GLI ASPETTI CRITICI DEL RAPPORTO FIDUCIARIO
2. La natura astratta o causale del negozio reale di trasferimento fiduciario: il negozio fiduciario come negozio solvendi causa.
Sulla base delle risultanze relative al percorso evoluzionistico che ha investito
nel senso che l'atto, considerato in sé e per sé, potrebbe essere giustificato da una o da un'altra causa, in specie solvendi o donandi >>.
210 F. GAZZONI, “Manuale di diritto privato”, Napoli, 2002, p. 806, in cui l'A. rileva, in tema di negozio astratto, che esso si connota per un <<particolare atteggiarsi della giustificazione causale>>.
211 F. GAZZONI, “Manuale di diritto privato”, Napoli, 2002, p. 957.
212 U. CARNEVALI, “Intestazione fiduciaria”, in Diz. dir. priv., a cura di N. IRTI, 1980, p. 455 e ss.; F. MESSINEO, “Manuale di diritto civile e commerciale”, I, Milano, 1959, p. 579. 213 Si veda la ricostruzione del contrasto dottrinale sul tema in N. LIPARI, “Il negozio
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l'elemento causale, autorevole impostazione dottrinale214 ricostruisce il negozio fiduciario in termini di pagamento traslativo. La tesi muove da considerazioni di fondo che hanno costituito la genesi storica e giuridica dell'obbligo di “dare”, consistente, prima dell'avvento della codificazione del '42, nell'obbligazione di fare acquistare la proprietà o altro diritto, data la costruzione del contratto come esclusivamente ad effetti obbligatori.
L'esegesi sulla creazione della categoria del pagamento traslativo è assai importante al fine di comprendere meglio il meccanismo della scissione tra titulus e modus adquirendi, che connota anche e soprattutto i negozi fiduciari.
Si consideri, infatti, che nell'impianto codicistico civile ottocentesco era presente una norma che si riferiva al consenso come conseguenza immediata e diretta per la realizzazione del trasferimento del diritto, oggetto del contratto.
Più esattamente, l'art. 1125 del codice civile del 1865215 sanciva, a chiare lettere, il principio del consenso traslativo. Sebbene il testo normativo fosse esplicito in tal senso, gli accademici del tempo continuavano a pensare il contratto come accordo esclusivamente ad effetti obbligatori. Diverse erano le ragioni e tra tutte spiccavano l'incisiva influenza, nel quadro dottrinale italiano dell'epoca, delle costruzioni teoriche d'Oltralpe di matrice essenzialmente francese, nonché un impianto normativo, ricavabile dagli artt. 1908, 1099 e 1447 c.c., il cui baricentro era sproporzionalmente spostato verso il vincolo obbligatorio.
Di conseguenza, nonostante l'espressa previsione di una traslazione della proprietà o di altro diritto sulla base del consenso liberamente prestato dalle parti, i più
214 U. CARNEVALI, (voce) “Negozio fiduciario”, in Enc. giur., XX, Roma, 1990, p. 6.
215 L'art. 1125 del codice civile del 1865 recita testualmente: <<Nei contratti che hanno per oggetto la traslazione della proprietà o di altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmette e si acquista per effetto del consenso legittimamente manifestato, e la cosa rimane a rischio e pericolo dell'acquirente, quantunque non ne sia seguita la tradizione>>.
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continuavano a ritenere che siffatto effetto traslativo non poteva configurarsi come risultato immediato e diretto del consenso legittimamente espresso dai contraenti, dovendo essere comunque ricondotto al meccanismo del contratto ad effetti obbligatori, vale a dire ad un'obbligazione di dare216, intesa, appunto, come obbligazione di far acquistare la proprietà.
Con l'entrata in vigore del codice civile del 1942, la situazione venne depurata da elaborazioni teoriche che contrastavano con la lettera dell'esordiente art. 1376 c.c., in forza del quale è a tutt'oggi sancita e riconosciuta l'inequivoca regola del consenso traslativo217, con conseguente definitiva distinzione tra contratto ad effetti obbligatori e contratto ad effetti reali.
La ratio della nuova prospettiva218 si fonda su una necessaria snellezza dello strumento circolatorio - quale appunto il contratto ad effetti reali - che corrisponda, cioè, alla rapidità e alla certezza della logica degli scambi economici,
216 Si veda sull'obbligazione di dare: CHIRONI, “L'obbligazione di dare”, in Riv. dir. comm., 1911, II, p. 633 e ss.; L. CARIOTA-FERRARA, “L'obbligo di trasferire”, in Ann. dir. comp., XXVI, 1950, p. 195 e ss.; F. MESSINEO, “Manuale di diritto civile e commerciale”, III, Milano, 1959, p. 42; M. GIORGIANNI, voce “Obbligazione diritto privato”, in Noviss. dig.
it., XI, Torino, 1968, p. 599 e ss.; P. RESCIGNO, voce “Obbligazioni (diritto privato). Nozioni generali”, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 189; DI MAJO, “Delle obbligazioni in generale”, in Commentario codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-
Roma, 1988, p. 377; A. CHINALE, “Obbligazione di dare e trasferimento della proprietà”, Milano, 1990; F. GAZZONI, “Babbo Natale e l'obbligo di dare”, in Giust. civ., 1991, I, p. 2896; U. BRECCIA, “Le obbligazioni”, Milano, 1991, p. 144; S. MACCARONE,
“Considerazioni d'ordine generale sull'obbligazione di dare in senso tecnico”, in Contratto e impresa, 1998, p. 627.
217 M. GIORGIANNI, (voce) “Causa”, in Enc. dir., IV, Milano, 1960, p. 550, in cui l'Autore afferma: <<L'importanza del principio consensualistico del trasferimento della proprietà consiste non tanto nell'affermazione che la proprietà si trasferisce senza necessità di un atto di materiale consegna (la traditio era da molto tempo talmente “spiritualizzata” da costituire ormai, specie per le cose immobili, una pura formula notarile), quanto nella intima compenetrazione dell'atto traslativo e del contratto consensuale, i quali per l'innanzi erano formalmente e soprattutto concettualmente distinti con chiarezza>>.
218 Si veda in tal senso anche: CAMARDI, “Vendita e contratti traslativi. Il patto di differimento
degli effetti reali”, in Diritto privato, casi e questioni, collana diretta da M. Bessone, Milano,
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per cui una volta valutata la convenienza economica dell'operazione contrattuale da porre in essere, occorre che alle parti sia assicurata l'attribuzione del diritto mediante l'immediatezza dell'effetto traslativo.
La contestualità tra l'effetto traslativo ed il consenso prestato farebbe, dunque, venir meno l'importanza dell'obbligazione di dare, intesa, però, in termini di obbligazione di far acquistare la proprietà o altro diritto. Non è un caso, infatti, che nel nuovo impianto codicistico, tale tipologia di obbligazione assuma un contenuto più ristretto, ovverosia relativo esclusivamente all'obbligazione di consegnare una cosa determinata, non riferendosi più alla vicenda reale sottesa alla logica degli scambi219 o della circolazione della ricchezza.
Diversamente, nell'ordinamento tedesco, ma anche nel sistema austriaco220 ed inglese221, l'obbligazione di dare viene ancora concepita come obbligazione di fare acquistare un diritto, in quanto nella tradizione giuridica di siffatti Paesi residua la dicotomia tra titulus e modus adquirendi, costruendo il contratto come essenzialmente ad effetti obbligatori.
In particolare, in Germania tale distinzione trova ampia giustificazione soprattutto in considerazione della singolare circostanza che il sistema teutonico non ravvisa nella causa un elemento necessario rispetto ad una situazione avente ad oggetto
219 DI MAJO-GIAQUINTO, “L'esecuzione del contratto”, Milano, 1967, p. 229; L. BIGLIAZZI GERI - U. BRECCIA - F.D. BUSNELLI - U. NATOLI, “Diritto civile”, v. III, “Obbligazioni e contratti”, Torino, 1989, p. 106.
220 A. CHIANALE, “Obbligo di fare e di dare in diritto comparato e italiano”, (voce) in Dig.
disc. priv., XII, Torino, 1995, p. 356, il quale osserva: <<Anche il codice austriaco conosce al
§ 307 ABGB l'obbligazione di dare, intesa come obbligazione di fare acquistare la cosa>>. Nonostante questa previsione normativa, la dottrina austriaca ritiene, dal punto di vista classificatorio, il credito di dare come un qualunque altro credito.
221 A. CHIANALE, “Obbligo di fare e di dare in diritto comparato e italiano”, (voce) in Dig.
disc. priv., XII, Torino, 1995, p. 357, in cui l'A. riporta come: <<Nell'ordinamento inglese, il
venditore di real prosperty è obbligato a far acquistare il legal title al compratore mediante un autonomo e successivo atto traslativo (la c.d. conveyance) >>.
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trasferimenti immobiliari, ovvero <<al titulus, costituito da un contratto ad efficacia obbligatoria (vendita, donazione, ecc.), fa seguito il modus, rappresentato da un contratto traslativo astratto con funzione esecutiva, che esplica conseguentemente i propri effetti indipendentemente dall'esistenza di eventuali vizi che dovessero inficiare il titulus stesso>>222.
Alla luce di tali considerazioni, la dottrina più recente ravvisa nel nostro ordinamento la possibilità di ammettere una separazione tra il contratto obbligatorio e l'atto che determina il passaggio del diritto reale. Nonostante la presenza della regola consensualistica, in alcune ipotesi è ugualmente consentita una scissione tra titulus e modus adquirendi, in termini di differimento dell'effetto traslativo in un momento posteriore rispetto a quello in cui viene prestato il consenso al trasferimento del bene. Il rapporto obbligatorio che precede il trasferimento costituisce una valida giustificazione causale del trasferimento patrimoniale (o dell'effetto traslativo, che dir si voglia), potendo la causa collocarsi fuori lo schema negoziale che determina il passaggio del diritto223. Si sgombra così il campo dalla nota censura, mossa dalla dottrina tradizionale, relativa all'inammissibilità nel nostro ordinamento dei c.d. negozi “astratti”, laddove per astrattezza s'intende l'atipicità del negozio con cui si pone in essere il
222 A. CHIANALE, “Obbligo di fare e di dare in diritto comparato e italiano”, (voce) in Dig.
disc. priv., XII, Torino, 1995, p. 353.
223 L. MENGONI, “Gli acquisti <<a non domino>>”, Milano, 1975, p. 199 e ss., in cui l'A. rileva: <<La differenza tra negozi traslativi atipici (esecutivi di un rapporto precedente) non si risolve necessariamente nella distinzione tra negozi causali e negozi astratti: essi si distinguono soltanto per il diverso modo cui l'esigenza causale viene soddisfatta. L'inquadramento in un tipo non è l'unico mezzo possibile di controllo dell'idoneità del negozio a realizzare interessi meritevoli di tutela giuridica. Se la struttura del negozio non corrisponde a una funzione tipica, il requisito causale è ugualmente soddisfatto qualora le parti abbiano provveduto ad integrare il regolamento negoziale con l'indicazione dell'interesse alla cui realizzazione è preordinato>>. Si veda anche CAMPAGNA, “Il
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trasferimento del diritto224, rispetto al momento antecedente di assunzione dell'obbligo.
Si sostiene che se si separano questi due momenti, quali l'effetto traslativo ed il consenso contrattuale (caratterizzati dalla contestualità, in base al principio di cui all'art. 1376 c.c. ), l'atto diretto ad attuare uno spostamento patrimoniale, dovrà necessariamente essere considerato privo della giustificazione causale e per ciò solo inammissibile, atteso che esso non risulta giustificato né da un animus
donandi, data la preesistenza di un obbligo, né da un corrispettivo previsto
nell'altro negozio. Si configurerebbe cioè una “prestazione isolata” (non essendo riconducibile né ad una donazione né ad una vendita) che costituirebbe un negozio astratto.
Secondo tale posizione dottrinale, dunque, la ricostruzione di un obbligo di dare, inteso quale titulus, successivamente seguito da un atto traslativo, integrante il
modus, trova ferrea opposizione non solo e non tanto nella regola
consensualistica, che vuole che i modelli negoziali tipici (donazione, vendita, ecc.) si connotino per una contestualità tra l'effetto traslativo e il consenso prestato al fine di realizzare la traslazione del diritto, bensì nell'ultroneo principio, che informa di sé l'ordinamento, relativo alla necessità causale dei trasferimenti di ricchezza225.
Nonostante tali resistenze da parte della menzionata ricostruzione dogmatica, attualmente si è giunti a configurare, in ordine alla questione della scissione tra
224 Atipicità, dunque, non è astrattezza. Tant'è che la predicata interdipendenza tra i due concetti viene interrotta dalla ammissibilità di una sequenza procedimentale che separa il contratto obbligatorio dall'atto che determina il passaggio del diritto.
225 In questi termini si esprimono: GAZZARRA, “La vendita obbligatoria”, Milano, 1957; P. SCHLESINGER, “Il pagamento al terzo”, Milano, 1961, p. 24 e ss.; RUSSO, “La
responsabilità per inattuazione dell'effetto reale”, Milano, 1965, p. 63; M. COSTANZA, “Art. 1333 e trasferimenti immobiliari solutionis causa”, in Giust. civ., 1988, I, p. 1242.
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obbligo di dare e negozio traslativo solvendi causa, la categoria del pagamento traslativo, conosciuta anche con le diverse nomenclature di “negozio con causa esterna”, “negozio di attribuzione” o, ancora, “prestazione isolata”226
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Con la figura in questione l'effetto traslativo si realizza in forza di un atto - appunto il pagamento - esecutivo di un precedente rapporto obbligatorio che ne costituisce la causa giustificativa.
In ordine alle fattispecie che possono ricondursi alla categoria dei negozi con causa esterna, una parte della dottrina227 vi annovera anche il negozio fiduciario. Alla luce di tale ricostruzione, si sostiene che per negozio solvendi causa s'intende l'atto giuridico compiuto dal fiduciario in esecuzione del pactum fiduciae, quale rapporto obbligatorio. Di conseguenza, l'assetto programmatico predisposto dalle parti si caratterizza, da un lato, per la costituzione di un'obbligazione di dare e, dall'altro, per un successivo atto traslativo, che rende effettiva e compiuta la prestazione isolata di matrice negoziale, la quale individua la propria giustificazione causale esternamente ovverosia nel vincolo obbligatorio fiduciario.