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Il principio di solidarietà da elemento di tenuta dei sistemi di welfare nazionali a motivo fondante il

A conclusione di questo percorso ricostruttivo, la dimensione solidaristica sembra essere la chiave di lettura che permette di evidenziare criticità e potenzialità insite nella attuazione nazionale ed europea del diritto all’assistenza sanitaria e della sua portabilità, soprattutto con riferimento alla effettiva capacità di declinare il riconoscimento dei diritti e la conseguente condivisione degli oneri necessari alla loro realizzazione in termini di promozione della persona e rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che ne inibiscono il pieno sviluppo, ovvero di eguaglianza sostanziale.

Tra le diverse opzioni di tutela del diritto all’assistenza sanitaria in situazioni di mobilità, il riconoscimento del diritto al rimborso delle spese sostenute costituisce forse l’espressione qualitativamente meno significativa di solidarietà, sia in senso istituzionale che sociale, poiché dispone una attivazione successiva alla prestazione di cura del rapporto solidaristico tra l’assistito e il suo sistema di affiliazione, con il rischio di determinare forme di solidarietà rovesciata105, posto che lo stesso meccanismo del rimborso presuppone che la persona interessata abbia già esborsato risorse proprie, di cui quindi aveva già disponibilità. Questo ultimo aspetto è stato sottolineato soprattutto con riferimento all’ampliamento delle forme di rimborso delle spese sanitarie sostenute all’estero in assenza di autorizzazioni, in cui viene assunta una prospettiva di tutela del paziente come consumatore e utente di prestazioni sanitarie, con tutti i rischi che questo comporta in termini di effettiva tutela del diritto fondamentale alla salute di chi consumatore non è e non può essere, per mancanza di mezzi economici o semplicemente culturali106.

104 In base all’art. 36, comma 2, del Dlgs 286 del 1998, Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere,

tramite le regioni, sono rimborsate delle spese sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.

105 Si perderebbe infatti la doppia valenza redistributiva e solidaristica del sistema di finanziamento della

spesa sanitaria, che permette la ripartizione dell’onere relativo ai servizi rivolti alla generalità dei consociati, ma anche il finanziamento di quelle specifiche misure che vanno a beneficio di una cerchia più limitata di soggetti, in condizioni di particolare fragilità..In termini economici, la ripartizione del rischio esemplifica l’esercizio di una forma specifica di solidarietà sociale ed economica tra gli appartenenti ad una data

comunità: in forma più spinta, nei sistemi universalistici a finanziamento tramite fiscalità diretta, come quello italiano, in forme intermedie, nei sistemi contributivi e categoriali che prevedono la remunerazione diretta delle prestazioni da parte delle istituzioni competenti, e in forme più ridotte nei sistemi basati sul rimborso ex post delle spese sostenute dagli assistiti. Come è evidente, la scelta di estendere la tutela del diritto

all’assistenza sanitaria transfrontaliera prevalentemente attraverso l’estensione del diritto al rimborso delle spese, costituisce a livello europeo lo strumento a minor impatto redistributivo rispetto alla alternative disponibili de iure condito e a quelle ipotizzabili iure condendo.

106 R. BIN, I diritti di chi non consuma, in G. COCCO (a cura di), Diritti dell'individuo e diritti del

consumatore, Milano, 2010, p. 95ss, sottolinea la progressiva “sostituzione dei cittadini con i consumatori ,

della politica con il mercato” e la conseguente emersione di una categoria sempre più ampia degli “esclusi”: “Essa non è composta soltanto dai non-utenti, esclusi dai servizi pubblici privatizzati, ma anche dai non- consumatori, che potremmo anche semplicemente chiamare: i poveri”. Con specifico riferimento al tema dell’approccio europeo alle cure cross border , cfr E. MOSSIALOS, G. PERMANAND, R. BAETEN, T. HERVEY, Health systems governance in Europe: the role of European Union law and policy, cit., spec. p.

Questa forzatura dei meccanismi solidaristici, tutta interna ai singoli sistemi nazionali, è solo uno degli effetti pregiudizievoli messi in luce a livello europeo: è stato infatti sottolineato come l’intervento giurisprudenziale della Corte di Giustizia abbia sostanzialmente attribuito ai cittadini europei il diritto di entrare e di uscire da sistemi nazionali di solidarietà finanziati collettivamente e democraticamente costituiti, introducendo una forte asimmetria tra l’integrazione imposta in via giudiziaria, qualificata come integrazione negativa, e l’integrazione positiva, attraverso la legislazione. In particolare, l’attivismo della Corte ha sì dato impulso alla legislazione europea, ma ha messo gli stati membri in una condizione di indebolimento della loro capacità di contrattazione nei confronti della Commissione, sul versante europeo, e della loro capacità di autodeterminazione, sul versante interno107.

Riprendendo le due concezioni utilizzate in apertura del capitolo, l’intervento della Corte ha indubbiamente aperto nuovi spazi di solidarietà “acquisitiva”, ridimensionando fortemente l’effettiva portata delle istanze solidaristiche “difensive” dei sistemi nazionali, propugnate con raro (ma non inesistente) successo dagli stati membri.

Quello che ad oggi risulta carente, nell’ambito della mobilità sanitaria come in altri ambiti europei di intervento sociale, è il recupero della decisionalità politica necessaria a ristabilire l’equilibrio tra le due concezioni di solidarietà108. Si ripropone cioè la necessità di contemperare profili individuali e collettivi della tutela del diritto all’assistenza, dove la contrapposizione tra le due posizioni, espressa in sede giurisdizionale, deve trovare, in sede politica, una composizione che li renda non più conflittuali ma complementari, in ragione del vincolo solidaristico che li tiene insieme. Il risultato espresso nella direttiva UE 24/2011 non sembra integrare pienamente questo tipo di prospettiva, pur essendo un primo tentativo di risposta normativa alle istanze emerse a seguito delle numerose pronunce della Corte in materia.

Più in generale, se la riduzione delle diseguaglianze di salute è uno degli obiettivi dichiarati delle politiche europee109, ed è sicuramente costituzionalmente dovuto per il nostro ordinamento, le recenti evoluzioni normative in materia di patient mobility non possono essere, di per sé, l’unico o il principale strumento efficace per il perseguimento di un tale obiettivo.

La perequazione delle chances di cura in termini di qualità, tempestività e appropriatezza sembra perseguibile più efficacemente attraverso altre azioni, in primis la cooperazione sanitaria e l’assistenza transfrontaliera diretta, che richiedono un livello di solidarietà tra

27 ss e 81 ss. Sul tema dell’integrazione negativa come causa dell’asimmetria dell’integrazione europea, v. F. W. SCHARPF, The Double Asymmetry of European Integration – Or: Why the EU Cannot Be a Social

Market Economy, MPIfG Working Paper 09 /12, Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung, Köln,

2009, p. 14: “the questions the Court will receive and the cases it will see must inevitably constitute an

extremely skewed sample of all the interest constellations that are affected by European integration. They will reflect the interest of parties who have a major economic or personal stake in increased factor or personal mobility, and who also have the financial and organizational resources to pursue this interest by seeking judicial redress against national laws and regulations. What the Court will not see, however, are cases promoting the interests of the less mobile majority of European individuals and firms and, even more significantly, cases representing the interests that benefit from existing national laws and regulations”.

107F. W. SCHARPF, The Double Asymmetry of European Integration – Or: Why the EU Cannot Be a Social

Market Economy, cit., 2009, p. 15ss. L’autore sottolinea come“European law has no language to describe and no scales to compare the normative weights of the national and european concernrs at stake” (p. 22).

108 In tal senso cfr S. GIUBBONI, Diritti e solidarietà in Europa, cit., p. 225 ss.

109 In merito v. da ultimo Commission Staff Working Document, Investing in Health , Brussels, 20.2.2013,

SWD(2013) 43 final e la coeva Comunicazione della Commissione Towards Social Investment for Growth

stati membri e istituzioni europee molto più articolato, non tanto in termini economico- finanziari, quanto soprattutto in termini di leale collaborazione.

Sembrano muovere in questa direzione i recenti atti europei relativi alle linee di utilizzo del Fondo sociale europeo per il 2014-2020, in cui l’investimento nei sistemi e nelle strutture sanitarie costituisce uno degli ambiti di intervento più significativi: “smart investments in health can lead to better health outcomes, productivity, employability, social inclusion and the cost-efficient use of public resources, contributing to the fiscal sustainability of health systems, investing in human capital and equity in health”110.

È sicuramente significativo che, dopo un periodo di massicci interventi economico- finanziari a carico dei bilanci degli stati membri, la Commissione abbia finalmente promosso un “Social Investment Package”, composto da un insieme articolato di provvedimenti che vanno ad individuare obiettivi e risorse per intervenire nei diversi ambiti di welfare. La sanità costituisce uno degli ambiti di intervento più significativi e complessi111, ma è anche riconosciuto come uno dei settori in cui può essere maggiore l’impatto degli investimenti in termini di produttività economica e inclusione sociale, soprattutto laddove i sistemi sanitari si informano ai criteri di “universal access to safe, high- quality, efficient healthcare services, better cooperation between social and healthcare services and effective public health policies to prevent chronic disease”. In questo senso la Commissione

sottolinea che “financial consolidation and structural reform of health systems must go hand in

hand to continue delivering on public policy goals and ensure that efficiency gains will guarantee universal access and increase the quality of healthcare”.

Da questi ultimi provvedimenti, sembra che anche in riferimento all’ambito sanitario si profili un intervento europeo fortemente orientato a rafforzare forme di intervento strutturale riconducibili alle politiche di coesione economica, sociale e territoriale112. Si tratta di uno strumento che ha assunto sempre più marcatamente una finalizzazione solidaristica e redistributiva113 e che potrebbe promuovere una maggiore e più efficace solidarietà tra stati e tra popoli anche in ambito sanitario.

Tali misure, introdotte sin dall’Atto Unico Europeo come ambito di intervento comunitario114, sono finalizzate alla riduzione dei divari tra regioni e a promuovere una società ed un’economia più solidali115. Il concetto europeo di coesione economica, sociale

e territoriale costituisce un’originale espressione della solidarietà, poiché implica la collaborazione tra istituzioni europee, stati membri e regioni, ma coinvolge attivamente anche realtà sociali ed economiche locali, in azioni finalizzate a favorire lo sviluppo

110 Comunicazione della Commissione Towards Social Investment for Growth and Cohesion - including

implementing the European Social Fund 2014-2020 COM (2013)83 final, p. 9.

111 Parallelamente alla predisposizione del Social Investment Package, la Commissione, con decisione del 5

luglio 2012, ha attivato le procedure per istituire un gruppo di lavoro triennale, composto di esperti incaricati di individuare forme e ambiti efficaci di investimento da attivare in ambito sanitario.

112 Per un’analisi complessiva delle politiche europee di coesione v. A. BRUZZO, E. DOMORENOK, La

politica di coesione nell’Unione Europea allargata. Aspetti economici, sociali e territoriali, Ferrara,

Unifepress, 2009, passim.

113 Indaga il rapporto tra questo tipo di interventi e l’evoluzione europea dei sistemi di welfare G.

MARTINICO, La tutela multilivello dei diritti sociali e l’impatto del welfare sovranazionale sulla ‘forma di

unione’, Tesi di perfezionamento, Scuola Superiore S.Anna, Pisa, 2008; Ib., Le fisionomie del principio costituzionale di solidarietà nell’ordinamento comunitario, in P. BIANCHI, S. PANIZZA (a cura di), Quaderni sul principio di eguaglianza, Cedam, Padova, 2008, p. 61.

114 L’AUE introduce nel Trattato CE il titolo V, interamente dedicato alle politiche di coesione e agli

strumenti di finanziamento attivati in ambito comunitario, ovvero i fondi a finalità strutturale, la Banca europea per gli investimenti ed altri strumenti finanziari.

115L’ Art. 174 TFUE declina gli obiettivi dell’azione europea per il rafforzamento della sua coesione

economica, sociale e territoriale in termini di riduzione del divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed del ritardo delle regioni meno favorite.

equilibrato e sostenibile dei territori e le pari opportunità116. Trattandosi di un intervento redistributivo territoriale, si paventa una sua scarsa efficacia sui singoli individui, pur dovendosi ammettere che, allo stato attuale, questo è l’unico intervento perequativo di origine europea che sia possibile, e ammissibile, nel quadro normativo e politico attuale117, e che può produrre un importante effetto legittimante a favore delle istituzioni europee, soprattutto dopo le impopolari misure economiche adottate per contrastare gli effetti della crisi sui bilanci degli stati membri118.

Il sistema redistributivo così attivato presuppone che siano gli interlocutori istituzionali più vicini ai cittadini ad assicurare che le risorse distribuite in loco possano effettivamente produrre effetti equitativi e promozionali sulle condizioni delle persone interessate119. Includere quindi anche gli investimenti in ambito sanitario all’interno di questo tipo di intervento, potrebbe comunque portare a risultati significativi, quantomeno nel ridurre le eccessive disparità tra stati membri in termini di strutture sanitarie e infrastrutture tecnologiche, per garantire standard di cura e qualità adeguati in tutti gli stati membri, chiunque vi si trovi ad essere curato.

La dimensione della cooperazione sanitaria, come disciplinata dalla direttiva del 2011, riferita alle patologie rare e di particolare complessità e alla collaborazione dei centri di eccellenza, costituirebbe l’altro versante di qualificazione dei sistemi sanitari europei, più propriamente clinica, in grado di ampliare le possibilità di cura per i casi sanitari più complessi o di minore incidenza, la cui specificità richiede interventi non disponibili in forma diffusa, e soprattutto di ottimizzare gli investimenti nella ricerca e nella sperimentazione di terapie innovative secondo protocolli condivisi e sicuri.

A livello europeo sembrano quindi individuabili spazi per una solidarietà europea e tra stati, che superando il singolo caso intervenga sulle diseguaglianze di salute esistenti120, in modo da garantire un comune ed elevato livello di protezione della salute umana. Se politicamente e istituzionalmente sostenuto, tale processo potrebbe integrare una forma europea, specifica e originale di solidarietà121, rivolta contestualmente a persone e territori. Un meccanismo simile, seppure necessariamente più rafforzato, sembra caratterizzare anche il progressivo decentramento dell’assistenza sanitaria in Italia, posto che, anche nel mutato assetto istituzionale, vi sono obiettivi costituzionalmente previsti che motivano l’intervento statale, in termini perequativi, dal punto di vista economico-finanziario ( per garantire l’unitarietà del sistema e perseguire la promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, secondo il dettato dell’art. 119 Cost.), ma anche in termini amministrativi e legislativi, qualora lo richiedano “la tutela

116 C. BUZZACCHI, cit., p. 183 ss.

117 Come è stato sottolineato tra gli altri da G. MARTINICO, op. ult. cit., “il modello sociale europeo non è

un modello alternativo a quelli statali ma uno che vive in osmosi con i welfare nazionali”, p. 67.

118 Sul tema v. F. W. SCHARPF, Legitimacy Intermediation in the Multilevel European Polity and Its

Collapse in the Euro Crisis, MPIfG Discussion Paper 12/6, Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung,

Köln, 2012, p. 2: “if the function of legitimacy is to ensure the acceptance of unwelcome acts of government,

it also follows that the need for legitimation increases with the severity imposed and/or the political salience of the issues at stake”.

119 C. BUZZACCHI, p. 234-235.

120 Nella letteratura epidemiologica sanitaria, si considerano diseguaglianze di salute sia le diseguaglianze

interne ai territori, tra gruppi sociali di una stessa comunità, che le diseguaglianze di salute tra territori: per tutti, M. MARMOT, Health in an unequal world, in Lancet, 2006, 368, p. 2081.

121 R. M. CREMONINI, cit., p. 441 auspica che in Europa“la solidarietà si riempia di contenuti concreti,

configurandosi in forme differenti, ricalcando, da un lato, quelle tradizionali già presenti nell’esperienza storica e costituzionale degli stati membri e, dall’altro, assumendo connotazioni specifiche nuove ed originali”.

dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali” come previsto dall’art. 120 Cost.

In questo contesto, il rapporto tra solidarietà, territorialità e mobilità delle persone sembra uscire confermato: seppure in forme diverse e con intensità di tutela variabili, le fattispecie di mobilità sanitaria che sono state considerate postulano comunque una qualche forma di appartenenza, che si riverbera sulla dimensione dell’esercizio del diritto all’assistenza sanitaria. Nei casi di mobilità sanitaria propriamente detti, per cure programmate o impreviste, resta valido e fondamentale il legame con il sistema sanitario territoriale di provenienza, quale titolo per accedere alle cure in altri stati nell’ambito della propria copertura previdenziale. Nei casi di trasferimento stabile in altri paesi dell’unione, è prevalentemente la residenza, se non la prestazione di attività lavorative in loco, a determinare il sorgere di diritti all’assistenza, anche sanitaria, nei paesi ospiti, in ragione dei criteri di competenza territoriale definiti in sede europea dalla disciplina del coordinamento dei sistemi di protezione sociale. L’intervento europeo, piuttosto che sostituirsi alle forme di solidarietà statali organizzate nei sistemi di protezione sociale esistenti, introduce dei criteri di “afferenza territoriale” che intervengono sui meccanismi solidaristici degli stati membri, ampliandone o riducendone i confini di copertura, a seconda della prevalenza del vincolo con il paese ospitante o di quello con il paese di provenienza.

L’approfondimento della disciplina italiana in materia di mobilità interregionale e internazionale ha permesso di evidenziare i diversi livelli di protezione riconosciuti dall’ordinamento, e di rilevare come la dimensione solidaristica, seppure in forma implicita, allo stato attuale caratterizzi fortemente il bilanciamento compiuto nelle scelte legislative e le applicazioni giurisprudenziali in materia. In particolare, la differenziazione operata dall’ordinamento, e ritenuta costituzionalmente conforme dalla Corte costituzionale, riguarda la dimensione internazionale della mobilità sanitaria, dove è possibile distinguere il livello di tutela offerto in base al paese in cui si trova l’assistito, ai motivi del soggiorno, allo stato economico del richiedente l’assistenza. In merito, la situazione dei cittadini e degli stranieri regolarmente residenti, in quanto iscritti al sistema sanitario nazionale risulta del tutto analoga.

Ciò premesso, potrebbe profilarsi il rischio di un processo di frammentazione dei livelli di tutela del diritto, laddove il processo di decentramento di funzioni e competenze in atto in materia di assistenza sanitaria indiretta e di mobilità interregionale e internazionale si traduca in una differenziazione irragionevole del livello di tutela riconosciuto agli assistiti a seconda della regione di residenza. si tratta di considerazioni che valgono peraltro con riferimento all’ambito dell’assistenza sanitaria complessivamente inteso, dove la gestione dei flussi di mobilità sanitaria interregionali e internazionali da parte delle regioni si inseriscono nel sistema complessivamente inteso, fortemente condizionato, in termini di autonomia e di funzionalità, dallo stato della situazione finanziaria regionale.

Un ultimo rilievo riguarda la tenuta della dimensione solidaristica in rapporto agli esclusi dai sistemi di protezione sociale: si è già riscontrato come la disciplina nazionale vigente assicuri una protezione sanitaria di base a chiunque sia presente sul territorio nazionale, a prescindere dal titolo e dalla regolarità del soggiorno, attraverso l’assunzione dei costi relativi a carico della collettività. Dal punto di vista europeo, la disciplina relativa al riconoscimento dell’assistenza sanitaria postula la sussistenza di una qualche forma di copertura sanitaria dei cittadini europei, da parte degli stati membri, siano quelli di residenza o di iscrizione, senza che vi siano forme di ripartizione solidaristica a livello europeo del rischio di “insolvenza” da parte di stati con situazioni finanziarie meno stabili, aspetto che invece sarebbe auspicabile le istituzioni europee recuperassero.

Si tratterebbe sicuramente di un segnale politico importante, utile a ristabilire un equilibrio tra le responsabilità degli stati membri e delle istituzioni europee, in un’ottica solidale, anche per evitare che all’intervento “demolitorio” dei sistemi di protezione nazionale da parte della Corte di Giustizia seguano reazioni difensive da parte degli stati membri, in termini di riduzione dei livelli di protezione sociale erogati e delle forme di copertura assicurate. Si tratterebbe di una “recessione solidaristica” in controtendenza rispetto a segnali significativi provenienti da altre realtà internazionali, dove invece l’universalismo della copertura sanitaria e l’assunzione degli oneri di assistenza su basi solidaristiche stanno trovando ambiti di attuazione originali: la copertura sanitaria è stata inserita dall’ILO tra le componenti del “social protection floor”, una piattaforma di protezione sociale mondiale condivisa, di impronta universalistica, da finanziare a livello nazionale attraverso forme miste di contribuzione, in grado di intercettare il più ampio novero di risorse (contributi, ma anche imposte su capitale e reddito), e garantire così l’accesso alle cure anche alle persone prive di mezzi122. La recente riforma sanitaria promossa negli Usa