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Questo movimento – per usare una espressione di Gabriele Lenti – è la “danza delle rêverie” 240

Consiste nel giocare insieme al paziente uno scambio di rêverie […]; queste […] sono l’effetto di un libero e strutturante scambio inconscio che solamente in una fase avanzata del gioco sfocia in una interpretazione psicoanalitica […]. L’originalità della tecnica consiste in una associazione libera e fluttuante dei rispettivi inconsci, lasciati vagare in una dinamica, una danza di immagini co-costruite attivate dal pensiero onirico della veglia senza che ci sia preoccupazione né da parte dell’analista, né da parte dell’analizzando di individuare alcun significato latente anche se questo sarebbe possibile ad ogni passo del gioco complesso. Si tratta di «perdersi nell’ambiente» del paziente […] in modo che solamente dal gioco inconsapevole possa emergere un «inconscio relazionale» appartenente a entrambi

“Rue Descartes”, Collège international de Philosophie, 2016/2, n. 89-90, pp. 21-36 (url: https://www.cairn.info/revue-rue- descartes-2016-2-page-21.htm).

238

D.R. Hofstadter, Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante [1979], a cura di G. Trautteur, Adelphi, Milano 19943, p.165(cfr. in particolare Ricorsività e imprevedibilità, pp.164-165).

239

T.H. Ogden, Rêverie e interpretazione [1997], tr. di G. Baldaccini-L. Riommi Baldaccini, Astrolabio, Roma 1999, pp.7; 8;11[il grass. è ns.].

240

G. Lenti, La danza delle rêverie. Una nuova tecnica terapeutica nata dall’incontro tra complessità e psicoanalisi, in Id., Nuove proposte applicative nella Psicoanalisi e nella teoria della Complessità, Alpes Italia srl, Roma 2015, pp.77-82.

(contenuto transpersonale o di campo) ma che all’analista interessa soprattutto e, in ultimo, nella misura in cui consente l’individuazione di un significato del paziente da restituire a quest’ultimo tramite una interpretazione che renda consapevole il contenuto latente «danzato».

Il gioco genera ed è generato (ricorsione) da uno spaesamento che sospende memoria, desideri e comprensione […].

La danza comporta la creatività consapevole; questa prerogativa attiva il gioco inconscio il quale non è affatto creativo […], ma necessita di essere messo in condizione di massima generatività […]. La danza delle rêverie promuove la non-linearità delle trasformazioni analitiche […].

«Ciò che il paziente desidera, sono unicamente dei leggeri segni» […] ecco cosa propone la danza, in modo da non affrettare l’entrata spesso intollerabile nei codici a volte inospitali della consapevolezza prematura. Il pensiero disgiuntivo, semplificante è comunque alla fine una necessità vitale per ogni pensiero che si nutre di complessità, di potere evolutivo, o detto altrimenti, ogni pensiero complesso divora e allo stesso tempo partorisce necessariamente pensiero semplificante. Solamente dalla dialettica intercorrente tra i poli opposti si genera pensiero, la conoscenza non può fare a meno del pensiero disgiuntivo241.

“Quante volte – scrive Bachelard ne La fiamma di una candela – vivendo in una delle mie «figure»,

ho creduto di approfondire la mia solitudine. Ho creduto di scendere, spirale dopo spirale, la scala

dell’essere. Ma vedo ora che in tali discese sognavo, credendo di pensare. L’essere non è al di sotto. È

al di sopra, sempre al di sopra – precisamente nel pensiero solitario che lavora […]. L’autentico spazio

del lavoro solitario è, in una piccola stanza, il cerchio rischiarato dalla lampada […]. E la lampada da

lavoro riduce la stanza alle dimensioni del tavolo […]. Non si sa a cosa pensi colui che lavora davanti

alla lampada, ma si sa che pensa, che è solo a pensare […]. Davanti a una fiamma, quando si sogna,

quel che si percepisce non è nulla a confronto di quel che si immagina […]. La fiamma è uno dei

massimi operatori di immagini. La fiamma conferisce un supplemento di animazione, infiamma ogni

verbo di cui essa è soggetto. Anche le metafore (più fredde) si trasformano in immagini: le prime

spesso non sono che “spostamenti di pensieri in una volontà di dir meglio, di dire altrimenti”, le

seconde, quando sono “vita primaria dell’immaginazione”, lasciano “il mondo reale per il mondo

immaginato, immaginario […]. Ci si perde in rêverie”

242

.

La lettura – osserva Bontems – induce certe rêveries. Quest’induzione si opera sulla base di operatori poetici. Si possono definire come inversi rispetto agli operatori della scienza, nella misura in cui la loro funzione è l’inverso della razionalizzazione della lingua. Per analogia con una nozione matematica, un operatore poetico indica, naturalmente, la coerenza delle immagini, ma anche, al contempo, la distanza che separa questa coerenza dall’organizzazione oggettiva dei fenomeni. La giustezza dell’intuizione poetica non deriva dalla sua adeguatezza alla realtà oggettiva, quanto dall’autenticità dell’emozione che suscita. Il «valore d’essere» delle immagini è ancorato alla sfera dell’intimità243.

241

Ivi, pp.77-78; 80 [grass. è ns.].

242

G. Bachelard, La fiamma di una candela [1961], tr. di G. Alberti, SE, Milano 1996, pp.101; 99;13-14; 15. Giovanni Piana analizza la parola retentissement che Bachelard usa per indicare l’idea di una immedesimazione o meglio “di una partecipazione diretta alla vita dell’immagine”: “L’immagine […] echeggia dentro di noi con voce viva, e noi siamo invasi e pervasi dalla eco dell’immagine come se noi stessi fossimo una grande caverna. In ogni caso deve essere evitato il termine, che ci potrebbe sembrare adatto, di «risonanza» per il semplice fatto che Bachelard lo riserva ad un altro impiego, ad un impiego contrapposto. Bachelard parla di risonanza (resonance), e la contrappone all’echeggiare dell’immagine, essenzialmente per indicare il ridestamento dei ricordi di nostre esperienze realmente vissute, che l’immagine poetica può eventualmente provocare […]. Leggiamo i poeti, e allora sapremo che cosa è questo retentissement. Ed eventualmente dopo aver letto i poeti potremo provarci a descrivere quello stato d’animo seguendo la via obbligata dell’introspezione […]. Nella risonanza non è l’immagine che viene rivissuta: l’immagine rappresenta qui unicamente l’inizio di un percorso orientato verso la soggettività psicologica che si è di fatto costituita attraverso le accidentalità della vita vissuta. Nella risonanza sono proprio queste accidentalità che vengono richiamate. Nello stesso tempo, quanto più il lettore si immerge nella rievocazione della propria esperienza passata, tanto più si allontana e si distrae dall’immagine. Dice una volta Bachelard: «Non si legge una poesia pensando ad altro» […]: una frase in realtà molto felice nella sua espressiva sinteticità. Nel retentissement restiamo presso la poesia; mentre leggiamo la poesia pensando ad altro se la poesia si limita a suscitare «risonanze» sentimentali del nostro Passato […]. Nella risonanza sono richiamati determinati fatti, mentre nel retentissement ci muoviamo nello spazio dei valori immaginativi” (G. Piana, La notte dei lampi. Quattro saggi sulla filosofia dell’immaginazione. I. Il lavoro del poeta – Saggio su Gaston Bachelard, Edizione digitale 2000, pp.31; 32; 33).

243

V. Bontems, Bachelard, tr.di G. Carrozzini, Mimesis, Milano-Udine 2016, p.103. Bontems parla di “riconversione poetica degli operatori”. Scrive: “Un lettore che investigasse l’azione soggiacente di una tale rigorosa organizzazione concettuale solo nei lavori epistemologici, rischierebbe di attraversare la notte come un sonnambulo. Eppur tuttavia, il dinamismo

Lo «spazio vissuto» della rêverie “è fondamentale per l’espansione della vita, comporta […] una

flessione soggettiva della distanza, del contatto e dell’ampiezza rispetto a parametri d’ordine

matematico”

244

.

Lo spazio colto per mezzo dell’immaginazione non può restare lo spazio indifferente lasciato alla misura e alla riflessione del geometra. Esso è vissuto. Ed è vissuto non nella sua positività, ma con tutte le parzialità dell’immaginazione […].

Ogni spazio veramente abitato reca l’essenza della nozione di casa […].

Prima di essere «gettato nel mondo» […] l’uomo viene deposto nella culla della casa e sempre, nella nostra rêverie, la casa è una grande culla […].

La casa è il nostro angolo del mondo, è il nostro primo universo. Essa è davvero un cosmo […]. La casa, ancor più del paesaggio, è uno «stato d’animo» […].

dell’immaginazione non è quello della ragione. Solo adattando gli «operatori» alla sottile fluidità delle immagini si può cogliere questo dinamismo. Alcuni operatori, per esempio l’induzione, conservano formulazione analoga”(ibidem).

244

R. Boccali, Collezioni figurali. La dialettica delle immagini in Gaston Bachelard, Mimesis, Milano - Udine 2017, p.137 n.31. Boccali fa, inoltre, riferimento al “diagramma che nella conclusione della Psicoanalisi del fuoco veniva indicato come finalità principale di ogni analisi poetica: «Ogni poeta dovrebbe elaborare un diagramma per indicare il significato e la simmetria delle sue coordinate metaforiche, esattamente come il diagramma di un fiore fissa il significato e le simmetrie della sua azione floreale». Il Lautréamont sembra essere proprio un tentativo di tracciare tale diagramma attraverso le coordinate metaforiche dell’opera, svelandone il senso al di là di ogni riduzionismo biografico e psicocritico” (ivi, p.73). In nota, precisa: “Il parallelismo tra diagramma poetico e diagramma floreale è tutt’altro che scontato. Quest’ultimo è infatti una proiezione che rappresenta in maniera chiara e semplice le diverse parti di un fiore. Tecnicamente parlando, il piano di proiezione è perpendicolare all’asse del fiore così da rendere ben visibile il calice e la corolla, il numero dei verticelli e la posizione degli stami, nonché il tipo del gineceo. La proiezione diagrammatica rende quindi possibile l’individuazione della famiglia di appartenenza o specie del fiore in questione, a cui può addirittura far seguito l’elaborazione di una formula matematica fiorale. Allo stesso modo, il diagramma poetico dovrebbe permettere la proiezione delle metafore manifestando l’asse portante del poema e le sue diverse articolazioni, per giungere a una formula poetica in grado di racchiudere la direzione dinamica del poema stesso. Espansione e sviluppo ascendente (essor) e movimento verso la profondità (profondeur) sono i due poli entro cui si muove la linea del poema” (ivi p.73 n.8).

Cfr. C. Alunni, Pour une métaphorologie fractale, in Id., Spectres de Bachelard. Gaston Bachelard et l’École surrationaliste, cit., pp.91-112, dove, tra l’altro, è citato Derrida che in La mitologia bianca. La metafora nel testo filosofico, scriveva: “Torniamo alla nostra domanda: si può trasportare nel campo filosofico il programma bachelardiano di una metapoetica? Bachelard propone di procedere per gruppi e diagrammi […]. Per gruppi: [cit.da Lautréamont] «Quando si è meditato sulla libertà delle metafore e sui loro limiti ci si accorge che certe immagini poetiche si proiettano le une sulle altre, con certezza ed esattezza, il che è come dire che in poesia proiettiva esse non sono che una sola e medesima immagine. Ci siamo accorti, per esempio, studiando la Psicoanalisi del fuoco, che tutte le «immagini» del fuoco interno, del fuoco nascosto del fuoco che cova sotto la cenere, in breve del fuoco che non si vede e che richiede di conseguenza delle metafore, sono delle «immagini» della vita. Il legame proiettivo è allora cosi primitivo che si traducono senza fatica, con la sicurezza di essere compresi da tutti, le immagini della vita nelle immagini del fuoco e viceversa. La deformazione delle immagini deve allora designare, in un modo strettamente matematico, il gruppo delle metafore. Quando si potessero precisare i diversi gruppi di metafore di una particolare poesia, ci si avvedrebbe che talvolta certe metafore sono mancate perché sono state aggiunte senza tener conto della coesione del gruppo […] resta comunque che una metapoetica dovrà intraprendere una classificazione delle metafore e che le sarà necessario, presto o tardi, adottare l’unico procedimento essenziale della classificazione, la determinazione dei gruppi». Poi per diagrammi (ancora una metafora matematica, o almeno, per essere più precisi, geometrica, questa volta ornata di un fiore, per presentare il campo di una meta-metaforica), [cit.da La psychanalyse du feu]: «Se il presente lavoro potesse essere ritenuto la base di una fisica o di una chimica della fantasia [ ... ] dovrebbe preparare gli strumenti per una critica letteraria oggettiva nel significato più preciso del termine. Dovrebbe dimostrare che le metafore non sono semplici idealizzazioni che partono, come razzi per esplodere nel cielo svelando la loro futilità ma che al contrario le metafore si definiscono e si coordinano più delle sensazioni, al punto che uno spirito poetico è puramente e semplicemente una sintassi delle metafore. Ogni poeta dovrebbe fare quindi posto a un diagramma che indicherebbe il senso e la simmetria dei suoi coordinamenti metaforici, esattamente come il diagramma di un fiore fissa il significato e le simmetrie della sua azione floreale. Non c’è fiore reale senza questa convenzione geometrica. Comunque, non c’è fioritura poetica senza una certa sintesi di immagini poetiche. Non bisognerebbe tuttavia vedere in questa tesi una volontà di limitare la libertà poetica, di imporre una logica, o una realtà, il che è la stessa cosa, alla creazione del poeta. È proprio dopo, oggettivamente dopo il suo sbocciare, che crediamo di scoprire il realismo e la logica intima di una opera poetica. A volte delle immagini veramente diverse, che si credevano ostili, eteroclite, dissolventi, giungono a fondersi in una immagine adorabile. I mosaici più stravaganti del surrealismo hanno all’improvviso dei gesti coerenti» […]. Trasportata nel campo filosofico, tale metaforologia non ritroverebbe sempre, come destinazione, il medesimo? La medesima physis, il medesimo senso (senso dell’essere come presenza o, il che torna a(dire i)l medesimo, come presenza/assenza), il medesimo circolo, il

medesimo fuoco della medesima luce che si mostra/ si nasconde, il medesimo giro del sole? Che altro trovare se non questo ritorno del medesimo quando si cerca la metafora? cioè la somiglianza [ressemblance]? e quando si cerca di determinare la metafora dominante di un gruppo che interessa per il suo potere di raccolta [rassemblement]?” (J.

Derrida, La mitologia bianca. La metafora nel testo filosofico, in Id., Margini della filosofia [1972], a cura di M. Iofrida, Einaudi, Torino 1997, pp.273-349; 340-341; 342). Cfr. F. de Stefano – S. Zanini, Modelli e metafore nella scienza, “Didattica delle scienze”, n.198 – novembre 1998, pp.2-9.

Per la conoscenza dell’intimità, più urgente della determinazione delle date è la localizzazione spaziale della nostra intimità […].

Lo spazio, nei suoi mille alveoli, racchiude e comprime il tempo: lo spazio serve a questo scopo245.