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Lo assumiamo, perciò, come una sorta di Mittelbegriff e, di seguito, ne citiamo “trasversali” ricorrenze individuate nelle opere di Bachelard 251

G. Bachelard, Saggio sulla conoscenza approssimata [1928]252:

(intendiamo sempre l’induzione che scopre, non quella che insegna a giochi fatti).

[…] Un giudizio che nega è immediatamente completo. Il concetto positivo apre invece un questionario riguardo al suo contenuto e alle grandezze implicate. L’induzione per infirmazione sembrerà perciò più decisiva e più pura dell’’induzione per conferma. «La conferma di una legge apportata da un caso favorevole – scrive Jean Nicod – o l’infirmazione provocata da un caso contrario non hanno lo stesso valore. Un caso favorevole incrementa più o meno la verosimiglianza della legge, mentre un caso contrario l’annienta completamente. La conferma è solo favorevole, mentre la falsificazione è fatale […]. L’azione corroborante esercitata da un caso favorevole appare quindi come avvolta da una certa nebulosità, mentre l’azione contraria appare tanto limpida e intelligibile quanto fatale» […].

È così che in ogni modo, appena si lavora sulla realtà, l’induzione corre un rischio, quale che sia la sua forma. In certi casi favorevoli, essa può ancora fornirci una previsione certa, ma quando viene applicata può procurarci comunque soltanto

una conoscenza approssimata.

Questa potenza [dell’ammirevole strumento analitico costituito dal metodo delle approssimazioni successive] si spiega secondo noi per gli stretti rapporti fra approssimazioni indefinite e il principio di induzione completa che Poincaré ha riconosciuto essere alla base dei ragionamenti matematici. Lo sviluppo dei due metodi segue in effetti le stesse fasi. Per prima cosa si lancia l’operazione e la si abbozza. In una seconda ricerca si mostra che tale operazione è nuovamente possibile, e siccome ci si era fermati a un termine indeterminato, se ne conclude che l’approssimazione è indefinitamente possibile. L’iterazione è sempre seguita da una reiterazione. Ma questa ricorrenza è proprio un’induzione: essa

di campo) definisce le entità come relazioni che non preesistono alla relazione, ma che si producono nella relazione stessa” (ivi, pp.226; 212-213; 214-215).

251

Il grassetto nelle citazioni a seguire è ns.

252

G. Bachelard, Saggio sulla conoscenza approssimata [1928], cit., pp.145; 149; 216.

Come scrive Palombi: “Il Saggio sulla conoscenza approssimata esamina anche la differenza tra l’accezione matematica e quella fisica del termine ‘induzione’ ragionando sulla funzione della «iterazione» e della «reiterazione»”. [Nel brano citato], l’aggettivo «completa» precisa il valore di un’induzione matematica che «acquisisce la certezza che su questa strada non troverebbe ormai più nessuna novità». Questo peculiare significato della parola ‘induzione’può essere chiarito richiamando ancora quella genealogia intellettuale che attraverso Brunschvicg risale a Poincaré. Il primo, avendo ben presente la problematicità del concetto, si premura di definire «completa» l’induzione matematica proprio per differenziarla dalle sue accezioni fisica e filosofica. Una distinzione, già proposta dal secondo, che la chiama «dimostrazione per ricorrenza» e l’associa a una «proprietà dello spirito» in grado di «concepire la reiterazione indefinita di un medesimo atto». A questo proposito possiamo comprendere perché la «rottura con il passato delle conoscenze» propugnata da Bachelard sia stata definita come un «atto di audacia induttiva della ragione scientifica». Infatti, il nostro autore sostiene che «quando si vorrà misurare il valore epistemologico di un’idea fondamentale bisognerà volgersi dalla parte dell’induzione e della sintesi»” (F. Palombi, Elogio dell’astrazione. Bachelard e la filosofia della matematica, Milano - Udine 2017, p.34 ). L’induzione è oggetto di trattazione dell’intero Cap.VIII L’induzione, la correlazione e la probabilità in relazione con la conoscenza

approssimata dell’Essai (pp.141-163). E ancora: “[…] L’interpolazione lineare è allora lo stato elementare dell’induzione.

Nella sua generalità, il ragionamento induttivo deve sempre passare dal simile all’identico […]. Dobbiamo […] determinare […] che genere di certezza possa esserci data dall’induzione nel momento della sua applicazione. […] Anche così delimitato, però, il nostro oggetto va incontro a un problema preliminare: ci si può chiedere infatti se l’applicazione di quel principio non faccia corpo col principio stesso. Quindi: se l’induzione è un principio sperimentale, come riusciamo a liberarlo da ogni riferimento all’esperienza? Il senso delle osservazioni con cui Lalande ha arricchito il dibattito, molto innovative nella loro profonda ispirazione, ci impegna senza esitazione a isolare il principio dalla sua applicazione. In effetti, il principio non è una sintesi dell’esperienza, ma una sua conditio sine qua non. Bisogna scegliere, senza mezzi termini, fra la validità assoluta dell’induzione e lo scetticismo totale. Lo stesso probabilismo implica la validità assoluta del ragionamento induttivo, perché implica una fluttuazione dei termini, ma non del legame fra i termini stessi. Spesso si crede che per la conoscenza l’induzione sia un principio di acquisizione. In realtà, essa non solo ha un certo valore acquisitivo, ma ne ha anche uno per conservare. La concettualizzazione e l’induzione rappresentano la stessa operazione. Se non mi garantite che il piombo fonderà domani come oggi alla temperatura di 3350, non mi permettete oggi di poter costruire il concetto di piombo. La credenza nella validità del ragionamento induttivo è necessaria già per credere all’identità degli oggetti. Vi è una transizione insensibile fra i tre giudizi ‘A è A’, ‘A resta A’ e ‘A deve restare A’. E questo vale senza fare ricorso all’esperienza. È legalmente, ossia per le necessità del pensiero stesso, che vi è un legame fra il principio d’identità e il

principio d’induzione […]. Qual è l’approssimazione che realizziamo quando applichiamo il principio d’induzione alla

Realtà? Possiamo conservare la sua certezza originaria o cadiamo inevitabilmente nella probabilità?

[…] Un principio d’esattezza è stato conquistato per il solo fatto di aver tenuto conto sia sperimentalmente che razionalmente dell’inesattezza dei dati. Insomma, il ragionamento induttivo viene adattato al reale” (ivi, pp.129; 141; 142; 148).

generalizza un’operazione che si sa fare, che si fa una volta, che si fa n volte. Si riconosce che quest’induzione è completa perché si prova che le condizioni d’applicazione delle regole operative non sono cambiate. In tale prova sta tutta la forza

dell’induzione matematica, come la debolezza dell’induzione fisica sta nell’impossibilità di provare l’invarianza delle

condizioni del fenomeno.

G. Bachelard, Étude sur l’évolution d’un problème de physique: la propagation thermique dans les solides [1928]253 :

[…] Prendendo come punto di partenza [base d’élan] una formula mutilata, come potrebbe l’induzione suggerirci l’introduzione del termine omesso e guidarci nella sua costruzione? A pensarci bene, è strano che, partendo dal risultato finale di un calcolo che riassume solo un caso particolare, ci si riconosca il diritto di riconquistare la generalità che non si era accettata nell’ipotesi. Sembra che manchi così una regola essenziale che vieta nella conclusione di andare oltre il grado di generalità che si è iscritto nelle premesse. Finché si resta nel puro calcolo, si è nel campo della deduzione, quindi si devono osservare le regole e, di conseguenza, ci si deve vietare di modificare le premesse ricevute. Certo, la fisica matematica comporta, come ogni dottrina matematica, degli arricchimenti successivi che apportano gli elementi necessari al ragionamento costruttivo nel senso in cui l’intende Goblot.

G. Bachelard, Le pluralisme cohérent de la chimie moderne [1932]254 :

[…] Le sostanze chimiche appaiono allora come esempi di leggi piuttosto che come esempi di cose. Lo studio di una particolare sostanza si limiterà pertanto alle ragioni di un’induzione molto speciale, audace tra tutte, poiché questa induzione è un’estrapolazione sistematica delle qualità sostanziali.

[…] Si cerca di trovare le coordinazioni fenomeniche dei fenomeni e si finisce per rendersi conto che queste coordinazioni si eliminano estendendosi, si arricchiscono generalizzandosi, diventano più rigorose diventando più induttive, in breve, l’irrazionalità regredisce nella proporzione in cui aumenta l’estensione della nostra esperienza.

[…] Da ogni parte si vedeva dunque l’esperienza rifiutare l’analisi. Sembrava che ci fosse posto solo per una scienza descrittiva. Non si presentava una chiara induzione per passare da un corpo all’altro e per fondare una legge generale che collegasse, in una stessa teoria, i fenomeni della dispersione.

[…] Ci sembra in primo luogo che si potrebbe, per certi versi, considerare il ragionamento sperimentale, che si conferma per mezzo di un’armonia, come un’estensione del ragionamento induttivo. Si tratta infatti di un’induzione che attraversa le classi, che postula da una qualità ad un’altra qualità, che confida in un’omografia delle sostanze. Diversi elementi, integrati in una serie, ricevono da questa serie il riflesso di un’unità ideale. Come giustamente afferma Lalande, proprio a proposito della classificazione di Mendeleeff «la serialità può essere considerata come un caso particolare della continuità». Sembra infatti che la continuità di un ordine trascenda la discontinuità dei fatti, al punto che si potrebbe parlare della continuità di un discontinuo ben ordinato. Qui, come in matematica, la legge della serie prevale sulla struttura degli elementi, o almeno si considera dalla struttura degli elementi solo ciò che illumina la costruzione di una legge generale che facilita le induzioni più

audaci. Si può dire veramente che il pensiero induttivo passa dal fenomeno al noumeno; in altre parole, si ha l’impressione di aver trovato la ragione dell’induzione. Ne risulta, come abbiamo dimostrato, una sorprendente mobilità

del valore esemplare: si dispone di tanti esempi, che qualsiasi esempio ha un valore generale. Pertanto, l’esempio non è più un semplice richiamo, ma una spiegazione. Così, un corpo di chimica organica spesso non avrà altro interesse che dare l’esempio di una funzione. Realizza per un istante una teoria. Illustra un’armonia.

Il valore induttivo di un pensiero armonico è peraltro molto flessibile; esso si traduce nei gradi differenti della necessità. Si potrebbe infatti ravvicinare la ricerca di un pensiero armonico ad un principio di costruzione sufficiente.

[…] Quando si considera questa messa in ordine, sia attiva, sia naturale, si ha l’impressione di percorrere una totalità ben definita, un sistema di sostanze ben completo, ovviamente chiuso su se stesso. Così come è stata definita un’induzione

completa, si potrebbe parlare qui di una costruzione completa. Un pluralismo a 2, 3, 4, 5 o 7 termini potrebbe senza

dubbio coordinarsi in un pitagorismo tutto in deduzioni, mentre un pluralismo a 92 termini può costituirsi in sistema solo con un pensiero costruttivo. Questa costruzione deve dare prova del suo completamento […]. Liebig non aveva paura di modificare la legge positivista dei tre stati per iscrivere come ideale scientifico quello che si potrebbe chiamare lo stato matematico. «Le scienze induttive, diceva, iniziano con la materia; poi arrivano le idee giuste, e infine, la matematica... che completano l’opera. » Si tratta infatti, con la matematica, di sostituire le idee giuste con le idee feconde, di sostituire alle idee che riassumono, le idee che inventano. È con la matematica che si può veramente esplorare il reale fino al fondo delle sue sostanze e in tutta la sua diversità. Nella scienza contemporanea si delinea il panorama matematico della materia.

253

G. Bachelard, Étude sur l’évolution d’un problème de physique: la propagation thermique dans les solides [1928], Vrin, Paris, 19732, p.87. E ancora: «[…] Di solito si crede sempre di fondare il problema differenziale completo su un esperimento più o meno rettificato; qui si tratta piuttosto, per raggiungere la posizione differenziale definitiva del fenomeno, di procedere ad un’induzione interamente teorica, di ordine in qualche modo algebrico. Lamé si esprime così: «All’inizio, all’epoca dei tentativi e delle prove, la parte differenziale, basandosi su una o più leggi, preconcette, cede rapidamente il posto alla parte integrale, per ottenere, con le integrazioni più semplici, dei numeri il cui confronto con i risultati forniti dall’esperimento, o dall’osservazione, permette di pronunciarsi sul valore dell’idea primitiva. Dopo un numero sufficiente di prove simili, le equazioni alle differenze parziali, successivamente modificate, indicano una forma definitiva verso la quale convergono. Contemporaneamente, i processi della loro integrazione si sono estesi e generalizzati in modo da indicare anche una convergenza verso un andamento uniforme». Questa doppia convergenza è quindi la base di una doppia induzione che spinge la teoria e che ci consente infine di stabilire l’andamento differenziale del problema preso nella sua massima generalità” (ivi, p.108).

254

G. Bachelard, Le pluralisme cohérent de la chimie moderne [1932], Vrin, Paris 19732, pp.23; 26; 199-200; 227-228; 230- 231.

G. Bachelard, Les intuitions atomistiques. Essai de classification [1933]255:

Ma come limitare l’esperienza ad un semplice ruolo di occasionalismo metafisico? Fatalmente le intuizioni sensibili dovevano propagare la loro influenza passo dopo passo nell’intera filosofia della materia. Un viale induttivo [avenue inductive] continuava la via stretta della deduzione logica.

G. Bachelard, Il nuovo spirito scientifico [1934]256:

La geometria non-euclidea non è fatta per contraddire la geometria di Euclide; ma costituisce piuttosto una specie di fattore aggiunto che permette la totalizzazione, il completamento del pensiero geometrico, l’assorbimento in una pangeometria […]. In tutto il corso della nostra ricerca, troveremo gli stessi caratteri di estensione, di inferenza, di induzione, di generalizzazione, di complemento, di sintesi, di totalità. Altrettanti sostituti dell’idea di novità. Questa novità è profonda, poiché non si tratta della novità di una scoperta, ma della novità di un metodo […].

Non esiste quindi transizione fra il sistema di Newton e quello di Einstein. Non è possibile passare dal primo al secondo, accumulando cognizioni, raddoppiando l’accuratezza delle misure, rettificando leggermente certi princìpi. Occorre invece uno sforzo di novità totale. Procedendo dal pensiero classico al pensiero relativista si segue perciò un’induzione

trascendente, non un’induzione amplificante. Naturalmente, dopo questa induzione si può, per riduzione, ottenere la

scienza newtoniana. L’astronomia di Newton è pertanto, in ultima analisi, un caso particolare della panastronomia di Einstein, come la geometria di Euclide è un caso particolare della geometria di Lobatchewsky […].

Quando si vorrà misurare il valore epistemologico di un’idea fondamentale, sarà bene volgersi sempre dal lato dell’induzione e della sintesi. Si vedrà allora l’importanza del movimento dialettico, che fa trovare variazioni sotto l’identico e illumina veramente il pensiero primitivo completandolo […].

[B]enché sia vero che storicamente lo spettro dell’ idrogeno è stato la prima guida della spettroscopia, è pur vero che esso è ormai ben lontano dal fornire la migliore base di lancio per l’induzione. In verità, s’induce la teoria degli spettri alcalini procedendo dallo spettro dell’idrogeno. I fenomeni dell’idrogeno dovrebbero dunque essere indotti, poi, fondandosi sui fenomeni alcalini . Ma si continua a fare induzioni, s’induce sempre, e si finisce con lo scoprire una nuova struttura nei fenomeni iniziali , o per meglio dire, si arriva a produrre la nuova struttura con potenti mezzi artificiali.

G. Bachelard, L’esperienza dello spazio nella fisica contemporanea [1937]257:

In particolare, una "rivoluzione copernicana" dell’astrazione deve essere tentata. In quanto lo spirito non trae più l’astratto dal concreto, in quanto lo spirito è, al contrario, abilitato a formare direttamente l’astratto, esso è del tutto naturalmente portato a proporre questo astratto razionale all’esperienza, in breve, a produrre l’esperienza su nuovi temi astratti. Questa produzione supera, singolarmente, in portata l’induzione più o meno amplificante. Essa rovescia davvero l’asse della conoscenza empirica. Porta a sostituire alla fenomenologia unicamente descrittiva una fenomenotecnica che deve ricostituire di tutto punto i suoi fenomeni sul piano ritrovato dallo spirito scacciando i disturbi, le perturbazioni, i miscugli, le impurità, che abbondano nei fenomeni bruti e disordinati.

G. Bachelard, La formazione dello spirito scientifico [1938]258:

L’utilità fornisce a sua volta un genere d’induzione molto speciale che si potrebbe chiamare l’[induzione]* utilitaria e conduce a delle generalizzazioni esagerate. Si possono prendere allora le mosse da un fatto verificato, e lo si può persino estendere in maniera felice, ma la spinta utilitaria porterà quasi infallibilmente troppo lontano. Ogni forma di pragmatismo, per il solo fatto di essere un pensiero mutilato, è portata fatalmente a esagerare. L’uomo non è capace di limitare l’utile. E per sua natura l’utile si capitalizza in modo smisurato. Ecco ora un esempio in cui l’induzione utilitaristica viene fatta giocare in modo infelice […]. Basta ricoprire di vernice una crisalide perché il suo sviluppo ne venga rallentato o bloccato. Con un’[induzione]* ardita, Réaumur pensa che anche le uova siano una «specie di crisalide». Propone quindi di guarnire le uova che si vogliono conservare con sego o con vernice. Ai giorni nostri, ovviamente, tutte le massaie impiegano questo procedimento fondato su una dubbia generalizzazione. Ma l’[induzione]* utilitaristica si fermerà a questo punto? Si limiterà a questi primi successi? […].

Una volta che a una sostanza viene attribuita una potenza segreta, si può esser certi che l’[induzione]* valorizzante non avrà più limiti 259.

255 G. Bachelard, Les intuitions atomistiques. Essai de classification [1933]255, Boivin, Paris 1933; (réédité chez Vrin, Paris,

19752), pp.44.

256 G. Bachelard, Il nuovo spirito scientifico [1934], a cura di A.Alison, cit., pp.37; 61-62;130;136. 257

G. Bachelard, L’esperienza dello spazio nella fisica contemporanea [1937], a c.di M.R.Abramo, A.Siciliano, Messina 2002, p.81.

258

G. Bachelard, La formazione dello spirito scientifico, cit., p.148.

259

L’asterisco (“*”) per indicare che poiché nella traduzione italiana c’è scritto «intuizione» laddove nel testo francese si legge «induzione» (G. Bachelard, La formazione dello spirito scientifico. Contributo a una psicoanalisi della conoscenza oggettiva, cit., pp.107-108; 143), si fa riferimento (quanto ai termini contrassegnati da asterisco*) alla versione francese G.Bachelard, La formation de l’esprit scientifique: contribution à une psychanalyse de la connaissance objective [1938], Vrin, Paris 198613 : “L’utilité donne elle-même une sorte d’induction très spéciale qu’on pourrait appeler l’induction

utilitaire. Elle conduit à des généralisations exagérées. On peut partir alors d’un fait avéré, on peut même en trouver une extension heureuse. Mais la poussée utilitaire conduira presque infailliblement trop loin. Tout pragmatisme, par le seul fait qu’il est une pensée mutilée, s’exagère fatalement. L’homme ne sait pas limiter l’utile. L’utile, par sa valorisation, se capitalise sans mesure. Voici un exemple où l’induction utilitaire joue malheureusement […]. Il suffit de recouvrir une chrysalide de vernis pour que le développement en soit ralenti ou arrêté. Or les oeufs, pense Réaumur par une induction hardie, sont des «espèces de chrysalides». Il propose donc de garnir de suif ou de vernis les oeufs à conserver. Toutes les

[L]’induzione sostanzialista ha preceduto e non seguito gli esperimenti particolari. Tale induzione è infatti fondata sulla spiegazione assolutamente sostanziale dei succhi che possono «portare la loro freschezza nel sangue».

G. Bachelard, La psicoanalisi del fuoco [1938]260:

In verità il fuoco fu scoperto in noi prima di essere strappato dal Cielo […]. È l’esperienza del fuoco d’amore il fondamento dell’induzione oggettiva.

G. Bachelard, Lautréamont [1939]261:

ménagères emploient de nos jours ce bon procédé fondé sur une généralisation douteuse. Mais l’induction utilitaire va-t-elle s’arrêter là ? va-t-elle se borner à ce premier succès? […]. Une fois qu’on attribue une puissance secrète à une substance, on peut être sûr que l’induction valorisante ne connaîtra plus de bornes” (ivi, pp.91-92; 121).

260

G. Bachelard, La psychanalyse du feu [1938], Gallimard, Paris 1949 [già in “Nouvelle Revue Française”, 26, Paris 1938]; tr. di G. Silvestri, L’intuizione dell’istante/La psicoanalisi del fuoco, Dedalo, Bari 19934, pp.123-236; 156; 157.

Scrive Bachelard qui riferendosi a La formazione dello spirito scientifico: “La pedagogia dello spirito scientifico trarrebbe vantaggio se rendesse esplicite le seduzioni che falsano le induzioni”(ivi, p.129). Parla, inoltre, di «autoinduzione [self- induction]» (ivi, p.152).

261

G. Bachelard, Lautréamont [1939], tr.di F. Fimiani, Jaca Book, Milano 2009, pp.71;70. Come scrive Bachelard, “all’inizio dell’era relativista, per provare la solidità delle nuove dottrine, parlando dei cinquanta matematici riuniti intorno a Einstein, Painlevé diceva agli inesperti: «Guardate, si vede che si capiscono». Bisogna dire lo stesso a quelli che si spaventano delle libertà dei surrealisti: «Guardate, si vede che capiscono Lautréamont»” (ivi, p.65).

“Siamo di fronte a una «poesia proiettiva»” – rileva Renato Boccali – “che può essere compresa solo se paragonata alla geometria proiettiva […]. La poesia proiettiva di Lautréamont induce allora nel lettore «un ritmo nervoso, ben differente dal ritmo linguistico. Bisogna leggerli [I canti di Maldoror] come una lezione di vita nervosa, come una lezione di voler-vivere originale» […] che permette di fondare l’atto di trasgressione e il capovolgimento radicale della morale […], con una trasvalutazione di tutti i valori […]. La morale ha origine nel fisico, nella carne e nel sangue […]. Per lo stesso principio anche le immagini prendono vita dal corpo; è da qui che si genera la dinamogenia primitiva che crea schemi di movimento tradotti in immagini motrici. Non si tratta di immagini visuali, inerti e mimetiche rispetto alla realtà, ma di immagini corporee e cinetiche, in cui è attiva la forza biologica, l’eccitazione muscolare che permette loro di trasformarsi in azioni […]. Le forme animali non sono allora riprodotte ma direttamente prodotte. «Sono indotte dalle azioni. Un’azione crea la sua forma

[…]. È dal di dentro che l’animalità è colta nel suo gesto atroce, irrettificabile, scaturito da una volontà pura». Nello sviluppo