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Barriere psicologiche alla sostenibilità

Nel documento Salute Mentale e Cambiamenti Climatici (pagine 66-71)

CAPITOLO II: CAMBIAMENTI CLIMATICI E SALUTE DELL’UOMO

3.2 Barriere psicologiche alla sostenibilità

Il fatto che il cambiamento climatico sia un problema globale che richiede le azioni combinate di milioni di persone che lavorano insieme è stato accettato dalla

comunità internazionale. Ogni singolo può contribuire, attraverso la messa in atto di comportamenti a favore dell’ambiente, alla mitigazione e al miglioramento delle condizioni del nostro Pianeta.

Il comportamento, secondo la Teoria del Comportamento Pianificato (Theory of

Planned Behavior, TPB) di Ajezen (1991) è determinato dall’intenzione soggettiva

di intraprenderlo, ossia la pianificazione consapevole di uno sforzo.

L’intenzione è a sua volta determinata da tre fattori:

 L’atteggiamento verso il comportamento

 Le norme soggettive

67 L’atteggiamento nei confronti di un determinato comportamento si forma a seguito di considerazioni che l’individuo fa. Queste considerazioni sono basate sulle

informazioni possedute, unitamente alle credenze sulle conseguenze o esiti che la messa in atto dello stesso può comportare e alla valutazione che egli attribuisce ad ognuna di queste conseguenze.

Le norme soggettive sono invece determinate dalla percezione o conoscenza, che ha l’individuo, delle opinioni di altri significativi (come i genitori o gli amici) riguardo al comportamento considerato, e dell’influenza che queste opinioni esercitano. La percezione, che l’individuo ha, delle aspettative possedute da persone importanti insieme alla motivazione personale di compiacere i desideri di questi altri costituiscono le norme soggettive.

Questo processo di ragionamento è quindi determinato dalle credenze, ossia le convinzioni che possiede l’individuo rispetto al comportamento da mettere in atto, e rispetto alle opinioni di altri significativi.

La percezione di controllo, infine, fa riferimento a quanto il comportamento è percepito dall’individuo sotto il suo controllo. Se un comportamento viene percepito realizzabile, sia per le proprie capacità ad attuarlo sia per le condizioni esterne favorevoli, l’individuo sarà più motivato ad esercitarlo.

Prendendo come riferimento la Teoria del comportamento pianificato di Ajezen, andiamo ora ad osservare quali caratteristiche potrebbero impedire la messa in atto di comportamenti eco-sostenibili.

Ci sono alcune barriere psicologiche identificate da Lorenzoni et al. (2007) che possono distanziare le persone dal problema che affligge la terra, e quindi impedire l’adozione di comportamenti e di un approccio pro-ambientale.

Alcune tra queste sono:

Lo scetticismo nei confronti del Climate Change

L'incertezza circa la controllabilità e le conseguenze del Climate Change

68 Prenderemo ora in considerazione lo scetticismo, barriera psicologica, come

atteggiamento nei confronti di un possibile comportamento eco-sostenibile.

Possiamo riferirci allo scetticismo come un atteggiamento negativo e di dubbio nei confronti, in questo caso, della tematica dei cambiamenti climatici.

I sistemi climatici, così come i sistemi umani e biologici con i quali interagiscono, sono estremamente complessi e la nostra comprensione di come funzionano questi sistemi è incompleta (Semenova M., 2015).

Le persone sembrano essere in qualche modo consapevoli di questa incertezza, il 40% degli inglesi sostiene, ad esempio, che il sistema climatico sia troppo complesso e incerto perché gli scienziati possano fare previsioni utili. (Lorenzoni, 2007).

Gli individui scettici sul cambiamento climatico hanno meno probabilità di

comportarsi in modo sostenibile -senza la convinzione che il cambiamento climatico stia avvenendo, non ha molto senso agire di conseguenza-.

I negazionisti, ad esempio, rifiutano la possibilità che il cambiamento climatico sia dovuto a cause antropiche, o che esso rappresenti una questione e un problema vitale.

Questa potrebbe essere interpretata, secondo una prospettiva psicodinamica, come una modalità difensiva. La negazione comporta infatti l’affermazione che qualcosa “non c’è veramente”, quando invece è vero che c’è, e aiuta a difenderci dall’angoscia della perdita. Potrebbe configurarsi come una modalità di rifiuto, costituitasi come il primo stadio dell’accettazione di una realtà dolorosa, difficile da sopportare.

Un ulteriore credenza, che influenza poi l’atteggiamento, è rappresentata dalla percezione di pericolo sugli effetti del cambiamento climatico, influenzato dalla percezione che le conseguenze si collochino sia a distanza temporale (se succederà qualcosa, sarà nel futuro), che spaziale (coinvolgerà luoghi persone lontane da me). Più le persone percepiranno distanza psicologica dal cambiamento climatico meno saranno disposte a impegnarsi in comportamenti a favore dell’ambiente (Liberman e Trope, 2006).

69 Lo scetticismo può anche essere determinato dalla mancanza di conoscenze di base su cause, impatti e soluzioni al cambiamento climatico.

Sebbene, infatti, vi siano informazioni disponibili, non sono necessariamente prese o tradotte in conoscenze o azioni, per vari motivi, tra cui: la mancanza di conoscenza su dove trovare informazioni, determinato spesso dalla mancanza di desiderio di cercarle; confusione su informazioni contrastanti o prove parziali; fonti non credibili o affidabili, in particolare i mass media.

È necessario soffermarsi sulla questione della sfiducia nei confronti delle fonti di informazione, in particolare nei mass media e nell'industria.

I media sono spesso percepiti come parziali, esagerati e incoerenti nella copertura di questioni come il cambiamento climatico. Gran parte delle informazioni prodotte dall’industria, attraverso la pubblicità, utilizzano strategie di "greenwash"

(Lorenzoni, 2007) o “ambientalismo di facciata” e altri stratagemmi di marketing spesso finalizzati a costruire un’immagine ingannevolmente positiva, sotto il profilo dell’impatto ambientale, talvolta allo scopo di distogliere l’attenzione pubblica dagli effetti negativi per l’ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.

Questo non fa altro che screditare e svalutare il problema, rischiando di originare credenze errate negli individui.

Infine lo scetticismo può derivare da una particolare visione del mondo, di tipo “fatalista”. Il fatalismo stesso è stato osservato in uno studio di Lorenzoni (2007) nelle reazioni dei partecipanti, come barriera all'impegno ambientale. Ad esempio, alcuni partecipanti hanno ritenuto che il problema fosse già andato troppo lontano e fosse irreversibile, ritenendo quindi inutile l’impegno e l’azione umana in questa battaglia alla sostenibilità.

Passando ora alla percezione di controllo della TPB, essa può giocare un ruolo fondamentale nel motivare le persone all’azione comportamentale.

Per quanto riguarda il fenomeno dei cambiamenti climatici, la questione però è delicata.

70 In questo caso, infatti, emerge l’incertezza, come barriera psicologica, che va ad interagire con il controllo comportamentale percepito.

Le persone che si impegnano in comportamenti pro-ambientali al momento attuale, non possono facilmente immaginare o sperimentare gli effetti che queste azioni avranno sulla condizione della terra.

Questa distanza tra il comportamento e i suoi risultati positivi rende perciò difficile alle persone giudicare l'utilità e l'efficacia dell'impegno personale nel comportamento pro-ambientale, questo può ostacolare la percezione di benessere edonico, o

immediato, e quindi limitare l’adozione del comportamento considerato.

L’incertezza si riferisce all'impressione delle persone che il loro contributo personale non sarà sufficiente a salvare il pianeta. Effettivamente, i miglioramenti nelle

condizioni ambientali seguono un processo lento e derivano da interazioni complesse.

Gli effetti positivi dei singoli comportamenti pro-ambientali sulla condizione della terra sono quindi incerti, complessi e situati nel futuro, in contrasto con i benefici dei comportamenti dannosi per l'ambiente

Pertanto, la difficoltà a giudicare l'utilità e l'efficacia del comportamento può avere conseguenze negative per il benessere delle persone che si impegnano in

comportamenti pro-ambientali. Questa incertezza rende poco chiaro se e quando l'obiettivo, in questo caso per proteggere l'ambiente, sarà raggiunto. Tutto questo viene percepito come al di fuori del controllo personale.

Infine, per quanto riguarda la riluttanza a cambiare il proprio stile di vita, possono esserci diversi fattori di influenza, sia individuali che sociali.

Le forme di inazione del cambiamento climatico si intersecano, infatti, a diversi livelli. Riguardo ai fattori sociali, una politica governativa non di sostegno

scoraggerà gli investimenti delle imprese in prodotti rispettosi del clima, il che a sua volta favorirà l'inazione dei consumatori in materia di cambiamenti climatici. (Lorenzoni et al., 2007); in questo caso la limitazione del singolo nelle scelte di

71 acquisto o nello stile di vita sono in gran parte determinate dal sistema sociale nel quale è inserito.

Questo, oltre a ostacolare la possibilità di scegliere uno stile di vita più sostenibile, potrebbe alimentare la sottovalutazione della gravità problema.

Inoltre la riluttanza a cambiare il proprio stile di vita potrebbe essere dovuta al fattore “scomodità”, come abbiamo visto precedentemente, trattando della percezione di benessere e comportamenti pro-ambientali, molte di queste scelte potrebbero non essere percepite come piacevoli. Ad esempio, prendere l’automobile per molte persone risulta più piacevole, essendoci un ridotto sforzo fisico, rispetto a spostarsi in bicicletta.

Anche le norme soggettive, ossia le opinioni di altri significativi, potrebbero influenzare l’adozione di uno stile di vita più sostenibile, negativamente nel caso questi comportamenti non siano condivisi.

Nel caso in cui, invece, il comportamento in questione sia condiviso e valutato positivamente dalla comunità di appartenenza o dalla propria famiglia, potrebbe entrare in gioco l’elemento di “desiderabilità sociale”, per cui gli individui saranno più inclini a perseguire obbiettivi e valori in linea con quelli condivisi dal proprio gruppo.

Ho preso in considerazione solo alcune tra le barriere alla sostenibilità, ma ulteriori ricerche sono necessarie in questo campo, soprattutto per quanto riguarda le

differenze individuali che possono interagire con i fattori sociali nel determinare l’intenzione di intraprendere o meno un comportamento che può giovare al benessere del nostro pianeta.

Nel documento Salute Mentale e Cambiamenti Climatici (pagine 66-71)

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