• Non ci sono risultati.

“LA RESPONSABILITÀ DA ATTIVITÀ DI DIREZIONE E COORDINAMENTO”

6. La legittimazione passiva

Il disposto dell’art. 2497 c.c., a differenza di quanto previsto dagli artt. 2394 e 2395, non considera direttamente responsabili per l’esercizio scorretto del potere di direzione e coordinamento gli amministratori della societa` che esercita l’attivita` di direzione e coordinamento, ma la societa` medesima141. Cio` non comporta, ovviamente, un’esenzione da tale responsabilita`degli amministratori, ai quali sono concretamente imputabili i comportamenti da cui origina la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale ma, implica che l’estensione della responsabilita` all’organo gestorio della societa` capogruppo debba avvenire sulla base del 2° co., dell’art. 2497 c.c., il quale, nella sua prima parte, prevede esplicitamente la responsabilita` solidale di «... chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo».

Soci e creditori della dominata non potranno, invece, invocare contro gli amministratori della holding, gli artt. 2394 e 2395 c.c., utilizzabili, tutt’al piu`, per esperire il rimedio risarcitorio nei confronti degli amministratori della propria societa` e non estensibili al di fuori dei confini di essa.

      

140Si ritiene, infine, che non trovi piu` applicazione il 3o co., dell’art. 2497; in tal senso, DAL SOGLIO, cit., 2327.

141Tale soluzione, secondo GUIZZI, op. cit., 449, si pone in netta controtendenza rispetto all’impianto generale della riforma, in cui, invece, appare chiara la volonta` di attribuire in via esclusiva agli amministratori della societa` «monade» la gestione dell’attivita` d’impresa e, conseguentemente, la responsabilita` che derivi dal cattivo esercizio di tale potere. Cio` comporta, secondo l’A., che la responsabilita` degli amministratori possa essere fondata non gia` sulla violazione di un dovere di comportamento ad essi proprio, ma in qualita` di semplici compartecipi di fatti altrui.

In concreto, dunque, soci e creditori disporranno della facolta` di agire nei confronti della capogruppo ex art. 2497, 1o co., facendo contestualmente valere la responsabilita` in solido dei gestori della stessa e di quelli della propria societa`, ex art. 2497, 2o co.; oppure, potranno tenere distinte le sorti dell’azione contro la dominante da quelle dell’azione contro i propri amministratori, potendo cosı` sperare, anche in caso di esito negativo della prima, in un accoglimento delle richieste risarcitorie ex artt. 2394 e/o 2395 c.c., i quali, come gia` accennato, si basano su presupposti in parte differenti rispetto a quelli richiesti dall’art. 2497 c.c.

La responsabilita` che sorge in capo a «chi abbia preso parte al fatto lesivo» scaturisce da una condotta, omissiva o commissiva, che in quanto legata causalmente al fatto dannoso si pone in rapporto di equivalenza rispetto a quella dell’ente o societa` che esercita il potere di direzione unitaria; tale «parallelismo causale» giustifica, quindi, la previsione di solidarieta` passiva della responsabilita` di cui al 2o co. della norma, escludendo la possibilita` di operare quelle distinzioni qualitative e quantitative in ordine all’entita` del contributo di ciascun compartecipe, che potranno tutt’al piu` essere fatte valere, successivamente, in sede di regresso 142.

Volendo determinare sinteticamente il novero dei soggetti cui la genericita` dell’espressione utilizzata dal legislatore nella prima parte del 2o co. dell’art. 2497, consente di estendere la responsabilita` del fatto lesivo, si possono citare: oltre agli amministratori della societa` capogruppo, a cui siano materialmente ascrivibili le condotte poste in essere in violazione       

dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale dedotte in giudizio e all’organo gestorio della societa` soggetta all’altrui direzione e coordinamento, al quale sia imputabile di non aver svolto con diligenza ed efficacia il ruolo di filtro delle direttive ricevute dalla dominante143, anche gli organi di controllo, a qualunque livello del gruppo, i quali, in base all’art. 2407, 2o co., c.c., concorrono con gli amministratori per i loro fatti e le loro omissioni, nel caso in cui i danni che si sono verificati avrebbero potuto essere evitati se i primi avessero vigilato in conformita` al proprio incarico; o ancora gli organi di revisione (persone fisiche o societa`) cui sia stato affidato il controllo contabile, nel caso in cui si riuscisse a dimostrare la sussistenza di un nesso di causalita` tra l’irregolarita` della revisione contabile e il concreto esplicarsi della direzione unitaria, quali fattori determinanti del danno arrecato a soci e creditori144.

Inoltre, non puo` escludersi che attraverso tale norma si riescano a colpire anche gli amministratori di fatto e i cosiddetti soci tiranni della capogruppo che abbiano contribuito fattivamente alla realizzazione di atti di gestione del gruppo, nonche´ gli organi di gestione delle societa` dominate diverse da quella direttamente danneggiata dall’attivita` di direzione e coordinamento, laddove, come spesso accade nelle grandi compagini, le direttive in cui si sostanzia la politica di gruppo e attraverso le quali si realizza concretamente l’abuso, siano il frutto delle riunioni di un informale       

143Osserva DAL SOGLIO, cit., 2321, che tale azione di responsabilita` potrebbe assumere non solo e non tanto, finalita` riparatorie, data la prevedibile incapienza del patrimonio personale degli amministratori, quanto scopi di prevenzione nei confronti dell’organo gestorio della dominata, il quale, di fronte al rischio di subire azioni risarcitorie, potrebbe essere piu` incentivato a svolgere con maggiore efficienza ed autonomia il vaglio delle direttive impartite dall’ente capogruppo.

144Ritengono possibile tale estensione SALAFIA,cit., 395 ss., DAL SOGLIO, cit., 2336, RORDORF, cit., 544, la cui posizione appare pero` piu` sfumata.

organo (cosiddetto group board) cui partecipano gli amministratori (o gli organi delegati) della capogruppo e quelli delle societa` eterogestite.

Infine, pur non potendosi riconoscere in capo all’assemblea alcun potere gestorio, in senso stretto, e` evidente che una qualche vocazione imprenditoriale puo` individuarsi anche nei soci della capogruppo che, sia attraverso l’individuazione dell’oggetto sociale, sia attraverso semplici deliberazioni assembleari potrebbero, di fatto, autorizzare o, quanto meno, indirizzare gli amministratori, all’attuazione di atti di eterogestione potenzialmente fonte di danno per i soci e i creditori delle societa` dominate, prendendo cosı` parte attiva al «fatto lesivo».

In tutti questi casi, per ottenere il riconoscimento della responsabilita` in capo ai diversi soggetti citati, sara` indispensabile, non solo dar prova dell’effettivo ruolo causale delle condotte poste in essere da ciascuno, ma anche degli altri elementi costitutivi della fattispecie di responsabilita` richiesti dal 1o co. dell’art. 2497, e cioe` la «violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale» e l’agire nell’«interesse imprenditoriale proprio o altrui». Saranno, dunque, rilevanti in tal senso, le condotte di coloro che, partecipando all’attivita` in cui si sostanziano la direzione e il coordinamento di societa`, abbiano abusato dei poteri loro conferiti, al fine di conseguire direttamente o far conseguire ad altri vantaggi suscettibili di tradursi in danno per chi e` soggetto passivo di tale attivita` .

Alla luce di quanto affermato, appare chiaro che l’azione concessa a soci e creditori dall’art. 2497, 2° co., potrebbe, in alcuni casi, sovrapporsi a richieste risarcitorie concorrenti, basate su titoli

diversi, ma esperite nei confronti dei medesimi soggetti e potenzialmente fondate sui medesimi fatti. Non si dimentichi, tuttavia, che spesso i presupposti richiesti dalla legge per il riconoscimento delle varie forme di responsabilita` previste in capo ai soggetti legittimati passivi, divergono profondamente, con la conseguenza che le ipotesi di responsabilita` potrebbero anche non coincidere: si pensi, ad esempio, al caso in cui l’atto lesivo posto in essere dall’amministratore della dominante ai sensi dell’art. 2497, non configuri alcuna violazione dei doveri imposti allo stesso nei confronti della societa` cui appartiene e non sia dunque idoneo a fondare una condanna ai sensi dell’art. 2392 c.c.; o ancora al caso in cui la condotta posta in essere dall’amministratore della dominata, che ha dato attuazione ad una direttiva illegittima della dominante, non sia idonea a cagionare un danno diretto al patrimonio del singolo socio: tale situazione potrebbe, ipoteticamente, legittimare quest’ultimo ad agire nei confronti del proprio amministratore, ex art. 2497, 2o co., c.c., ma non a far valere nei confronti dello stesso, l’azione prevista dall’art. 2395 c.c.

7. La responsabilita` di chi ha tratto consapevole beneficio dal