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Il ruolo delle donne nella struttura socio-economica tradizio nale

di Adele Bianco

6.2. Il ruolo delle donne nella struttura socio-economica tradizio nale

Allo scopo di comprendere la condizione femminile e come questa si sia modificata nel tempo, è opportuno partire dall’analisi della posizione della donna nei contesti tradizionali. Pioniera delle ricerche in materia è stata l’e- conomista danese Ester Boserup (1910-1999), la cui opera è ormai da con- siderare un classico. Le sue tesi hanno influenzato il dibattito sul ruolo delle donne riguardo al lavoro e allo sviluppo umano. Boserup considerava ne- cessario offrire alle donne migliore istruzione e occupazione di qualità. A  

3 «Il tasso di attività, ossia il rapporto tra popolazione attiva [tra i 15 e i 65 anni] (occupati

+ disoccupati) e popolazione totale: questo è il tasso di attività lordo e misura quante persone si propongono sul mercato del lavoro rispetto a tutta la popolazione. È dunque indizio del bi- lancio di forze tra chi lavora e chi no: una popolazione che invecchia verrà mantenuta da poche persone che lavorano. Il tasso di attività netto è ricavato dal rapporto tra popolazione attiva (occupati + disoccupati) e popolazione in età attiva (15-65 anni). Esso indica quante persone sono presenti sul mercato del lavoro rispetto al potenziale lavorativo di un paese. Tale tasso è utile per misurare l’aumento o la diminuzione dello scoraggiamento alla partecipazione al mer- cato del lavoro. Mette conto ricordare che lo scoraggiamento riduce anche il tasso di disoccu- pazione, perché si tratta di persone che escono dal mercato del lavoro non candidandosi più, almeno ufficialmente, ad alcun posto di lavoro», Bianco, 2011, p. 521.

tal proposito ha elaborato una tipologia del lavoro rurale svolto in Africa e in Asia sulla base della divisione dei compiti fra donne e uomini e dunque sulla presenza delle donne e l’incidenza del loro apporto alle lavorazioni agricole. In Africa l’agricoltura tradizionalmente impiega forza lavoro fem- minile, di meno in Asia. L’impiego di donne nel lavoro dei campi non è in- solito nei paesi del Sud del mondo; ancora oggi secondo i dati delle agenzie internazionali esse svolgono gran parte del lavoro agricolo, che spesso è la fonte di sostentamento principale per l’intera famiglia (FAO, 2011).

La colonizzazione, osserva Boserup, ha impiegato gli uomini come for- za-lavoro in produzioni destinate all’esportazione, nelle imprese dei colo- nizzatori come le miniere e nel settore edilizio. In tal modo gli uomini sono stati distolti da una serie di incombenze tradizionali necessarie all’eco- nomia locale nei villaggi e nelle famiglie e ciò ha comportato un aumento del carico di lavoro delle donne, che si sono trovate a doversi sobbarcare i compiti una volta svolti dagli uomini. A ciò si aggiunga che l’agricoltura tradizionale, svolta per lo più dalle donne, non ha beneficiato dell’introdu- zione di miglioramenti tecnici, di cui eventualmente si sono avvantaggiati gli uomini. Di conseguenza, la condizione delle donne è peggiorata.

Occorre tuttavia ricordare che le posizioni della Boserup sono state og- getto di critica, perché volte a considerare la questione femminile solo dal punto di vista economico e senza attenzione per altri aspetti nella vita delle donne che oggi vengono comunemente considerati rilevanti: dai diritti pa- trimoniali in seno alla famiglia, alla salute riproduttiva, tanto per fare due esempi. Nonostante i rilievi critici che possono essere mossi al lavoro di Boserup, va ricordato che il suo rappresenta il primo studio non solo sul ruolo economico delle donne in Asia e in Africa, ma il primo saggio in as- soluto che abbia portato l’attenzione sul lavoro delle donne nei paesi non occidentali e sulla loro condizione.

I cambiamenti sopravvenuti nella tradizionale divisione sessuale del la- voro  prima a causa della colonizzazione e nella seconda metà del XX se-

colo a seguito dei processi di modernizzazione  hanno, come accennato

poc’anzi, profondamente alterato l’equilibrio nella ripartizione dei carichi di lavoro tradizionalmente attribuiti a uomini e donne e con ciò negativa- mente influenzato la vita di queste ultime. A ciò si aggiunga che per le donne è sempre stato difficile accedere a mezzi, strumenti e ritrovati che consentono di lavorare meglio e di aumentare la produttività. Questo perché fin dai tempi della colonizzazione la vita economica retta dagli interessi dei paesi più ricchi e sviluppati e la produzione di beni e servizi destinata ai lo- ro mercati era organizzata avvalendosi della moderna tecnologia. Ma poi- ché le donne non erano integrate nell’ambito dell’economia formale  e più redditizia  sono rimaste escluse dagli effetti positivi del progresso e delle

innovazioni; di conseguenza si sono impoverite e con loro quanti del nucleo familiare da loro dipendevano.

È anzi possibile sostenere che la modernizzazione della produzione 

prima con la colonizzazione poi con la cooperazione  nel secondo dopo- guerra si sia risolta in un peggioramento per la condizione delle donne. Valga per tutti l’esempio delle superfici arate da trattori e quindi assai più estese rispetto agli appezzamenti che tradizionalmente venivano coltivati. A fronte dell’introduzione della meccanizzazione dell’agricoltura, le donne hanno continuato a svolgere il lavoro di raccolta come sempre, a piedi e non con mezzi adeguati, pertanto si sono trovate a lavorare di più. L’accre- sciuto carico di lavoro è dovuto anche al fatto che le donne dispongono di meno forza-lavoro: da un lato non sono più coadiuvate come un tempo da- gli uomini, impegnati in altre attività; dall’altro si trovano a dover compen- sare l’attività dei loro collaboratori non più in natura ma in denaro, che spesso non hanno. La conseguenza di tale situazione è che esse, oltre ad avere una maggiore mole di lavoro e a non godere dei benefici dell’appli- cazione della tecnica, perdono anche la sicurezza economica e il riconosci- mento sociale che ne consegue e di cui godevano in precedenza.

Ulteriori fattori che hanno significato un peggioramento della condizio- ne di vita delle donne sono stati i cambiamenti importati dalla cultura occi- dentale. Con il processo di privatizzazione avviato dalle potenze coloniali, la terra è stata per lo più registrata sotto il nome del capofamiglia, quindi dell’uomo, e le donne, non figurando come proprietarie, non possono acce- dere agli eventuali fondi e ai crediti previsti dai progetti di sviluppo rurale. In questo modo, oltre a perdere i diritti naturali e consuetudinari di accesso alla terra, le donne sono esautorate in linea di fatto. Con il dissolversi della sicurezza materiale che garantiva la donna nell’ambito della comunità tra- dizionale, vanno perduti, come detto poc’anzi, anche i simboli del suo pote- re e scema il suo prestigio sociale.

Fintanto che le donne non sono state riconosciute come l’asse portante delle economie locali, esse non hanno goduto di fiducia e non hanno potuto accedere e beneficiare di finanziamenti per sviluppare le proprie attività economiche e produttive. Solo dagli anni ‘90 del secolo scorso si è iniziato a considerarle specifiche destinatarie di progetti di sviluppo, da sostenere non solo per il bene delle loro imprese ma a vantaggio delle intere colletti- vità cui appartengono.

Fin qui abbiamo tracciato in linea molto generale l’impatto sulla condi- zione femminile nei paesi del Sud del mondo dei cambiamenti dovuti alla colonizzazione e alla modernizzazione. È però ormai acquisito che la situa- zione materiale e non materiale in cui le donne versano rappresenta un in- dicatore del livello di sviluppo economico e sociale di una società. Pertanto,

migliorare la vita delle donne, consentire loro pari opportunità è un vantag- gio di cui beneficia l’intera collettività (World Bank Group, 2015: 46). Ve- diamo ora come questa relazione  la condizione femminile e lo sviluppo della società  si manifesti e influisca in un mondo che oggi sta cambiando i propri equilibri assai velocemente.