di Mara Maretti e Vanessa Russo
4.3. Il Bilancio di genere in Italia
In Italia il GB viene introdotto nel 2006, a seguito della presentazione alla Camera dei Deputati del disegno di legge “Norme per l’istituzione del
Bilancio di genere per la Pubblica amministrazione” (DDL n. 3728 comu-
nicato alla Presidenza l’11 gennaio 2006).
Successivamente, nella direttiva presentata nel maggio 2007 dai Ministri Nicolais e Pollastrini relativa alle misure finalizzate all’attuazione della parità e delle pari opportunità tra uomini e donne nelle Pubbliche Amministrazioni. Di particolare rilevanza è l’art. 6, in cui si esprime la necessità di redigere i bilanci di genere. Secondo tale articolo le amministrazioni debbono:
promuovere analisi di bilancio che mettano in evidenza quanta parte e quali voci del bilancio di una amministrazione siano (in modo diretto o indiretto) indirizzate alle donne, quanta parte agli uomini e quanta parte a entrambi. Questo anche al fine di poter allocare le risorse sui servizi in funzione delle diverse esigenze delle donne e degli uomini del territorio di riferimento (…). Si auspica pertanto che i bilanci di ge-
nere diventino pratica consolidata nelle attività di rendicontazione sociale delle am- ministrazioni (Direttiva sulle misure per attuare Parità e Pari Opportunità tra uomini e donne nelle Amministrazioni Pubbliche, 21 maggio 2007, art. 6)7.
Successivamente con il D. lgs. n. 150 del 2009, relativo alla performan- ce della Pubblica Amministrazione, viene richiesto che i risultati del Bilan- cio di genere vengano inclusi nella “Relazione sulla performance” che le Amministrazioni sono tenute a redigere entro il 30 giugno di ogni anno. La Relazione sulla performance è «un documento […] che evidenzia, a con- suntivo, con riferimento all’anno precedente, i risultati organizzativi e indi- viduali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi programmati ed alle risorse, con rilevazione degli eventuali scostamenti, e il Bilancio di genere realizza-
to» (D. lgs. 150/2009, co. 1, lett. b)8.
L’ultimo passaggio normativo è relativo alla Legge di contabilità e fi- nanza pubblica. Infatti, grazie alla modifica introdotta dalla Legge n. 39 del 2011, viene prevista la definizione del Bilancio di genere «per la valutazio- ne del diverso impatto della politica di bilancio sulle donne e sugli uomini,
in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro non retribuito» (art. 3)9.
Nel 2016 l’Ufficio per il Bilancio Parlamentare italiano ha pubblicato uno studio sulle esperienze di GB in Italia (Gabriele, Marino, 2016). L’an- no prima il Dipartimento per le pari opportunità e l’Università di Ferrara hanno concluso un accordo (ex art. 15 L. n. 241/1990) per la realizzazione di strumenti volti a favorire l’attuazione del principio delle pari opportunità con specifico riferimento alla definizione di una modello/fac-simile per fa- cilitare la diffusione del Bilancio di Genere nelle amministrazioni pubbli- che (comunali, regionali e nelle università). Il Progetto GeRPA (Bilancio di genere per le Pubbliche Amministrazioni) nasce con la finalità quindi di promuovere il bilancio di genere e diffonderlo quale strumento orientato alla programmazione, attuazione e monitoraggio delle politiche e della spe- sa in vista della diffusione e del consolidamento della parità di genere.
In tale modello il GB è concepito con una duplice finalità: in primis co- me strumento di valutazione interno alle organizzazioni e a corredo della Relazione sulla performance (art. 10 D. lgs. 150/2009); in secondo luogo
7 http://www.pariopportunita.gov.it/media/3039/direttiva_pari_opportunita.pdf
8 D. Lgs. 150/2009 – Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 “Attuazione della leg-
ge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”, pubblicato nella Gazzetta Uffi- ciale del 31-10-2009, n. 254 – Supplemento Ordinario n. 197.
9 http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Selezione_normativa/L-/L07-04-
come strumento di monitoraggio e di verifica dell’impatto delle politiche pubbliche (a livello nazionale, regionale o locale), su uomini e donne.
Gli organismi interessati e destinatari del GB sono: gli organi responsa- bili della programmazione delle risorse dell’Ente; i dipendenti; tutti i sog- getti esterni beneficiari dell’organizzazione e la comunità locale sulla quale impattano le politiche dell’Ente.
Anche tenendo conto della struttura del GB elaborata nell’ambito dell’i- niziativa GeRPa, è possibile proporre un modello di riferimento generale utilizzato nel contesto italiano (Fig. 2). Qui il GB si struttura attraverso le seguenti fasi che si inseriscono nel ciclo di bilancio: analisi preliminare di contesto; analisi dell’organizzazione o prospettiva di analisi interna; riclas- sificazione del bilancio, valutazione e bilancio preventivo.
Fig. 2 - Fasi del Bilancio di genere
L’analisi del contesto si riferisce alla popolazione maschile e femminile del territorio in cui impattano le scelte di bilancio dell’organizzazione. L’a- nalisi dovrebbe riguardare le caratteristiche socio demografiche e di dina- mica della popolazione (con indicatori come età, genere, titolo di studio, occupazione, stato civile, ecc.). Questa fase è finalizzata a definire una fo- tografia della comunità di riferimento anche rispetto al mercato del lavoro, ai servizi presenti nel territorio e alla qualità della vita per donne e uomini. L’analisi di contesto, infine, deve fare emergere eventuali gender gaps an- che attraverso l’utilizzo di metodologie qualitative di raccolta delle opi- nioni, dei vissuti e dei bisogni espressi dalle diverse fasce di popolazione.
ziano la composizione di genere del personale che opera all’interno della struttura organizzativa. Inoltre, in questa fase, è opportuno analizzare la partecipazione di donne e uomini negli organi decisionali e la documenta- zione normativa interna per rilevare l’integrazione della prospettiva di ge- nere nella struttura organizzativa. Tale fase comprende anche l’analisi degli effetti delle iniziative programmate dall’amministrazione in contrasto alle discriminazioni e la promozione dell’uguaglianza e delle pari opportunità, come nel caso della valutazione dell’impatto del Piano di Azioni Positive (PAP).
Un’ulteriore attività è la riclassificazione del bilancio secondo criteri che permettano di riaggregare le voci di bilancio rispetto a tematiche di ri- levanza di genere. Anche in questo caso la scelta di classificazione non è univoca ma è legata alla tipologia di ente. In Italia si è diffusa una riclassi- ficazione del bilancio secondo le seguenti aree: 1. aree direttamente inerenti il genere, ad esempio le attività e le risorse rivolte alle pari opportunità; 2. aree indirettamente inerenti al genere, come le attività destinate a specifici target che hanno un impatto sulle differenze di genere (per esempio i servi- zi di cura come gli asili nido o l’assistenza domiciliare); 3. aree di contesto rispetto al genere (cultura, criminalità, sicurezza trasporti, sport, ecc.); 4. aree neutre non gender sensitive.
L’analisi del bilancio e la valutazione dell’allocazione delle risorse in ottica di genere verificano che le politiche e i servizi sviluppati dall’Ente siano efficaci ed efficienti rispetto alle esigenze di bilancio generali del- l’Ente, agli obiettivi istituzionali e ai bisogni specifici delle donne e degli uomini della comunità. Qui il Bilancio di Genere si presenta come strumen- to di analisi degli impatti delle politiche implementate in una prospettiva di genere, svolgendo così anche una funzione di accountability, di comunica- zione, e di stimolo della partecipazione. Questa fase presenta alcune que- stioni legate in particolar modo alla difficoltà di reperire indicatori di gene- re standardizzati per la valutazione dell’efficacia, dell’efficienza e anche della rilevanza delle politiche.
Accanto a tali difficoltà di carattere statistico, la lentezza nella diffusio- ne del GB sul territorio nazionale può essere ricondotta a diversi fattori. Uno, già ricordato, è legato alle misure di contenimento della spesa; ciò ha indubbiamente sacrificato la promozione delle attività legate alle pari op- portunità. Un altro aspetto riguarda le scarse competenze di carattere tecni- co che spesso si riscontrano tra il personale delle amministrazioni pubbli- che, ragion per cui gli enti devono ricorrere a personale esterno per la reda- zione dei GB. Questi due primi elementi, insieme alla crisi fiscale del 2010, hanno ostacolato le iniziative di GB, compresa l’impossibilità di procedere con le sperimentazioni.
La discontinuità, unita ad alcune sfumature metodologiche, spiega perché in Italia ci sono pochissime istanze in cui possiamo sostenere che il GB è diventato uno strumento efficace e permanente per il cambiamento nell’assegnazione delle risorse a favore dell’uguaglianza di genere (Bettio, Rosselli, 2018: 100).
Problemi di ordine finanziario, carenti competenze e scarsa formazione del personale, unitamente alla tardiva diffusione di un modello condiviso dalle amministrazioni e a una puntuale normativa, hanno rallentato il pro- cesso di diffusione del GB in Italia. Queste sono rimaste quindi singole esperienze locali, seppure significative. Con difficoltà il GB si sta affer- mando in Italia, anche grazie all’associazione prevista dalla normativa na- zionale tra Bilancio di genere e Piano di azioni positive. La sinergia tra questi due strumenti promette sviluppi positivi per la promozione delle pari opportunità.