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L'automa e il simulacro nella narrativa di Adolfo Bioy Casares. Analisi dei romanzi La invención de Morel e Dormir al sol

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE, LETTERATURE E

FILOLOGIE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA

L'automa e il simulacro nella narrativa di Adolfo Bioy Casares.

Analisi dei romanzi La invención de Morel e Dormir al sol

CANDIDATA

RELATRICE

Rachele Bellini

Chiar.ma Prof.ssa Alessandra Ghezzani

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Siempre he pensado que la literatura no nació para dar respuestas, tarea que constituye la finalidad específica de la ciencia y de la filosofía, sino más bien para hacer preguntas, para inquietar, para abrir la inteligencia y la sensibilidad a nuevas perspectivas de lo real.

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3 INDICE

Introduzione ... 5

I. La letteratura fantastica, il simulacro, l’automa ... 7

I.1. La letteratura fantastica in Argentina ... 7

I.1.a. Il fantastico: la definizione di un genere ... 7

I.1.b. Cenni del fantastico in Argentina ... 26

I. 2. Il simulacro: simulazione della realtà ... 35

I.3. L’automa: alcuni cenni storici ... 45

I.4. Il simulacro e l’automa nella letteratura argentina ... 52

II. Adolfo Bioy Casares ... 61

II.1. La vita di un hombre simple ... 61

II.2. “Soy un simple narrador, un contador de historias” ... 82

II.3. Un marito infedele e una moglie indulgente ... 94

II.4. Un fedele amico: Jorge Luis Borges ... 99

II.5. Il fantastico secondo Bioy Casares e l’Antología de la literatura fantástica ... 105

III. Automa e altre forme di simulacro ... 110

III.1. La scienza e la tecnologia: due costanti della narrativa di Bioy Casares ... 110

III.2. L’automa e il simulacro nelle opere di Adolfo Bioy Casares ... 117

III.3. La invención de Morel ... 122

III.3.a. Il riscatto letterario di Bioy Casares ... 122

III.3.b. Analisi stilistica e tematica dell’opera ... 129

III.3.c. Faustine: il personaggio femminile ... 142

III.4. Dormir al sol ... 147

III.4.a. “Ya lo tengo: Dormir al sol” ... 147

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III.4.c. Diana: il personaggio femminile ... 159

Conclusione ... 165

Bibliografia ... 167

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INTRODUZIONE

Adolfo Bioy Casares è stato, indubbiamente, uno dei maggiori protagonisti del panorama letterario argentino del XX secolo, la cui produzione letteraria appartiene al genere fantastico, in quanto ospita sovente elementi caratteristici di tale modalità narrativa, quali l’apparizione improvvisa di fantasmi, folli esperimenti scientifici e complesse innovazioni tecnologiche, ma anche tecniche e strategie care agli scrittori del suddetto genere, una fra tutte l’utilizzo della narrazione in prima persona. Bioy Casares inizia durante l’adolescenza a cimentarsi nella scrittura, tuttavia si farà conoscere e apprezzare dalla critica e dal pubblico solo nel 1940, quando all’età di ventisei anni pubblica l’opera che lo consacrerà come scrittore, La invención de Morel. Da questo momento in poi, Adolfo Bioy Casares dedicherà totalmente la propria vita alla scrittura, diventando così una delle figure più influenti e rilevanti della letteratura argentina novecentesca.

Il presente lavoro si propone, in particolare, di analizzare l’automa e il simulacro in due romanzi di Adolfo Bioy Casares: La invención de Morel e Dormir al sol, pubblicati rispettivamente nel 1940 e nel 1973.

Nel primo capitolo, viene preso in esame il genere fantastico, attraverso l’approfondimento di definizioni e teorie di studiosi, quali, ad esempio, Tzvetan Todorov, Remo Ceserani, Rosalba Campra, nonché Jaime Alazraki e Ana María Barrenechea; per poi offrire cenni circa lo sviluppo e la diffusione di tale modalità narrativa nella letteratura argentina sia ottocentesca che novecentesca. A tal proposito, viene proposta, infatti, una breve analisi di alcune opere appartenenti al genere fantastico dei seguenti scrittori: Juana Manuela Gorriti, Eduardo Ladislao Holmberg, Leopoldo Lugones, Macedonio Fernández, Jorge Luis Borges e Julio Cortázar. A questo punto, vengono approfondite due delle tematiche care a tale genere letterario, ossia il simulacro e l’automa. In seguito a uno studio tanto dei termini quanto della storia e delle teorie che ruotano intorno ai due concetti sopracitati, vengono passati in rassegna alcuni romanzi e racconti della letteratura argentina che presentano l’automa e il simulacro come temi centrali.

Il secondo capitolo è interamente dedicato alla figura di Adolfo Bioy Casares. In primo luogo, viene tratteggiata una breve biografia dello scrittore, per poi prendere in esame lo stile e le tematiche che contraddistinguono la sua vasta produzione letteraria. Quest’ultima consta di otto romanzi, svariati racconti, saggi, diari, testi autobiografici e opere scritte a

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quattro mani; inoltre, si caratterizza per uno stile semplice, elegante, e tematiche tanto care allo scrittore: l’amore, le donne, la morte, la scienza e la tecnologia. In seguito, tale capitolo si propone di investigare le relazioni intime e, al contempo, professionali che Bioy Casares intrattiene con Silvina Ocampo e Jorge Luis Borges, due delle personalità più rilevanti del panorama letterario argentino. Inoltre, insieme alla Ocampo e Borges, Adolfo Bioy Casares pubblica l’Antología de la literatura fantástica, un’opera che permette di conoscere la concezione del fantastico secondo Bioy Casares.

Nel terzo ed ultimo capitolo, l’attenzione viene focalizzata sulla reiterata presenza delle tematiche del simulacro e dell’automa nelle opere dello scrittore argentino. Dopo un approfondimento circa il valore che Bioy Casares attribuisce alla scienza e alla tecnologia, viene offerta, infatti, una breve analisi dei romanzi e racconti caratterizzati dalla presenza di simulacri e automi. In seguito, gli ultimi due paragrafi prendono in esame i due romanzi precedentemente menzionati: La invención de Morel e Dormir a sol. In particolare, circa tali opere, viene proposta un’analisi sia stilistica che tematica, la quale mette in evidenza non solo aspetti costanti nella produzione letteraria di Bioy Casares, bensì anche elementi che segnano il cambiamento stilistico messo in atto dallo scrittore a partire dagli anni ’50. Infine, viene dato spazio al vero obiettivo del presente lavoro, ovvero l’analisi della figura dell’automa presente in entrambe le opere di Adolfo Bioy Casares. Faustine e Diana – rispettivamente i personaggi femminili di La invención de Morel e Dormir al sol – sono figure fondamentali per lo sviluppo dei romanzi e, come vedremo, presentano caratteristiche che permettono di attribuire loro il ruolo di automa.

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7 Capitolo I

LA LETTERATURA FANTASTICA, IL SIMULACRO, L’AUTOMA

I.1. La letteratura fantastica in Argentina

I.1.a. Il fantastico: la definizione di un genere

El problema, como siempre, está en saber qué es lo fantástico. Es inútil ir al diccionario, yo no me molestaría en hacerlo, habrá una definición, que será aparentemente impecable, pero una vez que la hayamos leído los elementos imponderables de lo fantástico, tanto en la literatura como en la realidad, se escaparán de esa definición1.

Dalle parole che Julio Cortázar impiega per descrivere il fantastico, durante una sua conferenza tenutasi all’Università Cattolica Andrés Bello di Caracas nel 1982, possiamo dedurre che il suddetto genere letterario non possa essere facilmente definito e che le sue caratteristiche non possano essere racchiuse all’interno di una semplice definizione vocabolaristica. Tutto ciò può essere confermato dal fatto che molti studiosi e critici letterari si siano interrogati sul significato del termine fantastico e sulla sua evoluzione, proponendo differenti teorie e non concordando spesso fra loro.

Uno degli studiosi che più si è interessato al tema è Tzvetan Todorov, un filosofo e critico letterario bulgaro-francese, che nel 1970 scrive il saggio La letteratura fantastica2 con l’intento di dare una definizione a tale genere. Todorov sostiene che il fantastico, all’interno di un racconto, non rappresenti né il punto di partenza né tantomeno quello di arrivo, bensì può essere inteso come il momento centrale e di svolta della storia narrata. Esso infatti è l’esitazione, l’incertezza che il protagonista e, di conseguenza, il lettore – giacché quest’ultimo tende a identificarsi con il personaggio e quindi a sentire le sue stesse emozioni3 – provano nel momento in cui accade qualcosa di inesplicabile, che non può

essere spiegato per mezzo delle leggi del nostro mondo – l’individuo in questione si

1 Julio Cortázar, «El sentimiento de lo fantástico. Conferencia dictada en la UCAB»,

[https://ciudadseva.com/texto/el-sentimiento-de-lo-fantastico/].

2 Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica, (trad. Elina Klersy Imberciadori), Milano, Garzanti, 1977. 3 «Il fantastico implica quindi un’integrazione del lettore nel mondo dei personaggi, si definisce mediante la

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domanda se l’evento straordinario sia frutto della sua immaginazione oppure sia realmente accaduto e quindi causato da leggi che non corrispondono a quelle che gli sono familiari. Inoltre, secondo Todorov, il fantastico si può collocare fra due termini, ovvero strano e meraviglioso:

Il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza; non appena si è scelta l’una o l’altra risposta, si abbandona la sfera del fantastico per entrare in quella di un genere simile, lo strano o il meraviglioso. Il fantastico è l’esitazione provata da un essere il quale conosce soltanto le leggi naturali, di fronte a un avvenimento apparentemente soprannaturale4.

Todorov ammette, però, che tale definizione non è precisa ed è perciò opportuno definire meglio il ruolo del lettore e capire quali condizioni sono necessarie affinché il fantastico esista. Il primo elemento senza il quale tale genere non si realizzerebbe è l’integrazione del lettore, che deve essere obbligato dal testo a dubitare dell’evento incredibile ed esitare tra una spiegazione naturale ed una soprannaturale. Tale incertezza deve, allo stesso tempo, essere rappresentata all’interno del racconto mediante la presenza di un protagonista/narratore che prova le stesse sensazioni del lettore, diventando in questo modo un tema del racconto. La terza ed ultima condizione necessaria, secondo Todorov, riguarda l’interpretazione che chi legge può dare all’opera, quest’ultima infatti non deve essere letta né da un punto vista allegorico né poetico. Il fantastico non può convivere con l’allegoria, poiché tale figura retorica implica l’esistenza di un doppio senso che solitamente viene esplicitato all’interno dell’opera; il fantastico, al contrario, non permette al lettore di intendere l’avvenimento soprannaturale in senso metaforico, allegorico – appunto – ma soltanto di interpretare letteralmente l’evento narrato. Il genere preso in esame non può esistere nemmeno in poesia, in quanto quest’ultima non è rappresentativa5 ed è l’opposto della finzione, condizione necessaria per l’esistenza del genere fantastico:

4 Id, p. 26.

5 «Il termine “rappresentativo” deve essere maneggiato con precauzione. La letteratura non è rappresentativa

nel senso in cui possono esserle certe frasi del discorso quotidiano, giacché essa non si riferisce (nel senso preciso della parola) a niente che le sia esteriore. Gli avvenimenti riportati da un testo letterario sono “avvenimenti” letterari e alla stessa stregua dei personaggi sono interni al testo. Ma il rifiutare di conseguenza ogni carattere rappresentativo alla letteratura, significa confondere il referendo con il referente, l’attitudine a denotare gli oggetti con gli oggetti stessi. C’è poi da aggiungere che il carattere rappresentativo presiede a una parte della letteratura che converrà designare con il termine finzione, mentre la poesia rifiuta questa attitudine a evocare e a rappresentare […]», id, p. 61.

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Se leggendo un testo, si rifiuta ogni rappresentazione e si considera ogni frase come una pura combinazione semantica, il fantastico non potrà apparire; come ben si ricorda esso esige una reazione agli avvenimenti quali si verificano nel mondo evocato. Per tale ragione il fantastico non può sussistere se non nella finzione; la poesia non può essere fantastica (anche se vi sono antologie di «poesia fantastica»…). In poche parole, il fantastico implica finzione6.

Come detto in precedenza, il fantastico si situa tra due generi consimili: lo strano e il meraviglioso, pertanto rappresenta una “linea di spartizione”7, un confine, una frontiera, che,

nel momento in cui viene superata dal personaggio, si dissolve facendo sì che l’opera in questione venga attribuita all’uno o all’altro genere. Per rendere più chiaro il rapporto tra i tre termini, Todorov propone un paragone con le categorie di tempo: passato, presente e futuro. Il fantastico, in quanto “genere sempre evanescente”8 e limite fra le due categorie sopra descritte, viene paragonato al presente, anch’esso confine fra passato e futuro. Il meraviglioso corrisponde, invece, al futuro poiché entrambi devono ancora avvenire e rappresentano un fenomeno sconosciuto. Infine, lo strano può essere associato al passato dato che entrambi fanno riferimento ad un’esperienza precedente e a fatti conosciuti9.

Il fantastico, però, non separa nettamente, a detta di Todorov, lo strano e il meraviglioso, bensì sarebbero presenti due sottogeneri transitori: il fantastico strano e il fantastico meraviglioso – come possiamo osservare nel seguente schema tratto dal saggio dello studioso bulgaro-francese.

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6 Id, p. 62. 7 Id, p. 28. 8 Id, p. 44.

9 «Ma, innanzi tutto, niente ci vieta di considerare il fantastico appunto come un genere sempre evanescente.

Del resto, una categoria simile non avrebbe niente di eccezionale. La definizione classica del presente, ad esempio, ce lo descrive come un puro limite tra il passato e il futuro. Il paragone non è gratuito: il meraviglioso corrisponde a un fenomeno ignoto, ancora mai visto, di là da venire: quindi a un futuro. Nello strano, invece, l’inesplicabile viene ricondotto a fatti noti, a un’esperienza precedente, e, di conseguenza, al passato. Quanto al fantastico vero e proprio, l’esitazione che lo caratterizza non può evidentemente situarsi che al presente», id, p. 44.

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Andiamo quindi a vedere come Todorov definisce i quattro termini presenti all’interno del suo schema. Lo strano puro si mostra come un genere che, di fronte a un evento incredibile, propone una spiegazione razionale, inoltre, per tale categoria è fondamentale considerare anche la reazione – che spesso consiste nella paura – del personaggio, che successivamente si riversa nel lettore. Ciò non vale per il suo opposto, il meraviglioso puro, il quale, oltre a obbligare il lettore ad accettare il soprannaturale senza possibilità di spiegazione, fa riferimento principalmente alla natura stessa degli eventi narrati, tralasciando le reazioni dell’individuo interessato. Todorov, inoltre, indica quattro tipi di meraviglioso puro:

1. Il meraviglioso iperbolico, che consiste nella semplice esagerazione del fenomeno a livello delle sue dimensioni.

2. Il meraviglioso esotico, nel quale gli eventi soprannaturali vengono riportati come se fossero assolutamente normali.

3. Il meraviglioso strumentale, che presenta dei “piccoli gadgets”11 aventi funzioni o poteri magici, come un tappeto volante o una mela curativa.

4. Il meraviglioso scientifico – ciò che noi oggi chiamiamo fantascienza –, che si sviluppa in Francia nel XIX secolo e, davanti a eventi fantastici, offre delle spiegazioni razionali, ma non scientificamente riconosciute.

I due campi intermedi invece sono occupati dal fantastico strano e dal fantastico meraviglioso. Il primo fa sì che il lettore creda fermamente al carattere soprannaturale dei fenomeni presenti all’interno della storia, per poi offrire una spiegazione razionale. Nella seconda categoria, invece, possiamo inserire quei racconti che propongono un’esplicazione dell’evento straordinario mediante leggi soprannaturali.

Todorov non si limita a descrivere il fantastico dal punto di vista della natura degli avvenimenti narrati, ma successivamente tenta di individuare quelle caratteristiche che a livello sintattico possono aiutare il critico letterario ad accomunare i racconti cosiddetti fantastici. Il primo tratto ha a che vedere con l’utilizzo di figure retoriche, le quali vengono prese alla lettera creando in questo modo l’evento soprannaturale. La seconda proprietà del genere si colloca invece al livello dell’enunciazione e riguarda la figura del narratore.

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Todorov sostiene che la tipologia di narratore più adatta al racconto fantastico è quella rappresentata, ovvero che riporta i fatti in prima persona e che rende chi racconta un personaggio della storia, poiché dà la possibilità al lettore di mettere in dubbio quanto afferma, al contrario del narratore esterno all’opera, il quale non può mentire e quindi risulta immune da ogni sospetto. La voce narrante in prima persona con l’ambiguità del suo racconto, dunque, permette una migliore identificazione del lettore con il personaggio e l’esistenza stessa del fantastico, poiché quest’ultimo – come già abbiamo detto – prende vita nell’esatto momento in cui si insinua il dubbio nel lettore, il quale inizia a chiedersi se ciò a cui sta assistendo è vero o falso, è frutto dell’immaginazione del personaggio oppure realmente accaduto. Infine, Todorov tratta della composizione dell’opera, che, seguendo la teoria di Penzoldt, deve presentare un punto culminante, al quale si può arrivare gradualmente – per esempio l’apparizione di uno spettro – e un ulteriore elemento obbligatorio, ossia una temporalità irreversibile che implica una lettura lineare del testo.

La definizione di fantastico di Todorov, basata sulla triade strano-fantastico-meraviglioso, viene rifiutata dal critico letterario Remo Ceserani, il quale afferma – parafrasando le sue parole – che le definizioni del genere preso in esame, proposte da autori come E. T. A. Hoffmann, Charles Nodier, E. A. Poe, Théophile Gautier, Guy de Maupassant e Henry James, presentano coppie di concetti opposti combinate fra loro, mai una triade. Hoffmann, in La casa disabitata, oppone due termini: das Wunderliche e das Wunderbare; il primo indica il fenomeno inesplicabile razionalmente, mentre il secondo fa riferimento agli eventi considerati impossibili, se non addirittura in contrasto con le leggi della natura a noi familiari; Henry James invece per definire il fantastico focalizza la sua attenzione sul rapporto fra la coscienza del personaggio e la reazione del lettore. Vediamo quindi in entrambi i casi un’opposizione fra due concetti e non tre come invece ha teorizzato Todorov. Ceserani, inoltre, per contestare quanto affermato dal critico bulgaro-francese, si serve delle obiezioni formulate da Lucio Lugnani nel suo saggio Per una delimitazione del genere12. La

prima considerazione enunciata da Lugnani riguarda i due termini intermedi creati da Todorov: il fantastico strano e il fantastico meraviglioso; entrambi porterebbero a risultati estranei al fantastico in quanto il primo “comporta una spiegazione razionale del soprannaturale apparente”13 e il secondo “una conclusiva accettazione della spiegazione

12 Lucio Lugnani, «Per una delimitazione del genere», in La narrazione fantastica (a cura di Carla Benedetti,

Remo Ceserani, Gianluigi Goggi, Lucio Lugnani, Emanuela Scarano), Pisa, Nistri-Lischi, 1983, pp. 37-73.

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soprannaturale”14. La successiva obiezione prende in considerazione i due concetti collocati

agli estremi dello schema di Todorov: lo strano e il meraviglioso. Le due categorie sono asimmetriche ed eterogenee e, soprattutto, hanno un’origine diversa:

[…] strano e meraviglioso sono prefigurati sulla base empirica di due «generi» letterari storici di tradizione e consistenza diversa, l’uno (quello da cui proviene lo strano) relativamente ristretto e recente rispetto alla nascita del fantastico, l’altro (il meraviglioso), di enorme ampiezza e varietà e costituito da un patrimonio millenario15.

Inoltre, i due termini sopracitati non sono in grado di rappresentare un genere letterario poiché lo strano può esistere soltanto in contrapposizione al normale, mentre il meraviglioso, in quanto soprannaturale totalmente accettato, caratterizza testi appartenenti ad altre modalità letterarie. Infine, Lugnani afferma che Todorov delinea in maniera erronea le due categorie prese in considerazione; lo strano viene descritto mediante le reazioni che è in grado di suscitare nel lettore, mentre il meraviglioso attraverso la natura degli eventi narrati. Ciò fa sì che non vengano considerate né la capacità del meraviglioso di scaturire emozioni nel lettore, né la presenza di “un repertorio privilegiato di eventi, luoghi, motivi”16 appartenente allo strano. Dunque, Lugnani propone una nuova definizione del fantastico partendo dal concetto di paradigma di realtà17 e ridefinendo i tre termini al centro del suo studio. Strano18 significa insolito, difforme dal normale, indica qualcosa che è capace di

14 Ibidem. 15 Id, p. 41-42. 16 Id, p. 42.

17 Una precisa definizione di paradigma di realtà la possiamo trovare in un saggio di Gianluigi Goggi, il quale

afferma che «il paradigma di realtà si presenta come un parametro unificante ed integrante, che mira a rilevare aspetti e meccanismi comuni che regolano il senso di realtà: si tratta di una norma di realtà generalizzata prescindente da determinazioni particolari, che potranno essere introdotte di volta in volta per evidenziare momenti specifici dei testi esaminati» (Gianluigi Goggi, «Assurdo e paradigma di realtà: alcuni nodi del fantastico», in La narrativa fantastica, op. cit., p. 151). Tale definizione viene completata dalla spiegazione di quattro principi. Il primo è il principio di consistenza, che riguarda la coerenza dell’immagine di realtà e si divide a sua volta in: principio formale – concernente la logica linguistica – e principio contenutistico – afferente alle categorie di spazio e tempo. In seguito, Goggi menziona il principio di veridizione, che distingue fra apparente e sostanziale e secondo il quale tutto ciò che risulta essere all’interno della modalità dell’apparire non può far parte del paradigma di realtà. Terzo principio è quello della determinazione assiologica, mediante il quale è possibile sbilanciare il paradigma di realtà nel momento in cui si considera negativo ciò che corrisponde all’essere, al mondo reale, e positivo ciò che invece concerne l’apparire, il soprannaturale e non viceversa. Infine, Goggi segnala un ultimo principio circa l’opposizione noto/ignoto, ovvero la soglia di

invarianza, caratterizzata da una certa stabilità e costanza. Questo livello può essere superato, ma in tal caso

dovrà agire il principio di veridizione affinché si possa distinguere ciò che è conosciuto da ciò che non lo è.

18 «Strano agg. [lat. extraneus; cfr. estraneo]. – 1. a. Diverso dal solito o dal comune, dal normale, molto

singolare, tale quindi da destare meraviglia, stupore, curiosità […]. Spesso riferito a cosa o fatto che, oltre che stupore, provochi un certo turbamento, dia da pensare, sia inspiegabile o comunque produca un effetto

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provocare meraviglia, perplessità o sorpresa, se non addirittura turbamento; di conseguenza, si osserva come lo strano non possa esistere senza i suoi opposti: il conforme, il consueto, il normale. Possiamo quindi affermare che lo strano è strettamente legato al fantastico in quanto quest’ultimo ha bisogno di eventi anormali che sorprendano o turbino il lettore, ma esso non è sufficiente a garantire la sua esistenza.

Secondo termine preso in considerazione da Lugnani è meraviglioso19. Quest’ultimo può sia ricoprire la funzione di sinonimo del termine strano – e quindi di insolito, singolare – sia far riferimento a tutto ciò che ha a che vedere con un mondo fatato, magico e soprannaturale. Il meraviglioso, a differenza dello strano, entra in contatto con il fantastico per un motivo di incompatibilità, ovvero, dato che il meraviglioso richiede una piena accettazione da parte del lettore, comporta a sua volta un rifiuto del fantastico. Pertanto, citando Lugnani, “la negazione del meraviglioso è una condizione vitale per il fantastico”.

L’ultimo termine da prendere in esame è fantastico20, il cui significato è legato

all’universo della fantasia e può essere sinonimo di immaginario, insolito, irreale e, quindi, molto vicino al significato di strano.

Dunque, viste le definizioni dei suddetti termini, possiamo notare che tutti e tre si oppongono al concetto di paradigma di realtà, ovvero a quelle norme che l’uomo reputa familiari, e quindi è possibile affermare che il polo contrastivo del racconto fantastico è il racconto realistico, il quale deve esistere affinché possa prendere vita il mondo del fantastico. In definitiva, quest’ultimo è, secondo Lugnani, una modalità di narrazione che principalmente si oppone al paradigma di realtà e che non accetta nessun tipo di spiegazione del fenomeno narrato – l’esplicazione razionale è inverosimile e allo stesso tempo non reperibile, mentre quella soprannaturale, per quanto verosimile, è interdetta. Ciò porta,

spiacevole […]», Vocabolario Treccani online, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, [https://www.treccani.it/vocabolario/strano/], consultato il 20 settembre 2020.

19 «Meraviglióso (tosc. o letter. maraviglióso) agg. [der. di meraviglia, maraviglia]. – 1. a. Che suscita

meraviglia, e spesso anche un senso di stupore, per le sue qualità, per i modi in cui si manifesta, perché strano, sorprendente, straordinario […] 2. Sostantivato con valore neutro, ciò che suscita meraviglia: in questo sta il

m.; il m. è nel fatto che ... In partic., l’elemento meraviglioso, cioè il complesso dei fatti preternaturali (divini,

magici, leggendari) che intervengono in un’opera di fantasia […]», Vocabolario Treccani online, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, [https://www.treccani.it/vocabolario/meraviglioso/], consultato il 20 settembre 2020.

20 «Fantàstico agg. [dal lat. tardo phantastĭcus, gr. ϕανταστικός] (pl. m. -ci). – 1. Della

fantasia: capacità, potenza f.; virtù f. ovvero immaginativa (Varchi). 2. a. Più spesso, creato dalla fantasia, che è frutto di fantasia, o in cui ha parte prevalente la fantasia […] b. Che non ha fondamento se non nella fantasia, quindi irreale, immaginario: un mostro f.; anche di oggetti o fatti reali, ma che per essere straordinari, inconsueti, fuori della norma, sembrino creati dalla fantasia», Vocabolario Treccani online, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, [https://www.treccani.it/vocabolario/fantastico/], consultato il 20 settembre 2020.

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pertanto, ad una “chiusura perfettamente imperfetta”21, come afferma Lugnani, poiché il lettore non arriva mai a una conclusione certa, al contrario, si trova di fronte ad un blocco, un’impasse, ad una situazione di stallo che provoca un’esitazione, non quella di chi non sa scegliere di fronte a due opzioni, bensì

di chi è indotto a dubitare della validità e adeguatezza del paradigma di realtà come codice culturale e assiologico e come meccanismo di conoscenza e interpretazione del mondo; non è per nulla l’esitazione di chi è a un bivio, ma lo smarrimento di chi è finito in un vicolo cieco22.

Torniamo adesso allo studio di Remo Ceserani, il quale non si limita a criticare la teoria todoroviana del fantastico, ma suggerisce una propria riflessione sul genere. Il fantastico, secondo il critico lombardo, è una modalità letteraria con una radice storica ben determinata e che viene utilizzata “per organizzare la struttura fondamentale della rappresentazione e per trasmettere in maniera forte e originale esperienze inquietanti alla mente del lettore”23. Ancora una volta possiamo notare come, trattando della definizione di fantastico, si ponga l’attenzione sulle reazioni del lettore, aggiungendo a questo una panoramica storica, sulla nascita e sullo sviluppo del genere. Ceserani sostiene che tale nuova modalità di narrazione ha origine nel romanzo gotico, diffusosi a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo prevalentemente nei paesi del nord Europa, poiché condivide con il fantastico il gusto per il soprannaturale, per la presenza insistente di spiriti e fantasmi e per le perversioni dell’essere umano. È però in Germania dove abbiamo il vero e proprio precursore della letteratura fantastica, E. T. A. Hoffmann:

Nell’opera di Hoffmann si trova, come abbiamo visto, un perfetto e ampio repertorio dei procedimenti e dei temi della letteratura fantastica. L’inesplicabile con lui si nasconde nella quotidianità più minuta e banale, realistica e borghese; i procedimenti dell’esitazione diventano tecnica narrativa; i punti di vista si problematizzano, le tendenze iconiche e rappresentative della narrazione vengono tematizzate; le potenzialità creative del linguaggio e in particolare della metafora diventano elementi generativi di effetti di fantastico; i temi come quelli del doppio, della follia, della vita dopo la morte si interiorizzano e generano proiezioni fantasmagoriche24.

21 Lucio Lugnani, «Per una delimitazione del genere», in La narrazione fantastica, op. cit., p. 72. 22 Ibidem.

23 Remo Ceserani, Il fantastico, Bologna, Il Mulino, 1996, p. 11. 24 Id, p. 100.

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Analogamente a quanto propone Todorov riguardo ai vari tratti sintattici che caratterizzano il fantastico, anche Ceserani offre una serie di elementi formali che lo aiutano a precisare la definizione del termine. Secondo il critico lombardo, il narratore deve mettere in pratica tutti gli strumenti narrativi a sua disposizione con lo scopo di sorprendere, turbare e coinvolgere completamente il lettore nella storia, e, allo stesso tempo, ricordargli, attraverso l’esplicitazione di tali meccanismi, che si tratta proprio di un racconto di finzione. Una delle prime strategie narrative ad essere menzionate da Ceserani è l’utilizzo sovente della prima persona e dei destinatari espliciti – peculiarità messa in risalto precedentemente da Todorov –, poiché favorisce l’identificazione del lettore nel personaggio del racconto. Importante è anche la scelta del linguaggio, giacché esso deve essere in grado di creare nuove e diverse realtà attraverso uno dei procedimenti più diffusi del genere, ovvero la presa alla lettera della metafora, la quale, dato che ha la funzione di associare due campi semantici totalmente diversi fra loro, permette “quegli improvvisi e inquietanti passaggi di soglia e di frontiera che sono caratteristica fondamentale della narrativa fantastica”25. La presenza di suddetti passaggi da una dimensione all’altra – dal quotidiano al soprannaturale, dalla realtà al sogno – consente, inoltre, al lettore di ritrovarsi contemporaneamente in due mondi distinti, situati o in quelle aree geografiche dove si riscontra la presenza di due culture – l’una dominante, ossia quella razionale, l’altra in retrocessione, ovvero quella ancora legata al mondo delle credenze antiche – oppure dentro noi stessi o nelle relazioni che intrattengono i vari personaggi, i quali sono frequentemente “protagonisti dell’esperienza del dubbio e dell’avventura conoscitiva […] costretti dal contatto e dall’esperienza del perturbante a riscoprire dentro di sé […] forma di conoscenza o sensazioni appartenenti a modelli culturali ormai abbandonati”26. La metafora non è l’unica figura retorica utile al narratore fantastico, quest’ultimo, infatti, può servirsi anche dell’ellissi, la quale viene messa in atto nel momento in cui il lettore raggiunge l’apice della storia e si crea un’atmosfera di tensione, di desiderio di sapere che viene inevitabilmente frustrato dal narratore mediante il silenzio, il non detto. Un ulteriore strumento narrativo messo in risalto da Ceserani è l’intervento dell’oggetto mediatore, la cui funzione è quella di testimoniare l’esperienza fantastica vissuta dal protagonista – ne offre una chiara spiegazione Lucio Lugnani nel suo secondo saggio27

contenuto all’interno di La narrazione fantastica. L’oggetto mediatore rappresenta la prova

25 Remo Ceserani, «Le radici storiche di un modo narrativo», in La narrazione fantastica, op. cit., p. 18. 26 Remo Ceserani, Il fantastico, op. cit., p. 113.

27 Lucio Lugnani, «Verità e disordine: il dispositivo dell’oggetto mediatore», in La narrazione fantastica, op. cit., pp. 177-288.

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inconfutabile del passaggio da una realtà all’altra, dal mondo quotidiano a quello soprannaturale, e la sua funzione è quella di provare e confermare l’evento fantastico della storia, poiché il narratore – se interno al racconto e quindi in prima persona – potrebbe mentire ed essere considerato un folle, un interdetto mentale. Infine, tra le tecniche narrative menzionate da Ceserani, abbiamo l’influenza delle pratiche teatrali, sviluppatesi principalmente durante il XVIII secolo, che favoriscono l’effetto di illusione portando il lettore a una maggior credenza degli eventi narrati, e la presenza del dettaglio, il quale spesso ricopre un importante significato narrativo.

Successivamente, Ceserani individua nella narrazione mimetico-realistica l’opposto del fantastico. La prima modalità narrativa si differenzia dal modo fantastico per la sua struttura che consiste nel trattare della formazione sentimentale e intellettuale del protagonista della storia, mettendolo in relazione con gli altri personaggi, l’ambiente che lo circonda, la società a lui contemporanea e il periodo storico, e focalizzandosi sulla sua individualità. L’organizzazione del racconto fantastico, invece, si oppone completamente, essa infatti propone “una struttura che presenta improvvise rotture nella catena della casualità, eventi inesplicabili, buchi neri, nichilismo e follia”28. Inoltre, per quanto riguarda la descrizione della formazione dei personaggi, non ci offre un loro sviluppo lineare, anzi spesso tali individui, oltre a possedere personalità doppie, lacerate e divise, non presentano nessuna evoluzione, bensì, a causa dei loro tormenti e delle loro ossessioni, rimangono ancorati ad un primo stadio della loro formazione e, pertanto, non vivono nessun tipo di sviluppo. Il racconto fantastico e il romanzo mimetico-realistico hanno però un elemento in comune: la loro connessione con il fiabesco. In entrambi i casi il lettore può riscontrare la presenza di elementi magici, fiabeschi – appunto – che, nel primo caso, l’autore enfatizza e mette in primo piano, mentre nel secondo tende a occultarli rendendoli, solo apparentemente, naturali.

In contrasto con Tzvetan Todorov, abbiamo, inoltre, la studiosa argentina Ana María Barrenechea, la quale non condivide l’esclusione del fantastico nella poesia e nell’allegoria, né tantomeno la triade formulata da Todorov. Circa il primo punto, Barrenechea sostiene che esiste anche una poesia rappresentativa, la quale, invece, risultava inesistente secondo Todorov, poiché – spiega Barrenenchea – secondo tale critico, “la primera pareja [literatura fantástica / poesía] está separada por la noción de obra referencial, descriptiva o

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representativa, pero no en el sentido de que la obra tenga un referente externo, sino de que internamente el texto sea referencial o representativo, es decir que su lenguaje sea transparente y remita de las palabras a los hechos”29. Tale spiegazione non è valida, secondo Barrenechea, giacché presenta i due generi come categorie separate e non – come invece li intende la studiosa argentina – due modalità narrative che si incrociano:

[…] no parecen categorías exclusivas, sino cruzadas. Quizás en ciertas épocas de la historia de la literatura lo han sido, pero no en todas. Es verdad que la literatura fantástica debe tener como soporte indispensable un arte representativo, puesto que si la hemos basado en el contraste de hechos anormales y normales, necesita ser representativa de esos hechos. Sin embargo, no siempre la poesía ha sido no-representativa. Pensemos, por ejemplo, en los poemas de Borges, “El Golem” o “La noche cíclica” y veremos que pocos durarían en asignarlos al subgénero “poesía fantástica”. Esta rigidez de exclusiones genéricas, buena para ciertas épocas de clases literarias muy definidas, no resulta aplicable a la literatura contemporánea que construye géneros híbridos o con caracteres más fluctuantes. Por eso nos parece más apropiada una metodología que establezca oposiciones de rasgos nítidos pero que permita cruzarlos: p. ej. LITERATURA REPRESENTATIVA / NO REPRESENTATIVA; LITERATURA DE SIGNFICADO SOLO LITERAL / DE SIGNIFICADO TAMBIÉN TRÓPICO30.

Riguardo all’allegoria, invece, Barrenechea afferma che la spiegazione che ne dà Todorov poteva valere per testi ottocenteschi, ma adesso, nella letteratura contemporanea, “existe la tendencia a usar también lo fantástico para el nivel literal de estas obras, y además, a dejar poco explícita la función alegórica, simbólica o parabólica, es decir su significado no literal”31.

La classificazione di Todorov in strano-fantastico-meraviglioso non viene condivisa dalla studiosa argentina giacché non propone un’ulteriore categoria che possa contenere i racconti del normale, del reale, e poiché alla base di tale triade vi è l’opposizione “duda/disipación de la duda”32 che, come abbiamo già visto, non può essere considerata

come elemento indispensabile per l’esistenza del fantastico. Pertanto, Barrenechea propone una propria classificazione, con la quale divide le opere fantastiche in tre ordini:

29 Ana María Barrenechea, «Ensayo de una tipología de la literatura fantástica», Revista Iberoamericana, vol.

XXXVIII, n. 80, 1972, p. 391.

30 Id, p. 393. 31 Id, p. 394. 32 Id, p. 395.

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1. Ordine naturale: in tale categoria troviamo testi che presentano fatti reali, ma assumono un’apparenza irreale attraverso alcune strategie narrative, per esempio: descrivere gli eventi nel minimo dettaglio, impiegare parallelismi o allusioni che rimandano a fenomeni soprannaturali, oppure descrivere eventi che potrebbero accadere, ma che in realtà non si verificano mai.

2. Ordine non-naturale: le opere, in questo caso, mostrano l’evento soprannaturale senza sorprendere o turbare il lettore, ma semplicemente con l’intento di attrarlo e farlo focalizzare su tale fenomeno, per esempio, attraverso l’insistenza del dettaglio.

3. Fusione dei suddetti ordini: i racconti appartenenti a tale ordine possono essere racconti folclorici, in cui si manifestano fate, streghe, orchi, piante e fonti magiche, e presentano la trasgressione dell’ordine naturale come elemento centrale della storia narrata. Concordando con Todorov, Barrenechea li ascrive sotto l’etichetta di meraviglioso poiché non si dà una spiegazione al fenomeno soprannaturale, bensì si accetta senza che esso provochi timore o turbamento nel lettore.

Circa la definizione del genere fantastico, redige un saggio33 anche Rosalba Campra, la quale, per raggiungere il suo scopo, parte dall’idea che il fantastico è ciò che non è reale. Esattamente come Lugnani, la studiosa argentina contrappone i due termini e afferma che “il fantastico presuppone dunque, il concetto di realtà, che si dà come indiscutibile, senza necessità di dimostrazione […]”34. In primo luogo, Campra definisce tale modalità narrativa come la trasgressione di un limite situato tra due ordini di realtà, un atteggiamento – più che un genere –, “un modo finzionale di rappresentazione della realtà”35 che però, al contrario del realismo, “si configura come una domanda sull’oggetto della sua rappresentazione”36. La definizione di fantastico, infatti, non può essere limitata al concetto di trasgressione, così la studiosa argentina introduce il dubbio come elemento fondamentale alla realizzazione del fantastico; il lettore deve domandarsi “se il fatto che si sia verificato debba essere attribuito a un effettivo sovvertimento dell’ordine naturale oppure alla percezione distorta di colui che

33 Rosalba Campra, Territori della finzione: il fantastico in letteratura, (trad. Barbara Fiorellino), Roma,

Carocci, 2000.

34 Id, p. 16. 35 Id, p. 139. 36 Ibidem.

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ne è protagonista o testimone”37. Concordando con Todorov e Ceserani, Rosalba Campra afferma che tale incertezza si ha soprattutto nel momento in cui la voce narrante racconta la storia in prima persona, è quindi o il protagonista o un mero testimone, poiché il narratore personale è sempre sospetto, incapace di riportare i fatti in maniera oggettiva, di conseguenza può mentire e provocare il dubbio nel lettore; al contrario della terza persona che, invece, essendo impersonale, si limita a riferire ciò che è accaduto sottraendo al lettore la possibilità di mettere in dubbio quanto detto.

Un’ulteriore strategia narrativa che definisce il fantastico in quanto genere è il non-detto, il silenzio, di cui, secondo la studiosa argentina, ne esistono due tipi: i silenzi risolvibili – riscontrabili nei romanzi polizieschi – e i silenzi irrisolvibili. Questi ultimi sono caratteristici del racconto fantastico poiché gli forniscono quei vuoti di trama necessari a renderlo tale e presentano come irrealizzabile ogni possibile scioglimento del racconto, il quale rimane incerto, incompleto e contraddittorio.

Così come le definizioni analizzate fino ad ora, anche lo studio di Carla Benedetti mette al centro la reazione del lettore, ma, se nei casi precedenti il dubbio era considerato l’elemento che provoca il blocco conoscitivo e la condizione necessaria per l’esistenza del fantastico, qui l’esitazione rappresenta soltanto l’unica via d’uscita da tale impedimento, che consiste in un conflitto all’interno del protagonista e, di conseguenza, del lettore – il quale si indentifica o entra in relazione con tale personaggio – tra l’impossibilità e la possibilità di accettare un qualcosa che contrasta con la ragione.

Benedetti sottolinea anche l’importanza della tipologia della voce narrante, ponendosi in disaccordo con quanto affermato da Todorov:

Quello che Todorov non sembra tener presente è che qualsiasi narratore, che sia estraneo alla vicenda narrata (che sia cioè, nei termini comunemente usati, anche se imprecisi, un narratore ‘in terza persona’), o che sia presente nella storia come personaggio (narratore ‘in prima persona’), in entrambi i casi ha la possibilità di rappresentarsi nel racconto in quanto soggetto dell’enunciazione narrativa, diventando protagonista di quella vicenda che consiste nel fatto di raccontare38.

Successivamente, però, ammette che la voce narrante deve sì far nascere il dubbio nel lettore, ma allo stesso tempo convincere il proprio destinatario sulla verità degli eventi e sul

37 Id, p. 62.

38 Carla Benedetti, «L’enunciazione fantastica come esperienza dei limiti», in La narrazione fantastica, op. cit., p. 297.

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suo essere un narratore credibile attraverso alcune strategie letterarie, tra cui la dichiarazione di incredulità, che consiste nell’utilizzare termini come impossibile o incredibile rivolti all’evento soprannaturale per assicurarsi una maggiore credibilità da parte del lettore, poiché il fatto che il narratore riconosca la condizione fantastica dell’evento può far in modo che egli stesso venga considerato attendibile. Tuttavia, ciò non basta, il narratore in questione deve provare la propria sanità mentale. Vi è il rischio, infatti, che il lettore consideri folle la voce narrante, la quale, per ovviare a tale pericolo, può dichiarare esplicitamente di essere in possesso delle proprie facoltà mentali – riconoscendo l’incredibilità degli eventi narrati e la difficoltà del lettore nel reputare veritiero il racconto – oppure ammettendo di poter essere pazzo perché “chi teme di essere folle si dimostra ancora capace di discernere tra il possibile e l’impossibile, e soprattutto tra ciò che una mente sana può accettare e ciò che invece appartiene al mondo della follia”39.

L’attendibilità della voce narrante è un tema chiave anche nello studio di Emanuela Scarano, la quale afferma che il narratore debba comportarsi come lo storiografo poiché “quanto più intensi e rilevanti risultano i modi dell’autenticazione, tanto più disorganico e frammentario risulta il racconto agli occhi del lettore”40, esattamente come accade nella storiografia, che – riprendendo ancora una volta le parole della studiosa – “è l’unico genere narrativo le cui norme escludono l’attendibilità convenzionale e automatica dell’inventio e si pongono al di fuori della distinzione canonica tra verisimile e inverisimile, in nome di un terzo campo referenziale che li esclude entrambi in quanto fittizi: la verità certa provata e controllabile […]”41. Se è vero che la frammentarietà e l’incoerenza del racconto rappresentano lo strumento primario per rendere il testo autentico, è altrettanto indubbio che non sono le uniche strategie che il narratore può impiegare per raggiungere il suo scopo; infatti, può servirsi di testimonianze di terzi, fonti considerate affidabili, citazioni ad litteram e confronti fra varie attestazioni. Inoltre, anche Scarano, come Benedetti, non condivide pienamente l’opinione di Todorov circa l’esigenza di un narratore in prima persona in un racconto fantastico, in particolar modo la motivazione che ne dà il critico bulgaro-francese. Il narratore in prima persona, infatti, è preferibile in un racconto fantastico, non perché sia un ipotetico bugiardo – come sostiene Todorov – bensì perché non è onnisciente e non garantisce un’univoca interpretazione. Difatti, in alcuni casi un narratore interno può

39 Id, p. 340.

40 Emanuela Scarano, «I modi dell’autenticazione», in La narrazione fantastica, op. cit., p. 358. 41 Ibidem.

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risultare del tutto credibile per il lettore, ma a minare la sua attendibilità vi è una voce narrante in terza persona, per esempio, un editore o il destinatario del racconto che si trasforma a sua volta in narratore. La molteplicità di voci narranti svolge una duplice funzione: da una parte garantisce la presenza dell’inverosimile nel racconto provocando l’esitazione nel lettore, senza però che quest’ultimo dubiti del protagonista/narratore, dall’altra esige un lettore attivo e in grado di ricostruire “una storia che il narratore ha potuto esporre soltanto alla superficie e per frammenti”42.

Analizzando il genere fantastico, risulta imprescindibile una riflessione sull’aspetto semantico. Tzvetan Todorov individua due tipologie di tematiche: i temi dell’io e quelli del tu. La prima rete tematica riguarda il rapporto tra l’uomo e il mondo, la percezione che l’essere umano ha degli elementi che lo circondano e, proprio per il fatto che il termine percezione può essere legato al senso della vista, tale gruppo viene denominato da Todorov anche con l’espressione temi dello sguardo43. All’interno di tale categoria troviamo: la metamorfosi di un essere vivente o di un oggetto; la presenza di esseri soprannaturali; il pandeterminismo, ovvero la presenza di una causa che però appartiene al mondo soprannaturale e ci è quindi ignota; la moltiplicazione della personalità e il tema del doppio; la trasformazione del tempo e dello spazio, che conseguentemente si presentano completamente distinti da quelli della vita quotidiana. La seconda rete tematica, invece, include argomenti legati alla sessualità e al desiderio. Non sarà quindi sorprendente trovare fra questi l’incarnazione della donna nel diavolo, l’incesto, l’omosessualità o il sadismo, temi che erano vietati dalla censura e che trovavano rifugio nel racconto fantastico. Difatti, Todorov afferma che, nonostante potesse accadere che le opere non riuscissero a mettersi al riparo da censori tramite la scelta di rilegare l’opera al mondo del fantastico, quest’ultimo rappresentava sicuramente un mezzo per affrontare motivi proibiti non solo dalla censura istituzionalizzata, ma anche dalla stessa psiche degli autori che, influenzati dalla mentalità della società a loro contemporanea, li consideravano dei tabù. Di conseguenza, utilizzando le parole di Todorov, il fantastico era “un mezzo per combattere entrambe le censure: gli scatenamenti sessuali saranno accettati meglio da ogni specie di censura se saranno stati

42 Id, p. 380.

43 Tzvetan Todorov pone in relazione i temi dell’io con il concetto di sguardo poiché sostiene che ogni motivo

presente all’interno di questa prima rete tematica abbia a che vedere con l’introduzione nell’opera in questione di elementi appartenenti alla sfera dello sguardo: gli occhiali e lo specchio. Per giustificare tale affermazione, lo studioso si serve del romanzo La principessa Brambilla di E. T. A. Hoffmann, dove gli occhiali e lo specchio sono «i simboli dello sguardo indiretto, falsato, sovvertito» (Tzvetan Todorov, op. cit., p. 126) e rappresentano gli unici strumenti per penetrare nel mondo fantastico.

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addebitati al diavolo”44. L’amore, in tutte le sue sfumature, è quindi al centro della letteratura fantastica ed è spesso collegato al suo grande opposto e rivale: la morte; infatti, la relazione amorosa con dei vampiri, con dei morti tornati dall’aldilà o con esseri soprannaturali – soprattutto nella letteratura fantastica ottocentesca – porta sovente ad un esito negativo.

Tale classificazione, in quanto superficiale ed applicabile non solo al genere fantastico, ma alla letteratura in generale, non viene condivisa da Ana María Barrenechea, la quale propone quindi due categorie: la prima riguarda l’esistenza di altre realtà e quindi la presenza di dèi, creature dai poteri magici o morti che tornano nel mondo dei vivi, elementi che vengono percepiti dal lettore come una minaccia di distruzione del proprio universo; la seconda invece comprende tutto ciò che mette in relazione gli elementi di questi mondi alternativi, ovvero il tempo, lo spazio, il simulacro, il sogno, gli specchi, il doppio ed altro ancora, che fanno dubitare il lettore della consistenza del mondo da lui conosciuto.

Propone un’ulteriore catalogazione Remo Ceserani, il quale individua sei punti caratteristici del fantastico: il primo ad essere menzionato dallo studioso è il mondo notturno, in quanto ambientazione privilegiata dei racconti fantastici, poiché è proprio nell’oscurità che si manifestano spiriti o presenze demoniache; inoltre, il buio, la notte possono essere ricollegati al mondo dell’inconscio, del sogno, dell’irrazionalità, infatti Lugnani afferma “sono spessissimo immagini e presenze piene di fascini e di attrattive quelle che riaffiorano dall’abisso del sonno, della memoria, della coscienza, della mente […]”45. Successivamente,

lo studioso presenta il ritorno dei morti fra i vivi e l’apparizione dell’elemento alieno; il primo è un tema caro alla letteratura e che diventa ancora più frequente con la nascita della letteratura fantastica, il secondo rappresenta, invece, un tema specificatamente fantastico e consiste nella manifestazione improvvisa e inaspettata, in un ambiente quotidiano e familiare, dell’inconoscibile, di quella figura estranea, spesso mostruosa, che turba la coscienza del protagonista. Inoltre, dalla classificazione di Ceserani, osserviamo come anche il personaggio possa diventare un tema del racconto. Egli, infatti, può rappresentare l’io ossessivo, pazzo, e conseguentemente dare origine al tema della follia, oppure essere una personalità sdoppiata, lacerata in due nature contrapposte, dando vita al motivo del doppio. La follia, in quanto argomento letterario, aveva già una sua tradizione, ma, in questo caso, assume un valore diverso. Tale motivo non ha più a che vedere con la distinzione fra folle e

44 Id, p. 162.

45 Lucio Lugnani, «Verità e disordine: il dispositivo dell’oggetto mediatore», in La narrazione fantastica, op. cit., p. 249.

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uomo normale, bensì è strettamente collegato con la percezione, con la conoscenza del limite oltre il quale si arriva alla lacerazione della personalità. Oltre a ciò, il tema della follia entra in relazione con i nuovi argomenti fantastici come l’automa e il visionario. La seconda tematica provocata dall’evolversi dell’individuo protagonista del racconto è, come abbiamo detto, il doppio. Anch’esso ha un’origine antica, ma nel fantastico viene interiorizzato e “collegato con la vita della coscienza, delle sue fissazioni e proiezioni”46; inoltre, non è più

rappresentato soltanto da doppi in carne e ossa – gemelli, sosia –, ma anche da elementi non umani, quali lo specchio e il ritratto. Infine, le ultime tematiche menzionate da Ceserani sono: l’amore e il nulla. Quest’ultimo motivo dà “la possibilità di cogliere dei buchi vuoti dentro la realtà”47 e rappresenta “una tematica fortemente «moderna», alternativa alle ideologie ottimistiche della tradizione ottocentesca”48; il secondo, ovvero il tema amoroso, non consiste nel trovare la propria anima gemella, come accadeva nella letteratura romantica, bensì nel sentire dei forti sentimenti per un fantasma, uno spirito, un essere soprannaturale. Un’ultima classificazione tematica viene offerta da Rosalba Campra, la quale individua due categorie: sostantive e predicative. Il primo gruppo concerne i dati essenziali del racconto - l’io, il qui e l’adesso – i quali vengono invertiti con i loro opposti – l’altro, lì, prima/dopo – causando quindi una trasgressione:

L’io si sdoppia, o scivola verso altri supporti materiali, annullando l’identità personale; il tempo perde la sua irreversibilità, facendo sì che passato, presente e futuro si spostino, si ripetano, si inglobino gli uni negli altri; lo spazio si disloca, cancellando o dilatando le distanze […]49.

All’interno del secondo gruppo, quello formato dalle categorie predicative, Campra individua tre coppie di termini contrapposti: concreto/non concreto, animato/inanimato, umano/non umano. Le prime due parole mettono in opposizione ciò che è soggetto alle leggi della temporalità e della spazialità, e quindi il concreto, e ciò che invece non lo è, ovvero il non concreto che corrisponde al sogno, all’immaginazione, all’allucinazione o al ricordo. In seguito, la studiosa tratta della seconda opposizione, quella formata da animato e inanimato: il primo termine si riferisce a ciò che è dotato di movimento, di volontà, di vita, mentre il secondo indica una materia inerte, ciò che ha subito un’interruzione, la morte. All’interno di

46 Remo Ceserani, Il fantastico, op. cit., p. 90. 47 Id, p. 95.

48 Ibidem.

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questa categoria abbiamo quindi i temi “dell’abolizione – o la sospensione – delle frontiere tra la vita e la morte”50, della non-morte – come nel caso della presenza di un vampiro, in quanto essere non immortale, ma tornato dal regno dei morti e quindi situato in uno stadio intermedio – e delle immagini create, ovvero statue, fotografie, quadri animati per poter interferire con il nostro mondo. Ultima contrapposizione proposta da Campra è quella fra umano e non umano che comporta trasformazioni dall’umano al vegetale o all’animale e viceversa.

Un altro aspetto analizzato dai critici della letteratura fantastica riguarda la sua evoluzione nel passaggio dal XIX al XX secolo. Todorov sostiene che se nell’Ottocento positivista il fantastico consisteva nell’esitazione del personaggio e, di conseguenza, del lettore, nell’essere l’eccezione alla regola, nel Novecento e soprattutto con La metamorfosi di Kafka, tale definizione viene ribaltata. Il fantastico, infatti, non indicherà più il passaggio dal naturale al soprannaturale, bensì il contrario – un fenomeno impossibile diventerà a poco a poco possibile –, e il sentimento provato dal lettore non sarà più un indugiare sulla verità o meno dell’evento narrato, ma un adattamento al fantastico, al fenomeno straordinario che viene ridotto a banale quotidianità. Nel XX secolo, la letteratura fantastica, come afferma Sartre, non tratta più di esseri soprannaturali, ma pone al centro l’uomo normale, quotidiano, che paradossalmente diventa l’unico oggetto fantastico.

Tale evoluzione viene notata anche da Rosalba Campra, la quale afferma che il fantastico tradizionale richiede soltanto di decidere tra credere o non credere e comporta una trasgressione semplicemente al livello semantico, ovvero dei temi trattati – la presenza di vampiri, fantasmi, doppi, che possono essere facilmente combattuti tramite regole, appartenenti ad un’altra dimensione, ma ad ogni modo esistenti. Il fantastico novecentesco, invece, propone un’elusione a livello sintattico e di conseguenza molto più inquietante delle stesse presenze sovrannaturali:

Il racconto fantastico che instaura il terrore grazie ai suoi stessi vuoti gioca invece su di un terrore non esorcizzabile. Quella minima sicurezza tende ad essere soppiantata dall’assenza di un nemico. Non più la lotta, ma l’impossibilità di spiegare qualcosa che neanche si sa se sia successo o meno. Il mondo può essere interamente naturale, può iscriversi in un sistema di realtà identificabile, e ciò nonostante sfuggire alla comprensione. L’eroe fantastico non può più combattere, si trova ad affrontare una manifestazione

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del nulla. Un puro punto interrogativo: molto più inquietante, più fantastico, oggi, di una legione di fantasmi51.

In alcuni testi fantastici novecenteschi abbiamo, inoltre, un cambio di prospettiva. Se infatti nella letteratura fantastica tradizionale, ovvero quella del XIX secolo, era impossibile concedere la parola agli esseri soprannaturali e soltanto l’assunzione del punto di vista di chi subiva l’apparizione del fantasma o del vampiro poteva provocare il turbamento e la piena identificazione del lettore, adesso invece “chi dice «io» è il vampiro”52, un essere soprannaturale che, pur essendo in grado di provare i nostri stessi sentimenti, non consente al lettore di vivere il dubbio, lo scetticismo tipico del fantastico tradizionale, bensì gli richiede una totale accettazione della storia. Ne deriva, pertanto, un’ulteriore differenza fra le due modalità di fantastico: quella tradizionale si caratterizzava per i buchi di trama, per il non-detto, i silenzi irrisolvibili, elementi del tutto assenti nei testi in cui la prospettiva adottata è quella dell’essere soprannaturale; in questo caso non vi è “nulla di più lontano dalla poetica dei vuoti: l’impossibile, una volta presa la parola, descrive se stesso con un’abbondanza di dettagli che sfiora il maniacale”53.

A tale evoluzione si è interessato anche Jaime Alazraki, il quale sostiene che la differenza sostanziale fra il fantastico tradizionale e ciò che lui chiama neofantastico consiste nella presenza insistente del sentimento della paura nei testi ottocenteschi piuttosto che in quelli novecenteschi. Questi ultimi infatti prescindono “del miedo, porque lo otro emerge de una nueva postulación de la realidad, de una nueva percepción del mundo, que modifica la organización del relato, su funcionamiento, y cuyos propósitos difieren considerablemente de los perseguidos por lo fantástico”54. Alazraki ci fa notare che i testi appartenenti al neofantastico non rispettano le leggi della realtà a noi familiare; ne conseguono una struttura e una storia ambigue e incomplete che rendono il testo in questione un’opera aperta, il che significa che non abbiamo una soluzione definitiva dei fatti narrati, bensì il lettore è costretto a procedere per ipotesi fino ad arrivare a tante interpretazioni possibili. In seguito, lo studioso afferma che il fantastico nella letteratura dell’Ottocento ricopre due funzioni: una sintattica e l’altra semantica, mentre nel Novecento tale genere ne mantiene solo una, eliminando quella sintattica, ovvero quella concernente la sorpresa, il turbamento del lettore. I racconti

51 Id, p. 96. 52 Id, p. 108. 53 Id, p. 117.

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novecenteschi, infatti, non hanno l’obiettivo di sconvolgere il lettore attraverso la trasgressione delle leggi da lui conosciute, ma semplicemente di presentargli una nuova realtà, in cui il vero elemento fantastico non è più l’essere soprannaturale, ma l’uomo.

I.1.b. Cenni del fantastico in Argentina

L’Argentina è fra i primi paesi ispano-americani ad accogliere questa nuova corrente letteraria proveniente dal mondo europeo. La letteratura fantastica, difatti, ha origine in Europa, sia per la pregressa tradizione letteraria settecentesca caratterizzata da importanti somiglianze con tale genere, ovvero la letteratura gotica inglese e tedesca, sia per il contesto storico e culturale appena creatosi; il Vecchio Continente aveva infatti vissuto un periodo di grande innovazione tecnologica e scientifica che aveva portato al prevalere di un pensiero nuovo, moderno, influenzato dal razionalismo e dalla corrente positivista. Solo successivamente, il fantastico inizia a diffondersi in America Latina e in particolar modo in Argentina, la quale, come afferma Ana María Barrenechea, “es el país americano más abierto a las influencias extranjeras, donde una de las características nacionales es la posibilidad de no encerrarse en lo nacional, de interesarse por las manifestaciones de otros países y elaborarlas luego personalmente”55. Inoltre, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, tale

nazione aveva iniziato un cammino verso il progresso che oltre a renderla un importante paese nel mercato internazionale e meta ambita dai migranti in cerca di fortuna, fece nascere una cultura scientifica che a poco a poco pose fine al dominio della teologia – considerato ormai un sapere arcaico –, dando quindi inizio ad un processo di secolarizzazione che porterà alla fede cieca nella scienza e alla nascita della letteratura fantastica nel paese rioplatense.

A contribuire alla nascita di una specifica letteratura fantastica argentina vi è una sempre più frequente circolazione di opere fantastiche provenienti dal Vecchio Continente, per esempio i racconti di Edgar Allan Poe, Théophile Gautier e E. T. A. Hoffmann. A partire dal 1830, infatti, la letteratura fantastica europea iniziò ad essere letta e tradotta in riviste e periodici. In questo modo si originò un processo di traduzione di grandi autori, come nel caso dello statunitense Edgar Allan Poe, le cui opere vennero diffuse nei paesi ispano-americani prima attraverso la traduzione francese realizzata da Charles Baudelaire e

55 Ana María Barrenechea – Emma Susana Speratti Piñero, La literatura fantástica en Argentina, México D.F.,

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successivamente in castigliano sempre a partire dalla versione del poeta parigino, ma anche di studi prettamente argentini sulla psichiatria, come quelli di Samuel Gache o Norberto Maglioni, oppure testi riguardanti lo spiritismo, come quelli del francese Alan Kardec.

La letteratura fantastica argentina mostra, inoltre, l’influenza delle diverse credenze che sono alla base di quel sincretismo etnico e religioso tipico del mondo ispano-americano, dove si è potuto conservare “algunas costumbres, ritos, símbolos, hierofanías, actitudes, creencias y valores místicos y epifánicos que al cuento fantástico se amoldan con naturalidad por la premisa de que en estos pueblos han asimilado […] que lo sobrenatural acontece de modo familiar en lo cotidiano, que lo sobrenatural forma parte de la identidad de los pueblos americanos”56. È, infatti, importante ricordare l’influenza di dottrine religiose, quali il

buddismo e l’induismo57 – quest’ultima religione è presente, ad esempio, in “El dragón rojo”58 di Carlos Monsalve –, della cultura africana – come vedremo successivamente

trattando del racconto “Yerbas y alfileres” di Juana Manuela Gorriti – nonché delle culture precolombiane – come invece accade nei racconti “La escritura del dios”59 di Jorge Luis Borges e “La noche boca arriba”60 di Julio Cortázar.

56 Id, pp. 439-440.

57 «El entusiasmo por los fenómenos paranormales estuvo bastante mediatizado por el influjo de ciertas

filosofías y creencias religiosas provenientes de Asia y de la India sobre todo. El budismo y el hinduismo, el taoísmo y el brahmanismo, y prácticas como el faquirismo o el vudú, originarias de diversas escuelas de oriente y renovadas por otras de occidente (pitagorismo, neoplatonismo, empirismo, sensualismo), fueron fuente de inspiración para la literatura fantástico del XIX […]», Lola López Martín, Formación y desarrollo del cuento

fantástico hispanoamericana en el siglo XIX, tesi di dottorato, Madrid, Universidad Autónoma de Madrid,

2009, p. 220.

58 «El dragón rojo» è un racconto di Carlos Monsalve, pubblicato nel 1879. La storia è ambientata in un giunco

cinese, dove un soldato indiano Mahanava, accusato di aver provocato un incendio, viene condannato a morte dal capitano Yang Tchu. Prima dell’esecuzione, il soldato profetizza che Vinchú – divinità della religione induista – farà sì che dopo la sua morte, l’anima di Mahanava si incarni in un drago rosso che perseguirà ovunque il capitano del giunco. La profezia si realizza e ciò porterà a un finale tragico: Yang Tchu, dopo l’apparizione di una nave inglese con un drago sulla prua e rendendosi conto dell’impossibilità di fuggire di fronte a tale nemico, ordina di distruggere l’imbarcazione facendo in modo che tutti gli uomini a bordo muoiano affogati.

59 «La escritura del Dios» è un racconto di Borges inserito nella raccolta El Aleph. È la storia di Tzinancán,

mago indigeno della piramide del dio Qaholom, che si trova prigioniero in una cella divisa in due da una parete: da un lato vi è il mago, dall’altra un giaguaro. Durante la sua prigionia, Tzinancán ricorda una sorta di sentenza magica scritta dalla sua divinità, che solo un eletto riuscirà a leggere. Il protagonista, quindi, prova a capire se è lui stesso ad essere l’eletto, colui che potrà accedere al segreto divino, ed è proprio nel momento in cui comprende che la sentenza si trova nascosta tra le macchie della pelle del giaguaro, animale sacro del dio Qaholom, che si rende conto di essere l’eletto. Inizia, quindi, a decifrare il messaggio segreto, ma un giorno, Tzinancán sogna un granello di sabbia, poi un secondo, un terzo, fino a che non si trova in un mare di sabbia che rischia di affogarlo, fino a che, con gran fatica, non riesce a destarsi, ma è proprio in quel momento che avviene qualcosa di incredibile: il mago sperimenta l’unione con la divinità e comprende finalmente la sentenza magica. Potrebbe formulare tale frase ed essere così onnipotente, tuttavia Tzinancán non si ricorda della sua vera identità e si lascia morire nell’oscurità della cella.

60 Il racconto di Julio Cortázar, «La noche boca arriba», si trova all’interno della raccolta Final del juego. La

storia inizia con un uomo, che in sella alla sua motocicletta fa un incidente e sviene. Viene portato immediatamente all’ospedale, dove il protagonista, mentre sta riposando, sogna di essere un monteca in fuga

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