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1.3 Aspetti del bilinguismo

1.3.4 Aspetti linguistici

Nei bilingui a causa della compresenza di due lingue si possono osservare fenomeni linguistici di vario tipo.

Partendo da quello più conosciuto, parliamo di code-switching in quanto manifestazione più evidente e ricca di significato. Con questo termine si intende la successione di frasi con l’utilizzo alternato di entrambe le lingue. Secondo Meisel (1994) si tratta della capacità che il bilingue possiede nel riuscire a identificare la lingua più adatta in base all’interlocutore, il contesto, l’argomento della conversazione, etc. Inoltre, il bilingue è anche in grado di cambiare le lingue in base alle regole socio-linguistiche senza violare alcun principio grammaticale. Consiste quindi nella

capacità di alternare adeguatamente le lingue in base al contesto in cui l’individuo si trova, cioè l’abilità di scegliere la lingua maggiormente adeguata all’interlocutore. Il bilingue, all’interno di un contesto famigliare, alternerà la lingua presumibilmente spesso in base al genitore con cui interloquisce; quando si trova a dover parlare con un monolingue, invece, si adatterà all’utilizzo di un’unica lingua, quella condivisa da entrambi. Il code-switching, quindi l’uso di alternato di entrambe le lingue in un discorso, è molto comune nelle conversazioni tra bilingui in quanto si concentrano maggiormente sullo scopo della comunicazione, cioè comunicare un messaggio all’interlocutore in modo efficace. Per questo motivo, bilingui che condividono le stesse lingue, attuano questa comunicazione a livello inconscio, naturale. Il code-switching è utilizzato in base a motivazioni individuali e sociali. Sono state distinte due tipologie: code-switching situazionale, in cui l’alternanza delle lingue ridefinisce la situazione; e metaforico, in cui l’alternanza arricchisce la situazione consentendo l’allusione a più di un rapporto sociale all’interno della situazione (Gumperz & Dell, 1986). In generale, il code-switching viene quindi utilizzato in base alla necessità di soddisfare un bisogno linguistico. Serve per potersi esprimere appieno. A volte, alcune espressioni sono più significative e piene di valore in una lingua piuttosto che in un’altra oppure una lingua non sembra avere reali equivalenti per esprimere ciò che si vuole dire.

Il bilingue dimostra così la sua alta competenza linguistica in entrambe le lingue. Ciò non sarebbe infatti possibile se la persona non avesse competenza piena di entrambe.

Fenomeno molto simile al code-switching, è il language mixing. Questo consiste nell’utilizzo di elementi di entrambe le lingue, ma senza una competenza piena di entrambe. Si manifesta attraverso l’utilizzo di parole delle due lingue in alternanza in base a quelle conosciute (uso una parola in una lingua in quanto non conosco la parola nella lingua con cui sto attualmente parlando). Il language

mixing è un processo linguistico che segnala l’incapacità, quindi, di riuscire a fare una scelta

adeguata della lingua da utilizzare in base all’interlocutore che si ha davanti, oltre che all’utilizzo alternato delle due lingue a causa della mancanza di competenza in entrambe (Tedeschi, 2017). Questo fenomeno si presenta nel momento in cui vi è una grossa differenza di competenza linguistica tra le lingue, quindi siamo in presenza di un bilinguismo dominante, in cui vi è una lingua che cerca di colmare il vuoto lasciato dall’altra.

Contrapposti a questi fenomeni, troviamo il code-mixing che si riferisce, invece, all’utilizzo simultaneo delle due lingue, cioè la compresenza di entrambe le lingue all’interno della stessa frase dovuto all’unione di morfemi e lessemi delle lingue. In questo caso si parla dunque di mixed

utterances in cui però prevale una delle due lingue. Myers-Scotton (1993) parla di Matrix Language Frame (MFL), cioè la dominanza della “grammatica della lingua matrice riveste un ruolo

centrale nella formazione di costituenti con materiali di due lingue diverse” (da Berruto, 2005: 7). Tuttavia, studi successivi hanno dimostrato come vi sia una prevalenza di una lingua, ma che allo stesso tempo, essa possa anche essere influenzata dalla lingua “incassata”. Quindi bisogna analizzare le costruzioni di code-mixing come strutture di frasi “mistilingue”, senza trattare ciascuna lingua come se fosse unica e indipendente. Non bisogna pensare, perciò, ad una mistura di due codici monolingui, bensì alla creazione di un’unica nuova lingua. Come vedremo successivamente, bisogna ricordare che non esiste un’interazione tra i due codici linguistici, in quanto sono indipendenti e separati.

Questi processi, soprattutto il language mixing ed il code-mixing, sono tappe dello sviluppo linguistico che attraversano tutti i bambini bilingui fino al raggiungimento della capacità di alternare consapevolmente e adeguatamente le lingue, quindi ad utilizzare il code-switching.

Vediamo ora fenomeni che riguardano soprattutto coloro che migrano e, quindi, che si ritrovano a dover apprendere per necessità una L2, in quanto lingua della loro nuova vita, lingua del paese ospitante.

Un primo concetto è quello di interlingua, cioè

“l’insieme di diverse varietà di lingua che si configurano nell’interazione fra due principi che sono tra loro in opposizione: un principio universale, secondo il quale certi elementi sono più semplici da acquisire rispetto ad altri, ed un principio che riassume le caratteristiche tipologiche della L1, nelle sue componenti sociolinguistiche, pragmatiche e morfosintattiche” (Freddi, 2015: 80-81).

L’acquisizione linguistica si deve confrontare anche con aspetti non linguistici, come la formazione della propria identità, l’auto-realizzazione e l’auto-affermazione. Questo processo si svolge in tre fasi: pre-basica, con varietà linguistiche estremamente semplificate; basica, in cui il lessico si arricchisce e compaiono i primi tratti morfosintattici (qui avvengono anche i fenomeni di transfer linguistici di cui abbiamo appena parlato); post-basica, in cui la competenza di entrambe le lingue è molto simile. Così, si può dire che l’acquisizione della L1 è fondamentale in quanto funge da “impalcatura”, scaffolding, per l’acquisizione della L2.

Un altro processo in bambini immigrati è l’adombramento, cioè una sorta di coesistenza fra le due lingue a diversi livelli di consapevolezza e di coscienza, ma con meccanismi di azione comuni, con conseguenti interferenze intralinguistiche ed interlinguistiche (Freddi, 2015). Non bisogna confondere questo fenomeno con un processo di sostituzione della L1 con la L2. È, invece, una

coesistenza in cui vi è un “adombramento” della L1 dato dalla cessata esposizione causato dalla mancanza d’uso della lingua. La L1 viene perciò utilizzata come scaffolding per imparare la L2 che va ad “adombrare” la L1.

L’ultimo fenomeno che andiamo ad analizzare è l’attrition (“attrito”). Con questo termine si intende l’incapacità di richiamare alla memoria parole della L1. Questo accade in maniera evidente quando un bilingue è immerso completamente in una società in cui la lingua parlata è la sua L2 e, a causa di questo “coinvolgimento” totale nel nuovo Paese, si hanno difficoltà con la propria L1. Le parole diventano addirittura irraggiungibili. Si tratta dunque di una “inibizione selettiva del lessico della L1, spinti dalla necessità di elaborare termini della L2” (Freddi, 2015: 59). Si ha così una lotta fra le due lingue in quanto vi è una vera e propria interferenza che provoca una soppressione della L1. Possiamo, perciò, dire che:

“these dumbfounding lapsus for native-language words may reflect an adaptive role of inhibitory control in hastening second-language acquisition” (Freddi, 2015: 59).

Si attua un retrieval induced forgetting, cioè la mente della persona tende a sopprimere le tracce che causano interferenza costituite dalla L1 causando una cancellazione momentanea delle parole che si contrappongono alla parola necessaria nella L2. Bisogna sottolineare che vi è un’azione inibitoria a livello di realizzazione fonologica produttiva e non a livello terminologico. Per esempio, un bilingue inglese-italiano cercherà di richiamare alla memoria la parola dog, ma a causa della soppressione non si presenterà alla sua mente il termine italiano cane, ma il concetto di animale,

quadrupede, animale da compagnia rimane vivido nella mente della persona. È quindi solamente

una difficoltà nella realizzazione produttiva. Come sostengono Bardovy-Harlig e Stringer (2010) si tratta di una mera risposta adattiva del cervello alla necessità di controllare l’interferenza linguistica.

Tutti questi processi linguistici dimostrano la numerosità e variabilità di fenomeni che coinvolgono la persona bilingue. Viene sottolineata, soprattutto, l’importanza che svolge l’ambiente in cui il bilingue è inserito e quindi l’influenza nella percezione, ricezione ed elaborazione di stimoli. Abbiamo potuto osservare vari fenomeni che sono fondamentali per l’affinamento e lo sviluppo linguistico appropriato ed altri che invece comportano un utilizzo scorretto delle lingue o addirittura la sostituzione ed eliminazione di una delle due.