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L’assunzione a carico della collettività dei costi conseguenti alla mobilità sanitaria

4.3. Il principio di solidarietà nel diritto alla mobilità sanitaria in Italia

4.3.1. L’assunzione a carico della collettività dei costi conseguenti alla mobilità sanitaria

capitolo, il tema della sostenibilità dei costi legati al riconoscimento dell’assistenza sanitaria all’estero è costantemente richiamato.

Come in altri casi di bilanciamento tra esigenze finanziarie e riconoscimento del diritto alla salute, anche in questo caso non viene esplicitato il nesso funzionale che dovrebbe qualificare, anche (se non soprattutto) in senso costituzionale, l’assunzione della sostenibilità e dell’equilibrio finanziario come condizioni per il riconoscimento e l’attuazione del diritto proprio e altrui, quale attuazione del principio di solidarietà.

Nella giurisprudenza costituzionale i riferimenti espliciti alla solidarietà con riferimento al diritto alla salute riguardano una solidarietà “tra diritti”: in primis il diritto alla salute dell’indennizzato per danni da vaccinazione e il diritto alla salute della collettività84. Sin dalla sentenza n. 307 del 1990 la Corte ha affermato che il rilievo costituzionale della salute come interesse della collettività esige che, “in nome di esso, e quindi della solidarietà verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato, restando così legittimamente limitata la sua autodeterminazione, a un dato trattamento sanitario, anche se questo importi un rischio specifico”, pur non postulando “il sacrificio della salute di ciascuno per la tutela della salute degli altri”. Ne deriva che “un corretto bilanciamento fra le due suindicate dimensioni del valore della salute − e lo stesso spirito di solidarietà (da ritenere ovviamente reciproca) fra individuo e collettività che sta a base dell’imposizione del trattamento sanitario − implica il riconoscimento, per il caso che il rischio si avveri, di una protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento”85. In questi casi cioè la solidarietà è il principio che giustifica l’assunzione dell’onere dell’indennizzo a carico della collettività, per il danno intervenuto in ragione di un comportamento altrettanto solidaristico, ovvero la scelta di sottoporsi alle vaccinazioni, obbligatorie o raccomandate che siano.

Nei casi di assistenza sanitaria all’estero, non vi è un rapporto diretto tra la salute del singolo e la salute collettiva, tale per cui il pregiudizio del primo deriva dalla condotta individuale posta in essere per tutelare la seconda, e quindi merita di essere compensato con costi a carico della collettività stessa. La solidarietà, in questi casi, semmai riguarda il rapporto tra “diritto” del singolo e “dovere” della collettività, ovvero tra il diritto del singolo a ricevere una congrua assistenza e il dovere di assunzione dei costi conseguenti a carico della collettività. La tutela della salute collettiva rileva in modo indiretto, se così si può dire, come diritto della collettività ad avere un sistema sanitario funzionante ed economicamente sostenibile. Su tale dimensione collettiva incide il dovere di solidarietà attribuibile al singolo, nella misura in cui ognuno partecipa del finanziamento del sistema sanitario, in base alla propria capacità economica86.

Si profila quindi con riferimento allo specifico ambito del riconoscimento dell’assistenza sanitaria in situazioni di mobilità, una esemplificazione della configurazione dei doveri di solidarietà nel settore dei diritti sociali, le cui problematiche, come è stato efficacemente scritto, oltre ad essere state sottostimate, sono sinora “emerse in dottrina e in

84 Sul tema, v. D. MORANA, La salute nella Costituzione italiana. Profili sistematici, cit., p. 155 ss. 85 La sentenza più recente in materia è la n. 107 del 16 aprile 2012, in cui si richiamano le precedenti

decisioni, la sentenza n. 27 del 1998 e la sentenza n. 307 del 1990, per ricostruire la ratio solidaristica del bilanciamento tra le due situazioni, e per affermare come il diritto di indennizzo sia da attribuire sia nei casi di vaccinazioni obbligatorie, sia nei casi di vaccinazioni consigliate o raccomandate dal sistema sanitario.

86 E, secondo le ricostruzioni sopra riproposte circa la dimensione deontica, o di doverosità, insita in ogni

giurisprudenza sotto altre sembianze quali, massimamente, la discrezionalità legislativa come campo sottratto al controllo della Corte costituzionale, soprattutto nella sua variante del mantenimento dell’equilibrio globale della finanza pubblica, formula spesso invocata per giustificare il restringimento dell’ambito delle prestazioni dovute e, quindi, dell’ambito di effettività del diritto sociale”87.

Proprio una pronuncia della Corte costituzionale in materia di riconoscimento della detraibilità delle spese sanitarie sostenute all’estero, la decisione n. 142 del 8 luglio 1982, è stata portata quale esempio della “refrattarietà della Corte costituzionale a motivare le proprie sentenze alla luce dell’inderogabile dovere di solidarietà”88.

La questione verteva sulla conformità a Costituzione della norma tributaria che precludeva la detraibilità dal reddito delle persone fisiche delle spese sanitarie sostenute all’estero. La Corte, nel dichiarare incostituzionale la norma, fonda le proprie argomentazioni sulla natura fondamentale del diritto alla salute, senza mai chiamare in causa il dovere di solidarietà che dovrebbe fondare la disciplina tributaria complessivamente intesa. In particolare, la Corte sottolinea “anche in via di ipotesi, suffragata dalla comune esperienza, che possano esserci delle cure e degli interventi per i quali sia necessario ricorrere all'estero”, di conseguenza sarebbe iniquo “negare, in tali casi, la deducibilità delle spese al contribuente che ha dovuto sostenerle”. È il nesso di necessità delle spese sostenute che determina e giustifica la loro piena deducibilità, essendo irrilevante il luogo in cui ha sede il percipiente: “se le spese cui si riferisce la deducibilità sono riconosciute necessarie per la tutela della salute (e senza alcun rilievo dal fatto che esse avrebbero o no potuto essere evitate rivolgendosi alle strutture sanitarie nazionali), non appare ragionevole un trattamento diverso a seconda che il percipiente sia in Italia o all'estero”.

Le sentenze riferite in forma specifica al diritto all’assistenza sanitaria all’estero, la decisione n. 309 del 1999 e la decisione n. 354 del 2008, già esaminate nel secondo capitolo, introducono nel bilanciamento operato dalla Corte alcuni elementi specifici che qualificano i limiti del “doveroso” intervento dello stato nell’assicurare la copertura sanitaria di cittadini italiani all’estero.

Nella sentenza n. 309 del 1999, che riguarda, si ricorda, la fattispecie “residuale” della protezione di cittadini all’estero in paesi extraeuropei, con cui non vigono accordi internazionali, e dove non vi sono erogatori convenzionati con il servizio sanitario nazionale, assumono particolare rilievo l’entità del pregiudizio della salute riscontrato nel caso concreto e la condizione economica della persona interessata.

Con riferimento al primo degli aspetti richiamati, la Corte sottolinea come “il valore espresso dall'articolo 32 della Costituzione, nel suo puntualizzarsi in un diritto fondamentale del cittadino, può assumere accentuazioni diverse e graduate che dipendono anche dalla gravità della patologia e dall'entità dei rischi connessi al differimento della terapia. In molte ipotesi imporre l'onere del rientro in Patria può non significare negare il diritto del non abbiente; per converso, il confine tra il diritto alla cura immediata e il diritto

87 L. VIOLINI, I doveri inderogabili di solidarietà: alla ricerca di un nuovo linguaggio per la Corte

costituzionale, in R. BALDUZZI, M. CAVINO, E. GROSSO, J. LUTHER, I doveri costituzionali: la prospettiva del giudice delle leggi, cit., p. 524.

88 L.VIOLINI, op. ult. cit, p.530. In senso analogo cfr A. RUGGERI, Doveri fondamentali, etica

repubblicana, teoria della Costituzione (note minime e margine di un convegno), in R. BALDUZZI, M.

CAVINO, E. GROSSO, J. LUTHER, I doveri costituzionali: la prospettiva del giudice delle leggi, cit., p. 563: “non può esservi alcun giudizio della Corte che non abbia base nella fedeltà, nella cooperazione, nella solidarietà, anche se i riferimenti espressi ad alcuni di questi doveri sono molto scarni, persino alle volte eccessivamente avari da parte della Corte, che almeno in alcune occasioni avrebbe potuto, forse con maggiore coraggio, agganciare la soluzione del caso non soltanto a questa o quella norma esplicitamente evocata in campo, ma anche ai principi fondamentali relativi ai doveri, dotati di formidabile capacità di espansione e qualificazione (ed anzi, alle volte, in difetto di altre norme, proprio ed esclusivamente ad essi)”.

all'integrità della persona può risultare in concreto assai labile, e il contenuto dell'un diritto può confondersi, in casi estremi, col contenuto dell'altro fino anche a risolversi nel diritto alla vita. In casi simili il sostegno dello Stato non dovrebbe mai mancare”89.

La mancanza di mezzi economici costituisce un’aggravante della condizione personale del malato, che determina l’obbligo costituzionale, previsto dall’art.32, di assicurare le cure gratuite agli indigenti, a prescindere dal luogo in cui si trovano e dai motivi del loro soggiorno. Come si legge nella sentenza, “Il principio contenuto nell'art. 32 della Costituzione postula infatti che il diritto alle cure gratuite sia assicurato anche al cittadino che, in disagiate condizioni economiche, si rechi all'estero. I motivi del soggiorno al di fuori del territorio nazionale, diversi dal lavoro o dalla fruizione di borse di studio, possono per lui essere i più vari: familiari, di ricerca di un'occupazione, di apprendimento di una lingua o di una professione, ovvero puramente affettivi, culturali o di svago. A tali motivi non é consentito collegare una aprioristica valutazione negativa, poiché l'espatrio può costituire in ogni caso fattore di arricchimento e di sviluppo della personalità”. Di conseguenza, “nel bilanciamento dei diversi interessi coinvolti nella disciplina censurata non può essere ignorata la posizione delle persone a favore delle quali la garanzia costituzionale é posta dall'articolo 32 con il massimo di cogenza”. Ciò premesso, la Corte specifica che spetta al legislatore individuare i tipi di prestazioni sanitarie da assicurare, nonché “adottare le cautele e gli accorgimenti idonei a far sì che il diritto alle cure gratuite per l'indigente all'estero non trasmodi in un diritto dei cittadini di rifiutare le cure offerte in Italia dal servizio sanitario nazionale e di scegliere liberamente lo Stato nel quale curarsi a spese della collettività”90.

La sentenza più recente sul tema, la decisione n. 354 del 2008, sembra “chiudere il cerchio”, distinguendo le fattispecie di assistenza sanitaria all’estero, escluse dall’applicazione delle discipline europee o di accordi internazionali, cui corrisponde un obbligo di intervento a carico del sistema sanitario, dai casi in cui tale evenienza non è costituzionalmente obbligata. Le ipotesi meritevoli dell’intervento pubblico riguardano il caso di cittadini residenti che si trovino all’estero per motivi di studio o di lavoro, il caso di cittadini all’estero in situazioni di indigenza, intesa in senso relativo come mancanza dei mezzi necessari a sostenere le cure resesi necessarie durante il soggiorno, il caso di cittadini all’estero per motivi diversi dallo studio e dal lavoro e con mezzi adeguati a provvedere all’assistenza sanitaria in loco.

Nel primo caso, che è quello previsto dall’art.37 della legge n. 833 del 1978, il meccanismo solidaristico che si evince dalla pronuncia riguarda la coesistenza di un interesse individuale e di un interesse generale, apprezzabili in ragione del motivo del soggiorno e della rilevanza economica e sociale dello stesso, tale da rendere l’espatrio “meritevole di trattamenti idonei a non ostacolarlo”. La natura latu sensu produttiva del soggiorno all’estero motiva l’estensione dell’obbligo di assistenza dello stato, analogamente a quanto riscontrato, a contrario, in ambito europeo, rispetto alla tutela rafforzata dei soggetti attivi da parte dello stato di soggiorno.

Nel secondo caso, relativo all’assistenza sanitaria all’estero presso centri di altissima specializzazione, la Corte evidenzia come “preso atto della impossibilità o della eccessiva onerosità di predisporre nel territorio nazionale strutture di altissima specializzazione in grado di fornire particolari prestazioni o della impossibilità di assicurare un'organizzazione tale da fornire, per ogni evenienza, in tempo utile le necessarie terapie”, il legislatore ha previsto la facoltà dei residenti in Italia di recarsi all'estero in luoghi dove sia possibile fruire delle prestazioni richieste dal caso sotto i profili qualitativo e temporale, sia pure entro determinati limiti e a precise condizioni. in questo caso, è la carenza di una adeguata

89 C. Cost., sentenza n. 309 del 1999, punto 6 del considerato in diritto (corsivo aggiunto). 90 C. Cost., sentenza n. 309 del 1999, punti 5 e 6 del considerato in diritto.

risposta nel sistema sanitario nazionale a determinare un allargamento dei confini della solidarietà, ovvero il sostegno da parte della collettività degli oneri conseguenti a necessità di cura non soddisfatte dal sistema esistente. In questo caso l’espatrio è conseguenza, e non causa, della mancata risposta da parte del sistema pubblico, che interviene in forma sostitutiva attraverso la copertura delle spese sostenute, secondo un meccanismo analogo a quanto previsto in ambito europeo per i casi di cure programmate nei paesi membri.

Nel terzo caso la solidarietà si esprime nel sostegno alla persona indigente, comunque cittadina e residente nello stato italiano, nella tutela di un bene fondamentale come quello della salute. L’intervento pubblico si pone quasi in termini di “azione positiva”, come azione volta a non penalizzare la persona indigente, di per sè già in situazione di svantaggio, nella realizzazione di esperienze che, per usare l’espressione della Corte, che richiama implicitamente il linguaggio degli articoli 2 e 3 Cost., possono essere “fattore di sviluppo e di arricchimento della personalità”.

Al di fuori di questi casi, ovvero nel caso in cui i motivi di soggiorno non rispondano ad interessi generali e la persona abbia mezzi adeguati a sostenere le cure, non sembra ad oggi sussistere un obbligo di assistenza sanitaria a carico delle finanze pubbliche, salva la possibilità di detrarre le spese sanitarie comunque sostenute, nelle forme previste dalla normativa tributaria.

4.3.2. Leale collaborazione e solidarietà fiscale tra stato e regioni nel finanziamento della