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I piani triennali di azioni positive (PAP)

di Thea Ross

5.3. I piani triennali di azioni positive (PAP)

L’esigenza di assicurare maggiore incisività alle azioni positive ha ispi- rato disposizioni incentrate sull’obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare piani triennali di azioni positive (PAP) (D. lgs. 198/2006). I PAP sono documenti programmatici finalizzati a riequilibrare le situazioni di non equità di condizioni di vita e di carriera tra uomini e donne e a promuo- vere l’inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali  

l’ultima a Milano nel 2015. UE, Dichiarazione sull’uguaglianza delle donne e degli uomini, adottata dal Consiglio Europeo nel 1988.

7 Consiglio d’Europa (1988), Integrazione della dimensione di genere: quadro concet-

tuale, metodologia, e presentazione di buone pratiche.

8 Cfr. Unione Europea, Ufficio delle pubblicazioni (2011), Europa 2020. Piattaforma

europea contro la povertà e l’esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale.

esse sono sottorappresentate9. Promuovere la partecipazione delle donne

alla governance significa anche considerarle come risorsa da valorizzare, al tempo stesso protagoniste e beneficiarie dello sviluppo, che pone al centro l’equità e la sostenibilità sociale. Per questo l’uguaglianza e la diversità vanno perseguite parallelamente.

Il Piano triennale è concepito come uno strumento duttile e temporaneo che esaurisce il suo compito nel momento stesso in cui i suoi obiettivi sa- ranno realizzati. È altresì un documento collegiale per la cui programma- zione è richiesta la concertazione allargata alla partecipazione della rappre- sentanza sindacale unitaria (RSU), del Comitato Unico di Garanzia (CUG), della/del Consigliera/e di parità territorialmente competente. Il mancato a- dempimento è sanzionato con il blocco di tutte le assunzioni, comprese quelle delle categorie protette, su segnalazione della Consigliera di parità o

di chiunque sia a conoscenza della inadempienza10. A tale scopo, i PAP be-

neficiano di finanziamenti purché rientrino nelle indicazioni del program- ma-obiettivo predisposto annualmente dal Comitato Nazionale per l’attua- zione dei principi di trattamento dell’uguaglianza di opportunità tra lavora- tori e lavoratrici.

Di seguito riportiamo esempi di buone pratiche di azioni positive attuate nelle università nazionali e internazionali ed esaminiamo le indicazioni e le risorse comunitarie a favore della parità di genere nelle università e nella ricerca. Fin da ora, anticipiamo che dall’analisi dei progetti presi in esame si può rilevare come per gli Atenei italiani i piani triennali si siano rivelati strumenti operativi efficaci sia per riequilibrare situazioni di svantaggio, sia per valorizzare “la diversità” di cui le donne sono portatrici.

Il tema dell’equilibrio tra i generi e delle pari opportunità nell’ambito accademico e della ricerca è da tempo argomento di studio (David, 1998)

ed è presente nell’agenda politica dell’Unione Europea sia per quanto ri-

guarda le differenze nella scelta del percorso di studio, sia rispetto alle di- sparità nelle posizioni di responsabilità, riconoscendo come gli stereotipi di genere veicolati dalla società producano un impatto negativo sull’istruzio- ne, sulla formazione, sulle scelte degli studenti.

L’UE ribadisce più volte l’impegno a promuovere strategie che possano favorire l’uguaglianza nelle carriere scientifiche e iniziative che offrano so- stegno nell’attuazione di programmi di formazione professionale per le donne, al fine di incoraggiarle a partecipare all’istruzione superiore nel campo della scienza, della tecnologia e dell’informatica (le cosiddette discipline STEM), di  

9 D. lgs.198/06-Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, art. 48. 10 D. lgs. 165/01, art. 6, comma 6.

sviluppare programmi di formazione sull’uguaglianza di genere destinati agli operatori del settore dell’istruzione e infine per impedire che gli stereotipi vengano trasmessi attraverso i programmi di studio e il materiale didattico.

Le università e gli istituti di ricerca possono adottare politiche di ugua- glianza di genere seguendo gli orientamenti elaborati dall’EIGE con la Commissione e utilizzando la piattaforma GEAR-Gender Equality in Aca-

demia and Research, appositamente creata per attuare la parità di genere

nel mondo accademico e della ricerca.

L’interesse europeo per il tema è stato confermato nell’ambito di Horizon

2020, il nuovo Programma Quadro della UE per la ricerca e l’innovazione,

dove la parità tra uomini e donne viene promossa sostenendo il cambiamento organizzativo degli istituti di ricerca e integrando la dimensione di genere nei contenuti e nella progettazione delle attività di ricerca e innovazione.

In tale ambito, il sostegno alla parità di genere viene individuato come

una priorità essenziale, volta a garantire il rafforzamento dello “Spazio eu- ropeo della ricerca”: un’area comune in cui ricercatori, conoscenze scienti- fiche e tecnologiche possano muoversi liberamente. Si intende promuovere l’equilibrio di genere sia nei team di ricerca che partecipano a Horizon

2020, al fine di affrontare le lacune nella partecipazione delle donne ai pro-

getti del programma quadro, sia nel processo decisionale, per raggiungere l’obiettivo della Commissione del 40% dei membri del sesso sottorappre- sentato all’interno di panel e consigli di amministrazione.

Per migliorare la qualità scientifica e la rilevanza sociale della cono- scenza, della tecnologia e/o dell’innovazione, i ricercatori sono sollecitati a integrare l’analisi di genere nel contenuto della ricerca e innovazione, avendo altresì la possibilità di includere in un progetto la formazione di ge- nere come un’attività tra i costi ammissibili.

In sintonia con l’obiettivo strategico di gestire il passaggio verso un’e- conomia e una società basate sulla conoscenza, l’UE individua lo scambio e la valorizzazione delle buone pratiche come elementi irrinunciabili, mo- strando così il proprio valore nel fungere da effetto moltiplicatore. Infatti, la condivisione di esperienze consente il raggiungimento di obiettivi di go-

vernance in merito alle pari opportunità sostenute in ambito comunitario.

Il trasferimento e la disseminazione di buone pratiche  adottato anche dalla Commissione Europea  costituiscono uno strumento di innovazione delle policy introducendo elementi di maggiore efficacia. In questo modo la Commissione induce i paesi membri da un lato a trarre insegnamento dalle esperienze di maggior successo facendo propri modelli e strategie efficaci, dall’altro a convergere verso le finalità proprie dell’UE. Questo approccio è noto come open method coordination delle politiche (metodo aperto di coordinamento MAC). Esso fu individuato dal Consiglio Europeo come

uno strumento essenziale della Strategia di Lisbona (2000). Si ricorderà che quest’ultima mirava alla costruzione di un’economia basata sulla cono- scenza e alla modernizzazione del modello sociale europeo.