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SETTORI DI ATTIVITA' PREVALENTE

C) Fondazioni con partecipazione nella conferitaria < al 50% di cui:

3.4. Aspetti conclus

La ‘Carta delle Fondazioni’ contiene oltre settanta principi e sicuramente costituisce un valido documento descrittivo di come, chi lavora e anima le fondazioni bancarie, percepisce le caratteristiche del loro modo di operare: è una pubblica presa d’atto delle Fondazioni del loro essere “mondi sociali”, della missione che li guida nell’attuale contesto normativo e sociale e delle loro caratteristiche organizzative ed operative. Inoltre, è significativo che tale documento scaturisca da un impegno comune di tutte le Fondazioni: dimostra che quella descritta finora non è la visione di pochi circa il ruolo che esse occupano

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nella società italiana. Il riconoscimento dei principi di autonomia, dei rapporti con la comunità locale da cui deriva la mission istituzionale, le linee guida sulla gestione del patrimonio e la selezione degli interventi sono elementi condivisi dall’universalità delle fondazioni di origine bancaria. È evidente che la consapevolezza da queste raggiunta è uniforme, nonostante ciascuna di esse sia un organismo con storia e dimensioni differenti. La convivenza e la collaborazione fra i diversi soggetti del pluralismo e le istituzioni pubbliche non può prescindere da questa consapevolezza e dal rispetto reciproco, esige una delimitazione delle aree di intervento, il rispetto pieno della legalità e l’adozione ed applicazione di adeguate regole etiche. La Carta delle Fondazioni, in questo, sembra aver fatto un buon lavoro che occorre ora concretizzare [De Siervo, 2012].

3.4.1. Quale ruolo per le fondazioni?

Negli ultimi anni si è assistito ad un forte mutamento sia dell’ordinamento e della cultura del Terzo settore, sia dello scenario economico in cui gli attori si muovono. È in crescita la necessità per lo Stato di ricorrere alle risorse della società civile e del territorio, alla sussidiarietà orizzontale e verticale per far fronte ai propri impegni e diventa sempre più determinante il ruolo delle comunità locali per determinare condizioni ambientali favorevoli alla crescita e allo sviluppo del sistema economico e sociale. Le chiavi dello sviluppo risiedono nella mobilitazione della società civile e nel radicamento nel territorio, che sono anche i caratteri peculiari delle fondazioni di origine bancaria.

Tuttavia, nel discorso comune, il compito ‘sussidiario’ che viene attribuito alle fondazioni è quasi più un compito di supplenza, nonostante le due sentenze della corte costituzionale n.300/2003 e n.301/2003 qualifichino in modo netto la relazione fra fondazioni e potere politico: tale rapporto deve svilupparsi nell’ambito del principio di sussidiarietà orizzontale, di cui le fondazioni dovrebbero essere i principali centri propulsori. Il senso di tale collaborazione sussidiaria non deve essere però quello di mera supplenza alle necessità finanziarie pubbliche, come finora è stata utilizzata, ma va intesa e implementata quale capacità autonoma della società di interagire con i tradizionali strumenti della politica ‘“aiutandola” sul piano dell’efficienza e della qualità dei servizi offerti e dunque – soprattutto –

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proponendo forme più avanzate e modelli più raffinati di gestione dei beni e dei servizi, anche in alternativa a quelli che gli Enti pubblici sono in grado di mettere in campo’ [Grosso, 2011]. Infatti, a ben analizzare quello che è il concetto di sussidiarietà nella sua essenza, emerge come dovrebbero essere gli enti pubblici ad essere sussidiari dell’iniziativa privata. Nella logica della sussidiarietà prima viene la società civile con le sue organizzazioni a cui subentra lo Stato in un secondo momento, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di interesse generale [Zagrebelsky, 2009].

Riconoscere il ruolo determinante del Terzo settore non significa rinunciare ad organizzare in modo efficace lo Stato in quanto l’intervento delle comunità intermedie non può costituire un alibi alle sue inefficienze, ma deve predisporre regole e garantirne l’applicazione per promuovere le iniziative dei singoli e delle organizzazioni delle libertà sociali. Di questa società civile che opera autonomamente sul territorio, le fondazioni bancarie sono già oggi un volano, un incubatore e un polmone finanziario. Promuovono l’innovazione sociale e agiscono come catalizzatori dello sviluppo locale giocando un ruolo di primaria importanza nello scenario attuale di globalizzazione, dove la sinergia fra pubblico e privato e il ruolo delle comunità territoriali sono le variabili fondamentali dello sviluppo. Le fondazioni bancarie finanziano attività di utilità sociale in settori strategici quali ricerca, innovazione, cultura, coesione sociale [Bassanini, 2008]. Quello che si chiede oggi alle fondazioni, dopo le sentenze della corte costituzionale è di realizzare la loro completa autonomia, che non è solo gestionale ma anche strategica e culturale. Proprio sull’aspetto strategico e culturale le fondazioni sono chiamate ad agire nella realtà italiana, a sostegno di tutte le altre iniziative espressione della società civile che non hanno ancora la capacità o la forza di autodeterminare i propri fini e di implementare i mezzi per raggiungerli. Alle fondazioni si chiede di essere i soggetti organizzativi delle libertà sociali, di contribuire finanziariamente allo sviluppo del settore non profit con l’attività erogativa ma anche operativamente e culturalmente, con le attività proprie, per far sì che una piena realizzazione della sussidiarietà orizzontale sia possibile [Grosso, 2011].

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Occorre sollevare però una questione rispetto a quanto detto finora. Se è vero che la corte ha stabilito in via definitiva l’autonomia delle fondazioni e che una certa autoreferenzialità dal potere politico è necessaria, è anche vero che esiste una questione aperta circa la legittimazione della loro azione, ossia sulle forme adeguate attraverso cui possono essere fatte valere nei loro confronti delle forme di responsabilità [Grosso, 2011]. Sottrarre l’autonomia all’autoreferenzialità passa attraverso la costruzione di canali circolari di affidabilità e ricettività con l’ambiente in cui le fondazioni operano, canali che permettano il movimento delle informazioni, dei bisogni e dei progetti. Alle libertà sociali si associano quindi le responsabilità sociali, necessarie affinché le fondazioni possano dire di appartenere realmente ad un territorio, parti integratrici delle varie personalità che lo abitano [Zagrebelsky, 2009]. Ma su questo punto emerge la principale lacuna nell’attuale auto-organizzazione delle fondazioni bancarie. Esse infatti sono soggette a vincoli di scopo, ossia l’utilità sociale e la promozione dello sviluppo, e a vincoli di metodo, trasparenza operativa, motivazione pubblica, efficienza ed efficacia negli interventi. Sono però dei vincoli piuttosto generici che dovrebbero essere tradotti in prassi operative coerenti e concrete. Eppure, è raro rintracciare nell’ambito dell’autonomia statutaria e gestionale regole precise e vincolanti che garantiscano una traduzione pratica ai principi di trasparenza e imparzialità, al di là della buona volontà dell’organizzazione. Si deve pretendere, oggi, che le fondazioni agiscano in maniera responsive, ossia che tenga conto dell’operato, e in maniera accountable, ossia che dà conto del proprio operato. [Grosso, 2011]

Alcuni spunti che potrebbero portare le fondazioni in questa direzione sono la pubblicità dei progetti delle fondazioni, l’adozione di criteri di trasparenza e imparzialità, il diritto a ricevere una motivazione per il diniego di erogazioni, procedure di coordinamento fra enti pubblici e privati che operano nei medesimi ambiti e altro ancora. Tutti questi esempi indicano quanti passi ancora si possano fare per arrivare al radicamento di una democrazia partecipativa, aperta a forme di gestione sociale degli interessi collettivi. [Grosso, 2011]

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4.Settore culturale e fondazioni bancarie