infatti, come ha osservato la Corte Edu la procedura di esame della domanda deve poter permettere: l’acquisizione delle prove necessarie alla determinazione dello status; lo svolgimento di accurate visite mediche, il contatto e i colloqui con un avvocato, e la traduzione dei documenti, il che implica che la procedura di esame della domanda deve avere una durata necessaria all’espletamento delle garanzie indicate. La direttiva “procedure” all’art. 33 disciplina i casi d’inammissibilità delle domande di protezione internazionale,359in particolare la norma
prevede che gli Stati possono giudicare una domanda inammissibile soltanto se, tra gli altri casi, «un Paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell’articolo 38».360Infatti, un aspetto fondamentale della direttiva “procedure” è
quello di aver fornito all’art. 36 il concetto di “Paese di origine
359 Art. 33 direttiva 2013/32/UE: « Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a
norma del regolamento (UE) n. 604/2013, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva 2011/95/UE, qualora la domanda sia giudicata inammissibile a norma del presente articolo.
2.Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se: a) un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale;b) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese di primo asilo del richiedente a norma dell’articolo 35; c) un paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente a norma dell’articolo 38; d) la domanda è una domanda reiterata, qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare se al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE; o e) una persona a carico del richiedente presenta una domanda, dopo aver acconsentito, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, a che il suo caso faccia parte di una domanda presentata a suo nome e non vi siano elementi relativi alla situazione della persona a carico che giustifichino una domanda separata».
sicuro”361, e all’art. 38 quello di Paese terzo sicuro362, in particolare
all’art. 37 la direttiva “procedure” 2013/32/UE prevede la possibilità per gli Stati di designare a livello nazionale i Paesi di origine sicuri al fine dell’esame della domanda.363
Come si esaminerà più avanti, l’importanza di queste norme si riverbera soprattutto nella corretta applicazione del regolamento Dublino. Da 361 Art. 36, regolamento 2013/32/UE: «1.Un paese terzo designato Paese di origine
sicuro a norma della presente direttiva può essere considerato paese di origine sicuro per un determinato richiedente, previo esame individuale della domanda, solo se: a) questi ha la cittadinanza di quel paese; ovvero b)è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel paese, e non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel paese non sia un paese di origine sicuro nelle circostanze