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1.3 Aspetti del bilinguismo

1.3.2 Aspetti psicologici

Oltre agli aspetti biologici, più strettamente legati al nostro organismo in quanto esseri umani, è anche fondamentale dare uno sguardo alla sfera psicologica, cioè quella parte di noi che rende l’essere umano unico ed irripetibile.

Haugen (1956) afferma che:

“the locus of bilingualism is in the individual mind. The psychological study of the bilingual is therefore of central importance in the analysis of bilingualism” (Haugen, 1956: 69).

La psicologia, ed in questo caso il rapporto che si viene a creare tra l’individuo e le due lingue, è di fondamentale importanza in quanto ogni persona ha “delle conseguenze personali e socio-affettive del vivere con due lingue” (Balboni, 1996: 32). Secondo alcuni studiosi, infatti, la compresenza di due lingue può comportare all’esistenza di una doppia personalità, da non intendersi però come una forma di devianza o patologia. Grosjean (1996) e Balboni, (1996) sottolineano, infatti, come alcuni bilingui abbiano una doppia personalità dovuta alla compresenza delle due lingue che si alternano. Per dimostrare ciò Grosjean (1996) conduce una “ricerca personologica sul bilinguismo” (definita così da Danesi (1989)) in cui si possono osservare testimonianze di persone bilingui che raccontano del loro rapporto con le due lingue. Osserviamo, quindi, lo studio di Grosjean (1996) grazie alla traduzione di Milazzo (2015).

“Bilingue francese-inglese: sono profondamente convinto e assolutamente consapevole che cambio personalità quando cambio lingua. So che sono più aggressivo, più caustico quando parlo francese, sono anche molto più rigido e più illiberale nel difendere le mie asserzioni.”

“Bilingue greco-inglese: in inglese il mio eloquio è molto garbato con un tono rilassato, dico sempre “per favore” e “scusatemi”. Quando parlo greco comincio ad esprimermi più rapidamente con un tono di ansietà ed in modo rude” (Milazzo, 2015: 39-40).

Questo comportamento è stato studiato anche da Ervin-Tripp (1968) che, con il suo studio basato su un test di completamento di frasi attraverso un commento, nota come sia diversa la risposta in base alla lingua che utilizzata. Infatti, seppure la persona testata fosse uno sola sembrava come se rispondessero due persone diverse.

“Bilingue giapponesi-inglesi (americano):  Probabilmente diventerò …

◦ giapponese: una casalinga ◦ inglese: un’insegnante

 Quando i miei desideri sono in conflitto con la mia famiglia … ◦ giapponese: è un momento di grande infelicità

◦ inglese: faccio quello che voglio” (da Milazzo, 2015: 40).

Successivamente, in questo studio di Ervin-Tripp (1968), vennero mostrate immagini con disegni ambigui per permettere quante più interpretazioni possibili. Ognuno in base alla propria personalità riesce a leggerne con un significato diverso.

“Figura seduta sul pavimento con il viso girato e la testa appoggiata sul divano. ◦ giapponese: una donna piange per il suo fidanzato perso e pensa al suicidio ◦ inglese: una ragazza cerca di completare un lavoro di cucito”

Come si può notare da questi esempi possiamo confermare che esiste un vero e proprio cambiamento di personalità in base alla lingua utilizzata. Per esempio, l’utilizzo della lingua giapponese porta la persona ad esprimere maggiormente un’emozione ed un sentimento; mentre nell’inglese è presente un carattere più freddo, formale e distaccato.

Grosjean (1996) sostiene, però, che questo cambiamento di personalità non sia dovuto alle lingue in sé, ma che in realtà, sia causato dal contesto in cui l’individuo si trova. La studiosa, perciò, considera la personalità come l’insieme degli stati psicologici temporanei, in cui atteggiamenti e comportamenti, con emozioni e sentimenti, costituiscono elementi mutevoli e temporanei in base al contesto. Secondo Grosjean il cambiamento di personalità non è perciò dovuto alla possibilità di un bilingue di poter alternare le due lingue, bensì è il contesto che determina comportamenti diversi.

“Bilingue francese-inglese: molte volte ho fatto l’esperienza di sentirmi “non essere la stessa persona” quando mi esprimo in inglese dal momento che la mia lingua madre è il francese. Quando tento di analizzare queste situazioni mi accorgo che è più che altro una questione relativa al contesto. Ovviamente tendo ad associare una lingua al suo contesto e quindi mi sento piuttosto maldestro quando uso una specifica lingua nell’ambiente sbagliato” (da Milazzo, 2015: 41).

Quindi, possiamo affermare che:

“è l’ambiente e la cultura come totalità che fanno sì che il bilingue cambi lingua unitamente agli atteggiamenti, ai sentimenti ed ai comportamenti e non la lingua in sé e per sé” (Titone, 1996: 72).

Un altro studio molto importante è quello di Milazzo (2015) che si focalizza sul rapporto tra la personalità e l’uso delle lingue di cui la L2 è l’italiano. In particolare si sofferma sull’identità, sugli stati affettivi, sugli atteggiamenti e sui comportamenti. Le persone coinvolte hanno permesso di cogliere le diverse sfaccettature attraverso cui uno si può percepire. Vediamo infatti che c’è chi ha negato fortemente la possibilità di un cambiamento del modo di essere e di relazionarsi in base alla lingua utilizzata, sostenendo che non vi siano dei cambiamenti di personalità, bensì delle differenze di approccio alle lingue a causa di un vissuto diverso o della distanza culturale.

Altri bilingui hanno invece affermato di essere consapevoli di attuare dei comportamenti e degli atteggiamenti diversi in base alla lingua utilizzata, seppur ciò avvenga in maniera del tutto

inconscia. Soprattutto viene messo in luce come, con l’utilizzo dell’italiano, entri particolarmente in gioco la tipica gestualità, poiché costituisce uno strumento fondamentale che spesso sostituisce addirittura il messaggio verbale. I gesti, infatti, permettono di manifestare in modo migliore le emozioni ed il messaggio stesso. Attraverso l’utilizzo della gestualità si tende ad esprimersi con più enfasi, emotività ed espressività tale per cui anche l’interlocutore si sente più coinvolto (Milazzo, 2015). La gestualità è un mezzo di comunicazione fondamentale, soprattutto per l’italiano, in quanto permette di esprimere e manifestare pienamente se stessi e di entrare direttamente in relazione con l’interlocutore (Diadori, 2003). Anche i bilingui quando parlano italiano tendono ad integrare i gesti alle parole in maniera totalmente inconscia e naturale, mentre quando parlano un’altra lingua l’utilizzo dei gesti tende a diminuire o ad essere praticamente assente, andando perciò a determinare la “personalità italiana”.

Oltre alla gestualità, i bilingui con L2 italiano sentono dentro di sé anche senso di maggiore vicinanza, calore e intimità nei confronti dell’interlocutore. Infatti, l’italiano è ritenuto la lingua maggiormente predisposta ad esprimere efficacemente sentimenti ed emozioni, quindi una maggiore libertà di esprimere se stessi in maniera più aperta con parole più cariche di significato, soprattutto a livello emotivo.

“Madrelingua giapponese: con la lingua italiana posso esprimere meglio le mie

emozioni, le mie sensazioni. Ci sono parole giapponesi simili per parlare di sentimenti, ma per un fatto culturale non vengono usate. In Giappone raramente si dice “ti amo” e le mamme non abbracciano i bambini. Qui l’affetto si può esprimere e dimostrare. In Giappone i rapporti sono molto formali, bisogna stare attenti a come si usano le parole, non ci si può esprimere in modo diretto, bisogna sempre mediare. In famiglia, con gli amici se sono più anziani si deve usare il Lei. In italiano, mi sento più vicina nel rapporto con le altre persone e uso spesso il Tu” (Milazzo, 2015: 46).

In generale, possiamo quindi dire che in molti casi i bilingui riscontrano un cambiamento nel proprio modo di essere e di relazionarsi, anche se non sempre vengono direttamente riconosciuti. La compresenza, perciò, di due lingue consente a ciascuna lingua di mantenere le proprie caratteristiche culturali (ci troviamo infatti di fronte al biculturalismo come vedremo nel prossimo paragrafo al punto 1.3.3) creando così una sorta di “doppia personalità”. Questo fenomeno permette che vi sia, alcune volte, una sovrapposizione delle due personalità portando alla creazione di una nuova unica personalità altamente determinata dal proprio vissuto e dalle proprie esperienze.