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AACOAA L ASSEDIO DI DELL ANNO H74. Digiti?^ by Google

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L’ASSEDIO DI AACOAA

DELL’ANNO H74.

Digiti?^byGoogle

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IIMjl.IlkrlASKtOLAIIDI*.

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DELL'ANNO1174.

PER CRISTIANO ARCIVESCOVO DI MAGONZ4 LUOGOTENENTEDIBARBAROSSA

RACCONTO

D.«IVtiKPPKCANi!%0.'«lGRIDAHODK!«.%

FIRENZE

l’ERCARLOSOLDI

1848

5/Google

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PREFAZIOIKE

«a>«-e»

Quatìdor anliifuario passeggia fratnezzoleruine di unagrande eitlà, cheil tempo epiùancorala manodell’uomohannodistrutta

^

et contempla con

affetto gliavanziditantimonumenti;collaimmagi- nazioneliraccoglie^liinterrogaeformasi un'idea deir eccellenzadell’arte cheli produsseedell'uso a cui furonodestinati. Lostesso accadea chicol pensieropasseggia nelvastocampodellaStoriad' f- talia,lapiù'drammatica, lapiù meravigliosadi tutte lealtre.Quantevicissitudini!Quantagrandez- za!Quantesciagure!Mentredunque nonha guari, iocercavaqualcheconfortoalla nojadi unlungo esiglio percorrendo ifastistupendi dellerepubhli-

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cheItaliane, m' incontrainelraccontodell'assedio

gloriosissimo,sostenutodallacittàdiAncona,nel- /’anno1174controglieterni nostrinemicidelSet- tentrione.Gli assedjipiù famosidell'antichità s'im- picciolisconoin faccia di questo. Tuttoègrande,tutto èvirtù.Lacarità santa dellapatriainfiammadel suo divino entusiasmotuttiicuori',unanobilegara fasopportareconfermezzaedignitàlemiserietutte dellafame.Ledonne di Ancona, inunfrangente siterribile,fanno dimenticarelegrecheeleroma- ne.Dessesondegnedell'ammirazionedituttiise- coli.Commossoioallavistadi spettacolosimagnifico, ilsangue misirimescola, ilcuorebattepiùforte

,

enelmiospirito,concitatodalla meraviglia,sorge ilpensierodifar rivivere quel glorioso avvenimento, mettendo in azioneifatti,lecircostanze,e gliuo- mini che looperarono.Madai concettidell'immagi- nazioneall'esecuzioneloro,vièunbeltratto tutto ingombrodiostacoli,cheilpiùdellevoltearrestano iprimi passideltemerarioviaggiatore, che, ama- lincuoreesospirando, ècostrettodi retrocedere. Tanto sarebbeaccadutoame,senonavessiascoltato chele debolimieforze; maquelsantoamorecheioporto allamiacaraItaliache mi sostennenelle difficili provedi28 annidipeneediesiglio,midiedea- nimoeconforlommi ali impresa.

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Debbo poialloeorlesiaednisaperedelehiaris- simosigitor Giuseppe Scheiini^ Bibliotecario d'An- eoua, unaseriedinotizie, checon accurato inge- gnoemolto patrioamore, hasaputo ricercarenel- r oscurità di quei tempi; e migode l'animo di pubblicamentetestificarglienequi tutta lamiagra- titudine.

Ah!se il racconto dell'eroico patriottismo dei nostripadripuòsvilupparenegl' Italici pettiquella divinascintillad’indipendenza,che,partendo dal- ralto,sembrainvadere ogni cuore, io sarò lietis- simod'avervi cooperalo, ecoll'anticomioesempio, econquestonuovoincitamentoI

Blois, Novembre1847

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L’ ASSEDIO DI ANCONA

CAPITOLO

I.

Unafenta diCaiupaipna

\

In unadiquellebellemattinedi primavera,in cuilapompa dellanatura rendealCreatore T o- maggioilpiùsolenne, due uomini, unodicin- quant’ anni incircae1’altrodi diciottooventi, uscivanod’Ancona per laporta diCamurano,e per una stradiccìuola fiancheggiatadi siepi fìori- te, sucui I’Aurora aveva gettateapienemani perle,diamanti erubini,salivanoversounleg- giadro monticello,copertodivigneediolivi,in- terrotti diquandoinquando da praticellismaltati di millefiorellini.Suquell’amenopendiovedeansi sparsiquaerustici casolari,chedavano ri- saltoadalcune villelte signorili.

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Il soie,sortito appenadal mare,inondava lo spaziode’suoi raggi,edavaatutto ilcreato raspetto il piùmagnifico. Inostri due viaggia- tori,respirando lefresche aurette,eranopieni di quellasoave emozione, cherisveglianell’anima nostra lospettacolo variatodei primi albori-,

etuttiedue assortiinuna speciedi estasinon sapevanocheesclamare, o meraviglia o gran- dezzadi Dio!

Ohjdissealfineilpiù attempalo,felice ruomo, sesicontentasse;setuttelesue azioni fosserocondottedallamoderazione,dall’amore;

ma, miopoveroGuglielmo,cheorribile spetta- colo non cipresenta lastoriadella nostra raz- za! Dapertuttoeccessi, checangianole virtù invizj,e ruomo^nobile creatura, che perla sua attività, pelsuosenno, esserpotrebbeilRe

dell’universo, econdurresuavitapiena didol- cezze edifelicità, schiavo dei suoi tiranni in- terni^ leesagerate passioni,strascina il breve suo pellegrinaggio frammezzoamille tormenti, ch’eglistesso si èfabbricali.Nato peresserli-

berojdivieneschiavodei furbi,chesannoatem- po, or sedurlo,ora spaventarlo.

Certo,risposeilgiovane,laprospettiva chesi appresentaa chientranellacarriera del mondo nonè bella. Però nella mia età io mi

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— a —

senlu unalai pienezza divila,cetiiobelleillu- sioni micircondano,millesperanzegermogliano nelmio cuore, che parmi,saròfelice. Una mo- dica fortuna mi assicuradalla povertà,un na- turaleamoredellostudiomidifendedall’ozio e dagli intrighi. Il mio cuore non è pienoche d’unsoloaffetto,l’amore,cheho perla mia dilettaVirginia!

Aquestonome ilviso delgiovinettosiani-

,ela gioja del cuore vi trasparse; all’in- contro quello del suo compagno divenne più tristo, eda un’alzata d^occhi versoil Cieloc da unsospiro partilodalfondo del cuore, uno

sisarebbeaccorto,che questeparoleavevanoria- pertanell’animo suoun’ antica piaga.Però con- tenendosieriprendendo subito un’aria calmae .serena

,esclamò.

OhvogliaIddio,mio Guglielmo,chetu siafelice, Tindole tua ènobile egenerosa,i tuoi desiderj sembrano moderati; elacompa- gna, che haiscelta,èdegnadel tuo amore.

Dei canti che da tutte parliecheggiavano venneroa distrarrequesta conversazione. Erano villanellievillanellecheinben ordinata proces- sione percorrevanoicampi sottolostendardodi nostra Signora,cantandoin duplicecoro lesue laudi,edomandandoaDio nellerogazionidi l)c-

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nedìrcie lorocaoipeslri faliclie con un'abbon- dante raccolta.Oh comequesteprocessioniattra- versoicampi, sono subliminellalorosemplicità!

Come brillansuqueivolti lafede, lasperanza ela carità! Quel misto divoci,incui si scor- gono rinfanzia,lavirilitàe la vecchiaja, sale alCieloinuncoiprofumide'fiori, epurifican- dosiattraversolesfere,ricevuto dagliAngelie dai Cherubini,arrivaal tronodi Dio!

Intanto la campana dellachiesetta ch’era sullacima delcolle suonava afesta; ela pro- cessione,serpeggiando attraverso i campi,colà si dirizzava.Inostri dueviaggiatori ivano an- ch’essiaquella costa,drizzandolor passivers’una diquellegraziose villetteche abbiamo indicato.

Eraquella l’abitazionedicampagnadella signora Maria Stamura, vedova assai agiata,e madre

d’unicafiglia,Virginia,fidanzata aGuglielmo.Il

compagnodiGuglielmo era ilsignor Don Gio- vanniDaChioantico amicodellacasaStamura, uomoassaistimato intutta lacittà pelsuosa- pere,perlesuevirtù,esoprattuttoper leavven- turedellasuaagitatagiovinezzadicuiparleremo asuoluogo. L’oggettodellavisita allasignora Stamuraera per congratularsiconlei,quello es- sendoilgiornodellasuafesta.

QuantoaGuglielmo,eglivi avevaunaltro

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interesse, dirivederecioè,ed’intrattenersi colla suadilettaVirginia.Giuntiadunqueidueamici

,

dopo unviaggiodi tremiglia^al cancello della villettaStamura, furono ricevuti festevolmente dallesignore,chesecondoilsolitoeransi levate dibuon mattino^ ederano occupatea curare i fiori e raccoglierne per farne mazzetti e ghir- lande. La signora Maria presentò a Don Gio- vanniunbottonedi rosa pallida,eVirginia uno purpureoalsuodilettoGuglielmo.

La signoraStamuraeraunadonnadiquu- rant’annLdi staturapiuttostogrande,benepro- porzionata, diforme ancor belle,mamoltopro- nunciate, e cheindicavanouna grande fermezza dicarattere;due occhi neriegrandi lanciavano sguardi scrutatori, ma amabili;sulsuovolto si vedevanoletrecciedelle passioni,esoprattutto pareva scorgerviquelle d’unpassatodolorepro- fondo. Infattidadodicianni ellaaveva misera- menteperduto ilsuo consorte, ilsignor Pietro Stamura,uomodegnissimo,e dellapatria caldis- simo amatore. NativodiMilano si eraopposto vigorosamentealladedizionediquellacittàaFe- derigo Barbarossa,edin unasortita fatta con- trodilui^alla testadi unpugnodi bravi, inol- trandositropponellamischia erastatoferito;ed inseguitoil vincilorcfattolo prigioniere, nelsuo

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V

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furoreaveva condannato luiemollialtriadaver cavatigliocchi,le mani edi pieditagliati,poi appesiaglialberi e lasciatiamorir lentamen- te;orribilespettacolo che aveva atterrito imi- serimilanesi,eindottiliad implorare dair ineso- rabileImperadore indulgenza, emisericordia per la lorodesolatissima patria.

Dopo unavvenimentodolorosolasignora Slamura erasi ritirata in Ancona, sua patria

^

collasuabambina inetàd’annicinqueenona- vevapoi maicessato disospirareilperdutoma-

rito, ediconservareunodioeternoaFederigo eda tulliisuoi barbari satelliti. Virginiaera bella come unAngelo:distaturamediocreesvel- ta^contornid’una perfezioneammirabile, occhi grandiecìlestri,capellicastagninaturalmenteina- nellali^frontespaziosae serena^visoovaie, lab- bra tumidetteerubiconde,sorriso di paradiso,

dentid’avorio,colorito dirosapallida.Uninsie-

me cosi armonico colle parli

, formava unadi quelle lisionomìesoavi,cheattirano a sè I’a- nima,chepareriposarsi ebearsi in esse.In belle spoglie abitava un’anima candida, piena didolcezzaediserenità.La madrel’avevaedu- calaadogni bellavirtù. Religionepura da ogni superstizione, amoredi Dioedelprossimo, ca- ritàsenzalimite,moderazionenei desiderj,calma

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negli afTelli, assidua occupazionedello spirito ,

stuolodelle bellezze della naturaecoltivazione delle artiche, imitandola,la riproducono, for- mavanodi Virginia unesseresenon perfetto, al- meno alla perfezioneassai vicino.Eliaamavapoi ilsuo Guglielmo, giovine belio di corpo, ec- cellente di cuore,di spirito ornato, con una tenerezza dolcissima.

Dopo i saluti i piùcordiali, gliaugurj i piùferventi

,eleespressionidellapiùsincerae puraamicizia,iquattropersonaggi, ciascuno ca- ricalodiuncanestrinodifiori, s’incamminava- no,Virginiasottoil bracciodiGuglielmo, e la signora Maria appoggiata a quello diDonGio- vannijverso il Gasino^ovegiunti, entratiin un belsalotto,edepostoil dolcepesodeifiori, siriposaronoalquanto\poisidiedeordinealco- minciardellafesta.CometuttoemanadaDio, cosi ogni nostroattodeve averprincipioda Lui; quin- dila festadella signoraMariaprincipiòdall’in- cruentosacrifiziocelebrato inunacappelletlacon- tiguaalGasinodalcanonicoDonGiovanniin pre- senza, non solo di tuttala famiglia Stamura

,

madelmaggior numerodegliabitantidi Falco- nara venuti colla processione dicui parlammo.

Unprofondo raccoglimento regnavainquestopic- colo angolo della terra,cento volle piùcom-

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moventedello strepito diuna granlesta in un tempiomagnifico^ovei'artecerca con ogni sua pompaattrarre asè 1’attenzionedell’uomo,che dovrebbe essere tutta concentrata inDio.

Questo attopiocompito,lesignorefurono circondatedavarjgruppi dicontadini edivilla- nelle,checon lesemplici parolette,che dettava loroilcuore, congratularonsi conesse dellabuona lorosalute;loroaugurarono cento annidi pro- sperità.Poi tuttisi dispersero nel labirinto diun boschettocheeradietro alCasino. Intantoinun praticelloche ifolti ramidei circostanti alberi rendevano ombroso, iserviavevanoinalzate pa- recchietavole,attorniate dibanchette e con sopra carni salate,pane,fiaschi divinoe frutta della sta- gione.Era unacolazioneche ogniannoinquesta occasionelasignoraStamuradavaaibuoni con- tadinidel vicinato. Le signoreaccompagnatedai dueospiti,dalCurato,dal MedicoedalSindaco delvillaggio, colie moglie figli diquesti due ultimi, venneroad assidersi aduna tavola che stavain mezzodelpraticello, esi cibaronoessi pure delle medesimecose chei convitati con- tadini. Le ancelle ediservi servivano conor- dinebellissimo questo patriarcalefestino in cui regnava lagioia la più pura. Belioera ilsen- tire quel variato cicaleggio,quel rideredicuore

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— li-

di(|uellnbuona genie,i loro brindisi allasalute dei signoriedellesignore che avevanli convi- tali.Ungiovinettofraglialtri

,d’unafisonomia spiritosa,robustissimoe fresco,presa unatazza di vino,e scopertosiilcapo,levossiedisse:

Allafamiglia Stamura,onore della pa- tria;a questa patria che miècara! Io mi consacrotuttoall’unaedall’altra perlavitae lamorte!

Bravo, esclamarono tutti, battendodelle mani,contadinie signori, egridandoincoro:ev- viva la Patria.

E,DonGiovanni soggiunse,l’Ilaliatutta.

Allora nons’intesepiùche questo mistodi parole: patria. . .Italia . . .evviva . . .Anco- na .. . Stamura. . .Don Giovanni...

Quandoquestoprimo sfogofucalmato,la signora Maria levossi,ed un perfetto silenzio circondolla; il suo aspettoera nobile e subli- me, raggianteilsuovolto.

Amici,disseella,io viringrazio dei vostri augurj per mee permiafiglia,accettodicuore lagenerosa offertadelbuonPeppo.

Ditullinoi,gridavanoi contadini

.

Benediluttivoi, soggiungevala signo- ra;ma ciòdi cui visonopiù chemai grata

,

siè del vostro amoreper la patria. Amici, voi

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sapete eh’io sono una villiniadiquei mostro, diquel tirannoBarbarossa. Eicrudelmente fece perire neipiùatroci supplizjilpoveromio mari- to: Eì riempi lamiseraItaliadi stragi,dipianto edilutto:Eiminacciò,non ha guari, la no- stra città. Resistemmo,siritirò; maviveancora, ecertociodia e medita unaterribilvendetta.

Ebbene,semaicitorna,iogiuro,edicendo s’inginocchiavaalzando ambole manial cielo

,

iogiuro,e voimecogiuratetutti,dimorirepiut- tosto chedicederemai.

Allora i circostanti ripeterono in coro: lo giuriamo. Poi siconforlavano vicendevolmente a mantenere questo solenne giuramento. Gli uni stringevansilamano,altriabbracciavansi,alcuni piangevano;edipiùgiovanitendendolebraccia eserrando ipugni, gridavan;cheeivengaelo distruggeremo. Infine, congedandosi dallasigno- ra,ivanoallecaseloro,V animo pienodeidue più nobili sentimenti,lareligione,eTamordella patria.

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CAPITOLO

II

^•itinuwzionc

(jrià ilsole avevapercorsounterzo della gior- nata,egl’infuocatisuoiraggi iniianimavano1’a- ria;sicché lalietabrigatasi ritirava inun’am- piafreschissima saiaornatadi vasidifìori^che vispandevanounafragranzasoave. Quivigiunti, lepadronedicasa, prendendo perlamano, una

lamoglie del medico,

1’altraquelladel sindaco con amichevolesorrisoegrazioseparolettesicon- gedaronodagliuomini,pretestandoche volevano farvederealleamiche alcunilavori <

Rimasti soli.DonGiovanni,il medico, ilcurato,il sin- daco eGuglielmo,siassiserointornoad unde-

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schello;ed ilcuralo j)lm’ il primo preselaparo- la,dicendo:

Grandonna cheèla signora Maria;ma unpo’troppoesaltala.L’imperatore,ha per vero diregran torli,maegli è pursempreilsovrano ditutta rItalia

,pernondiredell’intieracristia- nità.Lerepubblicheitalianericonosconoemanare da luilasupremagiurisdizionetemporale,come dalnostrosantopadre, eda questonomeincli- nossi profondamente

,emanalaspirituale. Perciò io penso, che si debbaall’Imperatore maggior rispettodi (juello neha mostrato perlui lasi- gnoraMaria. Merita

Merita,interruppe il dottore,(jiiellepa- role edaltre. Federigoè unbarbaro che, pro- lìllandodelle eterne maledettediscordie delle re- pubblicheitaliane, hamesso a saccoed a ruba tullii luoghiper doveè passalo: non è sialo ungiudicedelle contese italiane,maun carne- lice.E poi,signorCuralo mio, chemivaella parlandodella suasupremagiurisdizionesull'Ita- lia ?Questo impero romano,doveèegli ades- so?Forsenon dormein pacesottolesue rovine cometanti altri?Perchèè piaciutoai Papi,per finimondani, arrogarsi il dirittodi farlo risu- .scilare, col mettereunacoronad’orosulla testa deibarbari Re, lerepubbliclio italianedovranno

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riconoscere costorocome lorosupremipadroni?

Maquesta èunastoltezza,micontro-sensosenza nome.

Bel bellodottormio,interruppeil sin- daco,voi giudicaletroppoprecipitosamente;per- donale,siete uneccellente medico,maignorate

iprincipj deldirittopubblico. Sulle ruine del- rimpero romano due grandi potenze si sono innalzate: la pontificia, sola depositaria della giurisdizionedelmondo^ secondo il gran Pon- tefice Gregorio Settimo; l’imperiale, delegalac conferitadalla primaaivincitoridelromanoim- pero. Dilà latrasmissionediquestosupremopo- tere colla coronad’orodiRoma,econquella (liferrodi Pavia.

Ma che hanno a fare le repubbliche italiane con queste corone, disse vivamente il

giovine Guglielmo? Io non presumo di sapere

il dirittojcome voi, signor sindaco, ma col buon senso giudico, che nè la forza dei Re barbari, nè la presunzione dei Papi possano costituireun diritto sopra una nazioneintera, che nonviha in alcun modo acconsentito. I nostriconsoli hanno giurisdizione,perchèilpo-

|K>lo, liberamente eleggendoli, loro laconferi- sce:Se, finitol’anno del loro consolalo, vo- lessero continuarea comandare sarebbero coih

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— as-

siderati ribelli Io poi credo che sia un errore grave, quello delle repubbliche italiane, diriconoscereall’Imperatorel’altodominiod’Ita- lia;econ suabuonalicenza,igiureconsultihanno molto cooperato a mantenere un tale errore

;

troppo essendo essi idolatri dell’antico diritto ro- mano,che facevadegl’Imperatori,alcune volte perfidi,altrestupidi,raramente savj,tanti Dei.

Maripeto

,la ragionenaturale ripugnaad am- mettereunpoterechenonemanadaunalibera volontà,ed in questo caso, dalla volontà nazio- naie.Ringrazio poiIddio,che la nostra repub- blicaabbiabensìlegami d^amicizia coll'Impera- tore d’Oriente,ma sia però esi mantenga pur sempre liberaedindipendente.

Bravo Guglielmo, esclamò Don Gio- vanni, stringendogli affettuosamente la mano,i tuoiprincipjsono giustissimi,edio,colia per- missione del signor Curato, aggiungerò: che venero

,ecome cattolicoecome prete, il Vi- cario diGesùCristo, fin che egli esercita la suaspirituale missione; ma quando ingerir si voglia nellecose diquesta terra,devefarloco-

me mediatore,come padre, come pacificatore, e nonaltrimenti.Lasuamissione èsanta, Ei deve|)roteggereaH’orabradell’augusto suomanto

ideboli eglioppressi, difendendolicontro iforti

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edi prepotenti;e credodi non mancareaiprin- cipj sacrosantidel Divino Vangelo dicendo,che pur troppoalcunisommiPontefìcihanno,perfini

mondani,attiratosullamisera Italia mollimali.

Perchè infatti^ soggiungeva ildottore, non hanno essi permesso ai re longobardidi formaredellabellapenisolaun sol reame?Per- chè ad ogni momento, chiamare, ora gliam- biziosi Franchi,ora ibarbariGermani a deso- larlacolleloro rapine,eadimporre ai posteri deipotenti Romaniilgiogo straniero, arrogan- dosidi conferire ai capi di que"masnadieri la podestà imperiale?Meglioerafarsi essistessi i

protettorisupremidell’Italia, piuttosto che vil-

mentevenderla,per accrescere qualche palmo diterraal lorodominio. Quantimalinoncia- vrebberorisparmiali! É vero,che nelle nostre sventure,ciè rimastoil valorde’ nostri padri; echelebarbare tormediscese dalle Alpi, trove- ranmai semprela tomba loronellasacraterra d’Enea.Machiciassicura che coll’andar del tempoquesto valoreItalianononvenga meno?

Ed allora;oh miseri posteri,chediverrete voi!

Schiavi tremanti, venduti oraall’uno, oraall’al- tro tirannostraniero;incapaci dipiùmaneggiare quellearmi,in cui fostemaestriatutti,perduta laforza cdilcoraggio,disprozzatì,perchè troppo

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lacilepreda,vedrete ifertilivostri campiiiigoni' bridi cadaveridei barbari cheseli contrasta- no. .. . Iofremo, raccapriccio,inorridisco, o amici, quando vedola malnatadiscordia regnar fragl’Italiani,esento strepiticontinuidiguerre fratricide,ed odoi vintichiamare in lorosoc- corso lo stranieroper rilevarsie distruggere il vincitore!!!

Mentre ildottore pronunciavaquesti caldi accenti, ilsuoviso,grondante disudore,splen- deadipatria carità,degnadeitempidella Gre- ciacdi Roma. IlCurato cd il Sindaco erano come abbagliatida unaluce novellacheliaffa- scinava. Don Giovanni non capiva in sè dalla gioja

, eGuglielmo, cedendoal suo trasporto

,

correva adabbracciareildottore,stringeaselo al cuore ed imprimeva un caldo bacio su quella bocca che avevabeneparlato.Inquestoistante lesignore ricomparvero, e veduti iquattrouo- mini animati

,pace, gridarono,tregua ornai aidiscorsi politici.Guglielmo, staccatosidal dot- tore, cercòsubito cogliocchi lasuaVirginia,la quale un istante appre.<5so comparve bianco-ve- stita accompagnata daun' ancellache portavala .sua arpa.

Virginia dopo alcunipreludj con vocesoa- vissimacantò una specie diegloga in cui con

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sempliciparoleerano espressi gl’innocenti pa- storaliamori.Quand’ebbefinito,luttisi fecero intornoa leielodaronoil suobelcanto.

Quella modestissimafanciullad’unpiùvivo incarnatotingendolebelle gote,conun sorriso edalcuneparolette li ringraziava; e gli occhi suoi cercandoquellidi Guglielmo, con questi s’intrattenevanoamorosamente,gli uni doman- dando,eglialtri accordando approvazione. La mogliedel dottore,ch’erabellaegentildonna, sparveunistantedal bel drapello, poi ritornò in- trecciando artificiosamentealcunebianche rose e fattaneunacorona, lapose sulcapo di Virgi- nia; dicendo, cheseglialloriconvengono ai guerrieri, leroseconvengono a chicolle dol- cezzedelcantonediletta:tutti,donneeuomini applaudivanoal nobilepensiero, eVirginia,cosi coronala,divennepiù bella. La signora Maria negioiva, Guglielmo era inestasi, e Virginia per mostrarsi grataatutti,fecedire allecorde della suaArpaquelloche provavailsuo cuore, edinquestaimprovvisazionedipinseiveriaffetti diriconoscenza,di speranza,d’amore,direli- gione.Pareva,chequell’anima delicata,rapita versoreterno bello,ne ritraesseidiviniattri- buti.Lavera musica èil linguaggiodell’anima con Dio.Infatti ({uellavergine celestesembrava

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riprodurrelaprimaarmonia, ilprimo amore

^

che diedero nascimentoall’universo.Ora vedeasi Diolanciarnello spazio gl’innumerevoli globi celesti-jora gettarsulla terra ilseme di tutte coseila luceprimitivaincantare 1’universo^la terraammantarsidella sua pomposa veste; ed esseriinflniticominciavanol’eterna vicendache

licangiaetrasformasenza che 1’equilibrio ne soffra;poiparevasentirsi ilprimo inno,lapri-

mapreghieradell’universoalcreatore;ilsoffiar de’ venti, l’urtarsidelleonde,lo scuotersi degli alberi,l’ululatodelle fiere,il cantodegli uccelli la paroladell’uomo,ilprofumodeifiori,ilcielo sereno, infiammatodal sole

, o dolcemente ri- schiaratodall’argentea luna; il risosoavedel- 1’alba;ilsilenzio misterioso della notte, l’alter- narsi delle stagioni;ilsubitooscurarsidel cielo

,

la pioggia,lagrandine,ilfulmine,iltuono: Poi r inspirata suonatricediscendevaapoco a poco daglialticoncetti nelcuoredell’uomo,elear- moniose corde ne ripetevanolepassioni; v’era lariconoscenza versoilcreatore,sentimentoge- neratoredella religione;l’amore filiale,primo legamedella società

; infine V amore purissimo che queir anima sensibileprovava pel suo Gu- glielmo.Laparolanon può renderegli accenti soavi disperanza edi timore,I’entusiasmo di-

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vinodidue anime amanti, itrasporli celestida cuisonoinebriate.

Lafine diquestaimprovvisa- zionefucommoventechegliascoltantisparsero lagrimedi tenerezza,etuttifacendosi dinuovo intornoall’angelicacreatura ancoraagitaladal- restrodivino,l’ammirarono, 1’applaudirono,la benedissero.Guglielmo fuordisè stessosarebbesi gettatoa’suoipiedi peradorarla^masilimitò a stringerledolcementela mano,ancora tremante.

La madre poielealtre signoreimpressero un baciosulla frontedi leiancoraraggiante,econ- sigliaronoaVirginiaedatuttigli altriunapas- seggiata nelvicinoboschetto,ove un’aurafresca pareva invitarli.Irono infatticolà,ed ognunoa suobell’agios’incamminòper queitortuosiviali.

Don Giovannisiaccompagnavacol dottore,lo- davadi nuovo lepatriottiche parole che aveva pronunciate^edinsistendo sulla necessitàdispar- gerequelle dottrine, gli parlava d’una certa societàd’amici, chetendevanoa questo scopo;

eloinvitava aportarsi l’indimani daluiinAn- cona, ove si proponeva d’iniziarlo in quella Società,dettadeiPolitici

; ma sopraggiunti dal Sindaco,troncò ildiscorso,indicandoconunse- gnoil secreto.Tutti etrepoi,dopo avere er- ratoqualche tempo,si trovarono in un verde praticello, ove lesignore e gli altri compagni

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eranoassisi sulleerbette inamichevolecrocchio.

Qualchetempo doposiricondusserotutti alCa- sino,esi assisero adun lietobanchetto.

Iserviavevano appenapostelefrutta quan- dotuttoaduntrattos’intese unrumorvariodi canti, disuoniedirisa.Eraunbel drappello di vìllanottiediforosettechevenivano asuonare edacantaresottolefinestredellasaladel festino.

Due arpe,duezampegne,due sistri,edalcuni tamburelli formavano questapastorale orchestra, cheaccompagnava orail canto,oraladanzadi quei lieticontadini. Gratafuaipadroni edagli ospitiloro una si bella sorpresa. La signora Maria ordinòsidessedamerendaaquellabuo- nagente. Sull’imbrunirpoi dellaseratutti esul- tantiefestevolisidirigevanoallecaseloro. E

così finìquesta giornata, immagine della feli- citàchel’uomo dovrebbe godere in terra,se indrizzarcsapesse albenele sueinclinazioni,i

suoialfelli.

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CAPITOLO

III IP*IIUei

Quel nobile senlimento di libertà che Dioha messonel cuor dell’uomo, può essere limita- to daunconsenso espresso otacito dell’uomo

stessoj quando, per un interesse comune, ac- consente adassociarsiaisuoisimili. Ma nessu- na oppressione umana può mai spegnerlo del tutto.Lo schiavoinfelice,fremenel suo tugu- rio,odia ilpadrone, esepuòfuggire,cercadi nuovoneidesertieneiboschila pristina liber- tà. Aquestosentimento tuttedebbonsiattribuire levicissitudinidell’umana società:desso agitan- dosi

, fa impallidire sui trono i tiranni: desso

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cangiaemodificaleforme diGoverno; irritalo, scoppia;compresso, mormora;vive sempre.

Le repubblicheitalianedel medio evo sono laprova la piùsolennedella potenza di questo .sentimento,ilqualese fosse statomeglio diret- to, e menoesclusivo^avrebbedi esse fatto un solfascio percui sarebberodiventatefortie po- tenti

;elalotta, lunga, terribile controlo stranierononsarebbefinitacolla schiavitù di tut- ta Italia.Se da una parte,noi posteri,mollied imbastarditi, siamo maravigliati, anzi attoniti, deiprodigjstupendidel patrio amore,sventura- tamenteristretto frale muradi una città; al- trettantodobbiamoesseremestiedafflittinelve- derelagelosia, larabbia, l’odio insano^ilpaz- zofurore,guidati dallamaledettadiscordia, ac- cenderedicontinuoguerre fratricide fra uomi- ni,chelareligione,il cielo,laterra,icostu- mi,lafavella proclamavanfratelli.Peròinmez- zo a questa universale cecità, alcuni uomini, penetratida simile verità,edanimatidaun ve- ro sentimentodinazionale amore, facevano o- gni sforzo, onde persuadere agli Italiani che, nati nellabella penisola» cheappennin parte e

il marcirconda, el’alpi «dovevanounitiecon- cordi, sulle rovine del caduto Impero inalzare l’italiananazione, laquale bene ordinata, ed

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— —

una^sepossibilfosse,odinpochi amici fede- ratiStati raccolta, avrebbe gloriosamente resi- stitoadognunoche,invidiandolabellezza e ric- chezzasua, osato avesseinvaderla. Così, sven- turatamentefinoad ora non fu, malgrado gli sforzieroicidialcuniuomini, cheinognitem- poproclamarono, sostennero, ecolsangueloro santificaronolasantaloromissione di disporre, preparare econdurre gl’Italiani a questofine.

Malastoria c’insegna, cheunpopolo decaduto nonsirialza che per la durata del tempo, la continuità disforzigenerosi, di sacrifiz] gran- di!!.... speriamo.

Aitempi,incuiparliamo,crasi formatain Italiaunasocietà, chechiamavano dei Politici, derivataforse daun’altrapiùantica,gliuomini liberi,naiaquandole comuniitalianesi forma- rono, relegandoipolenti signorinei castelli,ed armandosi perdifendersidallelororapine,e co- minciarono find’allora agettare le basidella futuralorolibertà.Maper meglio apprezzare i Politici,riprendiamoil nostroracconto, edac- costiamocidinuovoad alcunodeipersonaggi che giàconosciamo.

L’indomanidellafesta,dicuiabbiamopar- lato,il dottore,lasciato il suo villaggio, s’in- camminavapensierosoalla voltadi Anconaove

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giunto,(lirizzavasialla casa delCanonico Don Giovanni,chetrovava occupatonellostudio della Bibbia.Dopoaverescambialogliamichevolisa- luti,ilDottoredisse:

Amico, ho pensatostanotteestamattina alle pocheparole chemi dicestejeriintornoad unasocietàpatriottica,che orapiùche mai si spande inItalia;enonconsultandoche l’amore cheporto al nostro paese,elastima che ho per voi,misono decisoavolernefarparte,se queisocjme ne crederanno degno. Tocca ora avoiadirmi quelche debbo fare perottenere ilmioscopo.

Lasocietàdicuivi hoparlato, rispose DonGiovanni,èquelladeiPolitici. Voi avrete sentito parlarne diversamente

, cioèmale dagli ignoranti,benedalle personeassennate.Se però persistetenel desiderio di parteciparvi,questasera vi sarà,qui incasamìa, un’adunanzadeino- strifratelli;iovipresenteròadessi.Intantopu- rificater anima vostra collameditazione, ecol- r elemosina.

Inquesta, lacampanadellacattedralesuo- nava i tocchidi terza,edil buonprete usciva accompagnatodal dottore, dirigendosiperun’ erta .salitaalla cattedrale percelebrarviidiviniuffici.

Il dottoreentratoin chiesa con lui,dopobreve

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e ferventepreghiera usct^ ed affacciatosi alla spianala, ammiravail bellissimo colpo d’occhio che si presenta al riguardante. Da una parte rEmilia,dall’altralemontagne delPiceno^in facciail mare.Alla vista di spettacolo stu- pendo sorgevanonell’immaginazionedeldottore millepensieridiversisulla creazione,1’armonia,

irapporti delleparti coltutto, l’eterna vicenda che ora chiamasi vita,oramorte,edaltremolte idee^maconfuse,comeuno sciamed’insetti.As- sorto in questaQlosoficameditazionediscendeva dallacattedrale edirigevasi versoilmare, quan- do, un giovinolto, studiandoilpasso, gridava.

.

Dottore,dottore!

Scossosi,sivoltavae riconosceva Gugliel-

mo

che raggiuntologlistringevaamicahilmente la mano,esorridendodiceva:

Credo chevoi eravatein estasi, e spia- cemiavervi richiamatonella nostrabassa terra.

Aproposito, dottore, sapetechejeri avete par- lalocome un Cicerone,unDemostene. Cospetto!

voinonsietesolamente un buonmedico,siete anche un eccellenteoratore. Oh come il cano- nicoeracontento!oh comegligodeva l'animo!

il curalo ed il Sindacoerano piuttosto abba- gliali che per.suasi.

Viavia,interruppeilDottore,ioho dello

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come voi,ciòcheilcuore miha suggerito,e quandoilcuoreparla, miocaro^ parla sempre bene. Masapetechela vostra fidanzata è un angelo?

E la signora Bettina non lo è essa pure?

Sì,sono conlentissimodimia moglie; ha buon cuore,è docile;maVii^inia, vi ripeto^èun angelo; equandosi faranno questebellenozze?

Questo autunno^ rispondeva con tutta

gioja Guglielmo. Maeccociarrivati alpalazzo

,

vado damio padre,a rivederci.

Arivederci;esi separarono.

Guglielmo era figlio del signor Martino Gosia, podestà diAncona,che aveva studiato leggiaBologna.Imbevutodel diritto romano, nonconosceva cheduepoteri, quello cioèdel- l'Imperatore d’Oriente,e quellodeidueconsoli d’Ancona. Egli diceva male dei Politici, che chiamavavisionar],checolle loro dottrine vo- levanotroppogeneralizzare, cheungalantuomo deveamare,dopo Dio, ilpaese dove è nato, obbedirealle autoritàe farelaguerraainemici di qualunque paeseessi si fossero. In somma i

Politicieranoperlui bestieun pò nere^ e la repubblica farebbe benea proibire severamente leadunanze che tengono di nascosto; che la

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libertàèungranbene, ma che quii bisogna lasciarladegenerareinlicenza,allrimenti tutto èperduto. LaGrecia eRomasonlà per atte- stare questifatti.E tiravavia di questo modo quandoo incasa,onel tribunale, l’occasione loportava;equantunque stimasse molto il ca- nonico DonGiovanni,però sospettandolodi poli- ticismo,cercava consimiliragionamenti,eh’egli credevairrecusabili, munirelospirito diGugliel- mocontro ledottrinemoderne. Ma accadevaa quelbuonpodestà, ciòche accadea’giorninostri a’parisuoi;chelagioventùliascolta,ma cam- minainavanti coltempo.

Intantoiltempoavevacamminato,egiàla notteaveastesoilsuomantostellatosulmondo^

edilnostroDottore secondol’accordosirendeva allacasadiDonGiovanni.Làgiunto,fu introdotto inunasala diforma rotonda, simbolodel mondo.

Sulle paretieranoscrittequesteparole: nelmezzo fede, alla dritta carità, alta sinistrasperanza.Un

crocifisso pendevaaldi sotto della parola fede, davantialqualeai*deva una lampada cheillumi- navail recinto.DonGiovanni era sedutoa dritta^

a sinistrailsignorPaolo Cortesi;daiduelati^

soprapanchettedi legno,sedevano unadiecina dipersoned'ogni rangoed’ognietà.Tutti per distintivo portavanoal collounnastroditreco-

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lori bianco,rossoe verde,dacui pendeva un triangolo inacciajo.QuandoilDottore entròtutti silevarono,eDonGiovanni disse:

Fratelli,eccoun italianodegnodi essere con noi.Egliama ilpaesedoveè nato,manon odiaalcuna repubblica italiana^ e solo detesta lamaledettadiscordiachetiene separatinoitutti figli dellastessamadre. L’animo suo generoso siaccende diuna santa iracontrolostraniero, chefomentandole cattivepassioni,mantienevi- valavenefica fiamma di quel tizzone d’infer- no

, cversa dalleAlpitorrenti di barbariarma-

ti,che, comelupirapaci, sigettanosopraalla riccapreda,e nonsolo sisatollano,ma quello che mangiar nonponno, distruggonocon gran- destrazio

,con estremamiseria deipopoli infe- lici,cheignorantidellorobene^e malguidati dachidovrebbeilluminarli,sprecanolalorobra- vurajversano coraggiosamente il loro sangue permantenerefraloroleduepiùterribili pesti delmondo,ladiscordia, e latirannìa straniera.

Avendoio conosciuto le dette eminenti qualità profondamentescolpite nelcuoredeldottoreTom- masi,gli hoparlato dellanostraSocietà, ede- gli, dopo mature riflessioni, miha espressoil desideriodifarne parte,per cooperareeglipure al grande nostro scopo, la fraternità Italiana-

le

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Ognun(livoi,miei fralelli,puòassicurarsi delia veritàdell’esposto,interrogando il candidato.

Allora quegli che sedeva alla sinistra do- mandòal Dottore:

Che pensate voidell’uomo ecome lo defìnite?

L’uomojrisposeildottore,è1’essere su cuiladivinità haversatoisuoi favori. Dotato d'unaintelligenza tanto superiorea quelladegli altri animaliquanto lasuaè inferiore aquella di Dio,eglipuò,seguendo il sublime impulso di quellascintilladivinacheloanima,sollevarsi alla contemplazionedel creato;esignore della terra,dove Diolo hagettato, ritrame tuttociò che può,nonsolosoddisfareaibisogni dellasua esistenza^maancheciòchepuòabbellireebeare

ilsuo pellegrinaggio quaggiù;finito il quale

^

r anima, depostalaspogliamortale,voladinuo- voinsenoaDiod’ondepartì.

La vostradefinizione èassaibella^ma comeavviene che, malgrado queste innegabili qualitàdell’uomo,egli sìapoi infelice in que- stabassaterra?

Dio soloèperfetto edinfinito, Tuomo ènecessariamenteimperfetto efinito,eda que- sta imperfezione nasconotutte le umane mise- rie.

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Che cosaè la società?

L’unionedegliuomini che sentono il

bisognogliunideglialtri

,per sostenersi,aju- larsinellacarrieradella vita.

uomocheentra nellasocietà perde eglilanaturale libertà?

Lalibertà èunadellequalitàprimitive ecaratteristichedell’uomochenon perde mai, ma perilbenecomune acconsente depositarne percosìdire una parte a formare l’autorità pubblica.

Qualeè1’oggetto diogni governo?

— U

esattagiustiziaelafelicitàcomune.

Che intendeteperpatria?

La patriaèil paesedoveuno nasce, lanazione a coiquestopaeseappartiene,l’uma- nitàintiera, olagranfamiglia degliuomini.

Chisonoinemici dellapatria?

Quelli cheabusandodelpotere,di cui non sonochedepositar]

,amministrano male il paese,lanazione,l’umanità.

Inquesto casoqualeèildovere d’un buon patriotto?

Protestareenergicamente contro la ti- rannia;scoprirneagli occhi degli ignoranti le bruttezze;farprevalereildirittocontrola forza;

sacrificarelapropria vita alla santa causa del

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paese^delianazione,dell’umanità,morendomar>

tiregloriosodellapropria fede, colla certezza delfuturotrionfo.

Questeparole pronunziale con vivo entu- siasmo trassero daicircostantiunbravo univer- sale.Allora rinterrogantesidichiarò soddisfatto, ed ordinò ad unodeifratellidiraccogliereivoti.

L’urna aperta, sortirono tante palle bianche quantieranoi votanti,ed ilDottore fuprocla- matoall’unanimitàfratelloitalianopolitico.

DonGiovanniglilesse glistatutidellaSo- cietà cheinsostanzaportavano:che i Polilici dovevanorispetto e venerazione alla religione cristiana,edalsuo capo;rispetto alleleggi della repubblica^ condottaconformeal divinovangelo.

Eranopoisuoi doveri:soccorrereildebolecon- troil forte;ammaestraregl’ignoranti; mostrarsi colle paroleecoi fallicaldissimopatrioUa; ad- destrarsi alle armi per respingerecolla forza,

quandoleragioni non valessero^i nemicidella patria;aderire allalegaLombarda; predicarla, proclamarla Santa,edil solomezzodi cacciare per sempredall^Italia lo straniero, spegnerela discordia interna, ecominciare lagrande opera della fratellanza ilaliana; assaltarevivamente i

nemici; combatterlicoraggiosamente; spegnerli nella zuffa,ma rispettarli,soccorrerli, feriti o

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prigionieri; trattarlicomefratelli e<i amiciogni qualvolta^conosciutal’ingiustizia delialorocausa, gettassero abbasso le armi. Gli statuti Univa- no coir indicare il regolamento organico della Società,i segni e le parole per riconoscersi

,

robbedienzaagliordini dei capilemporariamente e liberamente sceltidaifratelli. Interrogato se^

dopo questalettura^egli persistesse nell’inten- zione difarpartedellaSocietàdeiPolitici

,

ri- spose disì.Allora DonGiovanni loprese perla

mano,locondusseadun inginocchiatojo, che stava sottoil crocifisso,levò untappetoche co- priva un libro.

Ripetetedunquemeco,lamanodestra sui SantiEvangeli,il seguente giuramento.(Tutti i fratellisiscoprono es’inginocchiano).

lo GiuseppeTommasi, sul mio onore, e sulla saluteeterna dell’anima mia, giuro di osservare fedelmenteglistatutidellaSocietàdei Politici, diobbedireciecamente aisuoicapi,di dedicare tuttele facoltàdell’anima mia,tuttii

miei averielastessamia vitaallasanta causa dell’indipendenza Italiana:Iddio miajuti.

Pronunciale daDonGiovanni,e ripetutecon unsolenne raccoglimento dalDottorequestepa- role,luttisilevarono e formatosiuncerchio at- tornoal nuovo fratello, ilPresidentedisse:

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il

Sceglieleun nome diguerra.

Regolo

,rispose ilDottore.

AllorailPresidente soggiunse;

In nome del Redentore del mondo^ e del nostro fondatore 1’illustre martire Arnaldo daBrescia,ecoll’autorità dei poteri chemiso- no statiliberamente conferitidai fratelliPolitici della Cittàd’Ancona: iodichiaroilqui presente Giuseppe Tommasi,detto Regolo, cittadinodella Repubblica di Ancona, fratellopolilico Italiano^

egliconferisco 1’insegnadella nostraSocietà.

E glimiseal collo il nastro tricolorecol triangolettod’acciajo; poisoggiunse;

Ilbiancot’insegni ad averfede nella santanostra missione; ilverde ticonsoli colla speranzadi unfelicesuccesso; ilrosso manten- gaviva in telacaritàdella patria,il triangolo ti ricordiil tripliceeduno amore, diDio, del prossimo^dell’Italia.

Poi messeglilemani intornoal collol’ab- bracciò teneramente,ccommosso,gCimpresse un baciosullafronte,dicendo:

Serviti dell’intellettocheDioti ha dato per operareil bene;

Poi unaltrosulle lab- bra.

Edella parola per annunciare ai tuoi simili leveritàeterne della giustizia edella li- bertà.

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Ciò fatto,unodeifratelliportòattornouna cassettina^ ove ognuno depose la sua offerta peipoveri. Cosìfini questa ceremonia semplice ecommovente,equeibuonifratelli si separa- ronolietieconienti delnuovo fratello.

EccoqualieranoqueiPolitici,chegl’igno- rantid’allorachiamavanoeretici,ambiziosi, sco- stumati!!!

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CAPITOLO

IV

l'ui»vallivi»nuava

Alcuni giorni dopo il ricevimentodel Dottore Tommasifrai Politici,verso serasi vedevaun movimentoinsolilònella città

,gruppi di gente si formavanonelle piazze eneitrivj,un numero grandedi personealTollatosi sul parapetto della spianata dellaCattedrale,guardava versoil ma- re,gesticolava,segnalavaqualche cosa che ve- deva dalontanoe appena alcuno indicava un punto,tutti dirigevanocolà losguardo.Nel porto purevi eragran movimento; un andare eve- nire dibarchette,un cicaleccio,un’ansietà, fo- rieri diqualchestraordinario avvenimento. Che

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era dunque accaduto? Ecco il fatto. Dna pa- ranzapescareccia erasimolloallontanata dalporlo ed avevaincontralo una navemercantile prove- niente da Venezia,evelejjgianleverso Corfù

,

sua patria. Ilpadronediquestanave avevafallo segnoalla paranzadiavvicinarsi,ilche eseguito prontamente, edabboccatisiiduepadroni,ilcor- fiollo informò l’anconetano chenel momento in cui levava1’ancora da Venezia,una numerosa

tioltadaMuranoprendevaillargo, edunsuo compatriotta,ricchissimonegoziante,dellamerce delqualeeraingran partecaricata lasua na- ve,gliavevain secretodetto,chequella flotta andava abloccare Ancona,e chese mai incon- trava (jualchenaviglioanconetanoloinformasse di ciò.

Sapete bene, aggiungevail corfìotto

,

quanto noi amiamo quei maledetti Veneziani!

Che questomio avviso,sulla veracitàdelquale potete contare, servadi regola ai vostri com- palriotti.

Laparanzagiuntapoi nelporto diAn- conaaveva raccontatoTaccaduto. Di boccain bocca la novellaavevacorsa tutta la città, la (|uale per lasua amicizia con Emanuele Co- mnenodiCostantinopoli, noneraben vedutadai Veneziani,i quali per causadel lorocommercio

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ili Orienleavevanoalloracertecontesecoll’Im- peratore; e poi anche perchè gli Anconetani,

dedicaliessipurealcommerciodi Levante,in- fastidivano colla loroconcorrenza1’egoismoavi- do deiVeneziani.

Lacupidigiasmodatadiguadagnoestingue nell’uomoognisentimento generoso,elodispone allabassezza. Lostesso accadedi unanazione, che,non essendocheunaggregato d'individui, devenecessariamenteparteciparea tuttelebuone 0cattive passioni dell’individuo stesso. Teme- vanodunquegliAnconetani di veder giungere nelloroporto laflotta veneziana per bloccarli ecostringerlia qualche concessione umiliante.

E poi lacircostanzaeraterribile;l’annata era stata scarsissima,emolti mercadanti erano iti

acercare altroveilgrano che indubitatamente sarebbemancatoprima della raccolta,la quale siannunciava benissimo;mabisognava arrivare fineviera ancorapiùdi un'mese avanti chesi potesse mietere. Cacciare gli assalitori nonv’eramodo; non si avevano navigli da opporloroinalto mare;e giuntinelportoco-

me snidarli?Oveeranoi soldati,ove le mac- chine?Iconsoliavevano troppotrascuratoque- sto importante oggetto.Certo gliAnconetani erano coraggiosi, ed amavano ardentemente la

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patrialoro;prova laresistenza cheaveanofatta alcunianni fa al terribileBarbarossa;maallora ilmareera libero^allora nonsi temeva la fa-

me;ora però,sequeimaledetti di Osimo, se tuttiqueimalnatinobilacci delleMarchecogliendo

ildestro,e fors’anche essendo già d'accordo co’Veneziani,venisseroadattaccarliper terra

,

come resistereadun tempoa due nemici?L’im- peratored’Orienteètroppo lontano,edicasipure nonbenearmato per ajutare gli amici.La Lega Lombardahaabbastanza dafarecon quel cane diBarbarossa^epoilanostra città, nonsi sa perchè, nonha volutofarpartediquella lega, la qualepare abbiabuona intenzione!

Siamoisolati, dicevanogii uni;equel cheè peggio,soggiungevano glialtri,circonda-

tida nemici.Bisognafinirla una volta coi ca- stellani econ queimaledettigattidi Osimo.

Ohquantoa questi, gridavanobaldan- zosamenteigiovani,iconsolisimettanoalla te- stadei cittadini,edinpochigiornisarannospic- ciati.

Ma gli uomini i più prudenti, e quelli che,secondol’opinione comune appartenevano aiPolitici,opinavano doversi primaditutto per- suadere quellidiOsimo chela guerra che in- traprendevano era ingiusta o fratricida,poiché

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ossipureerano Italiani. 41 che i più virulenti rispondevano:

AncheiVenezianisonoItaliani e adontadi ciòdimanialpiùtardisaranno qui abloccarci.Questonomedi Italianièunafollia di queipazzideiPolitici.

Ioperme, diceva un popolano, non conosco per patria chela nostra repubblica,e setuttifossero delmio parere,di questo passo correrebberoallearmie{Momberebbero addosso a queidi Osimo,ondenonpotesseroriunirsicoi Veneziani.

Queste^ edaltre innumerevoli, eranoledi- cerieche correvanola città. I consoli intanto perassicurarsidella veritàavevanofattovenire avantialoroqueip^atori,edopoaverli inter- rogatiavevano ordinatoalcapitano dei portodi levare immediatamentedall'ancora lasua galea elareuna corsain alto mare per assicurarsi serealmente laflottaveneziana veleggiava verso Ancona. Poilagrancampana delPalazzo avea suonato itocchi per radunare immediatamente

il Consiglio comunale, onde concertare il da farsi nel casoche lanovella si verificasse. An- che iPolitici s’erano radunati incasadi Don Giovanni,edavevano deciso,che i fratelli si spargerebbero fra il popolo per incoraggiarloa difendere lapatria,casofosseattaccata.Avevano

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inoltreinviato unodi loroadOsimoperinten- deredaifratelli diquella città quali fosserolesue intenzioni. Insommain tuttaAnconaregnavauna grandeagitazione, unandareevenire dal pa- lazzo al porto,da questoall’arsenale,ovecolla più grandesollecitudinesi mettevano in ordine le anni.Igiovanipoi correvano di casa in casa raccontandoai vecchiedalle donnelevarieno- velleche correvano perlebocche di tutti. Le giovanimogli, leinnamoratedonzelle,levecchie madri liincoraggiavanoe sollecitavano a prepa- rarelelande,gliarchi, igiavellotti,gliscudi, glielmi, insommaadisporsia provarecoifatti cheavevano uncuore edun’animagenerosi.

loperme.dicevauna madreasuofiglio, nontiguardereipiùcome mio figlio se ti ve- dessifuggire.

Iosarei lapiùsventuratadellespose, se mio marito,invece dicorrere oveferve la mi- schia,sirinchiudessevilmenteincasa.

IonondareipiùadAttiliolamiamano, soggiungeva unavezzosa fanciulla, seilvedessi solamentetitubarequandolatrombalochiamerà airarmi.

Noi pure dicevano alcunenobilimatrone, conversantinellecase dei consoli,noipure fa- remoil nostrodovere, riceveremoecureremoi

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