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1. Introduzione

1.2 La malattia aterosclerotica

1.4.5 Risposte infiammatorie croniche

1.4.5.2 L'infiammazione cronica come legame comune tra invecchiamento, fragilità e

1.4.5.2.1 Prove epidemiologiche

Studi su una vasta popolazione hanno ripetutamente documentato un aumento dei livelli sierici di citochine pro-infiammatorie, come IL-6 (noto anche come "citochina gerontologo")101 e fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), di 2-

4 volte maggiore con età avanzata207102103104

La spiegazione più semplicistica di questo fenomeno risiede nel considerare questo aumento di citochine proinfiammatorie come un riflesso dell'aumentato rischio di malattie infiammatorie croniche negli anziani105106. Tuttavia, l'invecchiamento fisiologico (invecchiamento senza comorbilità) è anch’esso associato ad una bassa esposizione infiammatoria in vivo. Numerosi studi su anziani indicano che i livelli di diverse citochine (tra cui IL-6 e TNF-α) aumentano con l'età, anche in individui apparentemente sani e in assenza di infezione acuta o cronica 107108. Questi risultati sono confermati da studi che coinvolgono centenariani e persone fragili.

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I soggetti centenari sono esenti dalla maggior parte delle malattie infiammatorie legate all'età, nonostante i loro livelli di marcatori infiammatori circolanti siano superiori a quelli registrati nelle popolazioni più giovani. La fragilità è teoricamente definita come uno stato di maggiore vulnerabilità clinicamente riconoscibile, derivante dal declino della riserva biologica e delle funzioni fisiologiche associate all'età, tale da compromettere la capacità di far fronte a stress acuti quotidiani109110. Essa può essere considerata una sindrome dell'età avanzata in cui le comorbilità comuni registrate negli anziani non sono presenti, ma il loro rischio è significativamente aumentato. In assenza di un gold standard, la fragilità è stata definita operativamente da Fried et al. come rispondente a tre dei cinque criteri fenotipici che indicano una compromissione delle riserve energetiche: ridotta capacità di presa, ridotta tonicità, , ridotta tolleranza all’attività fisica e/o perdita involontaria di peso. In particolare, ciascuno di questi criteri fenotipici può essere parzialmente spiegato da un aumentata esposizione infiammatoria muscolare e sistemica. L'evidenza che i marcatori infiammatori circolanti, come IL-6 e la proteina C-reattiva (CRP), sono fortemente correlati alla severità della frailty syndrome rafforza ulteriormente la possibile relazione causale tra livelli di infiammazione sistemica e manifestazioni cliniche di fragilità111. Inoltre, recenti rapporti hanno documentato che non solo l'IL-6 e la CRP, ma anche altri ma meno specifici biomarcatori infiammatori, tra cui la conta totale dei leucociti e dei neutrofili e le concentrazioni di albumina, sono associati ad un rischio maggiore di fragilità.

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Sebbene l'associazione tra invecchiamento, rischio di malattie legate all'età e aumento dei livelli di marcatori infiammatori sia stata più volte descritta rimangono poco conosciuti i meccanismi biologici alla base di queste relazioni.

1.4.5.2.1.1 Possibili vie biologiche

1.4.5.2.1.1.1 Il ruolo centrale delle cellule infiammatorie

Il recente aumento dell'aspettativa di vita umana ha presentato nuove sfide al sistema infiammatorio, che si trova a far fronte all'esposizione cronica agli antigeni per periodi molto più lunghi rispetto al nostro passato evolutivo. Decenni di esposizione ad agenti dannosi si traduce in un progressivo processo di rimodellamento del corpo umano. Cambiamenti profondi nei microambienti del corpo attraverso cambiamenti nell'abbondanza proteica, nella composizione e nell'interazione dei micro/macroelementi sono comuni durante l'invecchiamento e rappresentano stimoli continui per il sistema infiammatorio che deve adattare le sue attività per stabilire nuovi punti stabili per una funzione corporea ottimale112. Questo continuo stress antigenico porta ad una progressiva senescenza del sistema immuno-infiammatorio, caratterizzato dall'accumulo di cellule immuno- infiammatorie invecchiate e attivate113114. Come risultato, si sviluppa uno stato di disfunzione infiammatoria, caratterizzata da infiammazione cronica di basso grado e ridotta capacità di risposta ad ulteriori stimoli immunogenici. Ciò contribuisce potenzialmente all'aumento del rischio di fragilità, morbilità e mortalità associata all'età osservato negli anziani. Il tentativo del sistema immuno-infiammatorio di fissare nuovi set point omeostatici per compensare i cambiamenti che si verificano

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nel tempo nel corpo umano porta ad un processo di immunosenescenza, che è in grado di spiegare l’aumento del livello di marcatori infiammatori circolanti220. L'accumulo di stress e malfunzionamento tissutale rappresentano gli induttori dell’immunosenescenza, con cellule del sistema immunitario innato, e in particolare i macrofagi residenti nei tessuti, i principali modulatori di questo processo115.

I macrofagi residenti costituiscono il 10-15% del numero totale di cellule nella maggior parte dei tessuti e la loro attività è cruciale per il mantenimento dell'omeostasi tissutale in condizioni basali. Le loro funzioni vanno oltre la difesa dell'ospite, in quanto adattano il loro livello di attivazione, la secrezione di citochine e l'attività fagocitica all'ambiente locale I segnali inviati ai macrofagi dal tessuto circostante in seguito a stress differiscono da quelli inviati in condizioni basali Ad esempio, l'accumulo di cellule morte o apoptotiche in tessuti invecchiati porta all'esposizione di nuovi antigeni derivati dalla modificazione o desequestrazione di proteine intracellulari, lipidi e acidi nucleici. Di conseguenza, i macrofagi producono quantità maggiori e/o gruppi diversi di citochine nel tentativo di supportare l'adattamento dei tessuti alle condizioni di stress e di ripristinare la funzionalità basale. Tuttavia, quando lo stress o il malfunzionamento sono estremi o si accumulano irreversibilmente nel tempo (ad esempio durante l'invecchiamento), è probabile che le capacità compensative fornite dai macrofagi locali siano insufficienti. I tessuti potrebbero "richiedere" il supporto da parte di ulteriori cellule infiammatorie, portando ad una risposta infiammatoria sistemica e alla possibile attivazione dell'immunità adattiva.Le

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risposte infiammatorie sistemiche evocate da disfunzioni tissutali dipendenti dall'età sono probabilmente di minore entità rispetto a quelle dovute a infezioni o lesioni tissutali e possono spiegare l'aumento fisiologico dei marcatori infiammatori osservati durante l'invecchiamento e durante malattie legate all'età come diabete, cancro e aterosclerosi.

1.4.5.2.1.1.2 Il ruolo centrale dello stress ossidativo

Il processo di immuno-senescenza e la conseguente (cronica) up- regolazione dei mediatori pro-infiammatori (es. TNF-alfa, CRP, IL-6) durante l'invecchiamento sono attualmente considerati principalmente indotti da uno squilibrio dello stato ossidoriduttivo legato all'età che attiva molte vie di

segnalazione pro-infiammatoria116. Il mantenimento di un preciso equilibrio

ossidoriduttivo è fondamentale per il funzionamento ottimale delle attività cellulari omeostatiche. Questo stato dipende principalmente dall'equilibrio tra specie reattive (RS), come gli anioni superossido ( -O2 -), radicali idrossili (-OH), ossido nitrico (NO), perossinitrite (ONOO-), e sistemi di difesa antiossidanti, come la superossido dismutasi (SOD), la catalasi, il glutatione (GSH) e la tioredoxina (Trx)117. Il GSH è il più abbondante tampone ossidoriduttivo dello spazio intracellulare 118. I mitocondri rappresentano, al contrario, la fonte primaria di fattori ossidativi in condizioni fisiologiche, in quanto la respirazione mitocondriale è normalmente associata alla produzione di elevate quantità di

sottoprodotti ossidativi119. Durante l'invecchiamento, i sistemi di difesa

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mentre la generazione di RS (soprattutto di origine mitocondriale) aumenta

progressivamente121. L'aumento della biodisponibilità della RS osservato durante

l'invecchiamento sembra essere responsabile degli incrementati livelli di infiammazione registrati nei soggetti anziani, sia per meccanismi diretti che indiretti.

1.4.5.2.1.1.2.1 Meccanismi indiretti di infiammazione indotta da RS

I meccanismi indiretti attraverso i quali i RS possono causare un aumento del carico infiammatorio risiede nella loro capacità di modificare la funzione delle tre principali classi di macromolecole cellulari (lipidi, acidi nucleici e proteine) (Figura 3)

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Figura3: Danno cellulare mediato ossidativo.

Ogni macromolecola intracellulare può essere danneggiata da una maggiore biodisponibilità di specie di radicali dell'ossigeno. Il danno ossidativo a: A) proteine -> porta alla perdita della loro attività catalitica, B) acidi nucleici -> porta all'attivazione della risposta al danno del DNA o alla modificazione dell'mRNA, causando l'arresto del ciclo cellulare e la senescenza o apoptosi cellulare, C) lipidi -> porta ad aumentare la permeabilità della membrana e alla perdita dell'omeostasi trans-membrana. Questi processi possono portare all'attivazione del sistema immunitario, sia perché cambiamenti strutturali rendono le macromolecole riconosciute come corpi estranei dal sistema immunitario, sia a causa della decompartimentazione e dell'esposizione di antigeni che normalmente vengono sequestrati all'interno delle cellule.

Ciò può portare ad un malfunzionamento dei tessuti e alla conseguente reorganizzazione della risposta infiammatoria mediata da diversi meccanismi:

1. RS possono reagire con gli acidi grassi della membrana cellulare e formare perossidi lipidici, con conseguente diminuzione permanente della fluidità ed elasticità della membrana e conseguente rottura cellulare122. Allo stesso modo, l’eccesso di radicali può reagire con aminoacidi proteici che portano alla loro ossidazione e alterazione conformazionale. Reazioni radicali proteiche possono compromettere in modo permanente la funzione di importanti proteine cellulari ed extracellulari, compresi gli enzimi e le proteine del tessuto connettivo. È stato stimato che le proteine ossidate nei vecchi ratti possono costituire il 30-50% del quantitativo totale di proteine intracellulari123. Il DNA è un'altra macromolecola altamente suscettibile agli attacchi dei radicali liberi. Un'interazione dei radicali

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dell'ossigeno con il DNA può portare a rottura di filamenti o mutazioni. Questo danno al DNA può essere un evento letale per un organismo, in quanto può causare un arresto irreversibile della replicazione cellulare. È stato stimato che, in media, più di 10.000 modificazioni ossidative si verificano ogni giorno nel DNA di una singola cellula umana124.

2. I cambiamenti strutturali indotti dal danno dei radicali liberi possono trasformare macromolecole inerti in potenti induttori infiammatori. Un esempio è la conversione delle lipoproteine inattive a bassa densità (LDL) nelle loro controparti ossidate altamente pro-infiammatorie (ox-LDL), un processo determinato dall'ossidazione dei componenti lipidici e proteici delle lipoproteine.

3. I cambiamenti funzionali indotti dai radicali liberi nelle membrane, nelle proteine e negli acidi nucleici portano a danni cellulari e tissutali progressivi, seguiti dalla desquestrazione degli antigeni endogeni. Ad esempio, l'aumento dell'esposizione allo stress ossidativo danneggia gravemente le cellule endoteliali che non solo diventano disfunzionali, ma anche perdono integrità, progrediscono fino alla senescenza e si staccano nella circolazione. Come discusso in precedenza, i siti di "disendotelizazione" rappresentano potenti attivatori del fattore Hageman, che interagisce con i componenti della matrice extracellulare e avvia la risposta infiammatoria stimolando l’attivazione dielle vie callicreina- chinina, coagulazione, fibrinolisi e complemento. Il danno ossidativo ai componenti intracellulari è stato suggerito non solo come fonte primaria di infiammazione durante l'invecchiamento, ma anche come la via più importante per spiegare il processo di invecchiamento stesso. La "Free Radical Theory of

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Aging" proposta negli anni '50 da Denham Harman125, postula che i radicali liberi dell'ossigeno, formatisi dai normali processi metabolici endogeni, giocano un ruolo centrale nel processo di invecchiamento a causa di un aumento del danno ossidativo alle macromolecole intracellulari con l'età, con conseguente progressiva perdita di processi cellulari funzionali e all'emergere di fenotipi di invecchiamento126. Questa teoria è stata da allora modificata nella "Teoria dello stress ossidativo dell'invecchiamento" perché specie di reattive dell’ossigeno come i perossidi e le aldeidi, che non sono strettamente radicaliche, possono giocare un ruolo fondamentale nel danno ossidativo alle cellule.

1.4.5.2.1.1.2.2 Meccanismi diretti di infiammazione indotta da RS

Negli ultimi anni, è diventato chiaro che una maggiore biodisponibilità dei RS può indurre risposte infiammatorie croniche attraverso meccanismi diretti. Diversi studi hanno dimostrato che gli effetti pro-infiammatori provocati dal danno ossidativo alle macromolecole cellulari, l'espressione genica di peptidi pro-

infiammatori come IL-1β, IL-6, TNF-α, cicloossigenasi-2 (COX-2),

lipoossigenasi (LOX) e ossido nitrico sintasi inducibile (iNOS) sono aumentati durante l'invecchiamento dal fattore di trascrizione redox-sensitive nuclear factor- κB (NF-κB). Allo stesso modo, le ricerche attuali suggeriscono un ruolo centrale per la RS di origine mitocondriale (mtRS) nel mediare l'aumento dei livelli infiammatori osservati negli anziani230. Mentre i mitocondri sono cruciali per le normali funzioni cellulari, la loro attività respiratoria è associata al rilascio di alti

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livelli di RS che, a loro volta, agiscono come molecole di segnalazione,

innescando direttamente la produzione di citochine pro-infiammatorie127128129.

Al fine di prevenire un eccessivo accumulo di mtRS, le cellule hanno sviluppato un complesso meccanismo, noto come mitofagia (più generalmente noto come " autofagia "), per controllare il numero di mitocondri all'interno di una cellula rimuovendo quelli che diventano disfunzionali e che producono un'elevata quantità di mtRS130. L’autofagia è un meccanismo citoprotettivo essenziale e consiste nella formazione di autofagosomi, vescicole a doppia membrana che sequestrano organelli, proteine o porzioni di citoplasma, che poi si fondono con i

lisosomi131. Di conseguenza, il contenuto sequestrato viene degradato dagli

enzimi lisosomiali e riciclato come fonte di energia237. L'autofagia può verificarsi

sia come fenomeno generale, ad esempio quando le cellule mancano di nutrienti e mobilitano le loro riserve energetiche, oppure può mirare specificamente a strutture cellulari distinte come i mitocondri danneggiati ("mitofagia")132

L'inibizione dell'autofagia provoca l'accumulo di mitocondri danneggiati nelle cellule umane, portando ad un aumento della quantità netta di mtRS e della

produzione di citochine pro-infiammatorie241. È interessante notare che l'autofagia

sembra diminuire con l'età, e l'espressione genica dei regolatori chiave nella via autofagica (cioè ATG5 e ATG7) è ridotta nei soggetti anziani133. Inoltre, le principali malattie umane legate all'età avanzata e caratterizzate da un maggiore carico infiammatorio (Parkinson e malattia di Alzheimer) sono state collegate a difetti nell'autofagia mitocondriale134135136. Questi dati supportano fortemente un possibile contributo di mtRS all'aumento del carico infiammatorio in funzione

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dell'età. È interessante notare che le condizioni che promuovono l'autofagia, come la restrizione calorica e l'esercizio fisico, ritardano la degenerazione associata all'invecchiamento137, suggerendo che l'autofagia esercita un ruolo importante anche nel controllo dell'evoluzione dell'invecchiamento. La stimolazione dell'autofagia può aumentare la durata della vita senza malattia in organismi multipli, compresi topi e primati138; mentre l'inattivazione sperimentale dei geni necessari per l'esecuzione dell'autofagia è letale139.

1.4.5.2.1.1.2.3 Possibile ruolo del mitocondrio nel controllo di pathways infiammatori

Il mitocondrio è l’organulo deputato alla produzione della maggior parte dell’ATP cellulare; grazie al processo di fosforilazione ossidativa, tramite la riduzione dell’ossigeno ad acqua viene prodotta l’energia necessaria per sostenere i processi cellulari. Durante questo processo ossidativo, viene normalmente prodotta una certa quantità di mtRS, che si accumula nel mitocondrio, potendo, rendere necessaria l’eliminazione dell’organulo in questione previa autofagia. Il processo che porta a autofagia a partire da accumulo di specie radicaliche mitocondriali è complesso e non del tutto compreso. Inoltre, il mitocondrio sarebbe anche in grado, attraverso vie di segnalazione che comprendono recettori dell’immunità innata (NLRP), di attivare un complesso molecolare definito inflammosoma, risulando nella produzione di IL1beta e attivando dunque la risposta infiammatoria. Diversi studi hanno sottolineato e cercato di definire tali correlazioni, che metterebbero il mitocondrio al centro di molteplici vie cellulari, non solo quelle mirate alla produzione di energia.

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Uno studio recente pubblicato da Zhou et al. ha esaminato il processo di

attivazione del complesso NLRP3-inflammosoma140.(Zhou R, Yazdi AS, Menu P,

A role for mithocondria in NLP3inflammosome activation. Nature, 2010), dimostrando come esso possa essere attivato dalla genesi di mtROS. Questo studio mette dunque in relazione la produzione di mtROS con l’attivazione dell’inflammosoma e del processo infiammatorio.

È risaputo che diversi tipi di stimoli possono attivare l’inflammosoma NLRP3, come cristalli di urato monosodico, ATP extracellulare, raggi UV, asbesto, fibre di beta-amiloide, un efflusso di ioni k+. Oltre a questi, però, la formazione di ROS sembra essere una frequente e normale risposta cellulare critica per l’attivazione di NLRP3, anche se il meccanismo con cui tale inflammosoma percepisce la loro presenza non è ancora chiara.

Studi precedenti hanno dimostrato che cellule macrofagiche mancanti di proteine autofagiche (ATG16L1 o ATG7) producono alti livelli di IL1beta , suggerendo

che l’autofagia possa regolare l’attivazione dell’inflammosoma. Tali risultati sono

compatibili con un altro studio, condotto da Nakahira et al. il quale ha dimostrato che l’autofagia limita l’attivazione di caspasi1 tramite l’eliminazione di mitocondri produttori di ROS141.

Se uniamo i risultati di questi studi, otteniamo un modello complesso nel quale mtROS agirebbe come uno dei trigger fondamentali nell’indurre la risposta infiammatoria, particolarmente quella legata all’età dovuta a deficit di mitofagocitosi.

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Inoltre, sottolineano come l’attività del mitocondrio nel regolare il metabolismo cellulare possa essere intimamente legata alla regolazione di processi infiammatori tramite la produzione di radicali libero dell’ossigeno. (figura 4)

Figura4: I mROS promuovono la formazione dell’inflammosoma NLRP3:

Il trattamento dei macrofagi con MSU, allume o nigericina porta alla produzione di ROS mitocondriale. In (1), questo innesca l'induzione della mitofagia e la formazione di un LC3+. autofagosoma per rimuovere i mitocondri danneggiati. In (2), l'induzione di ROS mitocondriale induce il reclutamento di NLRP3 a MAM. NLRP3 recluta ASC attraverso l'interazione PYD-PYD-PYD (mostrato in blu scuro), che poi recluta pro-caspase-1, attraverso le interazioni CARD-CARD (mostrato in giallo). Ciò comporta l'attivazione della caspasi-1 e la produzione di IL-1β.142

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L'infiammazione sistemica è coinvolta nella patogenesi di diverse condizioni acute e croniche. Inoltre, la sepsi, la risposta sistemica acuta alle infezioni, è responsabile di un gran numero di decessi in unità di terapia intensiva. Al fine di ottenere una migliore comprensione delle vie coinvolte nella risposta infiammatoria, sono stati introdotti modelli umani di infiammazione sistemica per studiare i meccanismi attraverso i quali l’infiammazione potesse favorire lo sviluppo di patologie acute e croniche143. Tali modelli consistono nell’iniezione endovenosa di lipopolisaccaride, l’infusione di citochine, il vaccino tifoide, l’esercizio fisico intenso e la parodontite con il suo trattamento.

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