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II. Edward Long, le Candid Reflections e la History of Jamaica:

2.1 Autonomia governativa e libertà politica

Gli anni Settanta del XVIII secolo rappresentarono per Long un momento di svolta nella sua vita di intellettuale e giurista impegnato nella difesa della causa schiavista. Gli attacchi arrivati all’istituzione schiavile da parte di Granville Sharp e degli abolizionisti, che con i loro scritti avevano guadagnato ampio consenso nell’opinione pubblica britannica, portarono Long a cimentarsi nella battaglia per il mantenimento della schiavitù, dalla cui permanenza, secondo lo storico della Giamaica, dipendevano il futuro delle colonie e il ruolo della Gran Bretagna nello scenario internazionale. Mosso da fervore religioso, ardore patriottico, passione politica e sentimento di giustizia, Edward Long scrisse proprio in questi anni le due opere maggiori che gli avrebbero garantito fama e notorietà come il principale difensore della schiavitù e il sostenitore delle differenze razziali all’interno del genere umano: le

Candid Reflections upon the Judgement Lately Awarded by the Court of King’s Bench,

170 Per le notizie biografiche riguardanti Edward Long e la sua famiglia fare riferimento a Howard R.M.,

Record and Letters of the Family of the Longs of Longville, Jamaica…, op. cit.; Bohls E.A., The Gentleman Planter and the Metropole: Long’s History of Jamaica (1774), in Gerald Maclean, Donna

Landry and Joseph P. Ward (a cura di), The Country and the City Revisited: England and the Politics of

Culture 1550–1850, Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 180-196, in particolare p. 181;

Morgan K.O., ‘Long, Edward (1734-1813),’ in H.C.G. Matthew and B. Harrison (ed.), Oxford Dictionary

of National Biography, in association with the British Academy: from the earliest times to the year 2000,

vol. 34, Oxford, Oxford University Press, 2004, pp. 360-361, 373; eHall C., Whose Memories? Edward

Long and the Work of Re-Remembering, in Katie Donington, Ryan Hanley and Jessica Moody (eds.), Britain’s History and Memory of Transatlantic Slavery, Liverpool, Liverpool University Press, 2016, pp.

129-149. Tra le opere scritte da Long bisogna ricordare: The trial of farmer Carter’s dog Porter, for

murder. Taken down verbatim et literatim in short-hand, and now published by authority, from the corrected manuscript of Counsellor Clear-point, ... (London, 1771); Candid reflections upon the judgement lately awarded by the Court of King’s Bench, in Westminster-Hall, on what is commonly called the negroe-cause, by a planter (London, 1772);The History of Jamaica. Or, General Survey of the Ancient and Modern State of That Island: with Reflections on its Situation, Settlements, Inhabitants, Climate, Products, Commerce, Laws, and Government (London, 1774); English humanity no paradox: or, an attempt to prove, that the English are not a nation of savages (London, 1778); e A free and candid review of a tract entitled "Observations on the commerce of the American states;" shewing the pernicious consequences, both to Great Britain, and to the British sugar islands, of the systems recommended in that tract (London, 1784).

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in Westminster-Hall, on what is Commonly Called the Negroe-Cause, un pamphlet

pubblicato nel 1772 in risposta al Somerset case, e la History of Jamaica, una monumentale opera in tre volumi data alle stampe nel 1774. Se il primo era un testo volto ad esporre le argomentazioni giuridiche a sostegno della tesi di fondo di Long, secondo la quale la schiavitù era un sistema legittimato dal particolare ordinamento giuridico britannico nel corso degli ultimi due secoli; la History, invece, si presentava come un’opera che aveva tre obiettivi: primo, convincere i lettori che la schiavitù era un’istituzione giuridicamente legittima, necessaria per il benessere economico e la libertà politica della madrepatria; secondo, rappresentare l’isola caraibica come un eccellente luogo di insediamento per i britannici e una straordinaria fonte di ricchezza per tutto l’impero; terzo, dimostrare che gli africani erano naturalmente inferiori - e per questo atti alla sottomissione – e che la schiavitù era il miglior modo per impiegarli utilmente. Dallo studio di queste due opere, inserite opportunatamente nel dibattito complessivo e nella precisa costellazione storica nella quale vennero alla luce, cercherò di far emergere delle riflessioni interessanti riguardo alle questioni della schiavitù e della razza.

Prima di approfondire la questione della schiavitù è importante focalizzare la nostra attenzione sul pensiero politico di Edward Long. Fino a questo momento la maggior parte degli storici che si sono interessati alla sua figura lo hanno studiato e rappresentato, biasimato e deplorato come il “padre del razzismo britannico” o “il precursore del razzismo scientifico moderno,” tralasciando il contrasto esercitato da queste etichette in rapporto alla sua visione politica.171 A differenza di quanto si

171

Tali definizioni sono state date rispettivamente da Shyllon F.O., Black People in Britain 1555-1833, London, Oxford University Press, 1977, p. 98, che considera Edward Long “the father of British racism”; e Fredrickson G.M., White Supremacy: A Comparative Study of American and South African History, New York, Oxford University Press, 1981, p. 142, che attribuì allo storico della Giamaica l’etichetta di “the true father of biological racism”. Per un’analisi del concetto di razza nel pensiero di Long si rimanda alle pagine successive.

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potrebbe credere, infatti, Long era un personaggio al quanto liberale, se consideriamo il preciso contesto storico in cui si trovò ad operare. Inoltre avere una visione generale del pensiero politico di Long, affrontato solo parzialmente dalla storiografia, risulta essere di fondamentale importanza per comprendere l’impianto teorico che c’è dietro alla redazione della History of Jamaica.

Long dedicava i capitoli iniziali della sua opera principale alla descrizione dell’approdo degli inglesi in Giamaica, alla cacciata degli spagnoli, alla conquista e l’insediamento dell’isola caraibica, alla costruzione di un ordinamento politico- costituzionale teso a favorire l’aumento della popolazione promuovendo l’immigrazione dalla madrepatria e tutelando i diritti dei nuovi abitanti. All’arrivo degli inglesi la situazione complessiva in cui versava la Giamaica era quella di un’isola spopolata ed economicamente arretrata: gli spagnoli avevano massacrato gli indigeni, si erano limitati all’insediamento delle aree costiere e fondato poche piantagioni. In effetti, quando gli inglesi conquistarono l’isola nel 1655, in base a quanto scritto da Long, la popolazione complessiva era di circa tre mila persone per la maggior parte spagnoli, dal momento che i colonizzatori ispanici durante la loro occupazione avevano sterminato gli antichi abitanti, uccidendo sessanta mila nativi – nel 1535 gli indiani non superavano le duecento unità -.172 Solamente l’area meridionale era stata insediata mentre il resto

172 Long tra i suoi appunti preparatori per la scrittura della storia politica della Giamaica scriveva che

Bartolomé de Las Casas nella sua Brevísima relación de la destrucción de las Indias (1552) e Gonzalo Fernández de Oviedo nella Historia general y natural de las Indias (XVI sec., pubblicata postuma tra il 1851 e il 1855) “seem to agree, that about the year 1535, the whole number of Indians less alive in Jamaica, including men, women and children did not exceed two hundred” - sembrano concordare che intorno all’anno 1535 il numero totale degli indiani vivi in Giamaica, inclusi gli uomini, le donne e i bambini, non superava i duecento.- Cfr. POLITICAL History of Jamaica, to the year 1717, by

Edward Long, BL, Add MS 12403, f. 36. La denuncia rivolta da Long al colonialismo ispanico seguiva

coerentemente il pensiero di Montesquieu. Il barone di La Brède, infatti, nelle Lettere persiane (1721) faceva pronunciare a Usbek, il protagonista principale della sua opera: “Dopo la devastazione dell’America, gli spagnoli, che hanno preso il posto dei suoi antichi abitanti, non hanno potuto ripopolarla; al contrario, per una fatalità che farei meglio a chiamare giustizia divina, i distruttori distruggono se stessi in un continuo logoramento.” Cfr. Montesquieu C.L., Lettere persiane, Milano, Garzanti, 2012 (ed. or. Lettres persanes, 2 vols., Amsterdam, P. Brunel, 1721). Per comprendere la natura dell’espansione occidentale si consiglia Headrick D.R., Il predominio dell’Occidente: tecnologia,

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era quasi completamente disabitato. Il sistema di piantagione e la coltivazione della terra erano poco sviluppati; i traffici commerciali erano pressoché inesistenti: segno evidente che l’isola era considerata alla stregua di un luogo di rifornimento o di approdo momentaneo per i galeoni carichi di tesori e prodotti tropicali di transito verso la Spagna. La Giamaica, quindi, si trovava in una condizione sostanzialmente selvaggia. Long confermava così la “leyenda negra” della colonizzazione spagnola, opponendo il positivo intervento britannico a quello catastrofico dei conquistadores.173 Nella seconda metà del Seicento il lavoro e il sudore degli inglesi e dei loro schiavi avevano infatti cambiato volto all’isola. Nel 1673 la popolazione aveva raggiunto le 18068 unità, di cui 8564 bianchi e 9054 neri, mentre molte parti dell’isola vennero insediate stabilmente dai nuovi coloni. Numerosi acri di terra vennero messi a coltura; le piantagioni aumentarono sensibilmente, così come i mulini e gli strumenti agricoli disponibili. Inoltre la Giamaica venne inserita nella rete mercantile dell’impero britannico, iniziando a giocare progressivamente un ruolo di primo piano sia come luogo di scambio commerciale sia come avamposto militare, da cui poter colpire le potenze rivali presenti nel Mar dei Caraibi. Importante in tal senso fu il proclama del 1661 con il quale Lord Windsor istituì il governo coloniale, cedette trenta acri di terra ad ogni persona che intendeva stabilirsi in Giamaica ed emanò, grazie al sostegno del re, delle avvertenze tramite le quali elargiva privilegi, concessioni e indulgenze agli abitanti dell’isola caraibica. Queste promesse teoriche, una volta diventate solide realtà attraverso la

ambiente, imperialismo, Bologna, Il Mulino, 2012 (ed. or. Power over Peoples. Technology, Environments, and Western Imperialism, 1400 to Present, Princeton-Oxford, Princeton University Press,

2010).

173 Il domenicano spagnolo Bartolomé de Las Casas (1484-1566) nella Brevísima relación de la

destrucción de las Indias (1552) e Montesquieu nelle Lettres persanes (1721) e l’Esprit des lois (1748)

contribuirono in modo eloquente alla diffusione della così detta leggenda nera, secondo la quale gli spagnoli, descritti come brutali assassini, avevano spopolato il continente americano uccidendo milioni di indigeni. Per approfondire la questione si faccia riferimento a MartÍnez M.M., La leyenda negra, Madrid, Nerea, 1991; Cárcel R.G., La leyenda negra: historia y opinión, Madrid, Alianza, 1998; e Greer M.R., Mignolo W.D., and Quilligan M. (eds.), Rereading the Black Legend: the Discourses of the Religious and

Racial Difference in the Renaissance Empires, Chicago, University of Chicago Press, Bristol, University

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concreta azione legislativa, ebbero un effetto dirompente per la colonia, incrementando notevolmente il numero degli abitanti e migliorando le attività commerciali. Se la Spagna si era resa colpevole dell’uccisione di migliaia di vittime innocenti e non aveva in alcun modo contribuito ad uno sviluppo dell’isola, l’Inghilterra, al contrario, aveva portato civiltà e progresso, trasformandola radicalmente in un territorio degno di essere abitato, difeso e sfruttato per le sue risorse naturali. La Giamaica sotto il controllo degli inglesi aveva intrapreso la strada della prosperità e della felicità, dell’avanzamento tecnologico e dell’arricchimento economico, proiettandosi verso un futuro più che roseo.174

Nella sua storia Long faceva emergere l’immagine dominante dell’impero britannico, definito dal suo impegno per la libertà: una visione, questa, rinforzata dal paragone tra gli insediamenti anglo-americani e i domini spagnoli nelle Indie occidentali. La Spagna, caratterizzata dal dispotismo politico e da un re che si atteggiava a sovrano assoluto, aveva distrutto le antiche civiltà in Messico e Perù portando morte e devastazione nel perseguimento della creazione di un’ideale monarchia universale, contraddistinta dall’accentramento dei poteri. L’Inghilterra, al contrario, si era stabilita nelle Americhe in pace e tranquillità, insediandosi in luoghi disabitati, entrando in contatto con le altre culture, promuovendo l’agricoltura e il commercio in uno spirito di libertà. Dove la Spagna imponeva l’egemonia della chiesa cattolica, l’Inghilterra tollerava la pluralità confessionale, permettendo ad ognuno di esprimere liberamente la propria fede. Mentre la Spagna gestiva i suoi territori americani sotto l’egida dell’assolutismo, l’Inghilterra aveva lasciato ai suoi coloni una sostanziale autonomia politica. E dove gli spagnoli avevano ucciso, annichilito e

174 Long E., The History of Jamaica, cit., vol. I, sul proclama di Lord Windsor, pp. 217-220; sulla

spedizione e la conquista inglese della Giamaica, cap. xi, pp. 221-308; sullo stato degli insediamenti spagnoli in Giamaica, pp. 343-349. Per approfondire la storia della conquista inglese della Giamaica si consiglia di vederePestana C.G., The English Conquest of Jamaica: Oliver Cromwell’s Bid for Empire, Cambridge (Mass.), The Belknap Press of Harvard University Press, 2017.

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schiavizzato brutalmente i popoli nativi, gli inglesi si erano insediati pacificamente, attraverso il dialogo, tenendo in vita e liberando dall’oppressione ispanica gli abitanti dei territori conquistati. Come nota Elliott gli imperi che gli spagnoli e gli inglesi avevano creato nacquero, dunque, dalla volontà di trapiantare in America due culture diverse, per molti aspetti antitetiche e a lungo ferocemente ostili tra loro: quella latina, cattolica e assolutista della Spagna e quella anglosassone, protestante e liberale dell’Inghilterra. Venivano così a fronteggiarsi due culture assolutamente distanti, concordi solamente nel considerare l’America come la terra promessa: uno spazio sacro offerto loro dalla Provvidenza divina per realizzare finalmente un modello di società degno di essere celebrato.175

Non c’è dubbio che le esperienze coloniali dei due imperi, le loro origini ideologiche e le identità che costruirono avevano caratteristiche peculiari e distinte, ma allo stesso tempo i ritratti dei domini spagnoli dipinti dai sostenitori dell’impero inglese erano inaccurati e molto spesso mossi da uno spirito di propaganda. Gli inglesi, infatti, pur mistificando parzialmente l’immagine del colonialismo ispanico, avevano cercato fin dall’inizio di emulare gli spagnoli nella costruzione di un vasto impero atlantico, impiegando però la maggior parte dei loro sforzi nella creazione di un imponente

175 Pagden A., Signori del mondo. Ideologie dell’impero in Spagna, Gran Bretagna e Francia 1500-1800,

Bologna, Il Mulino, 2008 (ed. or. Lords of All the World: Ideologies of Empire in Spain, Britain and

France, 1492-1830, New Haven, Yale University Press, 1995), pp. 75, 118-120, 150-153, 214-216;

Wilson K., The Sense of the People: Politics, Culture and Imperialism in England, 1715-1785, Cambridge, New York, Melbourne, Cambridge University Press, 1995, pp. 155, 157, 194-195, 201- 202; Armitage D., The Ideological Origins of the British Empire, Cambridge, Cambridge University Press, 2000; Brown C.L.,Moral Capital, cit., pp. 155-157;Nyquist M., Arbitrary Rule: Slavery, Tyranny,

and the Power of Life and Death, (I ed. 2013), Chicago, London, University of Chicago Press, 2015, pp.

68-71. Per quanto riguarda le prime critiche inglesi dell’impero spagnolo vedere Hart J., Representing the

New World: The English and French Uses of the Example of Spain, New York, Palgrave Macmillan,

2001. L’immagine della Spagna imperiale nel pensiero politico britannico della seconda metà del Settecento è stata brillantemente studiata da Paquette G.B., The Image of Imperial Spain in British

Political Thought, 1750-1800, in « Bulletin of Spanish Studies », vol. 81, n, 2, 2004, pp. 187-214. Per un

resoconto completo delle differenze tra i possedimenti britannici e i domini spagnoli in America e le diverse politiche imperiali adottate durante la conquista e il mantenimento dei territori si consiglia di vedere la brillante opera di John H. Elliott, Empires of the Atlantic World. Britain and Spain in America

1492-1830, New Haven Conn., Yale University Press, 2006 (trad. it. Imperi dell’Atlantico. America britannica e America spagnola, 1492-1830, Torino, Einaudi, 2010).

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traffico commerciale, capace di abbattere i costi di mantenimento dell’esercito terrestre e di generare straordinari profitti in grado di finanziare l’enorme apparato burocratico- amministrativo necessario per la gestione del commonwealth. Tuttavia gli inglesi, se inizialmente avevano tentato di creare un impero di commercio più che un impero di dominio, con l’espansione militare che seguì la guerra dei Sette Anni si determinò la creazione di un vasto impero territoriale: un impero comunque sia in grado di esaltare l’individualismo possessivo del singolo colono.176

Lasciando per il momento da parte il risvolto economico che questo comportava – e che sarà affrontato nel capitolo successivo – è necessario ora concentrarsi sul contesto politico anglo-giamaicano, per comprendere attraverso una lettura generale le caratteristiche del sistema liberale inglese esaltato da Long rispetto all’autoritarismo spagnolo. Long dedicava la prima parte del primo volume della History of Jamaica alla descrizione dell’architettura istituzionale, politica e legislativa creata dagli inglesi per amministrare l’isola caraibica, allo studio delle strutture giuridiche esistenti, all’analisi della situazione militare, suggerendo la necessità di attuare concrete riforme in grado di migliorare l’assetto gestionale e burocratico complessivo, riconoscendo una maggiore autonomia governativa e la tutela dei diritti ai coloni britannici.

La figura preminente nel contesto coloniale era certamente rappresentata dal governatore. Nominato direttamente dal re e rappresentante massimo di sua maestà britannica in Giamaica, il governatore giocava un ruolo assolutamente centrale per il buon funzionamento della colonia. Egli rimaneva in carica due anni, il periodo di durata di una legislatura, con la possibilità di essere nuovamente nominato, e oltre a detenere il potere esecutivo aveva anche altri numerosi obblighi in qualità di capo delle forze

176 Sull’individualismo possessivo si consiglia di vedere Macpherson C.B., The Political Theory of

Possessive Individualism: Hobbes to Locke, Oxford, Clarendon Press, 1962 (trad. it. Libertà e proprietà alle origini del pensiero borghese: la teoria dell’individualismo possessivo da Hobbes a Locke, Milano,

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armate, vice-ammiraglio, cancelliere, presidente nei processi di pirateria, giudice supremo per dirimere le questioni attinenti la cosa pubblica e regolare gli affari ecclesiastici. Per questo motivo, scriveva Long, egli doveva essere dotato “di genio, giudizio, memoria ed esperienza”: qualità rare da trovare in un singolo uomo.177 Detentore del potere legislativo era il parlamento coloniale. Costruito sul modello inglese, il parlamento giamaicano si articolava in due camere: la camera alta - o Consiglio -, composta da 12 membri appartenenti alla classe aristocratica nominati direttamente dal governatore con l’approvazione del re, e la camera bassa – o Assemblea -, elaborata a immagine e somiglianza della house of commons inglese e composta dai rappresentanti del popolo della colonia (41 membri in totale), eletti dai liberi proprietari terrieri dell’isola che rispettavano determinati limiti di censo. Le due camere riunite insieme concorrevano alla discussione e alla creazione di leggi, statuti e ordinanze, che venivano presentati al governatore dallo Speaker, il portavoce delle istanze legislative parlamentari, nominato direttamente dall’Assemblea. Il potere giudiziario, infine, era suddiviso tra il governatore, che si occupava - come già menzionato - dei casi più rilevanti per la stabilità della colonia, il Chief-justice – o giudice capo -, che ricopriva una carica molto importante in quanto aveva il compito di applicare “la legge della ragione e della giustizia”, e la corte del vice-ammiragliato, prima corte civile di giustizia dell’isola di cui fece parte in qualità di Chief-justice Edward Long, composta da un giudice, un procuratore generale, un register e un

177 Long E., The History of Jamaica, cit., vol. I, pp. 26-27. La descrizione delle qualità attribuite da Long

alla massima autorità britannica in Giamaica sembra rispecchiare quella di William Penn, il fondatore della colonia della Pennsylvania. Secondo Penn il governatore ideale non doveva solamente avere la capacità di incutere rispetto, ma era necessario che fosse anche diplomatico, discreto, giudizioso, delicato, razionale, temperato: qualità necessarie per compiere scelte a volte molto ardue. Egli doveva essere un moralista e un tollerante della diversità, fedele agli interessi della corona e difensore delle libertà del popolo. In merito a questo vedere Jones R.M., The Quakers in the American Colonies, cit., p. 425.

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marshal, e che si occupava di cause civili e marittime.178 L’analisi delle principali strutture istituzionali su cui si ergeva l’architettura coloniale portava Long a riflettere sull’apparato statuario giamaicano e a giudicare positivamente l’ordinamento costituzionale britannico emerso in seguito alla Gloriosa Rivoluzione del 1689, quando il re rinunciando a determinate prerogative aveva posto le basi per l’aumento del potere in mano al Parlamento, vero detentore del potere legislativo e organo istituzionale capace di proporre le riforme necessarie in grado di promuovere il progresso e il cambiamento a livello statale.

Il sistema governativo inglese emerso dalla Gloriosa diede avvio ad un discorso costituzionalistico che fu inaugurato da John Locke (1632-1704) con i suoi Two

Treatises of Government, scritti nel corso degli anni ottanta e pubblicati nel 1690, e

proseguito da Montesquieu, che nel VI capitolo dell’XI libro e nel XXVII capitolo del XIX libro dell’Esprit des lois non mancava di celebrare la costituzione inglese rappresentandola come un eccezionale modello politico a cui tutti gli stati civili dovevano guardare con interesse, ammirazione e spirito imitativo. L’Inghilterra era riuscita a creare un ordinamento politico equilibrato e bilanciato, caratterizzato