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L’azione di responsabilita` dei soci

“LA RESPONSABILITÀ DA ATTIVITÀ DI DIREZIONE E COORDINAMENTO”

4. L’azione di responsabilita` dei soci

Si e` gia` precisato che l’azione di responsabilita` prevista dall’art. 2497 c.c. e`, in primo luogo, azione dei soci e dei creditori della societa` dominata, nonche´, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o amministrazione straordinaria di tale societa`, azione che compete rispettivamente, al curatore fallimentare, al commissario liquidatore o al commissario straordinario.

In particolare, per quel che riguarda il socio, si prevede che questi potra` agire nei confronti della capogruppo laddove quest’ultima abbia esercitato il proprio potere di direzione unitaria in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, arrecando danno, in primo luogo, al patrimonio della societa` diretta e coordinata e, di riflesso, al valore e alla redditivita` di ciascuna partecipazione sociale.

Pur trattandosi di danno indiretto — in quanto conseguenza di quello subito dal patrimonio sociale— tuttavia, l’art. 2497 c.c. non sembra attribuire al socio una legittimazione ad agire in responsabilita` quale mero sostituto processuale della societa` partecipata (la cui legittimazione attiva, come si e` visto, non e` neanche affermata in modo esplicito) ma, al contrario, pare riconoscere in capo a quest’ultimo il potere di agire direttamente nei confronti della dominante e dei suoi amministratori, senza

neppure richiedere, quale presupposto per l’esercizio dell’azione, il possesso di una determinata aliquota del capitale sociale129.

Tale disposizione, cosı` interpretata, deroga pero` in modo evidente ai principi generali che, nel diritto societario, governano l’esercizio delle azioni di responsabilita`130: si puo` infatti osservare che, laddove il legislatore ha scelto di legittimare il singolo socio ad agire in via risarcitoria nei confronti dei propri amministratori (ex art. 2395 c.c.), lo ha fatto condizionando inderogabilmente tale azione alla sussistenza di una lesione diretta del patrimonio di quest’ultimo; al contrario, in presenza di danni al patrimonio della societa` (cosiddetti danni sociali), la legittimazione ad agire e` stata conferita solo ed esclusivamente a quest’ultima (ex art. 2393 c.c.), alla quale tutt’al piu` i soci, in caso di inerzia, possono surrogarsi in qualita` di meri sostituti processuali (ex art. 2393 bis c.c.), sempre che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale (o la diversa misura prevista nello statuto, v. art. 2393 bis, 1o co., c.c.), e solo al fine di reintegrare il patrimonio sociale medesimo.

In sostanza, pur a fronte di presupposti del tutto simili, costituiti da atti contrari alla legge, dannosi innanzitutto per il patrimonio della societa` e compiuti da parte di chi, di fatto, ne esercita la gestione, il legislatore sembra aver scelto strumenti di tutela affatto diversi: mentre nell’ambito di una societa` «monade», la legge riconosce unicamente a quest’ultima (e in via residuale ai

      

129V. GALGANO, cit., 1031; sembra suggerire la soluzione contraria CARIELLO, cit., 340, secondo cui potrebbe trarsi dal sistema riformato una legittimazione dei singoli soci di societa` soggette ad attivita` di direzione e coordinamento ad agire in nome proprio, quali titolari di un’actio pro socio o pro societate contro la capogruppo e i suoi gestori; e` lo stesso autore pero` a definire questa interpretazione come «temeraria» dal momento che «una siffatta ipotesi di sostituzione processuale sarebbe da riconoscere solamente a fronte di un’espressa previsione normativa che la tipizzasse».

suoi creditori ex art. 2394 c.c.) il diritto di agire in via risarcitoria contro i propri amministratori per conseguire il ristoro dei pregiudizi sofferti, con la sola possibilita` per i soci di sostituirsi a questa in via meramente processuale; al contrario, laddove vi sia soggezione di una societa` all’altrui potere di direzione e coordinamento, l’art. 2497 sembra, invece, aver attribuito personalmente al socio la possibilita` di promuovere azione nei confronti dell’ente che abbia malamente esercitato tale attivita` (e dei suoi amministratori), per conseguire a proprio esclusivo vantaggio il risarcimento dei danni sofferti131.

E` evidente, quindi, che questa impostazione conduce ad una netta disparita` di trattamento del socio, a seconda che questi faccia valere il proprio diritto al risarcimento del danno nell’ambito di una societa` non controllata o comunque non sottoposta ad altrui direzione, ovvero che lo faccia valere in un contesto di gruppo. Nel primo caso, infatti, in presenza di danni indirettamente cagionati alla redditivita` e al valore della partecipazione sociale da una condotta degli amministratori che abbia immediatamente pregiudicato il patrimonio della societa`, il socio non potra` agire in via diretta contro gli stessi, perche´ glielo impedisce il dettato dell’art. 2395 c.c. che, con l’avverbio «direttamente», esclude azioni di questo tipo; nel secondo caso, invece, il socio potra` trovare ristoro al medesimo danno, agendo direttamente contro la dominante o i suoi amministratori, non

      

131Con la conseguenza che il pregiudizio arrecato al socio potrebbe essere risarcito anche indipendentemente dalla reintegrazione del patrimonio della societa` immediatamente danneggiata dalla mala gestio della capogruppo; cosı` RORDORF, cit., 543.

essendo stato previsto dall’art. 2497 c.c. alcun discrimine in relazione al tipo di pregiudizio idoneo a legittimarne l’azione 132.

Tale disparita` di trattamento potrebbe essere oggetto di intervento da parte della Corte costituzionale, la quale potrebbe consentire l’azione diretta del socio contro gli amministratori anche in presenza di pregiudizi che siano mero riflesso di quelli subiti dalla societa`, cosı` armonizzando due situazioni fondamentalmente conformi, che oggi appaiono diversamente regolate133.

Ritengo, pero` , che anche in questo caso, occorra operare delle distinzioni. Infatti, per quanto simili possano sembrare le fattispecie poste ad oggetto delle due azioni di responsabilita` attribuite al socio, rispettivamente, dagli artt. 2395 e 2497 c.c., in quanto, come detto, in entrambi i casi vengono in considerazione condotte illegittime compiute da chi sostanzialmente gestisce o dirige (e coordina) una societa` e tali da arrecare pregiudizi di natura patrimoniale, non si puo` non tener conto del fatto che estremamente differente e` invece il contesto nel quale esse si collocano, soprattutto per quel che attiene alla posizione e ai poteri di cui il socio puo` disporre. E` evidente che, rispetto alla societa` che esercita il potere di direzione unitaria, l’azionista della dominata non puo` che considerarsi soggetto terzo, in quanto privo di quegli stessi diritti amministrativi di cui gode, invece, nella societa` cui partecipa e della quale, conseguentemente, assume i

      

132In altre parole, l’accesso alla giustizia sara` molto piu` facile per i soci di minoranza che agiscono per fatti che assumono rilevanza di gruppo: in questo caso infatti non sussistera` neppure l’ostacolo del possesso di una minoranza qualificata di azioni; v. ENRIQUES, Gruppi di societa` e gruppi di interesse, in Il nuovo diritto societario fra societa`

aperte e societa` private, in Quaderni di Giurisprudenza commerciale, n. 246, 252.

rischi. Tale differente condizione rende giustificato il conferimento al socio della societa` eterogestita (nei confronti di chi la dirige) di strumenti di tutela diversi e ulteriori rispetto a quelli di cui dispone chi invece ha il potere di influire sulla gestione della societa` di cui fa parte. Cio` anche al fine di creare «deterrenti» nei confronti dell’ente che esercita il potere di direzione e coordinamento il quale, se, da un lato, gode dei vantaggi di una condizione di terzieta` rispetto alle societa` che controlla e soprattutto rispetto ai loro soci, dall’altro, deve sapere di essere comunque esposto ad eventuali azioni di danno da parte di questi ultimi, laddove operi in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale, arrecando loro danni patrimoniali, anche indiretti134. Se si accoglie questa differenza tipologica tra societa` autonoma e societa` di gruppo, appare piu` agevole comprendere perche´ il legislatore abbia scelto di introdurre forme di tutela differenti in capo ai soci, pur in presenza di fattispecie caratterizzate da elementi costitutivi in gran parte conformi 135.

Non si dimentichi, infine, che l’azione di cui all’art. 2497 c.c. non si sostituisce, ma al contrario si aggiunge, a quelle che i soci possono esercitare nei confronti dei propri amministratori ai sensi degli artt. 2393 bis e 2395 (sempre che ne sussistano i presupposti), il che comporta un’estensione dei soggetti nei confronti dei quali l’azionista puo` far valere le proprie ragioni risarcitorie e,

      

134V. in tal senso, GALGANO, cit. 1033; DAL SOGLIO, cit., 2320 ss.  

135Contra, SALAFIA, cit., 394, secondo cui la differenza di trattamento non ha alcuna

giustificazione, attesa la somiglianza, se non l’identita` delle due fattispecie; sempre secondo l’A. sarebbe stato piu` opportuno affidare il risarcimento del danno subito dalla controllata all’azione di responsabilita` sociale dei soci, nei limiti previsti dall’art. 2393 bis, in maniera tale che il ristoro del patrimonio sociale si sarebbe poi riflesso sulle partecipazioni dei soci.

conseguentemente, un ampliamento delle possibili prospettive di tutela.