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PUNTO DI VISTA INTERNO

II.14. L’attesa è premiata: giungono i nemic

Sono passati quattordici anni dal completamento della strada militare a nord; un periodo durante il quale nulla di nuovo è accaduto. Ciononostante, il protagonista non è ovviamente immune al passare del tempo.

Si volta pagina, passano mesi ed anni. […] Giovanni Drogo […] aspetta ancora, sebbene la speranza si affievolisca ad ogni minuto. Adesso sì che egli è finalmente cambiato. Ha cinquantaquattro anni, il grado di maggiore e il comando in seconda del magro presidio della Fortezza. […] ha cominciato a dimagrire, il volto si è fatto di un triste colore giallo, i muscoli si sono afflosciati. […] Disturbi di fegato aggravati da esaurimento generale, diceva il medico. […] Comunque era una cosa passeggera.92

Sono dunque passati trentacinque anni dall’arrivo di Giovanni alla Fortezza. Drogo è ulteriormente invecchiato, ormai cinquantaquattro primavere sono trascorse; un enorme periodo di tempo, durante il quale il protagonista si è consumato nell’attesa.

Drogo si era fatto amico del dottor Rovina e aveva ottenuto la sua complicità per poter rimanere. Una oscura superstizione gli diceva che se avesse lasciato adesso la Fortezza, per malattia, mai più sarebbe ritornato. […] Vent’anni prima sì avrebbe voluto andarsene […]. Ma adesso che cosa gli sarebbe restato? Mancavano pochi anni alla sua messa in pensione, la carriera era esaurita […]. Gli restavano pochi

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anni, l’ultima riserva, e forse prima del termine poteva accadere l’avvenimento sperato. Aveva buttato via gli anni buoni, adesso voleva almeno attendere fino all’ultimo minuto.93

Privato di ogni tipo di obiettivo, Giovanni può ormai puntare solamente al coronamento della sua speranza. Egli non è legato a nulla al di fuori della Fortezza; solo e malato, non gli rimane altro che l’incerta venuta dei Tartari. Vi è qui un nuovo presentimento della fine: Drogo infatti vuole rimanere nella rocca, nelle condizioni in cui versa teme di non riuscire più a rientrarvi nel caso se ne dovesse andare (ciò effettivamente accadrà).

Finalmente, dopo trentacinque lunghi anni, si scorgono i Tartari in lontananza:

Si aprì la porta e avanzò il vecchio caposarto Prosdocimo […].

[…] “Vengono! Vengono! […] Dalla strada vengono, se Dio vuole, dalla strada del nord! […] Questa volta non ci si sbaglia […]. La guerra, la guerra!” […].

“E si vedono già?” chiese Drogo “Si vedono anche senza cannocchiale?” (Si era levato a sedere sul letto, invaso da una tremenda inquietudine.)

[…] “Perdio se si vedono! […] io dico che fra due giorni sono qui, due giorni al massimo!”

Maledetto questo letto, si disse Drogo, eccomi bloccato qui dalla malattia. Non gli passò neppure per la mente che Prosdocimo avesse detto una storia, improvvisamente egli aveva sentito che tutto era vero […].94

Come successo molti anni prima con il cavallo, Giovanni è inquieto alla notizia dell’arrivo dei nemici. Un’agitazione che trent’anni prima era dovuta all’inesperienza, alla scarsa attitudine al comando dell’allora giovane tenente. In questo caso, invece, Drogo è mentalmente predisposto allo scontro, ma è il fisico a tradirlo: proprio per questo egli si augura di poter guarire il prima possibile.

93 Ivi, pp. 181-182. 94

“Dio, fammi stare meglio, te lo scongiuro, almeno per sei sette giorni” bisbigliò Drogo senza riuscire a dominare l’orgasmo. […] Ban! un respiro di vento nel corridoio fece sbattere la porta malamente. Nel grande silenzio il rumore echeggiò forte e cattivo, come risposta alla preghiera di Drogo.95

I presupposti non sembrano però favorevoli. L’invocazione di Giovanni, a cui basterebbe recuperare la salute anche solo per lo scontro con i Tartari, non ottiene un responso positivo: la porta si chiude con violenza, quasi a vanificare le speranze del protagonista. Messo al corrente della situazione, Giovanni si avvia quindi verso la Ridotta Nuova.

Gli parve […] che i subalterni lo salutassero con una certa disinvoltura, quasi egli non fosse più il loro diretto superiore […]. Lo giudicavano già liquidato? […] Drogo scorse per prima cosa, dal ciglio della Ridotta Nuova, alzarsi un sottile fumo; dunque c’era stata rimessa la guardia, erano state già prese misure di eccezione, il comando era già in moto, senza che nessuno avesse interpellato lui, comandante in seconda. Se Prosdocimo di sua iniziativa non fosse andato a chiamarlo, Drogo sarebbe stato ancora in letto, ignaro della minaccia.

Lo colse un’ira cocente ed amara […]. Si sentiva orribilmente solo, fra gente nemica.96

Nonostante la carica ricoperta all’interno della Fortezza, Giovanni non è stato interpellato per apprestare le difese nella rocca. Il sarto Prosdocimo, che conosce da trentacinque anni, è andato sua sponte ad avvisarlo, altrimenti Drogo sarebbe rimasto nella propria stanza. Egli quindi si sente abbandonato, tradito proprio dai compagni: i Tartari si stanno avvicinando e forse non sono gli unici nemici contro cui il protagonista deve lottare. In ogni caso, la malattia non lascia pace a Giovanni.

95 Ivi, p. 185. 96

Drogo […] Per mascherare il collasso si fece dare un cannocchiale (era il famoso cannocchiale del tenente Simeoni) e si mise a guardare verso il nord […]. Oh, se almeno i nemici avessero aspettato un poco, sarebbe bastata una settimana perché lui si potesse rimettere, avevano aspettato tanti anni, non potevano tardare ancora qualche giorno, qualche giorno soltanto? Guardò nel cannocchiale il visibile triangolo, sperò di non scorgere nulla, che la strada fosse deserta, non ci fosse alcun segno di vita; questo si augurava Drogo dopo aver consumato la vita nell’attesa del nemico. Sperava di non scorgere nulla e invece una striscia nera attraversava obliquamente il fondo biancastro della pianura e questa striscia si muoveva […] verso la Fortezza. […] Era l’armata del nord, finalmente e chissà…97

Giovanni spera in un falso allarme, ma stavolta non avviene per codardia; egli è risoluto a partecipare alla battaglia, ma al tempo stesso conscio delle sue precarie condizioni fisiche. Si assiste qui a una situazione paradossale: Drogo, dopo aver atteso per trentacinque anni, desidera che i Tartari facciano altrettanto con lui, concedendogli una settimana per riprendersi. Il protagonista osserva le mosse del nemico con il cannocchiale di Simeoni, proprio quello strumento con cui ventinove primavere prima aveva notato la costruzione della strada militare. In ogni caso, non ci sono dubbi: l’armata del Nord sta finalmente giungendo, la Fortezza deve prepararsi allo scontro.