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Aspetti problematici del Gender Mainstreaming

di Mara Marett

3.2. Aspetti problematici del Gender Mainstreaming

Come abbiamo visto, il GM è considerato l’approccio più innovativo al- l’uguaglianza di genere, diffusosi velocemente a livello internazionale a metà degli anni ‘90 e consolidatosi come strumento di strategia politica presso governi e organizzazioni di tutto il mondo. Tuttavia non sono man- cate considerazioni critiche ed è questo l’oggetto del presente paragrafo.

Daly (2005), attraverso uno studio comparato effettuato su 8 paesi euro- pei, condotto dal 2002 al 2004, analizza il modo in cui il GM è concepito, praticato e attuato nei diversi contesti governativi, valutandone i progressi e misurandone l’impatto. Tale studio rileva in particolare due aspetti proble- matici: il primo si riferisce alla relazione del GM con la diseguaglianza di genere, il secondo a quella con il mutamento sociale.

La ricerca di Daly evidenzia come «la peculiarità dell’approccio main-

streaming di genere consiste nel cercare di istituzionalizzare l’uguaglianza

incorporando le pratiche e le norme gender sensitive nelle strutture, nei processi e nell’ambiente delle politiche pubbliche» (Daly, 2005: 435). L’e- lemento rilevato nei diversi paesi coinvolti nella ricerca indica il decentra- mento della responsabilità e delle iniziative come tratto. Pertanto il radica- mento e la diffusione territoriali della dimensione di genere nelle politiche riduce la portata e frammenta gli effetti positivi della promozione degli obiettivi di uguaglianza. Questa tendenza è antitetica alla precedente strate- gia che aveva mirato a centralizzare la promozione della parità di tratta- mento attraverso le azioni positive. In alcuni di questi paesi, quali Irlanda e Regno Unito, questo orientamento è stato invertito anche grazie ad una re- visione legislativa specifica.

Il secondo aspetto riguarda la valutazione degli strumenti utilizzati per l’attuazione del GM e la rilevazione che, talvolta, vengono adottati come

semplici adempimenti burocratici, azioni di monitoraggio e valutazione specifici che non sono messi a sistema e producono risultati che non impat- tano sulla cultura di genere dell’organizzazione in modo significativo. Que- sto particolare fenomeno è stato denominato “tecnocratizzazione” (Beve- ridge, Nott, 2002; Yeandle et al., 1998).

Relativamente al primo aspetto alcune ricerche hanno analizzato la stra- tegia del GM e la sua portata culturale arrivando a evidenziarne le contrad- dizioni e i rischi legati alla sua applicazione rispetto al raggiungimento del- l’obiettivo di eguaglianza tra i generi. In sostanza, tale prospettiva teorica, sottolinea come il GM miri ad un cambiamento nel lungo periodo delle po- litiche pubbliche (Liebert, 2002; Pollack, Hafner-Burton, 2000), in modo da ridurre il rischio di un allentamento delle politiche concernenti l’ugua- glianza di genere fino ad ora promosse. Questo tipo di critica presuppone una concezione evolutiva e non integrata delle diverse misure sviluppatesi a partire dagli anni Settanta (Rees, 1997). A ciò si aggiunga che le misure le- gislative a supporto della parità, le azioni positive e il GM non vanno con- siderate compartimenti stagni.

Per ciò che concerne la seconda critica mossa al GM, è stato osservato come esso, nonostante venga adottato, sostenuto e promosso, in realtà non produca quei cambiamenti profondi di mentalità, proprio a partire da quegli apparati che si incaricano di diffonderlo (Stratigaki, 2005). A tal proposito, il Consiglio d’Europa sostiene strumenti legislativi e iniziative politiche a- deguate utili per diffondere efficacemente il GM (Consiglio d’Europa, 1998).

Appare dunque chiaro dove si annidino gli impedimenti per un’azione decisa in favore del GM e cioè dell’allargamento e dell’integrazione dell’u- guaglianza di genere a tutte le sfere politiche. Senza efficaci azioni promo- zionali e di supporto, si possono realizzare solo iniziative deboli e scollega- te tra loro. Tutto ciò può compromettere gli sforzi finora fatti in direzione dell’uguaglianza e i traguardi raggiunti in termini di trasformazione e del miglioramento degli strumenti di attuazione di politiche più consone all’o- biettivo della parità (Stratigaki, 2005).

Diversi studiosi e studiose del GM (Behning, Serrano Pascual, 2001; Mackay, Bilton 2003; Rubery Fagan 2000; Yeandle, Booth, Bennett, 1998) sono concordi nel definire il «mainstreaming come un’entità variabile» (Da- ly, 2005: 439). Il rischio rilevato da tale letteratura è che il GM possa diveni- re contenitore vuoto, un concetto sfumato, fuzzy (Booth, Bennett, 2002).

Fin qui abbiamo esaminato gli aspetti critici dal punto di vista appli- cativo. Venendo ad un dibattito più politico-ideologico sulla definizione della strategia culturale del GM, con Stratigaki (2005), possiamo distingue- re due correnti. L’una, caldeggiata in particolare dalle organizzazioni fem-

minili ed intellettuali femministe, propone che il GM sia inteso quale mez- zo di consolidamento della legislazione in ambito di pari opportunità e delle azioni positive. L’altra, sostenuta invece da una parte delle forze politiche e responsabili dell’UE, vede il GM come «strumento alternativo per la parità di genere» (Stratigaki, 2005: 166).

Il GM, nelle intenzioni originarie, rappresenta il superamento della Equal

Treatment Perspective (prospettiva di eguale trattamento)  che sosteneva

uguali diritti per uomini e donne attraverso iniziative legislative (anni Settan- ta)  e la Women’s Perspective (prospettiva delle donne), basata sulla valo- rizzazione della differenza delle donne attraverso la promozione di azioni po- sitive (anni Ottanta) (Booth, Bennett, 2002: 435) (vedi Fig. 1).

Mentre l’UE ha svolto un ruolo fondamentale nella promozione del

mainstreaming negli Stati membri, il contesto culturale specifico della

Commissione europea con il suo focus economico ha limitato lo sviluppo della politica di mainstreaming (Booth, Bennett 2002).

Fig. 1 - Evoluzione degli approcci alle questioni di genere

Se consideriamo che la trasformazione delle culture organizzative è al centro del mainstreaming dobbiamo riconoscerne la portata innovativa e, in questo senso, è condivisa l’importanza della promozione di un maggiore confronto teorico e una ricerca più approfondita dell’impatto di tali misure sostenute dal GM nel mondo.

In generale, un interessante contributo è stato offerto attraverso una let- tura femminista che evidenzia il bisogno di continuare a essere autocritici, utilizzare il GM creativamente in vista della sua giusta promozione.

Il rischio di una mancata lettura femminista del GM viene sottolineato an- che da Lombardo e Meier (2006). Esse sostengono, attraverso una attenta analisi dei documenti UE sulle politiche per la famiglia, che il mainstreaming

di genere è un concetto che può essere riempito con contenuti femministi e non femministi. Pertanto, è importante rendere più esplicite le indicazioni sull’interpretazione dell’uguaglianza di genere da parte dei responsabili poli- tici per ridurne le ambiguità. Le autrici argomentano quindi che non vi è una sufficiente decostruzione dell’ambiente culturale patriarcale nel trattare le questioni di genere anche nelle politiche familiari e rispetto al genere in poli- tica così come sono da rilevare ambiguità e inconsistenze teoriche anche ne- gli ambiti più vicini al pensiero femminista, dovute a diagnosi inadeguate della questione dell’uguaglianza di genere (Lombardo, Meier, 2006).

Più recentemente si sono sviluppate analisi sul concetto di GM che ne hanno rilevato delle profonde contraddizioni, tanto che lo renderebbero una «figura retorica inesatta e un concetto privo del potere di trasformare pro- cessi e strutture verso l’uguaglianza di genere» (Bendl, Schmidt, 2013: 16).

Secondo tale prospettiva decostruttivista  che deriva dalla rilevazione di

un cambiamento limitato nell’uguaglianza di genere rispetto a uno strumen- to utilizzato per lo più in modo frammentato nei paesi dell’UE  il valore euristico e concettuale del termine mainstreaming di genere, come metafora dell’uguaglianza di genere, non sarebbe valido.