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— Questo autunno^ rispondeva con tutta

gioja Guglielmo. Maeccociarrivati alpalazzo

,

vado damio padre,a rivederci.

Arivederci;esi separarono.

Guglielmo era figlio del signor Martino Gosia, podestà diAncona,che aveva studiato leggiaBologna.Imbevutodel diritto romano, nonconosceva cheduepoteri, quello cioè del-l'Imperatore d’Oriente,e quellodeidueconsoli d’Ancona. Egli diceva male dei Politici, che chiamavavisionar],checolle loro dottrine vo-levanotroppogeneralizzare, cheungalantuomo deveamare,dopo Dio, ilpaese dove è nato, obbedirealle autoritàe farelaguerraainemici di qualunque paeseessi si fossero. In somma i

Politicieranoperlui bestieun pò nere^ e la repubblica farebbe benea proibire severamente leadunanze che tengono di nascosto; che la

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libertàèungranbene, ma che quii bisogna lasciarladegenerareinlicenza,allrimenti tutto èperduto. LaGrecia eRomasonlà per atte-stare questifatti.E tiravavia di questo modo quandoo incasa,onel tribunale, l’occasione loportava;equantunque stimasse molto il ca-nonico DonGiovanni,però sospettandolodi poli-ticismo,cercava consimiliragionamenti,eh’egli credevairrecusabili, munirelospirito di Gugliel-mocontro ledottrinemoderne. Ma accadevaa quelbuonpodestà, ciòche accadea’giorninostri a’parisuoi;chelagioventùliascolta,ma cam-minainavanti coltempo.

Intantoiltempoavevacamminato,egiàla notteaveastesoilsuomantostellatosulmondo^

edilnostroDottore secondol’accordosirendeva allacasadiDonGiovanni.Làgiunto,fu introdotto inunasala diforma rotonda, simbolodel mondo.

Sulle paretieranoscrittequesteparole: nelmezzo fede, alla dritta carità, alta sinistrasperanza.Un

crocifisso pendevaaldi sotto della parola fede, davantialqualeai*deva una lampada che illumi-navail recinto.DonGiovanni era sedutoa dritta^

a sinistrailsignorPaolo Cortesi;daiduelati^

soprapanchettedi legno,sedevano unadiecina dipersoned'ogni rangoed’ognietà.Tutti per distintivo portavanoal collounnastroditre

co-—

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lori bianco,rossoe verde,dacui pendeva un triangolo inacciajo.QuandoilDottore entròtutti silevarono,eDonGiovanni disse:

Fratelli,eccoun italianodegnodi essere con noi.Egliama ilpaesedoveè nato,manon odiaalcuna repubblica italiana^ e solo detesta lamaledettadiscordiachetiene separatinoitutti figli dellastessamadre. L’animo suo generoso siaccende diuna santa iracontrolostraniero, chefomentandole cattivepassioni,mantiene vi-valavenefica fiamma di quel tizzone d’ infer-no

, cversa dalleAlpitorrenti di barbari

arma-ti,che, comelupirapaci, sigettanosopraalla riccapreda,e nonsolo sisatollano,ma quello che mangiar nonponno, distruggonocon gran-destrazio

,con estremamiseria deipopoli infe-lici,cheignorantidellorobene^e malguidati dachidovrebbeilluminarli,sprecanolaloro bra-vurajversano coraggiosamente il loro sangue permantenerefraloroleduepiùterribili pesti delmondo,ladiscordia, e latirannìa straniera.

Avendoio conosciuto le dette eminenti qualità profondamentescolpite nelcuoredeldottore Tom-masi,gli hoparlato dellanostraSocietà, ed e-gli, dopo mature riflessioni, miha espressoil desideriodifarne parte,per cooperareeglipure al grande nostro scopo, la fraternità

Italiana-le

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Ognun(livoi,miei fralelli,puòassicurarsi delia veritàdell’esposto,interrogando il candidato.

Allora quegli che sedeva alla sinistra do-mandòal Dottore:

Che pensate voidell’uomo ecome lo defìnite?

L’uomojrisposeildottore,è1’essere su cuiladivinità haversatoisuoi favori. Dotato d'unaintelligenza tanto superiorea quelladegli altri animaliquanto lasuaè inferiore aquella di Dio,eglipuò,seguendo il sublime impulso di quellascintilladivinacheloanima,sollevarsi alla contemplazionedel creato;esignore della terra,dove Diolo hagettato, ritrame tuttociò che può,nonsolosoddisfareaibisogni dellasua esistenza^maancheciòchepuòabbellireebeare

ilsuo pellegrinaggio quaggiù;finito il quale

^

r anima, depostalaspogliamortale,voladi nuo-voinsenoaDiod’ondepartì.

La vostradefinizione èassaibella^ma comeavviene che, malgrado queste innegabili qualitàdell’uomo,egli sìapoi infelice in que-stabassaterra?

Dio soloèperfetto edinfinito, Tuomo ènecessariamenteimperfetto efinito,eda que-sta imperfezione nasconotutte le umane mise-rie.

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Che cosaè la società?

L’unionedegliuomini che sentono il

bisognogliunideglialtri

,per sostenersi, aju-larsinellacarrieradella vita.

uomocheentra nellasocietà perde eglilanaturale libertà?

Lalibertà èunadellequalitàprimitive ecaratteristichedell’uomochenon perde mai, ma perilbenecomune acconsente depositarne percosìdire una parte a formare l’autorità pubblica.

Qualeè1’oggetto diogni governo?

— U

esattagiustiziaelafelicitàcomune.

Che intendeteperpatria?

La patriaèil paesedoveuno nasce, lanazione a coiquestopaeseappartiene, l’uma-nitàintiera, olagranfamiglia degliuomini.

Chisonoinemici dellapatria?

Quelli cheabusandodelpotere,di cui non sonochedepositar]

,amministrano male il paese,lanazione,l’umanità.

Inquesto casoqualeèildovere d’un buon patriotto?

Protestareenergicamente contro la ti-rannia;scoprirneagli occhi degli ignoranti le bruttezze;farprevalereildirittocontrola forza;

sacrificarelapropria vita alla santa causa del

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paese^delianazione,dell’umanità,morendomar>

tiregloriosodellapropria fede, colla certezza delfuturotrionfo.

Questeparole pronunziale con vivo entu-siasmo trassero daicircostantiunbravo univer-sale.Allora rinterrogantesidichiarò soddisfatto, ed ordinò ad unodeifratellidiraccogliereivoti.

L’urna aperta, sortirono tante palle bianche quantieranoi votanti,ed ilDottore fu procla-matoall’unanimitàfratelloitalianopolitico.

DonGiovanniglilesse glistatutidella So-cietà cheinsostanzaportavano:che i Polilici dovevanorispetto e venerazione alla religione cristiana,edalsuo capo;rispetto alleleggi della repubblica^ condottaconformeal divinovangelo.

Eranopoisuoi doveri:soccorrereildebole con-troil forte;ammaestraregl’ignoranti; mostrarsi colle paroleecoi fallicaldissimopatrioUa; ad-destrarsi alle armi per respingerecolla forza,

quandoleragioni non valessero^i nemicidella patria;aderire allalegaLombarda; predicarla, proclamarla Santa,edil solomezzodi cacciare per sempredall^Italia lo straniero, spegnerela discordia interna, ecominciare lagrande opera della fratellanza ilaliana; assaltarevivamente i

nemici; combatterlicoraggiosamente; spegnerli nella zuffa,ma rispettarli,soccorrerli, feriti o

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prigionieri; trattarlicomefratelli e<i amiciogni qualvolta^conosciutal’ingiustizia delialorocausa, gettassero abbasso le armi. Gli statuti Univa-no coir indicare il regolamento organico della Società,i segni e le parole per riconoscersi

,

robbedienzaagliordini dei capilemporariamente e liberamente sceltidaifratelli. Interrogato se^

dopo questalettura^egli persistesse nell’ inten-zione difarpartedellaSocietàdeiPolitici

,

ri-spose disì.Allora DonGiovanni loprese perla

mano,locondusseadun inginocchiatojo, che stava sottoil crocifisso,levò untappetoche co-priva un libro.

Ripetetedunquemeco,lamanodestra sui SantiEvangeli,il seguente giuramento.(Tutti i fratellisiscoprono es’inginocchiano).

lo GiuseppeTommasi, sul mio onore, e sulla saluteeterna dell’anima mia, giuro di osservare fedelmenteglistatutidellaSocietàdei Politici, diobbedireciecamente aisuoicapi,di dedicare tuttele facoltàdell’anima mia,tuttii

miei averielastessamia vitaallasanta causa dell’indipendenza Italiana:Iddio miajuti.

Pronunciale daDonGiovanni,e ripetutecon unsolenne raccoglimento dalDottorequeste pa-role,luttisilevarono e formatosiuncerchio at-tornoal nuovo fratello, ilPresidentedisse:

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il

Sceglieleun nome diguerra.

Regolo

,rispose ilDottore.

AllorailPresidente soggiunse;

In nome del Redentore del mondo^ e del nostro fondatore 1’illustre martire Arnaldo daBrescia,ecoll’autorità dei poteri chemi so-no statiliberamente conferitidai fratelliPolitici della Cittàd’Ancona: iodichiaroilqui presente Giuseppe Tommasi,detto Regolo, cittadinodella Repubblica di Ancona, fratellopolilico Italiano^

egliconferisco 1’insegnadella nostraSocietà.

E glimiseal collo il nastro tricolorecol triangolettod’acciajo; poisoggiunse;

Ilbiancot’insegni ad averfede nella santanostra missione; ilverde ticonsoli colla speranzadi unfelicesuccesso; ilrosso manten-gaviva in telacaritàdella patria,il triangolo ti ricordiil tripliceeduno amore, diDio, del prossimo^dell’Italia.

Poi messeglilemani intornoal collol’ ab-bracciò teneramente,ccommosso,gCimpresse un baciosullafronte,dicendo:

Serviti dell’intellettocheDioti ha dato per operareil bene;

Poi unaltrosulle lab-bra.

Edella parola per annunciare ai tuoi simili leveritàeterne della giustizia edella li-bertà.

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_

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Ciò fatto,unodeifratelliportòattornouna cassettina^ ove ognuno depose la sua offerta peipoveri. Cosìfini questa ceremonia semplice ecommovente,equeibuonifratelli si separa-ronolietieconienti delnuovo fratello.

EccoqualieranoqueiPolitici,che gl’igno-rantid’allorachiamavanoeretici,ambiziosi, sco-stumati!!!

CAPITOLO

IV

l'ui»vallivi»nuava

Alcuni giorni dopo il ricevimentodel Dottore Tommasifrai Politici,verso serasi vedevaun movimentoinsolilònella città

,gruppi di gente si formavanonelle piazze eneitrivj,un numero grandedi personealTollatosi sul parapetto della spianata dellaCattedrale,guardava versoil ma-re,gesticolava,segnalavaqualche cosa che ve-deva dalontanoe appena alcuno indicava un punto,tutti dirigevanocolà losguardo.Nel porto purevi eragran movimento; un andare e ve-nire dibarchette,un cicaleccio,un’ansietà, fo-rieri diqualchestraordinario avvenimento. Che

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era dunque accaduto? Ecco il fatto. Dna pa-ranzapescareccia erasimolloallontanata dalporlo ed avevaincontralo una navemercantile prove-niente da Venezia,evelejjgianleverso Corfù

,

sua patria. Ilpadronediquestanave avevafallo segnoalla paranzadiavvicinarsi,ilche eseguito prontamente, edabboccatisiiduepadroni,il cor-fiollo informò l’anconetano chenel momento in cui levava1’ancora da Venezia,una numerosa

tioltadaMuranoprendevaillargo, edunsuo compatriotta,ricchissimonegoziante,dellamerce delqualeeraingran partecaricata lasua na-ve,gliavevain secretodetto,chequella flotta andava abloccare Ancona,e chese mai incon-trava (jualchenaviglioanconetanoloinformasse di ciò.

Sapete bene, aggiungevail corfìotto

,

quanto noi amiamo quei maledetti Veneziani!

Che questomio avviso,sulla veracitàdelquale potete contare, servadi regola ai vostri com-palriotti.

Laparanzagiuntapoi nelporto di An-conaaveva raccontatoTaccaduto. Di boccain bocca la novellaavevacorsa tutta la città, la (|uale per lasua amicizia con Emanuele Co-mnenodiCostantinopoli, noneraben vedutadai Veneziani,i quali per causadel lorocommercio

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ili Orienleavevanoalloracertecontesecoll’ Im-peratore; e poi anche perchè gli Anconetani,

dedicaliessipurealcommerciodi Levante, in-fastidivano colla loroconcorrenza1’egoismo avi-do deiVeneziani.

Lacupidigiasmodatadiguadagnoestingue nell’uomoognisentimento generoso,elodispone allabassezza. Lostesso accadedi unanazione, che,non essendocheunaggregato d'individui, devenecessariamenteparteciparea tuttelebuone 0cattive passioni dell’individuo stesso. Teme-vanodunquegliAnconetani di veder giungere nelloroporto laflotta veneziana per bloccarli ecostringerlia qualche concessione umiliante.

E poi lacircostanzaeraterribile;l’annata era stata scarsissima,emolti mercadanti erano iti

acercare altroveilgrano che indubitatamente sarebbemancatoprima della raccolta,la quale siannunciava benissimo;mabisognava arrivare fineviera ancorapiùdi un'mese avanti chesi potesse mietere. Cacciare gli assalitori nonv’eramodo; non si avevano navigli da opporloroinalto mare;e giuntinelporto

co-me snidarli?Oveeranoi soldati,ove le mac-chine?Iconsoliavevano troppotrascurato que-sto importante oggetto.Certo gliAnconetani erano coraggiosi, ed amavano ardentemente la

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patrialoro;prova laresistenza cheaveanofatta alcunianni fa al terribileBarbarossa;maallora ilmareera libero^allora nonsi temeva la

fa-me;ora però,sequeimaledetti di Osimo, se tuttiqueimalnatinobilacci delleMarchecogliendo

ildestro,e fors’anche essendo già d'accordo co’Veneziani,venisseroadattaccarliper terra

,

come resistereadun tempoa due nemici? L’im-peratored’Orienteètroppo lontano,edicasipure nonbenearmato per ajutare gli amici.La Lega Lombardahaabbastanza dafarecon quel cane diBarbarossa^epoilanostra città, nonsi sa perchè, nonha volutofarpartediquella lega, la qualepare abbiabuona intenzione!

Siamoisolati, dicevanogii uni;equel cheè peggio,soggiungevano glialtri,

circonda-tida nemici.Bisognafinirla una volta coi ca-stellani econ queimaledettigattidi Osimo.

Ohquantoa questi, gridavano baldan-zosamenteigiovani,iconsolisimettanoalla te-stadei cittadini,edinpochigiornisaranno spic-ciati.

Ma gli uomini i più prudenti, e quelli che,secondol’opinione comune appartenevano aiPolitici,opinavano doversi primaditutto per-suadere quellidiOsimo chela guerra che in-traprendevano era ingiusta o fratricida,poiché

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ossipureerano Italiani. 41 che i più virulenti rispondevano:

AncheiVenezianisonoItaliani e adontadi ciòdimanialpiùtardisaranno qui abloccarci.Questonomedi Italianièunafollia di queipazzideiPolitici.

Ioperme, diceva un popolano, non conosco per patria chela nostra repubblica,e setuttifossero delmio parere,di questo passo correrebberoallearmie{Momberebbero addosso a queidi Osimo,ondenonpotesseroriunirsicoi Veneziani.

Queste^ edaltre innumerevoli, eranole di-cerieche correvanola città. I consoli intanto perassicurarsidella veritàavevanofattovenire avantialoroqueip^atori,edopoaverli inter-rogatiavevano ordinatoalcapitano dei portodi levare immediatamentedall'ancora lasua galea elareuna corsain alto mare per assicurarsi serealmente laflottaveneziana veleggiava verso Ancona. Poilagrancampana delPalazzo avea suonato itocchi per radunare immediatamente

il Consiglio comunale, onde concertare il da farsi nel casoche lanovella si verificasse. An-che iPolitici s’erano radunati incasadi Don Giovanni,edavevano deciso,che i fratelli si spargerebbero fra il popolo per incoraggiarloa difendere lapatria,casofosseattaccata.Avevano

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inoltreinviato unodi loroadOsimoper inten-deredaifratelli diquella città quali fosserolesue intenzioni. Insommain tuttaAnconaregnavauna grandeagitazione, unandareevenire dal pa-lazzo al porto,da questoall’arsenale,ovecolla più grandesollecitudinesi mettevano in ordine le anni.Igiovanipoi correvano di casa in casa raccontandoai vecchiedalle donnelevarie no-velleche correvano perlebocche di tutti. Le giovanimogli, leinnamoratedonzelle,levecchie madri liincoraggiavanoe sollecitavano a prepa-rarelelande,gliarchi, igiavellotti,gliscudi, glielmi, insommaadisporsia provarecoifatti cheavevano uncuore edun’animagenerosi.

loperme.dicevauna madreasuofiglio, nontiguardereipiùcome mio figlio se ti ve-dessifuggire.

Iosarei lapiùsventuratadellespose, se mio marito,invece dicorrere oveferve la mi-schia,sirinchiudessevilmenteincasa.

IonondareipiùadAttiliolamiamano, soggiungeva unavezzosa fanciulla, seilvedessi solamentetitubarequandolatrombalochiamerà airarmi.

Noi pure dicevano alcunenobilimatrone, conversantinellecase dei consoli,noipure fa-remoil nostrodovere, riceveremoecureremoi

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lerili, porlereQjole vettovagliee se liad’uopo lareraod’ogni cosa armi, peropprimerti e schiac-ciare i nemici,dieosassero profanare ilsacro suolodelia nostra città.

Oh quantoera belloquesto santoe gene-rale entusiasmo!fiamma divina che una volta accesa intuttique’cuorivi simantennepoi sem-pre vivain mezzoalle piùterribili prove!

Intanto una coorte di duecento cittadini aveva per ordinedei Consoli presolearmiesi era postata indiversi puntidel molo. L’ indo-manimattina^ il capitano del porto rientrava dallasuaescursione, erecatosi al palazzo del comune,uveiConsolierano inpermanenza,acr certolli dellaveritàdiquanto erastato esposto daipescatori, enonaveva alcundubbio che la flottaveneziana fiotesseesserenellagiornataoal piùtardilamattinaseguente in vistadel porto:

AlloraiConsoli, considerato che non avevano forzenavalidaopporreai veneziani,ordinarono ai suddettocapitanodi fareprontamente, eper (|uanto fosse possibile,mettereinsalvo ncU’arsena-ledelle trecelle tutte lebarche chesitrovavano in portoondenonfosserofacile predadegli as-salitori. Dopociò tennero unconsiglio col Podc-^

staed icapi deilerzieri,efu decisocheai

pri-mo avvicinarsidel nemico^ le campane

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rcbbcroa stormo,si bandirebbe lapatria in pe-ricoloetuttii cittadiniaccorrendoalGonfalone d’ognilerziereprenderebberolearmi.

Tutta questagiornatasi passòin una grande ansietà edincertezza^inungran movimento,inun con-fortarsi, incoraggiarsiavicendaa sostenere de-gnamentelasventura cheliminacciava.

Appena iprimialbori rosseggianti sortivan dal mare,tuttigliAnconetani uscivandallecase loro persapere lenuove, ed accorrevanosulla spianatadelia cattedrale, didove scorgevasi già laOotta veneziana chedirizzavasiversoil por-to. Lanovella dell’apparizionefuportataal pa-lazzodel Comune,e subito s’udirono i tocchi della gran campana,ai quali risposero quelli di tutte le chiese. Icittadinicorrono alle ar-mi; i Gonfalonidei terzierisono inalberati, i

Consoli ed il Podestà li guidano, li mettono in ordine nei punti meno difesi e perciò piu faciliall’accesso del nemico. Intanto la flotta veneziana manovrava in modo da tenersi in largo.

Inquesto mezzotempo,dallaparte di terra giungeva atuttacorsa,soprauncavalloansante espumante,unuomochesidirizzava allacasadi

Don Giovanni,il quale udito il gran rumore uscivaegli pure.

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Ah!Dottore cheèaccaduto! Diomio!

comesietecopertodisudore edipolvere.

Unagrande sventura,DonGiovanni mio, unagrande sventura!CristianodiMagonza Luo-gotenentediBarbarossa, alla testadei suoi Te-deschi,edigrannumerodimasnadieri d’ogni paese^ha invasoil territoriodellanostra repub-blica.QuestonuovoAttilatuttodistruggecol ferro e colfuoco. 1 pochi abitanti dei villaggi per dove èpassato,scampati da morte, fuggon pre-cipitosi,edun certonumero neè giuntoa Fal-conara, annunciando coi lorogemiti il terribile flagello checaccia essieminaccia noi.Presto,

Unagrande sventura,DonGiovanni mio, unagrande sventura!CristianodiMagonza Luo-gotenentediBarbarossa, alla testadei suoi Te-deschi,edigrannumerodimasnadieri d’ogni paese^ha invasoil territoriodellanostra repub-blica.QuestonuovoAttilatuttodistruggecol ferro e colfuoco. 1 pochi abitanti dei villaggi per dove èpassato,scampati da morte, fuggon pre-cipitosi,edun certonumero neè giuntoa Fal-conara, annunciando coi lorogemiti il terribile flagello checaccia essieminaccia noi.Presto,

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