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di procreazione medicalmente assistita – 3. Il divieto di selezione degli embrioni a scopo eugenetico – 4. L’esperienza degli altri ordinamenti europei – 4.1 La diagnosi preimpianto in Francia – 4.2 La diagnosi preimpianto in Gran Bretagna – 4.3 La diagnosi preimpianto in Germania

1.

Il diritto alla procreazione responsabile e

l’autodeterminazione bilanciata

La diagnosi genetica preimpianto è una tecnica diagnostica che, tramite il prelevamento di una o più cellule dell’embrione creato in vitro, consente di identificare eventuali malattie, prima del suo impianto in utero.

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Tale tecnica è duramente contestata dai sostenitori dell’intangibilità dell’embrione in quanto “progetto di persona”58, con diritto al medesimo grado di protezione

riservato a chi persona è già.59

Gli interventi della giurisprudenza italiana sono stati copiosi, e spesso in contrasto tra loro. La prima tesi sostenuta, riconosceva la priorità della tutela dei diritti dell’embrione alla vita e all’integrità fin dal momento del concepimento, e subordinava ad essi il diritto alla procreazione da parte dei

genitori60. Nonostante la campagna referendaria per

l’abolizione della legge 40/200461 non andò a buon fine a

causa del forte astensionismo, e del conseguente non raggiungimento del quorum richiesto, sull’argomento si è dibattuto ancora parecchio.

Il Tribunale di Roma emanò un’ordinanza62 che, seppur

rigettando l’istanza, presentata da una coppia affetta da malattia geneticamente trasmissibile, di diagnosi genetica

58 Secondo tale orientamento “l’embrione è un essere umano con potenzialità di

sviluppo (non un essere umano potenziale)”: minoranza della Commissione Dulbecco.

59 Impedire la p.m.a. e la conseguente diagnosi preimpianto, in realtà, non

salvaguarda affatto il nascituro, il quale soccombe ugualmente ove la donna, accertata la rilevante anomalia o malformazione di esso, decida di abortire per l’esistenza di un grave pericolo per la propria salute, fisica o psichica.

60 Tale tutela può essere soggetto di “affievolimento”, solo in caso di conflitto con

altri interessi di pari rilievo costituzionale (come il diritto alla salute della donna) che, in termini di bilanciamento, risultino, in date situazioni, prevalenti.

61 Referendum abrogativo, 12 e 13 giungo 2005, in LaRepubblica.it con nota di A.

Sarno, Legge 40, una storia lunga otto anni: così è cambiato a colpi di sentenze.

62 Trib. Roma, sez. I civile, ordinanza 23 settembre 2013, in Altalex, con nota di

G. Rossini, Diagnosi preimpianto consentita a genitori fecondi con malattie

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preimpianto, evidenziava l’inadeguatezza del disposto normativo a risolvere i problemi dell’infertilità tramite i principi basilari della buona pratica medica.

Già in precedenza, una questione di illegittimità

costituzionale, sollevata dal Tribunale di Cagliari63, sulla violazione del principio di uguaglianza per quanto concerne il diritto d’informazione sulla salute del nascituro, e quindi alla maternità consapevole, veniva rigettata dalla Corte Costituzionale poiché qualificata come contraddittoria. A

mutare l’orientamento interpretativo fu la Curia cagliaritana64

che, discostandosi dai suoi precedenti, favorì l’accertamento diagnostico preimpianto. Il giudice motivava l’autorizzazione concessa basandosi: 1) sulla mancanza di un esplicito divieto; 2) sulla liceità della ricerca clinica volta ad accrescere le conoscenze nell’ambito della diagnosi e della cura delle malattie; 3) sul diritto alla piena consapevolezza in ordine ai trattamenti sanitari e in generale sul rispetto del fondamentale principio del consenso informato del paziente; 4) sull’illiceità delle Linee Guida ministeriali in materia di procreazione medicalmente assistita65, sotto un profilo gerarchico delle fonti, in quanto la normativa secondaria non può contrastare

63 Trib. Cagliari, 16 luglio 2005, n. 574, in Il corriere giuridico, 2013, con nota di

E. Falletti, La diagnosi genetica preimpianto: una ricostruzione di dottrina e di

giurisprudenza nazionale ed europea, pp. 234 ss.

64 Trib. Cagliari, 24 settembre 2007, in Corr. merito, 2008, con nota di G.

Casaburi, Procreazione assistita: il Tribunale di Cagliari dà luce verde alla

diagnosi preimpianto.

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con la legge; 5) sull’illiceità sotto il profilo clinico, poiché la mera indagine osservazionale sull’embrione non consente di accertarne l’effettivo stato di salute, con conseguente compromissione del diritto ad un’informazione adeguata; 6) sul principio costituzionale di eguaglianza, che vieta una diversità di trattamento di situazioni sostanzialmente analoghe, in relazione al possibile accesso diagnostico sulla salute del nascituro effettuato durante la gravidanza.

Dopo alcune prime pronunce giurisprudenziali di merito in senso contrario all’ammissibilità della diagnosi preimpianto, quindi, si è consolidata l’opinione maggioritaria di dottrina e giurisprudenza per cui deve ritenersi prioritario il diritto della coppia a conoscere il numero e lo stato di salute degli embrioni prodotti, come ha in seguito ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza 7269 del 2013. L’epilogo di tale vicenda interpretativa infatti, è rappresentato dall’ordinanza

del T.A.R. Lazio del 21 gennaio 200866, con cui si pervenne

all’annullamento delle Linee Guida Ministeriali 200467, nella

parte in cui stabilivano che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro avrebbe dovuto essere di tipo osservazionale, perché in contrasto con l’art. 13 della L.

66 T.A.R. Lazio, 21 gennaio 2008, n.398, in Famiglia e diritto 2017, con nota di A.

Figone, Illegittimo il divieto di indagine preimpianto sull’embrione?

67 V.d.m. 21 luglio 2004 del Ministero della Salute, con nota di A. Cerato, Diagnosi preimpianto: l’applicazione giurisprudenziale della sentenza n. 96/2015 della Consulta, in Famiglia e diritto 2017, pp. 541 ss.

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40/2004 che consentiva interventi diagnostici sull’embrione, volto alla tutela della salute e allo sviluppo dello stesso.

Grazie a numerose pronunce dei giudici di merito68, è stata ritenuta la legittimità della diagnosi preimpianto (anche finalizzata ad evitare la trasmissione di gravi malattie ereditarie) nell’ottica della sua piena compatibilità con i principi costituzionali posti a tutela della dignità e della salute della persona.

Negare la diagnosi preimpianto implica, infatti, condannare la donna a prendere una decisione non informata, inconsapevole, in ordine al trasferimento in utero degli embrioni formati, con il rischio di mettere in pericolo la propria salute e quella del nascituro.

68 Trib. Bologna, 29 giugno 2009 (con la quale venne disposta l’applicazione della

diagnosi preimpianto di un numero minimo di sei embrioni ed il trasferimento in utero dei soli embrioni sani); Trib. Salerno, 9 gennaio 2010 (con cui venne ordinata l’esecuzione dell’indagine reimpianto ed il trasferimento in utero degli embrioni che non presentavano mutazioni genetiche); Trib. Cagliari 9 novembre 2012 (con la quale, in accoglimento del ricorso, accertava il diritto della coppia ricorrente ad ottenere, nell’ambito dell’intervento di P.M.A., l’esame clinico e diagnostico sugli embrioni ed il trasferimento in utero della donna solo degli embrioni sani o portatori sani delle patologie da cui erano risultati affetti i ricorrenti).

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2.

L’accesso alle tecniche di procreazione

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