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crioconservazione e di soppressione

3.1 Il divieto di ricerca scientifica

Preso atto che il nostro legislatore risolve il problema della sorte degli embrioni soprannumerari con la sola ed unica soluzione della crioconservazione, per dar loro la possibilità di “nascere e morire con dignità”, gran parte della dottrina affronta, con sempre più grande fermezza e convinzione, la controversa questione dell’ammissibilità di una loro destinazione alla ricerca scientifica.

Il giudizio si inquadra nell’ambito del delicato bilanciamento tra il diritto alla ricerca scientifica (e la promozione della salute ad essa collegata) e la tutela dell’embrione, la cui natura di soggetto titolare di diritti è ancora controversa e problematica.

L’art.13 della legge 40/2004, al primo comma, vieta in maniera ferma “qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano”, avendo cura di specificare poi l’assoluto divieto di una serie di pratiche ritenute di particolare gravità, quali la “clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca” e la “produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque a fini

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diversi da quello previsto dalla presente legge”; il secondo comma del medesimo articolo, infatti, prevede che “la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative”.

La situazione italiana si caratterizza quindi per l’assoluto divieto di ricerca sugli embrioni, valorizzato dalla totale mancanza d’interesse ad affrontare il problema della sorte di quelli in stato di abbandono, destinati alla crioconservazione senza limiti di tempo.

Prima di arrivare a qualsiasi conclusione circa l’utilizzo dell’embrione, bisogna valutare il bilanciamento tra i diritti fondamentali dell’individuo e “gli interessi di pari rango costituzionale”115, quale è anche la salute come interesse

collettivo, che costituisce lo specifico rilievo della ricerca in

115 Corte Cost. 11 novembre 2015, n. 299, sul diritto alla salute materna; Corte

Cost. 13 aprile 2016, n. 84, ascrive all’intervento legislativo “il bilanciamento tra i valori fondamentali in conflitto”, attraverso la “valutazione di opportunità in ordine, tra l’altro, alla utilizzazione, a fini di ricerca, dei solo embrioni affetti da malattie ovvero anche di quelli scientificamente “non biopsabili”; alla selezione degli obiettivi e delle specifiche finalità della ricerca suscettibili di giustificare il “sacrificio” dell’embrione; alla eventualità, ed alla determinazione della durata, di un previo periodo di crioconservazione; alla opportunità o meno di un successivo interpello della coppia, o della donna, che ne verifichi la confermata volontà di abbandono dell’embrione e di sua destinazione alla sperimentazione; alle cautele più idonee ad evitare la “commercializzazione” degli embrioni residui”.

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oggetto, in quanto indirizzata ad impiegare le cellule staminali embrionali o a studiare il genoma embrionale per la cura di gravi patologie, prima tra tutte quella di cui l’embrione è affetto116.

La possibilità di disporre degli embrioni appare quindi particolarmente vincolata: può essere ammessa la ricerca scientifica a scopo terapeutico e diagnostico sul singolo embrione qualora affetto da patologie, ma deve essere esclusa la ricerca a scopo meramente sperimentale, poiché presuppone il compimento di attività potenzialmente lesive dell’integrità, della salute e della dignità dell’embrione, ritenuto “persona in fieri”117.

A tal proposito è utile citare la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sulla causa Parrillo vs. Italia118. La pronuncia nasce dall’ordinanza di rimessione del Tribunale di Firenze nell’ambito di un procedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. presentato da una donna che chiedeva al centro medico cui si era rivolta di riconsegnarle gli embrioni prodotti in seguito al ricorso alle tecniche di p.m.a., all’epoca posti in crioconservazione, al fine di destinarli alla ricerca scientifica, a causa della morte del compagno avvenuta proprio nel

116 S. STEFANELLI, Indagine preimpianto e autodeterminazione bilanciata, in

Riv. dir. civ., 2016, pp. 667 ss.

117 L. VIOLINI, A. OSTI, Le linee di demarcazione della vita umana, in M.

CARTABIA, I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali

delle Corti Europee, 2006, pp. 189 ss.

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periodo in cui gli embrioni erano crioconservati. Si trattava di dieci embrioni, nove dei quali considerati non impiantabili perché affetti dalla patologia genetica dell’esostosi. La ricorrente voleva destinare ad attività medico-diagnostiche e di ricerca scientifica connesse alla patologia genetica i nove embrioni non impiantabili, e revocare il consenso al trasferimento in utero dell’unico embrione idoneo, ma, come precedentemente ricordato, tali misure sono vietate dalla legge 40/2004 che reca l’assoluto divieto di qualsiasi ricerca clinica o sperimentale sull’embrione che non sia finalizzata alla tutela dello stesso, nonché l’impossibilità di revocare il consenso alla p.m.a. dopo l’avvenuta fecondazione dell’ovulo.

In relazione alla questione della legittimità di revoca del consenso alla p.m.a. una volta formato l’embrione, la Corte Costituzionale ha ritenuto che tale divieto rappresenti “una palese violazione del principio regolativo del rapporto medico/paziente, posto che il paziente viene espropriato della possibilità di revocare l’assenso al medico di eseguire atti sicuramente invasivi della propria integrità psicofisica”119,

realizzando un’evidente deroga ai principi di libertà di autodeterminazione del trattamento sanitario.

119 Corte Cost. Sent. 84/2016, in FILO diritto, 2016, con nota di P. F.

BRESCIANI, Lo statuto dell’embrione nel diritto costituzionale in seguito alla

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Per quanto riguarda invece il divieto di ricerca scientifica sull’embrione fatto valere nella causa sopracitata, era stata chiamata a pronunciarsi, dalla richiedente che lamentava il contrasto di tale divieto con il suo diritto al rispetto della vita privata e quello al rispetto della proprietà, anche la Corte EDU. La Grande Camera della Corte di Strasburgo (che ha accettato di trattare il ricorso nonostante la ricorrente non avesse precedentemente adito un tribunale nazionale poiché, a giudizio dei giudici europei, l’ordinamento italiano non offrirebbe un ricorso effettivo in ordine alla inosservanza segnalata) ha proceduto a valutare la questione in merito ai due profili di violazione: con riferimento alla denunciata violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale, la Corte ha dichiarato l’inapplicabilità della disposizione sulla protezione della proprietà poiché gli embrioni non possono essere ricondotti al rango di “beni”; al contrario, in merito alla presunta violazione del diritto al rispetto della vita privata, la Corte ha ritenuto applicabile l’art. 8 CEDU, riconoscendo che la possibilità di esercitare una scelta consapevole sul destino dei propri embrioni concerne un aspetto intimo della sua vita personale e riguarda conseguentemente il suo diritto all’autodeterminazione. Tuttavia la Corte EDU ha ritenuto ammissibile il divieto di sperimentazione sugli embrioni, poiché costituisce una limitazione legittima del diritto fatto valere dalla ricorrente; il diritto di donare gli embrioni alla

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ricerca, infatti, ancorché importante, non è da considerarsi come uno dei “core rights” tutelati dalla Convenzione120.

La Corte Costituzionale italiana quindi, chiamata per la prima volta a pronunciarsi in merito al delicato bilanciamento “tra il diritto della scienza (e i vantaggi della ricerca a esso collegati) e il diritto dell’embrione, per il profilo della tutela (debole o forte) a esso dovuta in ragione e in misura del grado di soggettività e di dignità antropologica che gli venga riconosciuto”, si astiene da tale giudizio, dichiarando che tale questione si connota di profili assiologici che la sottraggono al sindacato costituzionale e rientrano nell’”elevata discrezionalità” del legislatore. Compito della Corte è però quello di operare quelle “tragiche scelte” tra valori fondamentali, e prospettare soluzioni “eticamente e scientificamente orientate”121, assicurando una concreta tutela dei diritti mediante il bilanciamento e il giudizio di ragionevolezza della legislazione.

In ogni caso, il nostro legislatore, ha previsto che “il fondamento costituzionale della tutela dell’embrione, riconducibile al precetto generale dell’art. 2 Cost.” è “suscettibile di affievolimento (al pari della tutela del

120 La Corte ha stabilito che tale diritto “it does not concern a partiularly important aspect of the applicant’s existence and identity”.

121 A. RUGGERI, Procreazione medicalmente assistita e Costituzione: lineamenti metodico-teorici di un modello ispirato ai valori di dignità e vita, in

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concepito: sentenza n. 27 del 1975), ma solo in caso di conflitto con altri interessi di pari rilievo costituzionale (come il diritto alla salute della donna) che, in termini di bilanciamento, risultino, in date situazioni, prevalenti”.

Nonostante comunque la chiarezza delle norme in questione, ci troviamo davanti ad una forte ambiguità: da un lato, come si è visto, è vietata qualsiasi forma di ricerca o di sperimentazione che non persegua la tutela della salute dell’embrione; dall’altro però non esiste alcun divieto esplicito che impedisca l’importazione di linee cellulari embrionali dall’estero, pur sempre ottenute tramite la distruzione dell’organismo di partenza122. I centri italiani che

attualmente lavorano nel campo delle cellule staminali

embrionali123 non possono quindi ricavare direttamente linee

cellulari staminali da embrioni creati in Italia, ma hanno la possibilità di utilizzare il materiale biologico proveniente da embrioni distrutti al di fuori dei confini nazionali.

Il tema acquista grande rilevanza per la complessità dei diversi aspetti coinvolti che si intrecciano con la possibilità di brevettare le invenzioni nate a partire da linee cellulari embrionali.

122 E. DOLCINI, Fecondazione assistita e diritto penale, Giuffrè, 2008.

123 Nel 2007 è nato il Gruppo di Ricercatori Italiani sulle Cellule Staminali

Embrionali di cui fanno parte grandi coordinatori dei più importanti centri impegnati nella ricerca su linee cellulari embrionali importate all’estero, quali Unistem dell’Università di Milano e la cattedra di Genetica dell’Univeristà di Tor Vergata.

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L’esclusione della brevettabilità di cellule progenitrici derivanti da staminali embrionali umane, sancita dalla giurisprudenza europea124, e l’affermazione scientifica della maggior utilità della ricerca sulle cellule staminali adulte, sostengono la critica al sovvertimento del divieto di creazione di embrioni umani a scopo di ricerca, e la loro utilizzazione a fini commerciali o industriali.

Consentire la brevettabilità senza limiti sul corpo umano cagionerebbe, a parere di molti, il depotenziamento del valore “persona” e delle sue peculiarità, trasformandola in “bene” potenzialmente sostituibile, modificabile in tutte le sue parti, riproducibile125.

In ogni caso, sulla questione continuano ad esserci, sia in dottrina che in giurisprudenza, parecchie discordanze e non poche incertezze.

Con la sentenza n. 84 del 2016, la Corte Costituzionale mette a confronto gli argomenti favorevoli e quelli contrari all’effettuazione della ricerca scientifica sugli embrioni: la teoria che sostiene la sperimentazione muove dal presupposto che gli embrioni presi in considerazione sono comunque destinati a non venire al mondo e che la loro donazione alla ricerca, oltre ad essere più ragionevole, denoterebbe anche un

124 CCGUE 18 ottobre 2011, C-34/10 in Fam. e d., 2012, pp. 221 ss., con nota di

A. SCALERA, La nozione di “embrione umano” all’esame della Corte UE.

125 E. PALMERINI La sorte degli embrioni in vitro: in assenza di regole, il ricorso ai principi, in Nuova giur. civ. comm., 1999, p. 228

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maggiore rispetto nei confronti degli stessi di quanto non faccia il lasciarli perire; la posizione opposta sostiene invece che, l’uso degli embrioni a fini di ricerca, implicandone la distruzione, è incompatibile con il riconoscimento della dignità di persona126, e che i genitori, non potendosi considerare “proprietari” degli embrioni, non sono legittimati

a donarli; la Corte sottolinea, inoltre, come la

sperimentazione su una persona umana esiga il consenso informato del paziente, consenso che l’embrione non può esprimere.127.

Evidentemente il problema che si è presentato davanti alla Corte fu particolarmente divisivo, tanto che, del resto, essa ha “deciso di non decidere”, anche se, certamente, non mancano i parametri costituzionali suscettibili di essere invocati: da una parte l’art. 9, che promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica, l’art. 33, primo comma, che proclama la libertà di scienza, e l’art. 32 sul diritto alla salute (visto che la ricerca scientifica ha comunque finalità curative e sanitarie); e dall’altra l’art. 2, sui diritti inviolabili dell’uomo, tra i quali è senz’altro compresa anche la tutela dell’embrione.

126 Il lasciar morire, fa notare la pronuncia della Corte, è cosa diversa e meno

grave dell’uccidere.

127 B. BRANCATI: Il complesso rapporto tra il giudice costituzionale e il dibattito extra-giuridico, in relazione al problema della ricerca scientifica sugli embrioni, in CONSULTA ONLINE, 2016. pp. 304 ss.

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Nonostante l’art. 9 della Costituzione, la necessità di un’interpretazione sistematico-assiologica fa assumere alla scienza un ruolo inevitabilmente strumentale rispetto alla salvaguardia della persona umana e della sua dignità128.

Anche l’art. 2 della Convenzione di Oviedo129 stabilisce che

“gli interessi e il bene dell’essere umano devono avere priorità rispetto al semplice interesse della scienza”.

Dignità e sviluppo della persona costituiscono, più che un limite interno, la ragione stessa e la funzione ultima di ogni indagine scientifica130.

Se all’embrione si dovesse riconoscere l’eguale tutela spettante alla persona umana, si dovrebbe concludere che è preclusa la possibilità di ucciderlo per effettuare ricerca scientifica; l’indagine scientifica infatti, non può condurre alla soppressione di una persona umana, al fine di provare a salvarne un’altra.

Il giudizio di liceità e meritevolezza della ricerca scientifica richiede la verifica del rispetto, oltre che dei singoli diritti della personalità, della tutela della persona in quanto tale, intesa come valore primario protetto dall’ordinamento, e deve

128 E. CATERINI, Il negozio giuridico di ricerca. Le istanze della persona e dell’impresa, Napoli, 2000, pp. 43 ss; A. SANTOSUOSSO, Diritto, scienza, nuove tecnologie, Padova, 2011, pp. 56 ss.

129 Sulla Convenzione, V. Ivone, Vulnerabilità del corpo e diritto al consenso.

Note sull’inizio della vita, Napoli, 2013, p. 164 ss.

130 M. A. URCIUOLI, Diagnosi e sperimentazioni sull’embrione umano: legittimità e limiti, in Rass. dir. civ., 2016, pp. 229 ss.

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essere analizzato caso per caso, in considerazione di ogni singola tecnica utilizzata, delle finalità perseguite e dei rischi connessi alla sua applicazione131

In conclusione, quindi, la legge e il giudice italiano, non avendo trovato alcuna soluzione alternativa accettabile alla sorte degli embrioni soprannumerari, destinati a rimanere nel limbo della crioconservazione in eterno, continuano a sostenere il divieto assoluto di qualsiasi ricerca clinica o sperimentale sull’embrione che non risulti finalizzata alla tutela dello stesso.

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