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1. Introduzione

1.2 La malattia aterosclerotica

1.4.4 Risposte infiammatorie acute

1.4.4.1 meccanismi molecolari e cellulari coinvolti nelle risposte infiammatorie acute

I meccanismi cellulari e molecolari coinvolti nell’infiammazione acuta sono altamente dipendenti dalla natura degli induttori infiammatori.

1.4.4.1.1 Induttori microbici

Gli induttori microbici sono solitamente riconosciuti dalla presenza di pathogen-

associated molecular patterns (PAMPs), un ampio gruppo di molecole dalla

struttura altamente conservata espressi sulla superficie dei patogeni (sia

patogenetici che commensali) ma estranei ai mammiferi59. Esempi di PAMPs

includono il lipopolisaccaride (LPS), fosfatidilserina di superficie, così come forme modificate di classici fattori di rischio aterosclerotici, che includono LDL modificate da processi di ossidazione o glicosilazione. Tali molecole sono

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identificate da vari recettori del sistema immunitario innato, come scavenger o toll-like receptors (TLRs), espressi sui macrofagi stanziali tissutali, neutrofili e mastociti60.

Il legame di recettori scavenger può condurre a endocitosi e degradazione

lisosomiale dei ligandi6162, mentre il legame di TLRs può condurre alla

produzione di diversi mediatori infiammatori, incluso chemochine, citochine, amine vasoattive, eicosanoidi e prodotti della cascata proteolitca 636465. I mediatori amplificano la risposta infiammatoria e scatenano la produzione di un essudato infiammatorio locale. Le proteine plasmatiche e i neutrofili (soprattutto neutrofili) normalmente relegati nei vasi sanguigni guadagnano accesso ai tessuti extravascolari nel sito di infezione.

L’endotelio attivato dei vasi sanguigni nel sito di infiammazione induce l’espressione di selectine e integrine di superficie le quali interagiscono con ligandi complementari sulla membrana leucocitaria, permettendo la diapedesi selettiva di neutrofili e prevenendo quella degli eritrociti66. Raggiunto il sito affetto, i neutrofili si attivano, o per diretto contatto i patogeni o attraverso l’azione delle citochine secrete dalle cellule tissutali. I neutrofili attivati rilasciano il contenuto tossico dei loro granuli incluse le specie reattive dell’ossigeno (ROS) e le specie reattive dell’azoto (RNO), proteasi 3, catepsina G ed elastasi, nel

tentativo di rimuovere lo stimolo infiammatorio67.Dal momento che questi potenti

effettori non discriminano tra bersagli microbici e tessuti dell’ospite, un danno collaterale ai tessuti dell’ospite è inevitabile.

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Anche se questa sequenza di eventi caratterizza la maggior parte dei processi infiammatori acuti evocati dagli induttori microbici, virus, batteri o parassiti possono attivare diversi sensori , mediatori e tessuti bersaglio, in modo da evocare la risposta infiammatoria più appropriata per contrastare il patogeno responsabile dell’aggressione. Ad esempio, un’infezione virale induce la produzione di interferone di tipo I (IFN-α, IFN-β) dalle cellule infette e l’attivazione di linfociti citotossici68

, mentre infezioni da parassiti portano alla produzione di istamina, IL-4, IL-5, e IL-13 da parte dei mastociti e basofili69.

1.4.4.1.2 Induttori non microbici

La prima classe di induttori non microbici include allergeni, irritanti, corpi estranei e composti tossici. Gli allergeni possono esser riconosciuti in quanto mimano l’attività lesiva di parassiti, mentre gli irritanti disturbano l’omeostasi e attivano le cellule sulla superficie epiteliale. In entrambi i casi, la risposta infiammatoria coinvolge l’attivazione di mastociti e basofili in quanto, similmente a quello che succede con i parassiti, la difesa contro allergeni e irritanti ambientali

dipende dall’espulsione e clearance mediata dall’epitelio mucosale70

. Al contrario, la risposta infiammatoria evocata da corpi estranei è dominata dall’attività fagocitica dei macrofagi71.

Molecole intra ed extra cellulari, che normalmente, nei tessuti intatti, sono sequestrate in compartimenti non immunogenici, possono esser rilasciate dopo danno acuto tissutale o cellulare, rappresentando la seconda classe di induttori non microbici. Durante la morte cellulare per necrosi, ad esempio, viene persa

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l’integrità della membrana plasmatica, risultando nel rilascio di alcuni costituenti cellulari, incluso ATP, HMGB1 (high-mobility group box 1 protein) e diversi membri della famiglia di proteine leganti il calcio S100 (S100A8, S100A9 e

S100A12)7273. L’ATP lega i recettori per le purine sulla superficie dei macrofagi

tissutali e può cooperare con altri segnali per attivare l’inflammosoma NAPL374.

Allo stesso modo, KMGB1 e S100A12 ingaggiano il recettore RAGE (recettori specifici per advanced glication end-product) il quale, almeno nel caso KMGB1, si associa con i TLRs per indurre la risposta infiammatoria7576.

Similmente i danni tissutali possono causare alterazioni delle cellule epiteliali, le quali normalmente separano i compartimenti interni ed esterni nei vari organi e tessuti. Questo può causare” decompartimentalizzazione” ed esporre antigeni endogeni ai recettori TLR espressi sui macrofagi residenti sulla lamina propria , risultando nell’induzione di una risposta infiammatoria locale. Ad esempio il danno all’endotelio vascolare permette alle proteine plasmatiche e piastrine di migrare nello spazio extravascolare. Un regolatore chiave dell’infiammazione derivato dal plasma, il fattore di Hageman (anche conosciuto come fattore XII) si attiva dal contatto con il collagene e altre componenti della matrice extracellulare. Il fattore di Hageman attivato agisce come un sensore di danno vascolare e inizia le quattro cascate proteolitiche che generano i mediatori infiammatori: la cascata callicreina–chinina, la cascata coagulativa, la cascata

fibrinolitica e la cascata del complemento133. Le piastrine sono attivate anche dal

contatto col collagene e producono vari mediatori infiammatori, inclusi trombossani e serotonina133.

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1.4.4.2 Risoluzione del processo infiammatorio: via per l’infiammazione cronica

Generalmente, le risposte infiammatorie evocate dal danno tissutale e cellulare, sortiscono effetti benefici in quanto promuovono la riparazione tissutale e aiutano a prevenire la colonizzazione dei tessuti danneggiati da parte di patogeni opportunisti. La loro evoluzione temporale è ristretta al tempo necessario per eliminare l’insulto scatenante e riparare il danno locale. Da qui, per avere una effettiva riparazione, non solo è necessario rimuovere le cellule e molecole pro- infiammatorie, ma anche ristorare, per quanto possibile, la normale architettura e funzione del tessuto. Anche se i meccanismi coinvolti nella cessazione della risposta infiammatoria sono normalmente considerati come un semplice processo che segue l’eliminazione di patogeni locali, evidenze recenti hanno dimostrato che si tratta di un processo molto più complesso che coinvolge un numero di vie altamente regolate77. L’interruzione dell’esposizione al fattore pro-infiammatorio è un prerequisito che anticipa la rimozione dei granulociti infiltranti. Durante la risoluzione spontanea, i neutrofili vanno incontro ad apoptosi, un meccanismo di morte cellulare altamente regolato che previene il rilascio di contenuto istotossico78. Le alterazioni in markers di superficie dei neutrofili e i cambiamenti morfologici durante l’apoptosi favoriscono il riconoscimento di queste cellule da parte dei fagociti, che mediano l’effettiva eliminazione delle cellule morenti79. Una volta che l’ambiente pro-infiammatorio è stato rimosso, le priorità diventano la riparazione tissutale e il recupero dell’omeostasi. Una riparazione tissutale di successo richiede la restituzione coordinata di diversi tipi cellulari e strutture, non

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solo cellule epiteliali e mesenchimali, ma anche matrice extravascolare e vascolare. Le chemochine sono critiche per il rimodellamento vascolare dopo

l’infiammazione80

. Senza una adeguata restitutio della parete vascolare, una alterata ossigenazione dei tessuti può impedire il normale processo di riparazione, risultando in atrofia o fibrosi. L’atrofia è spesso accompagnata dall’espansione di elementi dello spazio extra-cellulare, in particolare il collagene, risultando in fibrosi e deposito di tessuto connettivo in eccesso.

Stimoli infiammatori persistenti o una disregolazione nei meccanismi della fase di risoluzione possono risultare in infiammazione cronica168, riconosciuta come un fattore chiave sottostante a molteplici patologie, inclusa l’aterosclerosi8182, l’artrite83

e le malattie neurodegenerative croniche, come la malattia di Alzheimer84.

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