ceremonia aveva luogonella cattedrale, con un concorsoinamensodipopolo. Iventi estinti por-tatidaicittadinisopralettighemovevanodal pa-lazzo del Comune alla Cattedrale. La vezzosa giovinetta,come angeloconduttore,eraa capo della funerea processione sopra candido letto^
sparsodiCori,circondatadauncorodi giovi-nette bianco-vestite, devotiinni cantando; pro-cedevanogli altriscopertirivestiti delleloro ar-mi,coronatidialloro
,portatida giovani,invidi solodella loro sorte. Le milizie facevanoala.
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ed il cleroedimagistrati lì accompagnavano,i parentie gliamiciliseguivanoelelagrime che versavano erano un misto sublimedi doloree digioja.Lungh’essolastrada,lamoltitudines’ in-ginocchiava, e riverenteecommossalibenediva elevandogliocchilagrimosielemanitremanti verso ilcielo esclamava:Là sonoora i difen-soridella Patria!Dalle finestreledonne ed i fanciulli,le madri antiche, gl'infermi vecchi gettavanofioriecorone: Giunti poialla catte-drale,eranodeposti sopraungrancatafalcoed
idiviniufizjsi celebravano daMonsignore, ac-compagnati dalsuono dell’organo e dagli istru-menti militari. Finita lamessa direquie,Don Giovanni salito in cattedra, pronunciò queste parole.
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Lospettacolo dolorosoesublime ad un tempo, cheinoggiciappreseiitalacomunenostra madre lachiesa, di neregramaglie involta,ci conturbalospirito^ciamareggiailcuore.Ognun
dinoi, chelosguardo fissasu queiventi estin-ti^pensando,chequi nonli condusse giànè
ilnaturai corsodel tempo,nèstraordinario ma-lore-,mabeasilaprepotenzadegliuomini, piange esospira.Sì,miei fratelli, la prepotenzadegli uominirecisequelle carevite, riempì lapatria nostradi luttoedi cordoglio.
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Figli (liDiogli uomini,o per ciò slesso fratelli;pellegrinisu questa terra, dovrebbero teneramente amarsi, soccorrersi, ajutarsi, ed invecesiodiano,si nuocciono
,siuccidono. Mi-seranda e deplorabilecondizione deU’umanità!Ma se datononèanoi,esseriimperfetti,lo scru-tare iprofondiarcaniconsigli dellaprovvidenza, possiamo però^coll’interroga reilgiudicesupremo eh’èin noi,la coscienza, alle diverse azioni delFuomoattribuire
,secondo che conformi,od opposteallanaturaleequità c benevolenza,lode 0biasimo. Quindinellapresente circostanza, fra mezzoalgiusto nostro dolore,sorgeuna grande consolazione; quella che questi diletti estinti
,
compirono,morendo,lapiùbellaazione,lapiù conformeall’equità edall’amore, la piùdegna difama immortale.Morironoperladifesa della patria.Queste soleparolebasterebbero per fare il loroelogio; basterebbero pernoi,onde con-.solarci,invidiandoli,espargeresullalorotomba lagrime nondidolore, madigioja soave. ISèio saprei comemeglio soddisfare al pietoso uffizio di accomiatarci da loro,se non coldimostrare appuntoquanto siagrande, quanto sia belloil
morir perlapatria. Senonche all’altezza del-r adel-rgomento verrebberoforse meno le mie de-boli forze,sela vista delle spoglie mortalidi
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questiillustricittadinil’animomio^ilcuormio non confortassee dipatria carità nonlo accen-desse.
Eprima di tutto, che è dunque questa patria,allaqualedobbiamo ilsacrifizio di noi stessi?Lapatria èquella santa unionedi uo-miniliberi,i qualiraccolti in un angolo della terra,comeinuna sola famiglia, si stimano
,
si amano,siajulano I’un 1’altro,onde vivere felicisottolaprotezion delle leggi^daessi sta-bilite,edaimagistratidaessiliberamenteeletti mantenute. Ho detto uomini liberi
; perchè là ovenonè libertà,non vièpatria,nonvison cittadini; mabensì mandredimiseri schiavi in-catenati
,edoppressidauno,opiù tiranni. Con-dizionela piùbassaelapiùabbietta,che estin-guenell’uomoogni generoso sentimento^e gli toglie persinolaforza dirompere lesue ca-tene! Nella vera patria, airincontro, Tuomo sentelasuadignità,conosceedesercita isuoi diritti;lesue facoltà si sviluppano, ingrandi-scono nel liberoconsorzio co’suoi simili.Dilà pensieri edidee novelle; di là istruzione reci-proca;nascimento delle lettere^delle scienzec dellearti,le qualicon modicotravaglio, man-tengonovival’umana attività, bandisconol’ozio eleprave inclinazioni, rendono relativamente
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tullicontenti,lietiefelici.Nella schiavitù,
l’uo-mo perdendolanaturale libertà,ha tutto per-duto,e non che le azioni, nemmeno iliberi pensieriglisonpermessi.Una mano barbarae crudeletraccia intornodiluiuncerchiodiferro
,
dalqualeuscire nonpuò senza incontraremille martini, mille supplizj
; freme egli da prima
,
comeleone,chearditocacciatore inferrea gab-biarinchiuse; sospira gemendo, brama la pri-stina libertà,enell’ira sua,nelsuo furore ma-ledice acbi r opprime;edin cuor suo giuradi spezzar lesueritorte
,di sbranare il suo op-pressore. Ma a poco, a poco, alla febbredel leonesuccede laspossatezza, l’avvilimento^ ed allora ilmìsero schiavo oblia isuoi diritti,e
,
nell’ignoranzacbeloinvolve, perde lafedee lasperanzadiunmiglioreavvenire,sipersuade esser nato per lamiseria el’infelicità
,e
ba-cialamano cheil percuote. Curvato sotto il
pesodell’umiliazionenon osapiùlevar la fron-te,e liberamente guardare il cielo; ma stri-sciandoa terracomeilpiù vile deirettili, stra-scina nellezzo di passioni brutali sua misera vita, emuoreignotoasè,senzanome e senza fama, elasciapertuttaereditàaisuoi figli le suecatene.
« Alla vista di questo quadro funesto e
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terribile, mapurtroppovero, chi dì noi non freme c non raccapriccia? All’incontro qual consolazione,qual gioianonc’inspiralapatria libera, quella cara patria di cui godiamo, e gustiamogl’ineffabilipiaceri?Echi non sente incombereaciascunodi noi il vegliare, onde untanto benenoncivenga rapito? Guardano
dimal occhio glioppressoridei popoli iliberi stati; eciòperduepotenti ragioni; laprima
^
l’insaziabil famedi dominazionee diricchezza, laseconda, iltimordiperdere iloro schiavi:
imperocchédalla patria liberaemana una luce divinache penetraattraverso alla nera.caligine dellatirannide,eda colpirva l’intellettodegli sventurati oppressi, iquali, come coloro che nondel tutto perderono il senno^ a quel bar-lume siscuotono,etentano di rompereiloro ceppi.Echeciò siavero,loprova chiaramente questastessa nostra sventura. Che abbia
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noifalloa BarbarossaedaVenezia permeritarela distruzionecheci minaccìauo? Nullapercerto.
Maspiaceall’avarizia insaziabile de’Veneziani, che noi pur solchiam quelmare, che Dio ha fatto pertutti
;lorospiacecheonoratamente traf-tìchiamocollevante.ABarbarossa spiace l’indipen-denza nostra,lanostralibertà,lanostra fermez-za,il nostrocoraggio. Fremecostui nelvedere
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cheleilaiiaue repubbliche sonostanched’aver un aitosignore,e minacciano diromperel’ ul-timoanello cheancorletieneavvintealla gran-d'ombradel caduto romano impero. Vorrebbe rorgoglioso tiranno, colla rovinanostra, spaven-tare lalegaItaliana
,farsistrada verso Roma
,
etrionfarvincitoresolCampidoglio.MaDio di-sperdeiconsiglidegli empj
,csovente adopera agrandi finideboli istrumenti;edioporto pie-na fede,che sortendo noi vincitori da questa terribile prova,saremodi buonaugurioalla fu-turagrandezza,alla futuraindipendenzaItaliana.
Ora dunque, sea tutti incombe il doveredi difendere la patria,seilcompimentodiquesto dovere producesìgrandi, si felici successi,il
morirepercausa sibella èdegno dieterna
fa-ma:imperocché,redimendo col propriosangue lapatriaoppressa,si divien martiregloriosodi un gran principio,quello cioè della libertàdel genere umano. Per questa libertà morirono i
trecento di Sparta; per questa libertà, Muzio Scevola sibruciòlamano, OrazioCoeliteruppe
il ponte,Clelia traversòilTevere,AttilioRegolo tornòa Cartagine. Per questa libertà i padri nostri,emulidei grandi esempj antichi, com-batterono, morirono per fondare il nostro Co-mune,larepubblica nostra. Per questa libertà
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loUauo, elotterannolunga pezza leitaliane re-pubbliche controglioppressoristranieri.Per que-stalibertàmorranno nelle età future tuttiquei magnanimi che,osdegneran sottomettersialia schiavitù,0natidapadri schiavi,oserannoiprimi rompereiloro ceppi. Infineper questalibertà mori-stevoipure 0prodinostri concittadini, cuiqui noidiciamol’estremoaddio.Etuttiquestimartiri dellalibertà nonsolo avrannoin terrafama ec-celsa finche il mondo duri; ma colassù nel cieloseggio digloria eterna; chè Iddio man-davainterrail verbodivino per la libertàdel genere umano.
« Uditevoi
,comeio odouna celeste ar-monia dicantiedi suoni? Levatemecogli oc-chi al cielo; ei si apre e framezzo ad uno splendore che rende oscuro il sole, coronati d’immortaliallori,cinti dellagloriosa stoladel martirio,accompagnati da lidi angeli custodi^
guidatidaun venerabile pastore, la palma in mano,salgon sublimiversoTEterno Amore. Chi sonessiquesti eletti ?Ah riconosceteliallavaga giovinetta cheli precede,sonoglispirtibeati di queicari nostri concittadinidicui quionoriamo le spogliemortati.
•< Salve, spiritibenedetti^salve; giuntiche
sarete altronodiDìo pregate per noi
,per la
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nostra patria,ediciamolo pure, pergli stessi nostrinemici. Dessisono uomini,e sef^r giu-stodritto didifesacheabbiamo,nostrodovere è diresister loro,di cacciarlilungi danoi,lungi dall’Italiatutta^obliarnon dobbiam inai, che creatureessi puredi Dio, indotti in errore,e strascinati da alcuni colpevoli prepotenti, di-vengonnostrifratelliquando piùnuocernonci possono.
« Or dunque che sperar possiamo che questi nostricarigioiscano dell’eternafelicitàin seno a Dio,perchècirattristiamo noi?Lafede della sublime nostra religione sarà dessa più deboledi quell’amoreimmenso deliapatria delle grechemadri,chesiaffliggevano quandoiloro figli ritornavanovividallebattaglie? Ahno, che oltre alla fede, amiamnoipure,egrandemente amiamo, la nostra patria. Tei^ete adunqueil pianto0desolaticongiunti ed amici, poiché la sortedi questielettièpiùdegna d^ invidia che di compassione.Abbian questicari restiriposo in questotempio inuna sola tomba, sucuisi scolpiscano questesemplici parole:quigiacciono venti cittadinimortiper ladifesadelia patria; e ogni anno,inquestogiorno, siano solennemente rammemorati; icari parenti^gliamici, ed ogni animagentilevenganoa versare su questapietra
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Icnero lagrime^dolcisospiri^edaspargerviiiori ccorone. Lemadri presenti e lefuture,ingL nocchiandosisuquestapietra coilorofigliuoletti, liconsacrinodi buon’oraalla patria,e raccon-tandoadessiilmemorandoesempio^ accendano inque’ teneripettiildesideriod’imitarli.
<< E noi tutti, nell’atto di separarci da
questicariavanzi,giuriamo di seppellircisotto leruinedella nostradiletta almacittà,piuttosto chedicedere alnemico. »
Appena don Giovanni ebbe pronunziate que-ste parole,lamoltitudineprostrataaterra,
le-vandolemani verso ilcielo,esclamòfrale la-grime edi singhiozzi» lo giuriamo ».
Così finiquestacommoventecerimonia,che inspirònuovocoraggio^ efermarisoluzionedinon mai cedere.
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'«e-w-'m-c»*»-r.APITOLOXIII
Don(àlovannldaf'blaCanonica
li discorsodi Don Giovanni,or ora danoi ripetuto, ilsuo coraggio, ed il mollo amore ch’ei portava alla patriasua,edall’Ilaliatutta, fannodi luiun personaggio sì interessanteda risvegliare neilettore ildesideriodi meglio co-noscerlo. Persoddisfare adunque aquesto desi-derio,edanchealla promessa danoi fatta al-trove,ripeteremoquiquel tanto che sulconto diluiabbiamo potutoraccoglieredadiversiscritti antichi.
Frai mercadantivenutidal levantein An-cona,alcuni vi si stabilirono e divennero per
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ciòstessocittadinidiquella repubblica. Lino di essi, Pietro da Chio,avevamesso insieme un grande averetrasportando evendendoivarj pro-dotti delledue contrade. Invaghitosid’una l)ella giovane, figlia unica diriccomercadante anco-netano,roUemie in isposa,a pattodirimanere in casadel suocero,a cui nondaval’animodi separarsidalla tantoamatafiglia.Daquesta unio-netrasseoriginela famiglia di Don Giovanni chiamatasempre
,dal nomedellasuapatria pri-mitiva,daChio.Dopo varie vicende, or d" av-versa ordi prospera fortuna,a questa famiglia era rimastaunacerta agiatezza,sicché i geni-toridelnostroDon Giovanni poterono dareal loro figliouna buona educazione: Egli poi,fin dalla più tenera giovinezza,erasi mostrato do-tatod’unarara intelligenza, d’un’ indoledolce
,
ma risoluta.Fece egliadunquedibuon'ora do-viziadi cognizioni,vaghissimo mostrandosidello studio;e quandocolf etàcrebbein luiilsenno applicossi con ostinataperseveranza allostudio degliantichi nei quali seppe discernere quelle nozionidel vero, del bello, del giusto, sulle quali s’innalzalasintesidella vitaumana.Quanto alcuore,sensibile,amante,generoso,loaveva di buon’ oraeducalo aquella semplice sublime morale deH’evangelo,chesì mirabilmente ne
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segna adamareIddioedil prossimo.Quindi la sua immaginazione vivissima, giustamente col-pita dallasantitàe grandezzadel cristianesimo,
adorava riverenteimisteri della provvidenza,e nell’UomoDio vedeva il gran tipo d’ogni re-denzione,e sperava, ed anzi credeva,che il
verbodivino avrebbetrionfalonellapienezzadei secoli,e chelafraternitàdegli uomini, da lui proclamala,sarebbesi alfine verificala.Maintanto ranimosuo, ilsuo cuoresi riempivano di do-lore allospettacoloveramenteaffliggente dell’uma-nitàinceppata,anzichéesserlibera, al vedere, invece deH’amore,delia fratellanza,regnarel’odio, laprepotenza,Vineguaglianza; ipiù furbi op-primereideboli,avvilirli,calpestarli-, e men-Ire ruomo potrebbe e dovrebb’esser felicein questaterra,condurremiseramente lasuavita
,
strascinato dallepassioni ribellialla granlegge dell’armoniauniversale.
E la società? Oh! la società pareva a quell’animapura,untal mistodicontradizioni, tantomalee sì poco bene, ch’ei non sapeva scioglierequestoproblema;se l’uomofosse più felicenel naturalesuostato,liberamente errante sulla terra,signordei boschi, delle valli,delle montagne
, dei deserti
; o raccolto ed impri-gionalo fra(jualtro murasenza libertà, schiavo
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di sèstessoe degli altri, occupando il breve tempodelsuopellegrinaggio quaggiù a creare cdasoddisfare bisogni sempre nuovi e rina-scenti. Quantoalla politica, il giovine fìlosofo ringraziava Iddiod’esserenato in unostalo
li-bero,e provava un vero cordoglio nel pensare che milionie milioni de’suoisimili, nonsolo avevano perduto lanaturalelibertà, mas’erano peruninesplicabileacciecamentovendutiadun parilorodisembianzeediforme^edilpiùdelle volte,insensatojstupido,crudele, chepretende daloro soggezione, rispetto e dispone diessi comedicosa propria;li mercanteggia,livende,
liincita gliimicontroglialtri,egodeesibea inquesta fraternacarnifìcina^ed osafrail san-gue edicadaveri pavoneggiarsi^glorificarsi; men-treglistolliabbagliatida questa sanguignaluce Tammirano, l’applandono,il chiaman grande, sublime!Ohmiseria!ohcecitàumana!esclamava
ilgiovine pensatore.Maquestitristipensieri era-no consolalidallospettacolo belloesublimedella creazione. immaginazione sua, comeil viag-giatorechecorselunga,deserta,faticosa viasi rallegra, siriposa^segiungeinamena valletta bagnala dafresco fiumicello,ombreggiala da ver-deggiantiarboscelli,sirincorava,siesilarava con-templandolabellezza deicieli, l’immensitàdel
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mare, l’eterna vicendadelle stagioni, l’amore universaledi tuttelecreatecose.Aquestonome diamore,il cuore delgiovinetto provava una dolcemalinconia, uncertovuoto che gii face-vanosentireildolce pondodiquesta legge pri-mitiva,universale, cheneimpone diamare,e soavemente ne’priminostrianniciturba,e facci ricercareilcaro oggetto, con cui contraccam-biareil nostrocolsuo affetto. Gli studj serje gliesercizj ginnastici,nei quali era
valentissi-mo, occupavano gran parte delsuotempo; sic-ché, quantunquesentissequel vuoto dicui ab-biamoparlato, noneraper luiancora untale tormento da pensarea riempirlo.Isuoi geuitori giàavanzatie chenon avevano, chequesto di-letto figlio
, desideravano si accasasse orrevol-menteesecondolasuainclinazione,libera la-sciandoglilascelta dellasuacompagna.La ma-dre glie ne parlava sovente, dipingendoglile dolcezzedeliafamiglia,nellequali solopuò
l’uo-motrovare quaggiù unpo’di felicità. 11 giovi-nettosorridevac ripeteva cheper ora non vo-levaperderelasua libertà.Maspesse volte ac-cade,che queichesembranoipiùrestii aidardi deiramoresonopoi ipiù crudelmenteferiti da questo Diovendicatore. Così avvenne alnostro daChio.Era egli già|)ervenutoall’anno
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nesiuu)^quando un giorno sondoa diporto fuori dellacittà,s’incontrò sull’imbrunire dellasera conunarispettabilesignora accompagnatadauna vaghissimafanciulladi 46a 18 anni. Vederla
,
esentirsidaunbrividofreddo e poicaldo per-correrelevene,batterepiù forte il cuore, il
sanguesalire piùrapidoal cervello,e mettere r immaginazioneingrantempesta, fuunpunto solo. Giovanniera vinto;amoretrionfava.Invano inquelsubitoturbamentovolle eiricorrere alla ragione,ella eravelata.Fascinatodauno sguar-do,forsegettatoa caso sopradiluidalla fanciul-la, eifucostrettoas^uirla;e giunti incittàle tennedietroUnoallasuaabitazione,provando nel suospiriloe nelsuo cuorequellamisteriosa agita-tone,inesplicabile colleparole,che siconverte inunafiammaardente, inestinguibile,che imprime nell’anima l’immaginedicoleicheaccagionolla.
Lungo sarebbe, nè il nostro soggetto lo permette,ildire tuttociòchesi passòda quel-l’islante fatalenell’anima del giovine innamo-rato.Che tutti quellicheamarono rammentino
idolcipensieri,il molto desio, gli affanni,le gioje, icontrasti, le gare,idisgusti,lepaci, lutto,lutto sidipinsenellaconcitatasua imma-ginazionein quellanotte insonne, che successe aquelprimo incontro.Errò poi per più giorni
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turbalo,inquietointornoa quella dimora;rivide lagiovinetta, edamorgliela dipinse ognorpiù beila. Pallido, pensieroso, smemorato^ .si assi-deva alla mensasenzacibarsi^giacevasuiletto senzadormire. Igenitori s’avvidero del cangia-mento,ela madre, con quel naturaleistinto che le madri possedono di leggere nel cuore de’tìgli,s’accorse subito che il suo Giovanni pativad’amore;echiamatoloindisparte, colle piùdolciparoleiopersuase adaprirleilcuore,
ilcheeifeceprontamente,e provenne grande sollievo;unbisogno imperioso essendo di
ilcheeifeceprontamente,e provenne grande sollievo;unbisogno imperioso essendo di