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Il diritto all’assistenza sanitaria nel diritto dell’Unione Europea

giurisprudenziale del diritto alla mobilità sanitaria; 3.2.1. I ricorsi per questioni pregiudiziali; 3.2.2. I ricorsi

per inadempimento; 3.2.3. Alcune considerazioni di sintesi; 3.3. Dai case law alla produzione normativa in

materia di patient mobility; 3.4. La direttiva concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera.

3.1. Il diritto all’assistenza sanitaria nel diritto dell’Unione Europea

La protezione della salute è un tema che ha assunto crescente rilevanza a livello europeo, non tanto in termini espliciti di diritto individuale, quanto come finalità e criterio ordinatore dell’azione dell’Unione e nella ripartizione di competenze rispetto ai singoli stati membri.

Come è stato recentemente sottolineato, “Health is not a sector like any other. Balancing health care accessibility, quality, financial sustainability and equity is one of the most difficult challenges facing modern administrations. Health is a uniquely complex intersection of cutting-edge science, constantly developing technology, acute political sensitivity, practical complexity for its professionals, and profound importance for patients and their families – not to forget the vast sums of money involved. So, when we also add the European dimension to this, it becomes really very difficult to see how all the pieces fit together, for national actors and for the European institutions”1.

L’obiettivo di questo capitolo è quello di ricostruire, attraverso l’esame della giurisprudenza e degli atti normativi prodotti in seno all’Unione Europea in materia di patient mobility e assistenza sanitaria transfrontaliera, come si configurino attualmente il diritto dei cittadini europei alle cure sanitarie nei paesi membri diversi da quelli di affiliazione ed il corrispondente obbligo in capo agli stati membri di adeguare le proprie normative per far fronte a tali richieste.

All’interno dei trattati, il perseguimento di un elevato livello di protezione e tutela della salute umana è richiamato nell’ambito della definizione delle politiche ed azioni dell’Unione (art. 9 TFUE), e come criterio assunto nella adozione di misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in vari ambiti, tra cui la sanità (art. 114, TFUE), così come “la tutela e il miglioramento della salute” è uno dei settori in cui è previsto l’intervento delle istituzioni comunitarie a sostegno e coordinamento dell’azione degli stati membri (art. 6 TFUE). Nel titolo dedicato alla “Sanità pubblica” (art. 168 TFUE) la garanzia di un livello elevato di protezione della salute umana è assunto come criterio generale nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione, a completamento delle politiche nazionali. In questa disposizione si esplicita come uno dei compiti specifici assunti dall’Unione sia quello di incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri per migliorare

1 N. FAHY, Foreword, in M. WISMAR, W. PALM, J. FIGUERAS, K. ERNST, E. VAN GINNEKEN (a

cura di), Cross-border health care in the European Union, European Observatory on Health Systems and Policies Studies series n. 22, World Health Organization, 2011.

la complementarietà dei loro servizi sanitari nelle regioni di frontiera, mentre spetta agli Stati membri la definizione della politica sanitaria e l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica, incluse la gestione dei servizi sanitari e dell'assistenza medica e l'assegnazione delle risorse destinate2.

Guardando ancora alle disposizioni dei trattati in materia di salute, si vede come la protezione della salute e la sanità pubblica, oltre ad essere obiettivi e criteri assunti dalle istituzioni europee nello svolgimento delle loro funzioni istituzionali, sono anche limite a tale esercizio, o meglio causa giustificativa di deroghe ed eccezioni all’applicazione del diritto europeo da parte degli stati membri: i “motivi di salute pubblica” sono tra le cause giustificative dell’assunzione da parte degli stati membri di restrizioni all’importazione o all’esportazione (“purché non siano un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio” ai sensi dell’art. 36 TFUE), nonché del mantenimento o dell’assunzione di misure nazionali contrastanti con disposizioni europee in materia di concorrenza e funzionamento del mercato interno (art. 114 TFUE).

La casistica giurisprudenziale e le vicende legate alla normazione del settore dei servizi sanitari, che saranno approfondite nei paragrafi seguenti, mostrano come il riconoscimento del diritto alle cure transfrontaliere e alla mobilità sanitaria in ambito europeo è stato conseguente all’applicazione giurisprudenziale di due principi fondamentali del diritto comunitario, ovvero la libertà di circolazione delle persone e dei servizi, piuttosto che alla affermazione dell’esistenza di uno specifico diritto all’assistenza sanitaria, peraltro affermato all’art. 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, quale “diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali”.

Il progressivo ampliamento del diritto all’assistenza sanitaria non ha ancora trovato esplicita menzione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, malgrado nelle conclusioni dell’avvocatura siano sempre più frequenti ed espliciti i riferimenti alla tutela della salute come diritto fondamentale dei cittadini comunitari, perseguibile attraverso una maggiore libertà di accesso alle cure transfrontaliere3.

Ciò non toglie che con riferimento alla situazione specifica presa in esame, le sentenze della Corte di Giustizia abbiano aperto ad una sorta di rafforzamento, o meglio di effettivo riconoscimento, del diritto alla salute, inteso come diritto alle cure, non solo in ambito europeo ma anche statale. Se questa suggestione uscirà confermata dall’analisi giurisprudenziale, potrebbe aprirsi una prospettiva originale nel rapporto tra diritto comunitario e diritto nazionale nella tutela dei diritti sociali. Si configurerebbe cioè una modalità di bilanciamento dei valori in gioco in cui il valore di origine comunitaria va a rafforzare la posizione del diritto fondamentale alle cure sancito nella costituzione nazionale.

Non si nega come questo processo di rafforzamento della tutela in termini di portabilità dei diritti sociali all’interno dei processi di libera circolazione e prestazione dei servizi presenti alcuni aspetti problematici: in primo luogo il riconoscimento del diritto individuale alle cure va contemperato con la qualificazione sociale dello stesso, ovvero non può pregiudicare l’interesse pubblico a garantire a tutti i socii l’accesso alle cure. In questo senso, la giurisprudenza della Corte di Giustizia non esclude la rilevanza della dimensione teleologica insita nel limite comunemente assunto al riconoscimento del diritto stesso, ovvero la tenuta dei sistemi sanitari nazionali e la loro sostenibilità finanziaria, che, seppure a determinate condizioni, vengono assunti come motivi giustificanti misure restrittive la libera prestazione dei servizi sanitari.

2 G. D’ALBERTO, L’azione comunitaria in materia di sanità pubblica, in S. MANGIAMELI ( a cura di),

L’ordinamento europeo, Vol. III, Milano, Giuffrè, 2008, p. 851 ss.

Come specificato dalla Corte in diverse sentenze, le esigenze di programmazione e di organizzazione dei sistemi previdenziali e sanitari nazionali sono finalizzate a garantire a tutti gli aventi diritto la possibilità di accedere alle cure, e le limitazioni all’assistenza sanitaria ricevuta all’estero sono quindi legittime se e in quanto finalizzate a perseguire in modo proporzionato e adeguato, l’obiettivo del mantenimento di un sistema sanitario e previdenziale nazionale accessibile e di qualità.

Un aspetto ulteriore che si intende approfondire attraverso l’analisi riguarda il paventato rischio di un “colonialismo giurisdizionale”4 o di una giurisprudenzializzazione della sfera del politico5, proposta da alcuni commentatori, che rilevano come una iperattività dei giudici possa assorbire compiti spettanti alle sedi politiche, soprattutto in merito alle nuove domande di tutela riferite a situazioni e interessi non ancora riconosciuti come fondamentali. In merito alla questione dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, la giurisprudenza della Corte ha in effetti provocato l’attivazione delle altre istituzioni comunitarie, che, dopo un lungo processo di consultazione e approfondimento, ha determinato l’adozione di una direttiva specifica in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera, attualmente in fase di recepimento presso gli stati membri. La direttiva del 9 marzo 2011 2011/24/UE - concernente “L’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera”- sembra rappresentare il frutto della mediazione tra le istanze rappresentate dagli stati nazionali e le posizioni più avanzate proposte dalla Corte di Giustizia in materia, a conclusione di un processo di consultazione e di approfondimento sul tema, formalizzata prima in atti di soft law, e poi confluita nella direttiva approvata nel 2011.

Si tratta di un interessante esempio di “dialogo” tra corte e legislatore, in cui le sentenze pronunciate dalla Corte nelle singole cause hanno progressivamente costruito un quadro di principi recepiti ed articolati nella direttiva, al fine dichiarato di garantire un'applicazione più generale ed efficace delle libertà inerenti alla fruizione e alla prestazione dei servizi sanitari, il cui impatto sui sistemi sanitari nazionali sarà indubbiamente significativo, anche se attualmente ancora non determinabile.

Le prospettive aperte con l’approvazione della direttiva saranno fortemente condizionate dalla situazione di crisi attuale, potendosi profilare una dicotomia, o un conflitto di orientamenti tra la Corte di Giustizia e le altre istituzioni comunitarie, laddove la giurisprudenza insista nella propria azione di ampliamento della tutela dei diritti fondamentali, imputando i costi conseguenti a carico dei bilanci degli stati membri, a fronte di interventi sempre più decisi in materia di risanamento della spesa pubblica e di riduzione dei deficit promossi dalle altre istituzioni comunitarie. I recenti interventi di ampliamento delle competenze europee in materia di spesa pubblica e di riduzione dei deficit stanno infatti orientando gli stati membri interessati a forti contrazioni di spesa proprio nell’ambito della protezione sociale complessivamente intesa6.

4 M. CARTABIA, L’ora dei diritti fondamentali nell’Unione Europea, cit., p. 57.

5 G. AZZARITI, Verso un governo dei giudici? Il ruolo dei giudici comunitari nella costruzione dell'Europa

politica, in Rivista di diritto costituzionale, 2009, p. 3 ss, spec. p.17-18. In senso analogo, con specifico

riferimento alle questioni di politica sociale, v. S. GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, Bologna, Il Mulino, 2012, p. 24-26.

6 Pragmaticamente, N. FAHY, Who is shaping the future of European health systems?, BMJ 2012;

344:e1712, sottolinea: “Health will inevitably become a central part of discussions about public finances

because health systems account for too much money to ignore”. L’autore, analizzando le misure relative ai

sistemi sanitari nazionali contenute nei piani di salvataggio approvati dalle istituzioni europee per Irlanda, Grecia e Portogallo, mostra come una delle meno visibili ma più significative conseguenze della crisi economica sia il crescente coinvolgimento delle istituzioni europee nella supervisione dei bilanci nazionali e, di conseguenza, delle scelte di finanziamento e organizzazione dei sistemi sanitari come una delle più significative voci di spesa, suscettibile di significativi miglioramenti in termini di produttività e di efficienza.

Se la Corte non manca di riconoscere il mantenimento e la sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali come cause giustificatrici di limitazioni al riconoscimento del diritto all’assistenza transfrontaliera, e soprattutto del diritto al rimborso delle spese sostenute, tale causa giustificativa trova ambiti di applicazione sempre più circoscritti, mentre l’incidenza delle istituzioni comunitarie sulla composizione, oltre che sull’entità della spesa pubblica, sembra interessare sempre di più anche la sfera sanitaria.