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Genesi normativa delle fondazioni di origine bancaria

SETTORI DI ATTIVITA' PREVALENTE

2.2. Genesi normativa delle fondazioni di origine bancaria

Legge Amato e disciplina attuativa

Le fondazioni bancarie nascono a seguito della legge n.218 del 30 luglio 1990, la cosiddetta Legge Amato, che prevedeva una ristrutturazione del sistema creditizio per le banche pubbliche, ovvero i 6 istituti di credito di diritto pubblico (ICDP, e cioè Banco di Napoli, Monte dei Paschi di Siena, Istituto Bancario San Paolo di Torino, Banco di Sicilia, Banco di Sardegna, Banca Nazionale del Lavoro) e le 81 Casse di risparmio e Monte di Pietà. Tale legge stabiliva che le banche pubbliche conferissero l’impresa bancaria a società per azioni appositamente costituite, attraverso un’operazione di scorporo delle attività. Le s.p.a. nate a seguito di tale procedimento si definiscono perciò enti conferitari, mentre gli enti conferenti, ovvero le fondazioni bancarie, sono costituiti dagli elementi residuali dello scorporo e detengono il pacchetto azionario di maggioranza dell’impresa bancaria. In sostanza le fondazioni sono ‘il prodotto secondario di un processo nato da esigenze bancarie e orientato a miglioramenti del sistema bancario.’[Ranci,

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1996] Le principali questioni cui si mirava a rispondere erano la necessità delle banche pubbliche di una ricapitalizzazione, difficile da ottenere attraverso il mercato proprio in virtù della loro natura pubblica, e la creazione di condizioni di parità sul mercato del credito, in quanto le banche pubbliche non avevano obbligo di remunerazione del capitale. Occorreva quindi accentuare le caratteristiche di impresa di tali soggetti. [Ranci, 1996]

Attraverso questo provvedimento, il legislatore mirava perciò a separare l’attività propriamente commerciale dell’azienda bancaria dall’attività a scopi assistenziali che essa tradizionalmente svolgeva, introducendo nuove possibili aree di intervento per l’ente conferente quali l’interesse pubblico e l’utilità sociale nei campi di ricerca, istruzione, arte e sanità.

Le casse di risparmio, infatti, erano nate nel corso dell’Ottocento in Europa con scopi principalmente etici, quali la lotta all’usura e la promozione del risparmio presso le categorie sociali più deboli che fino a quel momento erano state escluse dal processo di accumulazione. In Italia, a conseguenza della frammentazione territoriale e delle influenze culturali e politiche dei grandi paesi europei, si possono individuare tre principali matrici di origine delle casse di risparmio:

� casse costituite da associazioni di persone secondo il modello francese, adottato soprattutto nel centro Italia;

� casse costituite da enti e persone congiuntamente;

� casse fondate da corpi morali, come ad esempio i Comuni, maggiormente diffuse nel Nord e nel Sud.

In un secondo momento alle motivazioni etiche iniziali si sono affiancate anche quelle di tipo economico e nel corso degli anni le casse di risparmio assunsero maggiormente i caratteri di vere e proprie imprese bancarie. Con la legge Amato tali istituzioni vengono a tutti gli effetti trasformate in banche, consentendo loro di assumere un appropriato modello organizzativo.

Il primo importante momento legislativo per la nascita delle Fondazioni di origine bancaria è perciò costituito dalla legge Amato e dalle successive disposizioni attuative contenute nel decreto legislativo n.356 del 20 Novembre

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1990, che diventa poi il d.lgs. 385/93, seppur con qualche modifica rispetto al testo originale.

Fin da subito due sono le questioni che rimangono irrisolte e che saranno oggetto di successivi interventi da parte del legislatore, ossia: l’autonomia delle fondazioni e il rapporto fra enti conferenti e conferitari.

Sul primo aspetto, l’autonomia, la legge Amato già prevedeva una autonomia statutaria da parte degli enti conferenti, tuttavia permaneva, nella prima versione della disciplina attuativa, il controllo pubblico e la nomina governativa dei vertici delle fondazioni. Quest’ultima, col passaggio al d.lgs. 385/93, viene eliminata consentendo così il raggiungimento di una parziale autonomia anche sull’aspetto organizzativo. Su questo tema c’è però un ulteriore intervento, costituito dalla direttiva Dini e dalla legge 474/94 che abroga il controllo pubblico e sancisce l’incompatibilità fra le cariche amministrative e di controllo. Si cerca di delineare una fisionomia delle Fondazioni quali soggetti non profit, agendo sulle finalità, l’assetto organizzativo e l’operatività.

Per quanto riguarda invece il controllo del pacchetto azionario di maggioranza, la legge 218/90 sembrava prevedere che la gestione fosse affidata all’ente conferente, mentre le disposizioni attuative ne limitano il compito alla sola amministrazione, creando una discreta confusione. Anche su questo punto la direttiva Dini si esprime imponendo una diversificazione degli investimenti patrimoniali.

Legge Ciampi

Nell’estate del 1996 viene formata una commissione, detta commissione Pinza, per il riordino della disciplina relativa agli enti conferenti che, dopo due anni di discussione, porta alla legge delega del 23 Dicembre 1998 n.461 e al successivo decreto legislativo attuativo n.153/99.

La legge 461/98, detta legge Ciampi, prevedeva la riaffermazione dell’autonomia statutaria e gestionale degli enti conferenti, riconducendoli nell’alveo del diritto privato. In particolare stabiliva che ciascun ente:

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� adottasse un modello organizzativo su tre livelli con un organo di indirizzo, uno amministrativo e un terzo di controllo;

� scegliesse un modello operativo, grant making o operating.

Inoltre, ammetteva l’esercizio diretto di attività imprenditoriali solo nei settori di pubblica utilità e ribadiva il legame che tali istituzioni devono coltivare con il loro territorio di riferimento.

Le disposizioni attuative confermano in parte le disposizioni iniziali, anche se limitano le concessioni in materia di autonomia statutaria, uniformando la composizione dell’organo di indirizzo e la sua costituzione.

Tornano perciò le difficili questioni dell’autonomia delle fondazioni bancarie e delle partecipazioni bancarie. Se la legge delega infatti ne parla in termini di cessione del controllo, le successive disposizioni ne impongono la dismissione totale.

Altri interventi normativi

Nel 2000 le fondazioni completano gli adeguamenti dei rispettivi statuti, diventando così soggetti di diritto privato dotati di piena autonomia statutaria e gestionale. Segue poi un periodo di attuazione delle disposizioni statutarie con l’insediamento dei nuovi organi, l’adozione di regolamenti interni e i processi di programmazione dell’attività erogativa.

Dal punto di vista legislativo, gli anni successivi al 2000 sono caratterizzati dall’emanazione di numerose norme, decreti ed emendamenti alla legge finanziaria che spesso sono risultati in conflitto con la già stabilita autonomia delle Fondazioni, tanto da essere oggetto di revisioni e sentenze di incostituzionalità da parte della Corte Costituzionale. Di particolare rilievo, a questo proposito, è la legge del 21 Dicembre 2001, n.448, la cosiddetta “Riforma Tremonti”, che apportava alcune modifiche rispetto a quanto previsto dalla legge Ciampi, soprattutto in termini di autonomia statutaria, sollevando anche alcuni conflitti di attribuzione presentati dalle Regioni. Si metteva in dubbio, infatti, che le fondazioni bancarie avessero lo status di persone giuridiche private, dal momento che erano sottoposte a controllo pubblico e che ancora detenevano quote di partecipazione nelle banche conferitarie. A seguito di tale provvedimento normativo, la Corte

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Costituzionale è intervenuta con le due famose sentenze del 2003, la n.300 e la n.301, con le quali si sanciva definitivamente l’appartenenza delle fondazioni di origine bancaria all’ordinamento civile e, nello specifico, giudicava illegittima la disposizione secondo cui gli enti locali, quali unici rappresentanti della realtà territoriale, dovessero sedere nei consigli di amministrazione in misura prevalente. Viene riconosciuta la necessità di una rappresentanza prevalente delle realtà territoriali negli organi di indirizzo, ma tale definizione va a comprendere l’intero spettro delle realtà sociali, non solo gli enti amministrativi, ricollegandosi quindi alle linee guida espresse dalla legge-delega Ciampi [Corsico Messa 2011]. Le innovazioni introdotte dalla legge n.448/2001 sono quindi, in sintesi, l’ampliamento dei possibili settori di intervento, che passano da 6 a 20; l’obbligo per ciascuna fondazione di sceglierne tre (successivamente portati a cinque), in cui operare per i successivi tre anni; la dismissione delle partecipazioni prorogata, e successivamente eliminata, per le fondazioni di minore dimensione. La Corte Costituzionale, inoltre, nel ribadire la natura privata delle fondazioni, delinea per esse un ruolo di rilievo per la sussidiarietà orizzontale. Nel recepire tale sentenza, viene emanato un nuovo decreto ministeriale n.150/04 che amplia l’autonomia delle fondazioni e riduce il potere dell’autorità di vigilanza.

L’ultimo intervento normativo che sembra andare ancora controcorrente è il ddl n.78 del 31 maggio 2010, che attribuisce la vigilanza sulle Fondazioni di origine Bancaria al Ministero dell’Economia e delle Finanze, finché non verrà istituita una nuova autorità di controllo per gli enti che abbiano operato la totale dismissione dei pacchetti azionari in loro possesso. Oltre tale termine la vigilanza interesserà le Fondazioni che ancora detengono il controllo delle banche [Corsico Messa 2011].