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1. Introduzione

1.6 Associazione tra parodontite e malattie sistemiche

1.6.1 Introduzione

Tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo si riteneva che l’infezione locale dovuta all’accumulo di microrganismi sulla superficie dentaria fosse la principale causa di una vasta gamma di condizioni sistemiche, sebbene la

patogenesi non fosse ancora chiara211. Di conseguenza, l'estrazione preventiva dei

denti era considerata un trattamento benefico per la prevenzione primaria o secondaria di molteplici patologie che potevano colpire cuore, fegato, pancreas e reni. Tuttavia, il progresso della ricerca medica e la mancanza di efficacia clinica

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di queste misure hanno portato, nel 1950, al declino di questa pratica. Dall'ultimo decennio del XX secolo, è fiorita una nuova tendenza di ricerca che indaga il ruolo potenziale della parodontite come fattore di rischio per numerose malattie sistemiche212, incluso il diabete, la malattia cardiovascolare, i tumori, la nascita pretermine e l'artrite reumatoide. I risultati degli studi osservazionali introducono

continuamente nuove possibili condizioni associate alle infezioni parodontali213.

1.6.2 Parodontite e malattie cardiovascolari

Microorganismi multipli sono stati collegati all'ateroma; ad esempio, la Chlamydia pneumonia, un batterio responsabile delle infezioni delle vie respiratorie, è stata isolata dalle arterie dei pazienti con malattia cardiovascolare214 in livelli più elevati nei pazienti con CHD ( coronary heart disease) rispetto ai controlli215. Il primo studio osservazionale che collega la cattiva salute orale al CVD ha analizzato retrospettivamente e secondo un disegno sperimentale caso- controllo lo stato di salute orale di 211 pazienti che avevano sofferto di infarto del miocardio e 366 controlli sani. Gli investigatori hanno riportato una peggior salute parodontale nel gruppo di pazienti infartuati216. Successivamente, le evidenze epidemiologiche provenienti da studi osservazionali multipli hanno collegato la PD ad un più alto rischio di eventi cardiovascolari217218219220221. Tuttavia non tutti i

dati osservazionali supportano questa associazione222223224. La maggior parte degli

studi è stata condotta negli Stati Uniti con un periodo di follow-up fino a 23 anni dopo l'esame parodontale. I criteri usati per la definizione dello stato di salute orale varia tra i vari studi, andando dalla valutazione radiografica della perdita

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ossea a diverse misure ricavate dall’esame del cavo orale. I dati della prima National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES I) non hanno trovato un'associazione particolarmente significativa tra PD e CVD, sebbene essi non possono escludere l’esistenza di un'associazione di modesta entità. I principali limiti del NHANES-I erano legati alla valutazione della PD tramite l’utilizzo di misurazioni non ottimali che sembrava potessero associarsi ad una sottostima della severità della patologia orale. Inoltre, non vi erano misure che potessero far ipotizzare meccanismi causali e le misure parodontali erano state acquisite solo al basale, non consentendo quindi di valutare il possibile cambiamento nella severità della malattia nel corso del tempo. Una revisione sistematica di 31 studi osservazionali ha identificato un’associazione significativa e positiva tra PD e CVD, ictus o malattia vascolare periferica. Inoltre, una meta-analisi di studi osservazionali che valutavano la relazione tra PD e CHD/CVD totale ha riportato che i pazienti con parodontite avevano un rischio futuro complessivo di CHD 1,15 volte superiore a quello di individui altrimenti sani. Il RR calcolato per il futuro

CVD era di 1,17225. Questa associazione è stata sistematicamente rivista più volte

nel corso dell'ultimo decennio e recentemente, il gruppo di lavoro dell'American Heart Association ha concluso che la PD è associata al rischio di aterosclerosi indipendentemente dalla presenza di comuni fattori di confondimento e fattori di rischio cardiovascolare. Inoltre, un position paper del Joint EFP/AAP Workshop on Periodontitis and Systemic Diseases ha concluso che una solida evidenza epidemiologica supporta la parodontite come fattore che contribuisce ad aumentare il rischio di future malattie cardiovascolari226.

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1.6.3 Parodontite e diabete

Forti evidenze collegano il DM, alla prevalenza e gravità dell'infiammazione gengivale e alla PD, suggerendo il controllo glicemico come potenziale

determinante di questa associazione227228. L'adolescente affetto da diabete di Tipo

1 presenta un livello di infiammazione parodontale più elevato rispetto ai controlli con la stessa quantità di placca229230. Inoltre, è stato dimostrato come uno scarso

controllo glicemico sia associato alla gravità dell'infiammazione orale231 ,

mostrando una correlazione negativa tra il livello di glicemia e la gengivite232233.

pazienti con diabete di tipo 1 rispetto a 59 parenti senza diabete e 149 controlli non correlati sono stati sottoposti a screening per la PD. Il 13,6% dei pazienti con diabete ha avuto PD tra i 13 e i 18 anni con una prevalenza aumentata del 39% tra i 19 e i 32 anni. La prevalenza nei controlli senza diabete era inferiore al 3%. La stessa correlazione è stata riportata negli adulti con diabete di tipo 1 e i dati di uno studio longitudinale sulla gengivite sperimentale suggeriscono che, a parità di controllo della placca, gli adulti con diabete di tipo 1 sviluppano l'infiammazione gengivale più rapidamente e con una gravità superiore rispetto ai controlli234.

Il DM di tipo 2 è stato fortemente correlato al PD235. Studi osservazionali riportano una maggiore estensione e gravità della PD in pazienti affetti da T2DM

236237238

. Gli indiani Pima, una popolazione indigena americana dell'Arizona con la più alta prevalenza mondiale di T2DM, presentano condizioni di salute parodontale peggiori in pazienti con diabete in tutte le fasce di età. Inoltre, analizzando un campione di 2.273 pazienti, la PD è stata rilevata nel 60% degli

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indiani Pima con diabete, mentre la sua prevalenza era del 36% in assenza di diabete239. Ulteriori dati osservazionali provenienti da uno studio di coorte con follow-up a 2 anni hanno suggerito un rischio quadruplo di perdita ossea nei pazienti con T2DM rispetto ai controlli. L'insorgenza e la progressione della PD in pazienti con diabete è correlata al controllo metabolico. Complicanze diabetiche accertate come la retinopatia o la nefropatia vengono rilevate in soggetti scarsamente controllati240, tuttavia tali complicanze, anche se con una prevalenza inferiore, possono essere presenti in pazienti ben controllati. La PD è stata storicamente considerata la sesta complicanza del diabete241. L'analisi di 4343 partecipanti, di età compresa tra i 45 e i 90 anni, del National Health and Nutrition Examination Study III ha mostrato un rischio di PD 2,9 volte maggiore in diabete scarsamente controllato rispetto a individui senza diabete242. Allo stesso modo, il grado di salute parodontale è risultato inferiore nei pazienti con scarso controllo glicemico da una serie di studi osservazionali243244245. Gli indiani Pima con scarso controllo glicemico avevano un rischio 11 volte maggiore di progressione della perdita ossea rispetto al controllo senza diabete o diabete ben controllato.

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