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Bene in senso giuridico o mero onere pluriennale?

CAPITOLO 2: PROFILI GESTIONALI E CONTABILI DELLE SOCIETA’ D

2.3 Il significato economico dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive

2.3.1 Bene in senso giuridico o mero onere pluriennale?

Dopo l’eliminazione del vincolo sportivo e la successiva introduzione dell’Indennità di Preparazione e Promozione una parte della dottrina ha ritenuto opportuno “declassare” i DPC da beni in senso giuridico, o bene immateriale, come definito dai principi contabili nazionali, a semplici oneri pluriennali. Questa scelta è riconducibile agli effetti prodotti dallo svincolo a seguito del quale è venuto meno il “diritto di proprietà” che le società di calcio potevano vantare sul cartellino del giocatore e, quindi, sulle relative prestazioni sportive.

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Ne è testimonianza il fatto che il calciatore, come si è visto nel corso del primo capitolo, sino al 1978 poteva essere trasferito da un club all’altro, anche senza che la società cedente avesse ottenuto il suo consenso, al pari di qualsiasi altro bene patrimoniale di proprietà dell’azienda.

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Questa posizione non può essere assolutamente accettata, in quanto, in primo luogo, non rientra nella natura stessa dei risconti il fatto di divenire oggetto di cessione in maniera autonoma dal complesso aziendale, trattandosi di oneri pluriennali sospesi.

65 Il principale fattore che ha portato una parte della dottrina a sostenere questa tesi sembra ricondursi, in via quasi esclusiva, al passaggio da un rapporto a tempo indeterminato, che legava la società all’atleta in vigenza del vincolo, ad uno a tempo definito con una durata non superiore a 5 anni, previsto nella stessa legge n. 91/81. Cercando di interpretare il pensiero di questi autori, sembra che l’indubbia diminuzione del controllo sulla risorsa da parte della società, sia stato giudicato rilevante al punto tale da non riconoscere l’esistenza dei requisiti essenziali per continuare a considerare i DPC un bene giuridico (69). In particolare, con l’abolizione del vincolo sportivo le società professionistiche dell’epoca hanno visto cessare, ex lege, l’esistenza del diritto di proprietà riconosciuto sui DPC sin dalla nascita dello sport professionistico moderno, considerato come il principale asset a loro disposizione.

Il semplice riferimento ad un orizzonte temporale limitato all’interno del quale è esercitabile il controllo da parte della società sulla risorsa intangibile, secondo i principi contabili e buona parte della dottrina, non costituisce un elemento sufficiente per poter declassare un bene giuridico a mero onere pluriennale.

Tra i sostenitori di questa posizione merita un approfondimento l’elaborazione effettuata da un’altra dottrina dell’epoca, la quale tiene distinto l’acquisto di un DPC in pendenza di contratto dall’acquisizione conseguente al pagamento dell’IPP di un giocatore giunto a scadenza di contratto. Mentre la precedente interpretazione attribuiva ai DPC il significato di onere pluriennale, a prescindere dal titolo di acquisizione, questa dottrina riconosce natura di bene giuridico al DPC acquisito dietro pagamento di un prezzo, considerando onere pluriennale solamente il costo sostenuto per l’acquisto tramite Indennità.

Il dibattito sorto nel corso degli anni ’80, a ridosso dei cambiamenti apportati dalla legge 91/81 sullo status giuridico dello sport professionista, ha costituito la base per un ulteriore e più recente sviluppo di questa posizione che vede nei DPC un mero onere pluriennale. Una nuova dottrina, di origine molto più recente e successiva alla sentenza Bosman, ha ripreso le considerazioni appena accennate con riguardo all’IPP, nel tentativo di estenderle al pagamento del prezzo per l’acquisto di un DPC in pendenza di contratto.

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RUSCONI G., Il bilancio d’esercizio nelle’economia delle società di calcio, op. cit., pag. 319, a tal riguardo rileva che “Gli esperti sembrano quindi avere optato per l’identificazione dei costi di acquisto dei diritti alle prestazioni dei calciatori con il costo ad utilizzazione pluriennale”

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I fautori di questa teoria vedono nel pagamento del prezzo per l’acquisto del DPC in vigenza di contratto una situazione analoga a quella analizzata in precedenza in occasione del pagamento dell’IPP. In particolare, la somma corrisposta dalla società “acquirente” non viene riconosciuta come un valore di cessione delle corrispondenti prestazioni sportive del calciatore, bensì come una sorta di indennizzo alla società cedente per ottenere la risoluzione del contratto precedente e assicurarsi, così, la facoltà di sottoscrivere il nuovo accordo pluriennale con il calciatore. Di conseguenza, secondo questa teoria, l’indennità pagata costituirebbe un onere pluriennale ripartibile in ragione del tempo, la cui utilità non si esaurisce in un solo periodo.

Le ragioni sottostanti a questa presa di posizione sono state ricondotte a finalità di natura prevalentemente fiscale, nel tentativo di escludere dalla base imponibile ai fini IRAP le plusvalenze derivanti dalla cessione dei DPC.

Al fine di poter esprimere una posizione sui diversi approcci che attribuiscono ai DPC qualifica di onere pluriennale, riprendo sinteticamente quanto stabilito a tal riguardo dai principi contabili nazionali e dalla dottrina aziendalistica italiana (70).

Il documento n. 24 dei Principi Contabili definisce le immobilizzazioni immateriali risorse caratterizzate dalla mancanza di tangibilità che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi. Lo stesso documento riconosce che, nella più ampia concezione di immobilizzazioni immateriali, rientrano anche gli oneri pluriennali che comprendono alcune tipologie di costi che, pur non essendo collegati all’acquisizione o produzione interna di un bene o di un diritto, non esauriscono la propria utilità nell’esercizio in cui sono sostenuti.

I beni immateriali in senso stretto presentano una propria identificabilità e individualità e sono, di norma, rappresentati da diritti tutelati dall’ordinamento giuridico. Essi sono suscettibili di valutazioni e qualificazioni autonome ed indipendenti dal complesso dei beni dell’impresa.

Gli oneri pluriennali presentano, invece, caratteristiche difficilmente delimitabili rispetto ai beni immateriali, anche a causa della latitanza dello stesso legislatore nel definire questa tipologia di immobilizzazioni.

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Per eventuali approfondimenti si rimanda a CARAMIELLO C., Ragioneria generale e applicata, Mursia, Milano, 1996.

67 Se confrontiamo le caratteristiche proprie dei DPC con le definizioni proposte dai principi contabili, sembra alquanto difficile sostenere la tesi che attribuisce ai DPC il significato di meri oneri pluriennali.

Questi, infatti, possono essere definiti come un bene giuridico atipico che attribuisce il diritto ad usare le prestazioni sportive per un determinato periodo e che può essere oggetto di cessione da una società all’altra. Al contrario degli oneri pluriennali, i DPC presentano una serie di elementi che rispondono alla definizione di bene immateriale fornita dai principi contabili. In tal senso, le principali caratteristiche che sono riscontrabili nei DPC possono essere riassunte nei seguenti punti (71):

- l’esistenza di un contratto che attribuisce alla società il diritto, tutelato dall’ordinamento giuridico, ad utilizzare in via esclusiva le prestazioni sportive di un atleta, lungo tutta la durata del contratto;

- la possibilità di essere trasferiti separatamente dal complesso dei beni dell’impresa, come qualsiasi altro bene immateriale;

- un distinto valore economico che può essere richiesto per la relativa cessione, qualora siano trasferiti prima della scadenza del contratto che lega l’atleta alla società;

- un criterio di ammortamento che, in linea teorica, potrebbe distaccarsi da quello a quote costanti e riflettere le modalità di utilizzo del calciatore lungo la relativa vita utile.

Alla luce di questo inquadramento teorico, le posizioni illustrate all’inizio del presente paragrafo, che attribuiscono natura di onere pluriennale ai DPC, non sembrano concettualmente difendibili.