Sui territori la gestione del “servizio calore” si è sviluppata, principalmente, attraverso due sistemi a rete che forniscono l’utenza finale, rispettivamente:
• Il gas naturale secondo la logica del punto a)
• Un fluido caldo, solitamente acqua con temperatura compresa tra gli 80° e 180° C secondo
la logica del punto b)
La rete di distribuzione del metano e il teleriscaldamento sono due sistemi a rete, tra loro alternativi, finalizzati alla fornitura di energia termica; il primo fornisce energia primaria all’utenza che deve provvedere alla trasformazione attraverso generatori di calore o più genericamente macchine termiche; il secondo fornisce energia finale direttamente utilizzabile perché già trasformata. Rimane, ma in quota parte ridotta, la consegna di combustibili di derivazione petrolchimica (GPL, gasolio) alle utenze puntuali. Si tratta di aree non metanizzate solitamente isolate.
Il teleriscaldamento e il gas naturale rispetto al gasolio e al GPL riducono l’impatto ambientale specialmente per la sensibile riduzione dell’inquinamento atmosferico dovuto agli ossidi di zolfo e polveri.
Nel caso la rete di teleriscaldamento sia alimentata da una centrale in assetto cogenerativo (preferibile dal punto di vista termodinamico), si ha un corretto uso dell’energia ed inoltre, questo sistema, assicura anche, a parità di servizio d’utenza (energia elettrica e calore) una minore produzione di anidride carbonica.
Quando il riscaldamento urbano fa capo ad una centrale cogenerazione da cui il calore è distribuito all’utenza a mezzo di un fluido caldo immesso in rete, il risparmio energetico ottenuto è tale, nella maggior parte dei casi, da compensare i maggiori costi di una rete tradizionale che distribuisce il combustibile (metano). Tale aspetto si verifica se la densità lineare di utenze è sufficientemente alta da compensare, con il risparmio energetico, i maggiori costi del sistema.
L’esperienza italiana di teleriscaldamento, si riferisce principalmente ad impianti di ex aziende municipalizzate, che gestiscono anche il metano inteso sia come fornitura, sia come connessione e manutenzione di rete. Sulla base di dati e osservazioni, specialmente nella realtà emiliano-romagnola, di carattere economico, la compatibilità tra i due sistemi è possibile, anche se la bassa densità lineare degli edifici e dei fruitori termici (città con sviluppo orizzontale) rendono il teleriscaldamento non molto appetibile rispetto al metano.
Fin dai primi decenni del secolo in alcune città europee e nordamericane, sono in funzione impianti centralizzati di grandi dimensioni per la generazione e la distribuzione del calore ad insediamenti abitativi e a vasti agglomerati urbani.
Le circostanze che hanno favorito il diffondersi nelle città del Nord e dell’Est europeo di reti di teleriscaldamento, spesso alimentate da centrali con produzione combinata di elettricità e calore, vanno ricercate soprattutto nelle condizioni climatiche e nel’esistenza di una forte pianificazione economica.
Il neologismo “teleriscaldamento” indica il riscaldamento centralizzato a distanza di un quartiere o di un’intera città, dalla parola tedesca “Fernheizung”.
Gli aspetti positivi che caratterizzano un impianto di teleriscaldamento sono diversi, il più rilevante è da individuarsi nel fatto che l’elevata potenza termica immessa nella rete di distribuzione giustifica la realizzazione di una centrale con produzione combinata di calore ed energia elettrica, in pratica un uso più corretto dal punto di vista termodinamico del contenuto energetico del combustibile utilizzato.
Rispetto alla soluzione tradizionale, la richiesta di energia, termica ed elettrica, da parte dell’utenza viene soddisfatta con una quantità di combustibile inferiore.
Un vantaggio rilevante è poi rappresentato dalla diminuzione, a parità di energia utilizzata, dell’inquinamento atmosferico, sia per il minor combustibile bruciato, sia per la possibilità di un miglior controllo dei gas di combustione in una centrale di grande potenza, e dell’inquinamento termico, in quanto il calore normalmente scaricato nell’ambiente da un ciclo termodinamico viene recuperato e utilizzato per riscaldamento.
Le caratteristiche peculiari di un sistema combinato di cogenerazione/teleriscaldamento sono:
• Flessibilità rispetto all’energia primaria impiegata e alla situazione di mercato dei
combustibili;
• Corretto uso dell’energia e quindi contenimento dell’impatto ambientale;
• Possibilità di allacciare utenze per le quali è problematico o impossibile adeguare le
centrali termiche all’uso del gas.
A fronte di questi vantaggi, un impianto di cogenerazione e distribuzione del calore a distanza richiede notevoli investimenti e tempi lunghi di realizzazione ed è quindi necessaria un’accurata analisi tecnico economica che programmi tempi e modi di finanziamento e di realizzazione delle opere.
Ogni sistema di teleriscaldamento è composto da una o più sorgenti di calore, da una rete di distribuzione del fluido termovettore e dalle apparecchiature di utenza, connesse alla rete mediante sottostazioni di scambio termico.
Le utenze possono essere edifici adibiti ad abitazione, ad attività industriali o terziarie, che possono coprire tutto o parte del fabbisogno termico per riscaldamento, condizionamento, produzione di acqua calda sanitaria o di fluidi per uso tecnologico.
Nel sistema di produzione dell’energia si ha una netta separazione tra energia elettrica e calore; mentre il fabbisogno termico è soddisfatto da una produzione locale, utenza per utenza, il carico elettrico è coperto mediante un sistema di produzione e distribuzione centralizzato gestito da TERNA (alta tensione) o da ENEL (media e bassa tensione).
La produzione centralizzata del calore induce risparmio energetico per il rendimento più elevato dai grandi impianti rispetto ai piccoli sistemi autonomi, riduce le spese di esercizio e manutenzione, consente l’applicazione di sistemi di controllo più affidabili.
Infine la sostituzione di un sistema di produzione dell’energia ad alto consumo di combustibile con uno ad alta densità di capitali, ha ricadute positive sulla domanda interna e sull’occupazione.
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2.4 Metodologia per la programmazione energetica del territorio – pianificazione
energetica e pianificazione territoriale
L’elaborazione di un piano energetico territoriale strettamente integrato con gli strumenti di pianificazione più tradizionali (PRG,PPA, ecc) è un momento di sintesi, di verifica e di coordinamento di tutta una serie di azioni che hanno come obiettivo un uso più razionale dell’energia con un impatto ambientale minimo e favorevole bilancio costi/benefici. La pianificazione energetica è piuttosto complessa e anche gli strumenti legislativi (in particolare l’articolo 5 della legge 10/91), se da un lato svolgono una azioni positiva obbligando gli enti locali, le regioni e i comuni con più di 50.000 abitanti ad effettuare delle scelte di pianificazione, dall’altro definiscono in modo generico gli obiettivi e soprattutto i criteri con i quali devono essere formulati i piani.
Le difficoltà incontrate dagli enti locali sono dimostrate dall’esiguo numero dei piani elaborati e dai contenuti che spesso non soddisfano le finalità del Piano Energetico Nazionale per il loro approccio eccessivamente settoriale.
La pianificazione è stata intesa, per lo più, come un processo di ottimizzazione vincolato dalla necessità di soddisfare le esigenze energetiche dell’utenza con diversi vettori energetici; ma è in gran parte disatteso uno degli obiettivi della legge 10/91, che è quello di integrare le scelte energetiche con quelle territoriali.
La programmazione integrata rappresenta un’alternativa valida allo schema tradizionale perché consente, sulla base di indicazioni settoriali, di formulare proposte di carattere più generale in grado di suggerire, nel rispetto dei vincoli normativi in campo energetico, urbanistico ed ambientale, soluzioni efficaci a problemi economico-sociali della collettività.
La programmazione energetica territoriale deve nascere da una stretta collaborazione tra esperti di problemi energetici, urbanistici, tecnologi ed economisti.
L’obiettivo è di fornire agli utenti nei vari settori, dalla residenza all’industria, dai trasporti all’agricoltura, servizi energetici efficienti ed affidabili.
La razionalizzazione dei consumi, che può essere attivata ricorrendo a diverse forme di risparmio energetico (con provvedimenti passivi, attivi o strutturali), così come i vincoli ambientali previsti dalla normativa vigente, non possono e non devono essere considerati il fine ultimo della programmazione, ma strumenti per promuovere presso gli utenti le nuove tecnologie energetiche e le fonti rinnovabili.
Vincoli di tipo economico e sociale, infatti, possono rendere improponibili soluzioni che massimizzano il contenimento dei consumi di fonti primarie.
Un errore frequente è quello di considerare la programmazione energetica del territorio esaurita nel momento in cui viene emesso il documento finale, mentre un aspetto di grande interesse si manifesta nel momento in cui molti operatori esterni, tecnici di enti locali, aziende energetiche municipalizzate, associazioni ambientaliste e anche singoli cittadini offrono in modo diretto o indiretto un loro contributo.
Lo stretto legame delle scelte energetiche con quelle economiche e tecnologiche rende il piano uno strumento dinamico, soggetto a continue revisioni, ed il documento finale richiesto per soddisfare gli obblighi di legge dovrebbe costituire un punto di partenza per un modello di sviluppo in cui energia e ambiente diventano due aspetti di uno stesso problema.
Lo studio di tutti i processi di trasformazione dell’energia nei vari comparti consente di individuare le possibilità di recupero energetico e di corretto uso delle risorse in ambito territoriale. Poichè i flussi di energia interessano direttamente il territorio fino a modificarne vocazione e morfologia, viene stabilito uno stretto legame tra pianificazione territoriale e pianificazione energetica.
Le strutture pubbliche preposte alla pianificazione devono introdurre una rilettura del territorio in chiave energetica, da un lato per correggere o modificare situazioni di incompatibilità ambientale o di uso non razionale delle risorse, dall’altro per proporre progetti di più ampio respiro.
La lettura in chiave energetica del territorio può consentire di sfruttare una delle risorse rinnovabili più interessanti e sicure: il risparmio energetico. La mappatura energetica può evidenziare, ad esempio, zone industriali in cui si verifica una produzione di calore che nell’ambito del ciclo produttivo non può essere sfruttato e zone, come quelle residenziali, nelle quali il calore a temperatura relativamente bassa viene prodotto dalla combustione. Ecco allora che la possibilità di trasferire il calore attraverso una rete di teleriscaldamento dal punto di produzione al punto di utilizzo, può rappresentare una serie di vantaggi: per l’industria che riesce a ridurre i costi di gestione, per il comparto residenziale che può ottenere un servizio a costi più bassi, per il territorio che presenta un minore inquinamento atmosferico e termico.
I fruitori della pianificazione energetica sono gli enti locali e, per essi, le aziende municipalizzate incaricate della gestione dell’energia e dell’ambiente; anche il Piano Energetico Nazionale (PEN) conferisce agli enti locali un ruolo preminente nella corretta gestione dell’energia e nella promozione di politiche di risparmio energetico, intese non tanto come forme di austerità imposta, ma come un mezzo per il sostegno della produzione e dello sviluppo economico.
Il ruolo preminente degli enti locali nella pianificazione energetica appare evidente da una serie di considerazioni di carattere generale: