PARTE PRIMA
F) REINTEGRO DEL FILTRATO FECCIA DA DECANTAZIONE STATICA A FREDDO DEI MOSTI : la separazione del surnatante limpido
3. INDAGINE SULLE DINAMICHE OSSIDORIDUTTIVE NEI VINI BIANCHI
3.1 L’influenza dei fattori interni ed esterni al vino
3.1.2 L’attività antiossidante del vino
Il vino è un prodotto noto anche per il contenuto naturale in antiossidanti, benefici per la propria evoluzione nel tempo e per i risvolti salutistici nel consumo umano.
Gli antiossidanti sono delle molecole in grado di inibire l’avvio e la propagazione di reazioni ossidative a catena. È nota l’associazione tra un moderato consumo di vino (150-300ml/dì), in particolare modo di quello rosso, e la riduzione delle malattie neurodegenerative umane come i disturbi cardiovascolari, le infiammazioni, i tumori e le disfunzioni celebrali.
I polifenoli agiscono come antiossidanti, antinfiammatori, antibatterici, antimutageni e vasodilatatori. Questi composti sono presenti nei vini nell’ordine dei grammi per litro, maggiore nei vini rossi, minore nei vini bianchi, e vengono estratti in maniera più efficace con macerazione pellicolare e fermentativa. Hanno capacità chelante nei confronti dei metalli che catalizzano la formazione di radicali; ferro, rame e manganese infatti promuovonola decomposizione di H2O2 in radicali ossidrili scatenanti reazioni radicali che a catena con estrazione di un idrogeno da qualsiasi molecola.
Esiste una correlazione lineare solida tra il contenuto di polifenoli di un vino e le proprietà antiossidanti e antiradicaliche dello stesso. L’esercizio antiossidante viene manifestato dai polifenoli con la donazione a un radicale dell’idrogeno del proprio gruppo fenolico grazie alla delocalizzazione dell’elettrone spaiato nel sistema aromatico. La reattività è decretata dal
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carattere acido della funzione fenolica e dalla nucleofilia dell’anello benzenico.
Fig. 44 – Correlazione tra il contenuto totale di polifenoli (TPC) e (a) il potenziale antiossidante totale (TAP) e (b) l’attività antiradicalica (AAR) (Nervi et al., 2005)
La diminuzione delle specie ossidanti nel mezzo permette di proteggere le molecole bersaglio, quali lipidi, proteine, acidi nucleici, alcol, etc.; le azioni indirette di controllo a via barriere multiple (temperatura, gas inerti, additivi chimici) sono funzione dei costituenti del vino e in particolar modo della dotazione dei flavonoli.
Fig. 45 – Struttura chimica dei flavonoli.
Le caratteristiche strutturali che corrispondono alla maggiore capacità antiossidate e antiradicalica dei flavonoidi sono riconducibili a:
1. Presenza di due ossidrili in posizione 3’ e 4’ dell’anello B;
2. Presenza del doppio legame tra le posizioni 2 e 3 dell’anello C, che coniuga con gli altri legami doppi e con la funzione ossigenata della posizione 4;
3. Presenza di due gruppi ossidrilici nelle posizioni 3 e 5, che coniugano con la funzione ossigenata in 4.
Il flavonolo maggiormente performante è la quercitina, tetraossiflavonolo che condensa queste caratteristiche contemporaneamente. Risultati migliori si riscontrano solo nella sinergia tra acido gallico e trans-resveratrolo.
I vini bianchi imbottigliati, con cinetiche diverse, virano il proprio colore verso tonalità più tenui e stabili. L’evoluzione di tale parametro è correlata alla varietà, alle sostanze coloranti e ovviamente alle pratiche e tecniche
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enologiche impiegate a valenza ossidoriduttiva, dalla vinificazione all’imbottigliamento.
Al fine di determinare il potenziale antiossidante dei vini bianchi oggetto di indagine è stato impiegato il metodo dei radicali liberi e conseguente analisi dello spettro Uv-Visibile (Brand-Williams, et al., 1994).
La tecnica della generazione di un catione radicale cromoforo stabile come il DPPH (difenilpicrilidrazile) valuta la capacità antiossidante in base alla diminuzione dell’assorbanza che si osserva con la cattura del radicale. La reazione è una donazione di idrogeno dall’antiossidante al DPPH. È un’analisi rapida e semplice che garantisce risultati affidabili pur patendo cinetiche diverse per diversi composti presenti nel mezzo.
Il procedimento analitico ha previsto la misura espressa in percentuale dell’assorbanza a 515nm della differenza tra il DPPH puro e il DPPH con vino a 10 secondi al fine di quantificare la decolorazione. Essendo il reagente DPPH fotolabile, è stata controllata l’assorbanza di partenza al fine di annullare le possibili alterazioni dovute da sollecitazioni luminose e termiche. Lo spettrofotometro Shimadzu UV2501PC è stato impiegato per l’analisi in UV-Visibile delle lunghezze d’onda a 280nm per l’ultravioletto e a 420nm, 520nm e 620nm per il visibile. L’acquisizione dei dati è avvenuta attraverso il software UVProbe2.31 (Shimadzu Corp. 1997-2007). Al fine di mantenere le letture nel range di linearità dello strumento si sono operate delle diluizioni 1:10 e 1:20 di alcuni campioni. I 29 vini sono stati raggruppati in 3 categorie: la prima contenente i campioni dal 1990 al 2003, la seconda dal 2004 al 2007 e la terza dal 2008 al 2012.
Fig. 46– Intervalli di confidenza relativi a DO420 per le tre classi di età.
Dall’analisi dell’attività degli antiossidanti col metodo del DPPH, è emerso come la prima e la terza categoria fossero statisticamente differenti (p<0.05) e decrescenti per la lunghezza d’onda 420nm. L’ANOVA effettuata sulle stesse categorie ha evidenziato come i vini della seconda categoria non
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fossero allineati agli estremi e questo pone delle domande riguardanti quali tecniche e quindi correzioni preimbottigliamento siano state adottate negli anni 2004-2007.
Fig. 47– Intervalli di confidenza relativi a DPPH nel tempo per le tre classi di età.
3.1.3 I solfati
Lo zolfo è sempre stato l’alleato più forte per il governo dei processi ossidativi nella storia dell’enologia.
Effettuando l’analisi statistica di correlazione tra i dati spettrofotometrici e le analisi di chimica enologica è emerso come sussista una relazione diretta tra DO 420nm e contenuto dei solfati; nello specifico i vini giovani hanno bassa densità ottica e basso contenuto in solfati, i vini maturi hanno alta densità ottica e alto contenuto in solfati.
In relazione alle cantine di provenienza è emerso come l’approccio tecnico sia stabile e ripetitivo negli anni per l’azienda RG su un arco temporale di 6 anni e per l’azienda BT su un arco di 14 anni anche con varietà diverse.
Fig. 48 – Correlazione tra DO420 e concentrazione dei solfati nei campioni; intervallo di confidenza del 95% tra le bande.
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