• Non ci sono risultati.

III. Automa e altre forme di simulacro

III.3. b Analisi stilistica e tematica dell’opera

La invención de Morel rappresenta, nella produzione letteraria di Bioy Casares, un nuovo punto di partenza, una cesura che permette all’autore di abbandonare le tecniche narrative utilizzate nei precedenti lavori e impossessarsi di uno stile il cui marchio di fabbrica sarà la semplicità. Bioy Casares, infatti, promise a sé stesso di non commettere gli stessi errori che avevano reso alquanto disastrosi i primi esperimenti letterari; l’autore desiderava realizzare un’opera ordinata, precisa, in cui ogni elemento doveva avere un senso e servire alla trama. Bioy Casares riuscì nel suo intento – l’opera presa in esame, infatti, si caratterizza, principalmente, per uno stile semplice e per la presenza di frasi brevi e parole facilmente riconoscibili al lettore –, ma proprio questa eccessiva precisione procurò all’autore critiche simili a quelle di Néstor Ibarra: “Néstor Ibarra, un amigo de Borges, elogió el libro pero me dijo: «El defecto que tiene es que todo es necesario». Yo había querido que todo fuera necesario, pero sentí que era una observación justa”351 – racconta Bioy Casares allo studioso Carlos Dámaso Martínez. A testimoniare tale semplicità e la volontà autoriale di fare in modo che ogni elemento sia funzionale alla trama, possiamo chiamare in causa le descrizioni dei personaggi e dei paesaggi. Il narratore, infatti, non si lascia andare a descrizioni precise e dettagliate di tutti i personaggi presenti nella storia, ma si limita a descrivere, ad esempio, le piante dell’isola e i motori della macchina di Morel perché necessarie alla comprensione dell’enigma; mentre gli unici personaggi di cui il narratore offre un ritratto piuttosto superficiale e soggettivo sono Faustine, di cui si mettono in risalto un foulard legato in testa, la pelle dorata e gli occhi e i capelli neri, e Morel, “el horroroso tenista”352, di cui il narratore

fa una descrizione leggermente più dettagliata, probabilmente causata dal sentimento di

350 Il primo film è basato sul racconto “El perjurio de la nieve”, il secondo, invece, sul romanzo Diario de la guerra del cerdo.

351 Carlos Dámaso Martínez, «Adolfo Bioy Casares : La literatura, la fotografía, el cine y la eternidad.

Conversación con Carlos Dámaso Martínez», [http://www.cervantesvirtual.com/nd/ark:/59851/bmctt6c6], Alicante, Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes, 2012. Consultato il 22 gennaio 2021.

130

gelosia e competizione che l’uomo suscita nel fuggitivo, visti i termini poco lusinghieri impiegati:

Es muy alto. Llevaba un saco de tenis, granate, demasiado amplio, unos pantalones blancos y unos zapatos blancos y amarillos, desmesurados. La barba parecía postiza. La piel es femenina, cerosa, marmórea en las sienes. Los ojos son oscuros; los dientes, abominables. Habla despacio, abriendo la boca, chica, redonda, vocalizando infantilmente, enseñando una lengua chica, redonda, carmesí, pegada siempre a los dientes inferiores. Las manos son larguísimas, pálidas; les adivino un tenue revestimiento de humedad353.

Inoltre, circa lo stile impiegato dall’autore, Carlos Dámaso Martínez parla di lenguaje fílmico, in quanto l’autore – da amante ed esperto della settima arte –, attraverso la scrittura, offre al lettore un effetto visivo simile a quello del cinema. Riesce nel suo intento grazie alla presenza di molteplici punti di vista, ossia quello del fuggitivo, nonché narratore della storia, dell’editore e, infine, del folle inventore Morel, ma anche grazie alla capacità di creare descrizioni di paesaggi e situazioni che rimandano perfettamente a tipi di inquadrature cinematografiche. Dámaso Martínez afferma che il momento in cui il fuggitivo osserva da lontano, per la prima volta, gli ipotetici turisti nella parte alta della collina354 presenta una somiglianza con l’inquadratura chiamata ‘campo lungo’, ossia “el que presenta a los protagonistas de cuerpo entero y a una distancia considerable que permite además apreciar el espacio en donde se encuentran”355. Un’ulteriore similitudine con le inquadrature cinematografiche è riscontrabile nel momento in cui il fuggitivo descrive la parte dell’isola in cui si trovano gli edifici; tale frammento, infatti, viene reso visibile al lettore attraverso quella che nel linguaggio cinematografico viene chiamata ‘panoramica’, inquadratura che, nel presente caso, viene combinata con il movimento della ‘carrellata’356 e il ‘campo lungo’:

353 Ibidem.

354 Il frammento a cui si riferisce Carlos Dámaso Martínez è il seguente: «Desde los pantanos de las aguas

mezcladas veo la parte alta de la colina, los veraneantes que habitan el museo. Por su aparición inexplicable podría suponer que son efectos del calor de anoche, en mi cerebro; pero aquí no hay alucinaciones ni imágenes: hay hombres verdaderos, por lo menos tan verdaderos como yo», (id, p. 91).

355 Carlos Dámaso Martínez, Una poética de la invención: la renovación del fantástico en Bioy Casares,

Córdoba, Eduvim, 2014, pos. 1677, (versione ebook).

356 La panoramica è una tecnica attraverso la quale la cinepresa viene fissata su un cavalletto che le permette

di compiere una rotazione di 360° gradi, nonché di abbassarsi e alzarsi. La carrellata, invece, è un movimento che la cinepresa effettua grazie ad un carrello che scorre su dei binari; questa tecnica permette di riprendere la scena in profondità oppure orizzontalmente.

131

En la parte alta de la isla, que tiene cuatro barrancas pastosas (hay rocas en las barrancas del oeste), están el museo, la capilla, la pileta de natación. Las tres construcciones son modernas, angulares, lisas, de piedra sin pulir. La piedra, como tantas veces, parece una mala imitación y no armoniza perfectamente con el estilo. La capilla es una caja oblonga, chata (esto la hace parecer muy larga). La pileta de natación está bien construida, pero, como no excede el nivel del suelo, inevitablemente se llena de víboras, sapos, escuerzos e insectos acuáticos. El museo es un edificio grande, de tres pisos, sin techo visible, con un corredor al frente y otro más chico atrás, con una torre cilíndrica357.

Carlos Dámaso Martínez ammette che quanto detto sino ad ora potrebbe essere considerato come una semplice tecnica di scrittura; tuttavia, la presenza costante del punto di vista del fuggitivo e il modo di descrivere i paesaggi e gli interni degli edifici – ma anche la passione di Bioy Casares per il cinema e i continui rimandi ad esso358 – permettono allo studioso di parlare di una similitudine, una “equivalencia […] con el recorrido de una cámara cinematográfica”359.

Da un punto di vista narratologico, la storia assume la forma di una relazione, una testimonianza scritta da un narratore in prima persona – tratto tipico del genere fantastico e ricorrente nelle opere di Bioy Casares –, il quale, inizialmente, si presenta come un semplice spettatore del fenomeno fantastico, per poi trasformarsi nell’uomo che, attraverso le sue azioni, darà una svolta alla storia. La sua affidabilità come narratore viene messa in discussione – caratteristica ricorrente nei racconti e romanzi fantastici – sia da lui stesso sia dalla presenza di un editore. Nel primo caso, l’autore dell’opera mette in atto un procedimento narrativo tipico del genere fantastico, che rende più credibile la storia e il narratore. Tale strategia consiste nel far dubitare il narratore/protagonista della propria sanità mentale e fisica: “Desde los pantanos de las aguas mezcladas veo la parte alta de la colina, los veraneantes que habitan el museo. Por su aparición inexplicable podría suponer que son efectos del calor de anoche, en mi cerebro […]”360. E, in seguito, il fuggitivo passa in

357 Adolfo Bioy Casares, La invención de Morel, op. cit., p. 94.

358 Oltre al momento in cui Morel spiega il funzionamento della sua invenzione, basato – appunto – sul

meccanismo del cinematografo, è possibile individuare un ulteriore riferimento alla settima arte quando il fuggitivo afferma: «[…] soy el público previsto desde el comienzo […]» (id, p. 105), oppure «las escenas se repiten», «todo fue una representación burlesca» (id, p. 123). Inoltre, Edmundo Paz Soldán sostiene che la stessa condizione del fuggitivo rimanda al mondo della settima arte, in quanto il narratore non fa altro che osservare le azioni degli abitanti dell’isola – esattamente come se stesse assistendo alla proiezione di un film – e risulta invisibile agli altri personaggi – proprio come gli spettatori per gli attori del grande schermo.

359 Carlos Dámaso Martínez, Una poética de la invención: la renovación del fantástico en Bioy Casares, op. cit., pos. 1726, (versione ebook).

132

rassegna varie ipotesi che potrebbero giustificare l’evento straordinario di cui si è ritrovato ad essere lo spettatore:

Que yo tenga la famosa peste; sus efectos en la imaginación: la gente, la música, Faustine; en el cuerpo: tal vez lesiones horribles, signos de muerte, que los efectos anteriores no me dejan ver. Que el aire pervertido de los bajos y una deficiente alimentación me hayan vuelto invisible. Los intrusos no me vieron […]. Objeción: no soy invisible para los pájaros, los lagartos, las ratas, los mosquitos. […] He llegado a la cuarta hipótesis por la aberración de contar sueños. Anoche soñé esto: Yo estaba en un manicomio. Después de una larga consulta (¿el proceso?) con un médico, mi familia me había llevado ahí. Morel era el director. Por momentos, yo sabía que estaba en la isla; por momentos, creía estar en el manicomio; por momentos, era el director del manicomio. No creo indispensable tomar un sueño por realidad, ni la realidad por locura. Quinta hipótesis: los intrusos serían un grupo de muertos amigos; yo, un viajero, como Dante o Swedenborg, o si no, otro muerto, de otra casta, en un momento diferente de su metamorfosis; esta isla, el purgatorio o cielo de aquellos muertos […]. Acumulé pruebas que mostraban mi relación con los intrusos como una relación entre seres en distintos planos. En esta isla podría haber sucedido una catástrofe imperceptible para sus muertos (yo y los animales que la habitaban); después habrían llegado los intrusos. ¡Que yo estuviera muerto!361

Volta a mettere in dubbio la parola del narratore è anche la presenza dell’editore. Basti pensare alla prima nota che il lettore incontra poco dopo aver iniziato a leggere il romanzo: l’editore corregge il narratore affermando che le isole di cui parla non possono essere le Ellice, come invece il fuggitivo scrive362; oppure, più avanti, segnala nuovamente un errore

commesso dal narratore nel momento in cui cita un frammento di De Natura Deorum di Cicerone; si legge in nota: “Se equivoca. Omite la palabra más importante: geminato (de geminatus, germinado, duplicado, repetido, reiterado) […]”363. L’editore sembra assumere,

inoltre, la parte del lettore quando si pone degli interrogativi circa la ricerca di cibo del fuggitivo – “Ha vivido, sin duda, debajo de árboles cargados de cocos. No los menciona. ¿Ha podido no verlos? ¿O será más bien que, atacados por la peste, los árboles no daban fruta?”364 – oppure quando commenta l’ipotesi delle temperature sovrapposte a causa della

presenza dei due soli proposta dal narratore, offrendo al lettore una propria idea al riguardo: “La hipótesis de la superposición de temperaturas no me parece necesariamente falsa (un pequeño calentado es insoportable en un día de verano), pero creo que la verdadera

361 Id, pp. 133-134.

362 «[…] [el fugitivo] habla de una colina y de árboles de diversas clases. Las islas Ellice – o de las Lagunas –

son bajas y no tienen árboles que los cocoteros arraigados en el polvo del coral», id, p. 93.

363 Id, p. 132. 364 Id, p. 102.

133

explicación es otra. Estaban en primavera; la semana eterna fue grabada en verano; al funcionar, las máquinas reflejan la temperatura del verano”365. Ed infine, quando critica la convinzione del narratore di non aver lasciato dubbi in sospeso nel suo diario; scrive l’editore: “Queda el más increíble: la coincidencia, en un mismo espacio, de un objeto y su imagen total. Este hecho sugiere la posibilidad de que el mundo está constituido, exclusivamente, por sensaciones”366.

Tuttavia, le due figure sopracitate non sono le uniche ad interagire con il lettore, bensì vi è un importante personaggio della storia che, ad un certo punto, si trasforma nel secondo narratore; si tratta di Morel, il folle inventore. Quest’ultimo prende la parola nel momento in cui deve comunicare ciò che ha realizzato durante la settimana appena trascorsa sull’isola ai suoi compagni; non solo, bensì anche all’ipotetico lettore del rapporto del fuggitivo, poiché è grazie alle parole di Morel se il lettore viene a conoscenza del funzionamento della macchina e del motivo che ha portato l’inventore alla sua creazione. Inoltre, il lettore svolge un ruolo attivo e fondamentale all’interno del testo. Egli non solo viene pienamente coinvolto nella storia e si ritrova a interrogarsi e tentare di dare una risposta a quanto accade al protagonista, bensì viene anche chiamato in causa quando il narratore, in conclusione del romanzo, scrive: “Al hombre que, basándose en este informe, invente una máquina capaz de reunir las presencias disgregadas, haré una súplica. Búsquenos a Faustine y a mí, hágame entrar en el cielo de la conciencia de Faustine. Será un acto piadoso”367. È possibile osservare, quindi, che il narratore si rivolge direttamente al destinatario della sua testimonianza, affinché quest’ultimo lo aiuti a riunirsi all’amata. Secondo Giovanni Darconza, in La inveción de Morel, il lettore è una figura vitale per il protagonista, essendo l’unico in grado di poter permettere al fuggitivo di vivere la propria storia d’amore, e ciò – sostiene lo studioso – potrebbe essere considerato come una metafora del rapporto libro- lettore: “Il protagonista del romanzo ha bisogno del lettore per poter vivere nello stesso universo di Faustine. Come a dire che il libro ha bisogno del lettore per poter resuscitare ed avere vita propria […]”368.

Come già accennato in precedenza, la forma che Bioy Casares attribuisce all’opera è quella di un diario intimo, che, tuttavia, non segue un ordine cronologico e lineare; anzi, fin

365 Id, pp. 170-171. 366 Id, p. 171. 367 Id, p. 176.

368 Giovanni Darconza, «Il viaggio nell’oltretomba nella Invención de Morel di Adolfo Bioy Casares», Linguae &: rivista di lingue e culture moderne, vol. 1, n. 1, 2002, p. 48.

134

dalle prime pagine è possibile notare che il narratore anticipa ciò che sta succedendo nell’isola in cui si è rifugiato, accennando ad un miracolo che si è verificato durante la sua permanenza, solo in seguito il fuggitivo racconta al lettore come ha saputo dell’esistenza dell’isola e il motivo per cui è dovuto fuggire dal Venezuela. Si potrebbe affermare, dunque, che l’opera, più che come un diario intimo, si configura fin dal principio come un testamento – come afferma lo stesso narratore: “Siento con desagrado que este papel se transforma en testamento”369 –, vista l’indeterminatezza temporale – aspetto estraneo alla diaristica – e la

conclusione del romanzo, ossia il suicidio del protagonista, il quale consapevole di aver intrapreso un viaggio senza ritorno, spera che, attraverso la sua testimonianza, uno dei suoi ipotetici destinatari possa salvarlo.

Inoltre, è possibile osservare che La invención de Morel non assume soltanto le forme di un testamento, bensì segue diversi schemi narrativi. Questi ultimi, secondo Margo Glantz, sono: i romanzi poliziesco, di fantascienza e la novela pastoril. I tre schemi sono ben presenti fin dal principio: le caratteristiche del romanzo poliziesco si presentano nel momento in cui il fuggitivo comincia la sua avventura esplorando l’isola, i suoi edifici e luoghi nascosti, indagando, spiando i misteriosi abitanti e vagliando ipotesi in grado di risolvere l’enigma e scovare il colpevole, esattamente come farebbe un detective di un romanzo giallo. Al contempo, Bioy Casares inserisce all’interno del romanzo elementi che rimandano al racconto di fantascienza: sono presenti, infatti, eventi inspiegabili, straordinari, addirittura miracoli, apparizioni improvvise di individui che sembrano fantasmi e, infine, una macchina in grado di rendere immortali gli umani. Il terzo ed ultimo schema che Bioy Casares inserisce all’interno del romanzo è quello della novela pastoril. Al centro del romanzo, infatti, oltre a una geniale invenzione, abbiamo anche una storia d’amore, i cui protagonisti sono Morel, Faustine e il fuggitivo; in particolare, l’amore che prova il narratore per la giovane donna è di natura totalmente platonica, aspetto caratteristico del suddetto genere. La presenza di tale schema, inoltre, secondo Glantz, si può individuare sia nella vittoria dell’anima sul corpo – dato che, esattamente come nella novela pastoril, Morel e il fuggitivo sono interessati a salvare l’anima, il proprio sentimento amoroso più che l’aspetto corporale, fisico – sia nella scelta dell’isola come ambientazione del romanzo, in quanto luogo apparentemente idilliaco:

[…] la isla de aventuras es una Arcadia que en su aislamiento permite el ocio interior que el hombre necesita para vivir su aventura amorosa sin la contaminación del mundo. La Arcadia que escinde el

135

universo pastoril del mundo cortesano, que separa aldea de ciudad, plantea el deslinde para permitirse un artificio de expresión que […] desnude la pasión amorosa de su contexto habitual370.

Inoltre, un ulteriore indizio – sostiene Margo Glantz – che prova la presenza dello schema della novela pastoril è il corteggiamento messo in atto dal fuggitivo nei confronti di Faustine:

[…] el narrador inicia tímidamente el cortejo y como los pastores, los caballeros o los poetas provenzales la sirve como si fuera una dama. […] cortejará a la desconocida como Petrarca o como Dante utilizando el lenguaje de las flores y como ellos también lo vuelve poema. […] el narrador la desea «con una compostura que sugería obscenidades» para terminar ofreciéndole pinturas florales, campiranas, pastoriles y cantarle versos como trovador redivivo371.

Secondo Margo Glantz, si può parlare di un vero e proprio passaggio all’interno del romanzo, un transito la cui prima tappa è lo schema poliziesco, il quale viene seguito – una volta scovato l’artefice del crimine scientifico – da quello fantascientifico, per poi concludersi con lo schema della novela pastoril, fase finale dove a farla da padrone vi è il profondo e folle amore del fuggitivo per Faustine. Tuttavia, più che di un passaggio da uno schema all’altro, sembra essere più opportuno parlare di una vera e propria interazione tra i tre generi, in quanto, fin dal principio, l’opera presenta elementi caratteristici dei tre schemi narrativi intrecciandoli tra loro, senza – come, invece, sostiene Margo Glantz – seguire un ordine rigido, un effettivo transito da uno schema all’altro. Oltre a quanto detto sino ad ora, Carlos Dámaso Martínez sostiene che l’opera presenta anche degli elementi tipici del romanzo di avventura, in quanto “prevalece el misterio, el riesgo, la acción y se suele adoptar el punto de vista de un narrador protagonista, la focalización de una ficción en primera persona”372.

Nell’opera presa in esame, oltre a riscontrare elementi stilistici caratteristici di Bioy Casares, possiamo notare la presenza di tematiche care allo scrittore argentino e che si convertiranno a poco a poco in costanti della sua produzione letteraria, ovvero l’amore, la tecnologia e l’immortalità.

370 Margo Glantz, «Bioy Casares y la percepción privilegiada del amor: La invención de Morel y la arcadia

pastoril», [http://www.cervantesvirtual.com/nd/ark:/59851/bmcgh9w2], Alicante, Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes, 2006. Consultato il 26 gennaio 2021.

371 Ibidem.

372 Carlos Dámaso Martínez, Una poética de la invención: la renovación del fantástico en Bioy Casares,

136

Come si evince dal titolo del romanzo, il nucleo tematico può essere identificato proprio nell’invenzione di Morel: una macchina in grado di rendere immortali gli umani, dopo averli trasformati in immagini tridimensionali, in simulacri che ripeteranno le stesse azioni e le medesime parole all’infinito acquisendo definitivamente le sembianze degli automi, ma solo nel momento in cui le maree accenderanno i motori dello strumento. Tale creazione viene realizzata in seguito allo studio portato a termine dal folle inventore dei mezzi di comunicazione, quali il radiotelefono, il fonografo, il telefono, la televisione, il cinema e la fotografia; i primi tre strumenti menzionati sono – afferma Morel – in grado di sopprimere l’assenza spaziale dell’udito, i successivi, invece, riescono a porre rimedio