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CAPITOLO Vili N»laUla di Vlrclnla

irginìa

, condottain Ancona, come abbiamo detto,eracaduta inferma d'nn certo languore accompagnato da qualcheleggieroaccessodi feb-bre.Ciò inquietavagrandemente lasignora !lfa-ria,perladelicatacomplessionedisuafiglia,la quale aveva avuto un’ infanziaturbata da spa-venti^ che avevano lasciato in quell’anima si sensibileuna grandefacilitàad intimorirsi^ ad agitarsi. Se Guglielmo^ilDottore, il Canonico fosseroafflittidiquesto caso,nessunoildimandi.

Quellabella creatura eracosì degnadell’amordi tulli!IlDottore poiavevacercalo nell’artesua>

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nellaqualeera peritissimo,(jualcliemedicamento checonfortasse e rinforzasse(juelladelicata com-plessione. Era infatti con qualche medicamento riuscitoa farsparire la febbre,malagiovinetta nonricuperavaprontamente,comearriva alfetà sua, lapristina salute;andava anzi digiornoin giorno deperendo, esoprattutto estinguevasi in lei l’appetito,finchégiunse a non prenderepiù chequalche gocciad’acqua. In finesi manife-stò inleiuncerto male,allora tutto affatto sco-nosciutoall’arte medica^eda’nostri giorni og-gettopuredidubbiose indaginiedioscura de-finizione. Consistevainunaspecie di letargo, in unacessazione^si direbbe, quasicompletadelle funzioni delcorpo menoquelladi unalenta re-spirazione.Gliocchi,quando si aprivano, resta-vano immobiliequasi vetrificati.Alle interro-gazioni,raramente rispondeva, solamenteditempo intempo,eper lopiùlanotte,edallorailsuo pallido viso si animava e pronunciava parole sconnesse,misteriose, chegii astanti non

capi-\vano ed alle quali rispondevanocon sospiri di meraviglia, econ pianto.

Guglielmo non abbandonava mai il letto della sua diletta fidanzata che quando si trat-tavadi combatterei nemici,csopra certe ta-volette raccoglieva religiosamente quelleparole

,

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chelungidall'ispirare terroreconsolavano, per-chè la purezza ela pietàdiquella creatura ne garantiva, che non erano suggerite daspirilo malefico, ma daqualcheangelo del cielo. In-tantola fama aveva sparsonella cittàlanovella di questastraordinaria malattia e nessuno^cosa mirabile in quell’epoca,aveva pensaloalmale. Per-sonaggi ragguardevoli,ecclesiasticidistinti,e lo stessoVescovo avevano visitatol’inferma,etulli nellepresenti tristissime calamità,la risguarda-vanocome un raggiodi speranza,un conforto del cielo, unincoraggimenloatenerfermo,a nonlasciarsivinceredallasventura.Ogni giorno tutti attorniavano Guglielmo per saper quello cheVinfpimta,così lachiamavano,aveva detto nellascorsa notte.Edeglicompiacentissimo co-municava a tuttile parolemisteriose della sua diletta.Alcune diquelle parole potevano appli-carsi allecircostanzeattuali,altreadavvenimenti futuri allorainintelligibili.

Diceva peresempio

Perchèl’arcasacra noncomparisce?... L’aquilagrifagna romperà

il rostro e gliartigli contro essa... presto

,

presto,che lecampane suoninoastormo, che ognuno prendalearmi:ohgioja!il del ci sor-ride; gli stoltisonconfusi,lavittoriadelle ri-splendentisue ali cuoprele sacrereliquie...

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Daqueste paroleilcanouicoDon Giovanni argomentò che bisognava^ come iMilanesi^ a-vereunCarroccio,e condurlo sullapiazza.Ne parlò ai Consoli, al Vescovo, e tutti furono d’accordodoversi subito fabbricare((nelsimbolo dellasperanzaedellaforza.Datigli ordini

op-|)ortuni ingiornodidomenicafucongranpompa condotto perlevied’Ancona ilnuovoCarroccio portando lereliquiedei Santi, aldisopradelle quali^attaccate ad alta antenna, .sventolavano le bandieredellacittà.Giunto sullapiazza mag-giore,distaccati ibuoi,unaguardiad'onore e sicurezza fa ordinata pel Carroccio. Monsi-gnoreinuna breveallocuzionericordòai fedeli cher arcadelSignorenon era mai perita,eh’ei sperava,anzi teneva percerto^chequesto sim-bolodileisarebbeegualmente benedetto da Dio

ilqualevoleva mettereaduna gran prova gli 4nconetani,perisuoi alti Uni, ma che degni mostrandosiper la loro fermezza,virtùe co-raggiodelsuo(qutoeinon mancherebbe loro Confidasseroadunquein lui,e nel tempo istesso gareggiassero dizeloediamore per la cara patria,regnasse poi fra lorolapiùperfetta ar-monìa efraternità

;fosserotutti prontiallearmi;

obbedisseroailoromagistrati;siricordassero in-fine^esseregloriosoilsoffrir luttopiuttostoche

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ilmancare aidoveri di buonie lealicilladini.

Dopo questo, tutti prostratia terra, magnifio) spettacolo!alzandolemani alcielo con inter-rottisospirij breviparole, calde lagrime rice-vetterol’episcopalebenedizione.

Intantonel campo nemico si preparavano le macchine perlanciarpietre, Treccieed altro contro gliassediati. Lanave maggioredei Ve-neziani, denominata Morano Romano^ la più grande,aldirdeglistorici,chefosse fino allora stalafabbricata,si disponeva ad avvicinarsi a terraedallestivalesaettìepersbarcareisoldati.

L’ammiraglio avevafrequenti colloquj con Cristiano ed il suo consigliere, il qualeaveva una corrispondenza nella città assediata, e .se l’era procurata nellamaniera seguente.

Abbiamodettocheprimadipartire alla volta diVenezia ilGuninoavevaparlatosecrelamente con dueulfizialitedeschi.Unodicostoroerastato inviatoad Osimo,e nelle castella deiSignoridelle Marche, perpersuaderli a prenderlearmi (K>n-troAncona. L’ altro, che sapea benissimo per la sualunga stanza in Italia lafavellavolgare, erastalo incaricatod’introdursi inAnconasotto queiraspetto edabito chepiù gli piacerebbe,a finedipotervi dimorareconsicurezza, durante l’assedio, econcertisegniconvenuti, informarlo

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~

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diquello cheaccadevanella Ciltù; assicurando poientrambi chel’Imperatoresarebbe raggua-gliatodella loro condottaeavrebbelilargamente ricompensati.

Il primodunquediquesti tristi,erasi con-dottoadOsimo,e I’altro, il Barone Temick

,

dopo aver pensatose sitrasformerebbein prete

,

infrate, inpescatore, risolse alla finedi pren-dere abito e carattere di giullare; ciò eh’ei sapevafarbenissimo,avendo dauncelebre sal-timbanco imparatomolti diqueigiuochiche sor-prendono la moltitudine. Vestitosi adunqueda zingaro s’eraintrodottoin Ancona^ e facen-doboccaccie, dicendo grosse facezie, cammi-nandofrale uova,mangiandostoppaetraendo fuori fettucciadibocca, faceva riderela molti-tudine deipopolani,con alcunodeiquali destra-mente erasiamicato.Sopravvenutapoi l’oste ne-mica

,erasimostrato zelantedifensore deidiritti del popolo, e scagliava le più grosse maledi-zioni contro Cristiano e l’Imperatore;dicendosi prontoa prendereuna lancia,unarco, e pro-vare aquei codardi, a quei turchi^quanto pesava

il suobraccio, e quantodrittomirasse il suo occhio. Queste edaltre similibravalegli accre-scevano credilo e confidenza. Egli poi da un cerioluogofaceva certi cenni convenuti con

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iiinu con cui lo ragguagliava di tutto. Quanto air Inspirataeine ridea, enella bassa perfida aninta sua volgea pensieriimpuri contro quella celeste creatura;peròsi guardava benedi co-municarli a chicchessia, efacevaeglipure,come

gli altri,ilcreduloel’ammiratore.Virginia con-tinuava sempre nello stesso stato, cioè senza prenderealcun nutrimentoe dicendo cose in-comprensibili.

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CAPl'l'OLO 1\

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Abbiamodelloche Gaglieloio,ilquale consa-crava alla sua dilella Virginia tulio il tempo che nonera richiestodalserviziopubblico, rac-coglieva sopraalcune tavolettele parole miste-riose dell’Inspirata. Ne abbiamoanche ripetute alcunejmanon tulle. Orapensiamo far bene raccogliendole insieme, come un mazzetto di fioriditutte le stagioni e di tutti ipaesi. Se maiillettore trovasse questi squarci oscuri e sconnessinonècolpanostra,ma deir Inspirata chene’suoi trasporlimaravigliosi li declamava in talefoggia.

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Era una voltagiunta la nottea mezzoil

suo corso,e l’inspirata, come soavemente agi-tatada genio benefico,assisasul letto^le pal-lide guancic diroseo color tinte,le tremanti maniinalzateverso ilciclopronunciava queste parole.

I.

« Vieni, vieni, scendi, scendi dalle Alpi temerarioguerriero;

« Sorridipurnell’iniquo pensierodiferoce vendetta.

« Le numerose tue squadretigonfianoil

cuoredella speranzadicerta vittoria;

« Ma Diotecononè. »

« Sulle sponde del Tauaro nuova sorge una città. Sondi pagliaediterra sue mura, son d’adamanti dei cittadini icuori, sprezzarla puoi,diatterrarlanonosar sperare;

« CheDioècon noi. »

« Bestemmiando,furioso tu scendi a più sicuravittoriadiLombardia nelle bellecontrade.

La fidaconsorte, la maledetta discordia cerchi invano, invanorichiami, confinolla nell’inferno

« Diocheè connoi. »

" Coraggio, coraggiooprodi figlid’Italia

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numerosi, ma soli i barbarisono,e vinti ca-dràuno;

« Che Dio è connoi.«

« Impetuosie feroci silanciano iguerrieri delnord; li rispingono i prodi in santa lega congiunti: vanno sossopra cavalli e guerrieri,

centoecentolancie, un nembodifrecce offu-scan Caersereno: di luce sanguigna mille c mille spadelampeggiano; elmi, corazze ingom-branoilsuolo: urla di rabbia,grida digioja

,

singhiozzi egemiti di morted’ogni intorno e-cheggiano,fervelabattaglia^indecisa è la vit-toria;

» Ma Dioè connoi. »

« S’ avanzalilietie festosi i trecento che dimorirsull’arca santagiurarono.

« Liguida di Dio1’angiolosterminatore, rapidiruotano i ferri

; d’ognilato estinti ca-dono inemici;esangui eferitiliincalzanoessi, li inseguono,lidisperdono.Datanto valore at-territo,astentofuggeesinascondeiltiranno.

«Sorridentimandan essi1’ultimo fiato ,il

Diodeiforti nell’eternasuaglorialiraccoglie.» Altra voltailvoltocoperto di pallore

,gli

occhiriempiti dilagrime esclamava:

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11.

« Piangete,piangetetìglid’Italia;dal pro-lòiidud’averuo ilfatodiscioglic lamaledetta di-scordia.Furiosa e terribile,cintoilcapodiserpi

^

gliocchi infiammati, laliocca spiranteveneno, d’Allemagna sen viene.

» Ratta correndo^agitadue insegne.Stan noirnna unCastello,unacorona; nell'altra un nome,unatiara.

« Forsennata icampi delCielo percorre^

varca leAlpi, in Italia discende, e sueinsegne scuotendo,neattiragliabitatori.

« Abbagliati, fascinatidaquelle insegne

,

rapiti, sott’esse amille, a mille a ricovrarsi sen vanno.Ira insana,cieco furore,tostogP in-vade; runcontra Valtro si scaglia

;ostinala

,

lunga, terrìbileèlatenzone. Scorredisangue un mare.Sonipadri uccisidaifigli, dai fratelli i fratelli.Ohsventura! sventura! sventura! Vo-lanogli anni,passano i secoliel’ala fredda deltempounvastoincendio estinguernonpuò.

« Vansotterra papied imperatori;madalle lortombe par s’esaliil pestifero morbo,c la prisca virtù, il valor vero^ la .santa lilierlà muojono.

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« Piangete, piangete, figlid’ Italia. >

Altravolta accesad’unsanto sdegno gri-dava.

III.

« Ohmaledetto sialostraniero^

<< Comei corvi sigettatisuicadaveri;dal

Danubio,dalReno, dalleAlpisi gettanoi bar-bari sopraItalia, chediscordia abbattè.

« Comeiladroni sidisputati la preda,col ferroecol fuoco si disputati costoro la bella prigioniera.

« Scoraggiti,dispersi

,erranoimiseri tigli di lei. Stan la doglia e l’affanno dipinti sui volti,sulla fronteè velato il suggellodelC an-ticagrandezza!

« Ahmaledettosialostraniero! Il lungo servaggiocuopre d’oblio il passato. Idegeneri figlid^Italia nonhanpiù fedenelloro valore

,

morta èperessi lapatria.Parteggiano solo^or per runo,orperI’altrofatutti sivendono.

« Ohmaledetto,oh maledettosia lo stranie-ro! »

Unasera rabbrividita,spaventata, sospiran-dogridava:

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fanno fremere 1’umanità,elascianodopo disè lungatraccia disangue.

«Ei popolisegnerannoildivorziofrala spadaela tiara.

« Ciocchésarà ineterno.

CAPITOLO X

('onfrrcNBUtra C'riwtianorl'Aniiitiraslio

Dopo

leprimesorliledegli assediali,lequali, senon ebberounpienosuccesso, dimoslrarono peròagliassedianli,chel’impresa loroerapiù malagevole chenon pensavano^Crislianoe Cu-ninod’accordo^avevanodeliberalo di staresulle difese

,edinon tentare alcun colpo decisivo

,

finché lafame,laqualeandava ognor crescendo, non avessefiaccato

, comedicevano essi, l’ or-goglio aqueipresuntuosicittadini,che in fine pagherebberoassai cara la loro oslmazione.Le due tigripoi sideliziavanodelpiacereche pro-vercbliero,quando padronidi quella riccacittà.

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ne dividerebbero lespoglie:egià pensavanoal

mododi fraudarne,ilpiùche potrebbero,iloro alleatiiVeneziani.

Lascieremoil menopossibile, dicevail

Cullino,aquesti mercantacci:valgono poco an-ch’ essi: sonogià entrati nella maledetta lega;

mali ridurremonelle lorolagune.

Idispacci ricevutioggi daSuaMaestà

,

soggiungevaTArcicancelliere,approvano compieta-mentela miaintrapresa;e l’imperatore mi or-dinadi farman bassasuquestiItalianiribaldi, fin atantocheegliraduniunpotentissimo eser-citodicentoepiùmilauomini,ed alla testa diessosi cali in Italia. Allora le città della lega pagheranno colla loro rovina la temerità inauditadiessersi collegatecontro illoro So-vrano.

QuantoaiMilanesi,interrompevail Coni-no,iodomanderòingrazia all’imperatorediessere resecutorede’ suoiordini.Voglio,perDio,che unsolonon nerimanga invita,equantoalle lordonneefigliecenecaveremo ogni voglia, epoileinvieremoall’altromondoa raggiunge-reiloromariti edi loropadri.

Bravo, diceval’empio Vescovo, bravo Co-nino,hai un’immaginazione da poeta. Io poi, oltrealdividerteco queste bagattelle,vogliola

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a Malediralliun giornoil gran prole^ e colsanto suopiede schiacciarlitenterà.

« Ilmorderanno essi,esibilando, nella re-gionedel freddofuggiranno.

•• Ma ringiovaniti, per gran caso, nelle bellecontrade torneranno,e l’anticocostume ri-prenderan d'ognicosa falsare^corrompere, con-taminare.

« Nè unquamailarazzad’Adamo,tocca e morsadaquestiserpenti, paceavrà,finché Dio deH’infernonell’imoprofondononliconfìggerà.

« Ah!allontanate,allontanateda me que-stiserpenti!

Ecosìdicendocadevain un letargo ango-scioso.

Lagrimandoesospirando una nottediceva.

V.

» Strettada millecatene,dacentoecento tirannipercossa^ trafitta

,geme lunghi anni la mìsera umanità.

» In nomedi Cristo,amigliaia a migliaia si scannanoifiglidi Dio. Ilmondointerocome marein grantempesta agita,sisconvolge,si lacera,si dissangua,sidistrugge,sidireblieche eivàa morire.

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« (ìuazzan nel sanguede’ miseri tigri rab-biose;lupivoracidivorati ideboli, che invano invocano Iddio.

« Invano! no:1 sospiri,igemiti, i sin-ghiozzi,ilai,legrida,giungono alfineal co-spetto(li Dio.

<• lina.scintilladisualuce potente,,ove

itacquedi questanostra presentesventura l’ in-degno ministro

, penetra,edun semplice mor-tale (lei futuri destini del mondo divien stru-mentosublime.

« Nella terrade’Franchi,piùche altrove, lanovella luce risplende;nè fìacheilsoffiodel tempo estinguerlapossa giammai.

« Coglianniall'incontro, tanto grandeg-gia, cheattonitalaterra, crede alcunde’ suoi figliunastrodisceso dalCielo.

« Tanto splendorin fugamette leantiche tenebre; ogniintelletto rischiara;eTuoni s'av-vede perlalibertà essernato.

« Freme d’ira e di sdegno contro cbi ,

ognor chiudendogligli occhi,tentòpersuaderlo pelservaggio esserfatto.

«Spegner(jucllume nelsanguedei mar-tiri, invano sperati glioppressori; cheall’ in-contro,(la quel sangue invigorito, più bello ri-splende.

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» Una generazioii di giganti ò nata. La terra degli antichi mostri vanno a purgare.

Mancali solo del gran conflitto il cenno e il verbo.

» Dal Ciel ilmandaIddio innuovomondo

,

da liguregenioscoperto.

« La terra de’Franchi, ove son quo’ gi-ganti^laprima echeggia^laprimaripeteilsanto nomeLibertà.

« Libertà^libertà

,gridai! le genti, latte consciede’lorsacridritti. Esi forte è questo gridoched’Europa ogni contrada ne rimbomlia.

« Impallidiscon dapprima sui vacillantilor troniitiranni;giuranposcia^ fidati nell’antica potenza, coi ferri^l’esigilo

,lamorte,dilibertà i

seguacisterminare.

« Mai gigantisi nietton all’opera; terri-bile,inaudita unalottamortale s'impegna fra r anticoservaggio,e lanovella libertà.

« Come flutti per gran tempesta agitali, ondeggiano, sidistruggon levile; van sossopra nel terribilconflitto il tronoeTaltare. Ebri di furore, vincitori evintinel sangue comune si tufiano.

" Accorron, laFranca terra i collegati

ti-ranniinvadono,c nellasanguinolenta sua culla aflbgarsperano la nascentelibertà.

— m

porpora,poiché, li diròfrancamenteeda ami-co,ionondispero d’arrivarealpossesso delle

sommechiavi.Micapisci? Allorasaròpiùgrande deirimperatore istesso,ilquale sarà obbligato tenermila staffaquando monteròa cavallo. La-scia poi fareameperdomare quei Romanini, chequalchevolta sognanodi farlada Roraano-ni. Cheiosiadue anni papa^epoi vedremo.

Quanto ame,ripetevailCunino, doman-derò allavostra onnipotenzapapale di lavarmi l’anima datuttiquei peccatacciche avròfatti.

Per questosaràl’affared’unmomento,e se tuvorrai restarmeco tifaròcontento e ric-chissimo. Malasciamo questi bei desiderj, questi,diciamolopure,castelliin aria,che però non hannoniented’impossibile,e parliamodel presente.Cosati ha indicalo il giocoliere sta-mattina.

Chela fame cresce smisuratamente, che giàsicomincia amancareditutto,cheglianimi sonoprostrati.

Ebbenechenepensi?Pareamechesia tempodi fareun grancolpo.

Amepuresembralo stesso, elo voleva suggerireavostra Eccellenza^ rispondeva sorri-dendoilCullino,comevolessedire:riprendiamo ognuno lanostra parte;cl’Arcicancelliere con

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altrosorriso parevarispondere: sì,hanno i tri-sticome ibuonideimomenti d’intimità,incui, lasciateleformulesociali,si abbandonano aire-spansioncdelialoroanima.

Ordinate dunque^ soggiungeva T Arcive-scovo,adunodegliufficialidifarsapereall’ Am-miragliodivenire questasera acenacon noi.

Alloraparleremodi ciò chesi dovràfare.Dite almaggiordomo che faccia allestire una cena splendida, eche non manchi nulladi ciòche puòinebriare isensi: voi micapite? .. .

Intendo, ilfestinosarà inregola.

i^oi abbiamo l’animo troppo preoccupato deigrandi avvenimenti che ci restano da rac-contare per intrattenereil lettoredi questo bac-canale,ovetuttociò chel’intemperanza tedesca, laricercatezzaitalianapotevanodesiderare, tro-vossi abbondantemente riunito;nè mancarono, allafinedelfestinocanzoni invereconde e danze lascive,eseguile da giovanetle impudenti eda garzoncelli molli ed elTemminali,che serviva-no r Arcivescovo, oracome cherici,oracome paggi!

Quando isensi furono saziati d’ogni vo-luttàechelanotteebbegià oltrepassatalametà delsuocorso,Cristiano fececennoal maggior-domodisgombrare,ciò che prontamente

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guilo,lasciòsolil’Arcivescovo, 1’Ammiraglioe Ouniiio.

Ora^codiìdcìòl’Arcivescovo, checi

sia-mo confortatiedilettati alquanto,parliamo del nostroaffare.Iocredo, signorAmmiraglio,che ormailapera èmatura echeuna scrollata la faràcadere.La nostra terribilealleala,lafame,

sia-mo confortatiedilettati alquanto,parliamo del nostroaffare.Iocredo, signorAmmiraglio,che ormailapera èmatura echeuna scrollata la faràcadere.La nostra terribilealleala,lafame,

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