Se un ragionamento – scrive – si sviluppa unicamente in virtù del principio di identità, non ritroveremo nulla nella sua conclusione che non sia stato nelle sue premesse. Sarà una pura tautologia, un circolo […]. L’andamento analitico del metodo, quello che oggi chiameremmo metodo induttivo e sperimentale […], ci porta alle ragioni delle cose; l’andamento deduttivo, in modo del tutto analogo, prende come punto di partenza queste ragioni delle cose. Ricompone o ricostruisce con esse tutte le proprietà dell’oggetto. Il cammino deduttivo non è quindi altro, in fondo, che il cammino analitico. Il procedimento dello spirito non è diverso: soltanto differisce l’ordine delle materie alle quali si applica il procedimento. E mentre nella prima fase si va all’avventura e a tentoni, nella seconda ogni esitazione scompare. La differenza dei due metodi e la loro analogia profonda si vedono soprattutto in matematica, confrontando con precisione il metodo analitico e quello sintetico. Resta da chiedersi in che cosa consista questo ragionamento deduttivo sostenuto dall’intuizione, e come si realizzi questa sintesi compatibile con la deduzione, da cui la scienza teorica trae tutta la sua efficacia […]. Con Kant il problema, complicandosi in apparenza, si semplifica e si modernizza. Il fondamento della deduzione matematica e della teoria fisica, o, cosa che, per lui, è tutt’uno, della meccanica newtoniana, è il giudizio sintetico a priori. […] [L]a sintesi a priori è un giudizio, una relazione creata dallo spirito e per lui: non è una cosa […].
La metodologia delle scienze della natura può quindi affermare che la deduzione sintetica, la deduzione che serve a sistematizzare le conoscenze scientifiche, che ha dato alla matematica e alla meccanica la sua forma, e che pretende di darla alla fisica teorica non è il ragionamento analitico della logica formale. La considerazione di un oggetto particolare (lo si consideri come dato in un’intuizione a priori o in un’intuizione empirica, non importa) è essenziale a questo processo, mentre è invece essenziale eliminarlo nella deduzione formale. Da qui si deduce questa conseguenza fondamentale […]: la scienza deduttiva, in linea di massima, conserva l’andatura [marche] dell’induzione: soltanto, mentre questa non stabilisce di fatto che il passaggio da un termine all’altro, la deduzione lo stabilisce di diritto
negò ogni valore ontologico alle teorie figurative e si accentuò nel contempo il loro significato fenomenistico, conducendo ad una concezione della fisica che «si può chiamare concettuale, perché sostituisce alle intuizioni figurate, alle costruzioni rappresentative del meccanicismo tradizionale, nozioni astratte pure e semplici, concetti di quantità non figurate». Mentre la
fisica meccanicistica partiva dai principi della meccanica razionale, la nuova fisica accentua i principi della termodinamica e la nozione di energia diviene così la struttura della fisica nuova, che finisce poi per essere una «energetica» vera e propria […], l’energetismo […], tra Otto e Novecento sembrò dovesse sostituire il meccanicismo […]. «[…] Porre in certe relazioni delle realtà, delle grandezze ostensibili e misurabili, così che, date le une, si possono
dedurre le altre: questo è il compito della scienza, né esso si può assolvere coll’intromettervi una qualsiasi immagine ipotetica, bensì col provare relazioni di interdipendenza fra grandezze misurabili» […].
Essendo la realtà fisica, come energia, irriducibile agli elementi puramente meccanici, ne consegue l’inutilità, da parte della teoria fisica, di ogni figurazione sensibile della costituzione dei fenomeni. Con ciò si è giunti proprio al significato più vero dell’energetica, per cui la teoria fisica, più che essere un mezzo di investigazione è un modo di strutturare assiomaticamente il già acquisito: per Duhem, come per Ostwald, la teoria fisica è essenzialmente descrittiva, non scopre nulla, ma struttura i fenomeni scoperti in un insieme simbolico di facile uso […]. Il suo vero senso e la sua funzione risiedono nelle equazioni che essa porta a stabilire tra gruppi diversi di fenomeni” (G. Rocci, Scienza e convenzionalismo, Bulzoni, Roma 1978, pp.22-23; 24; 26-27 [grass. è ns.]. Cfr. A.M. Dell’Oro, L’energetismo, “Sophia” anno XX, 1952, fasc.I, pp.46-49).
137 P. Redondi, Epistemologia e storia della scienza. Le svolte teoriche da Duhem a Bachelard, cit., pp.93-94 [il grass.è ns.].
Redondi cita da La théorie de la physique chez les physiciens contemporains di Rey (éd.1907, p.397).
costruendo il secondo fatto con il primo, generando teoricamente il secondo con il primo. Ciò che la deduzione aggiunge all’induzione è la giustificazione dell’induzione: essa la fonda. E ciò che la deduzione aggiunge alla nostra conoscenza della natura è (entro i limiti umani) il perché, la ragione delle relazioni di cui l’induzione non dà che il come e una visione, in qualche modo descrittiva. È in questo modo che essa razionalizza la scienza: intendendo la parola ragione in un senso immanente all’esperienza e non trascendente […]: la scienza riguarda solo relazioni, e non esseri, sostanze, individui […]. Più esattamente ogni conoscenza si presenta sotto forma di giudizio, duque sotto forma di relazione […]. Poiché ogni conoscenza, ogni fatto (scientifico o anche percettivo) è una relazione, possiamo costruire un fatto con un altro fatto, e generare tutti i fatti gli uni dagli altri, essendo che le relazioni più complesse si deducono necessariamente dalle relazioni più semplici; tutte le relazioni possono, dunque, stabilirsi infine a partire dalle relazioni elementari. Queste relazioni elementari, essendo le più semplici e le più frequenti di tutte, sono state verosimilmente in generale studiate per prime. La deduzione scientifica non è altro che la messa in pratica perpetua di questo procedimento. Ci si può, allora, fare un’idea d’insieme dell’uso e della portata di questo metodo. La deduzione sintetica in realtà non generalizza, ma, per mezzo della deduzione e della sola deduzione, si ottengono risultati che, di per sé, sono vere e proprie generalizzazioni, o, più precisamente, un’estensione a casi nuovi di una proposta precedentemente dimostrata per un altro caso […]. Insomma, la deduzione accompagna passo dopo passo l’induzione e si sforza di dimostrare razionalmente, de iure, ciò che l’induzione non pone che di fatto; l’induzione dà il come, la deduzione il perché. E poiché l’induzione ci eleva progressivamente a proposizioni più generali, occorre che con la deduzione, anche noi possiamo elevarci a proposizioni più generali, anche se la deduzione non può di per sé stessa generalizzare, il che le farebbe perdere la sua certezza e la sua virtù esplicativa. Essa procede dallo stesso al medesimo […]. Ovunque si farà vedere che il caso nuovo è riducibile a elementi identici al caso già esaminato, cosicché le conclusioni formulate in merito a questo caso valgono necessariamente per il caso nuovo […]. Il nervo della deduzione scientifica è quindi il passaggio dallo stesso allo stesso, l’identificazione continua […]. Con questa identificazione, questa assimilazione, la ragione si sente soddisfatta e sicura di sé. E tuttavia, alla fine, si trova che si è generalizzato, che si è incontrata la proposizione che poneva ipoteticamente questo salto nell’ignoto che caratterizza l’induzione, poiché una moltitudine di casi nuovi sono ridotti ad un caso primitivo ed elementare. L’intuizione e il principio di identità si sono prestati un continuo soccorso.
L’induzione, scoperta in un’esperienza privilegiata, generalizza, estendendo ipoteticamente una relazione di fatto. La deduzione trasforma questo legame di fatto in legame di diritto, dimostrando che tale estensione è autorizzata dall’equivalenza fondamentale di tutti i casi ai quali la relazione è estesa. Succede allora molto spesso che con la deduzione pura, trasformando i dati acquisiti, si giunga, senza l’ausilio dell’esperienza, a conseguenze che l’esperienza verificherà in seguito. È il caso delle teorie feconde e delle previsioni, nel campo fisico-chimico. La deduzione ha aumentato le nostre conoscenze. L’induzione e la deduzione proseguono una marcia parallela, controllandosi continuamente […]. Un’induzione è l’atto dello spirito con cui poniamo il risultato di un’esperienza come necessario e costante, come l’effetto di una legge generale. Ma noi ignoriamo la ragione di questa legge generale. Essa è per noi formula descrittiva. Constatiamo, ma non comprendiamo. Poiché ogni risultato di esperimento scientifico è una relazione stabilita tra due fattori, tra due fenomeni, la legge naturale stabilita induttivamente è l’affermazione di una relazione, e non solo l’affermazione, ma ancora la descrizione esatta di una relazione tra questi due termini. Ogni descrizione esatta di una relazione è un rapporto matematico, una misura. La legge induttiva consisterà quindi nell’affermare e nel formulare un rapporto matematico, nell’enunciare le variazioni dei termini del rapporto in funzione l’uno dell’altro […]. Restiamo rigorosamente nel campo dell’induzione, fintantoché siamo obbligati a limitarci ad affermare la costanza di questa relazione. Ma non appena ne possiamo dare la ragione, entriamo in un altro campo […]. La deduzione è ora possibile […]. Tornando alle due grandi sistematizzazioni fisiche attuali, sembra che quella delle due, che è più conforme al processo psicologico della deduzione scientifica, sia il meccanicismo […]. In altre parole, l’ideale del meccanicismo è l’ideale della deduzione scientifica quale si può concepire nel campo fisico-chimico: presentare le cose conformemente all’esperienza; ricondurre il più possibile le relazioni, che costituiscono le leggi naturali, le une alle altre; di conseguenza, ricostruire, in modo sintetico, tali relazioni con il minor numero possibile di elementi omogenei, rappresentabili, attendendo sempre dall’esperienza la conferma di questa riduzione dello stesso allo stesso; infine, far servire la sistematizzazione alla scoperta o all’estensione delle nostre conoscenze. L’energetica, al contrario, separa completamente la sistematizzazione dalla scoperta induttiva; o piuttosto, li pone in due campi indifferenti l’uno all’altro. Essa sovrappone una scienza razionale e dimostrativa ad una scienza sperimentale e induttiva […].
[O]gni induzione può essere presentata come una deduzione e tende necessariamente ad inserirsi in una teoria deduttiva139.