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CAPITOLO 1: EVOLUZIONE STORICA ED ASSETTO ISTITUZIONALE DEL

1.6 Il Decreto “Salva Calcio”

Per tamponare la falla creata dai costi crescenti e dalle prospettive incerte di guadagno si accentuò la pratica, peraltro già nota ed utilizzata da tempo, della cessione incrociata dei calciatori, ossia dei diritti alle loro prestazioni sportive, mediante il meccanismo contabile della permuta (37).

Tale pratica permise alle società di calcio professionistiche di incrementare artificiosamente il valore di cessione dei propri giocatori realizzando, così, plusvalenze contabili in grado di coprire temporaneamente le cospicue perdite di bilancio. Il vantaggio derivante da questa politica fu duplice, consentendo:

- da un lato, la rilevazione di un ricavo immediato, plusvalenza di cessione, a copertura degli ingenti perdite di esercizio causate dai costi di acquisto gestione dei calciatori;

- dall’altro, la diluizione del maggior costo derivante dall’acquisto in permuta dei calciatori lungo la durata del contratto e, quindi, di norma in 5 anni. Al contempo, però, le squadre partecipanti alla permuta avrebbero dovuto iscrive nell’attivo del proprio Stato Patrimoniale il diritto pluriennale alle prestazione del calciatore per un importo di gran lunga superiore al suo valore d’uso.

Questa politica di “creative accounting” fu però destinata a fallire dato che le plusvalenze gonfiate ottenute dalla cessione dei calciatori in permuta non furono più sufficienti a coprire gli ammortamenti sui valori dei diritti alle prestazioni sportive

37

Sulla natura e sul significato economico dei diritti alle prestazioni sportive si rimanda a quanto riportati nei successivi capitoli.

37 dilatati artificiosamente in passato. Inoltre, osservando le regole contabili in vigore, l’intero patrimonio avrebbe dovuto essere svalutato nell’anno per allineare il suo valore contabile all’effettivo valore di mercato, determinando conseguenze devastanti per i risultati economici, in quanto i bilanci sarebbero stati gravati da ingenti svalutazioni.

Per evitare il disastro, il legislatore corse in soccorso ai club professionistici con l’emanazione del c.d. Decreto “Salva Calcio”, approvato con la legge n. 27 del 21 febbraio 2003, il quale introdusse alcune previsioni di carattere eccezionale relativamente alla disciplina del bilancio delle società sportive.

Lo scopo di questo provvedimento fu quello di consentire alle società sportive professionistiche, di distribuire in dieci anni le svalutazioni derivanti da perdite durevoli di valore dei diritti alle prestazioni dei calciatori, anziché spesarle nell’esercizio in cui sono maturate, in deroga ai principi ed alle regole ordinariamente applicabili in sede di formazione del bilancio.

In particolare, il legislatore consentendo alle società interessate di contenere gli effetti della crisi sul risultato economico dell’esercizio e sul patrimonio netto, perseguì il fine, da un lato, di evitare a dette società l’adozione immediata di eventuali provvedimenti previsti dagli articoli 2446 e 2447 del codice civile (38) e, dall’altro, di consentire loro di rinegoziare con adeguato respiro di tempo gli assetti contrattuali complessivi e di assumere le decisioni più opportune per riequilibrare gli assetti patrimoniali, finanziari ed economici (39).

Il presupposto per poter procedere alla svalutazione dei diritti pluriennali era l’esistenza, alla entrata in vigore della norma, di una “perdita durevole” di valore dei diritti non recuperabile e determinata per mezzo di una perizia all’uopo realizzata. Dalla perizia giurata, redatta in forma analitica, devono risultare:

38

Art. 2446 (Riduzione del capitale per perdite) “Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori (…) devono senza indugio convocare l'assemblea per gli opportuni provvedimenti. All'assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale (…). La relazione e le osservazioni devono restare depositate in copia nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l'assemblea, perché i soci possano prenderne visione (…). Se entro l'esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea (…) che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori (…).”

Art. 2447 (Riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale) “Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall'articolo 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.”

39

38

a) il valore attribuibile a ciascun diritto pluriennale; b) i criteri di stima adottati;

c) le ragioni che suggeriscono l’adozione e gli elementi che inducono a considerare che le svalutazioni siano di natura durevole.

Nel maggio del 2003, l’Organismo italiano di contabilità, per agevolare l’attuazione del decreto in esame, redasse un documento contenente i criteri per la rilevazione in bilancio della svalutazione.

In tale documento si legge come l’ammontare delle svalutazioni riferibili a ciascun diritto pluriennale debba essere calcolato confrontando il relativo valore di stima con il valore contabile al netto degli ammortamenti comprensivi della quota di competenza dell’anno in cui si effettua la svalutazione. La previsione dei diritti pluriennali in questione deve essere effettuata in base a ragionevoli ipotesi di fruizione della loro prevedibile destinazione: vendita oppure impiego nell’attività sportiva della società.

Il documento chiarisce, inoltre, che il processo di ammortamento dei diritti pluriennali sulle prestazioni dei calciatori, dopo la svalutazione, continua ad essere calcolato sulla base della durata del contratto, ma assume come valore di riferimento il costo del diritto “post-svalutazione”. Infine, precisa che la svalutazione, ammortizzabile lungo un arco temporale pari a dieci anni, va inserita nello Stato Patrimoniale all’interno delle Immobilizzazioni Immateriali, alla voce n. 7 “Altre Immobilizzazioni Immateriali” (40).

Mediante la legge in esame si raggiunse, quindi, il risultato di non appesantire i bilanci di risultati economici negativi, ma di spalmare queste perdite in più anni.

Tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004, però, venne avviata un’indagine a livello europeo per verificare se la Legge 27/2003 non violasse la normativa UE, in materia di:

- norme contabili, consentendo di ammortizzare i diritti alle prestazioni dei calciatori per un periodo maggiore rispetto alla loro utilizzazione;

- aiuti di stato, concedendo un indebito aiuto in termini di deducibilità fiscale delle perdite d’esercizio.

La procedura di infrazione posta in essere dalla Commissione Europea nel 2004 si chiuse con l’emanazione del Decreto Legge n. 115 del 30 giugno 2005, convertito dalla

40

Per un’analisi maggiormente approfondita si osservi, Criteri per la rilevazione in bilancio delle svalutazioni dei diritti pluriennali delle prestazioni degli sportivi professionisti in relazione al disposto dell’art. 18-bis della legge 23/03/1981 n. 91, Roma, 2003, pag. 6-14.

39 Legge n. 168 del 17 agosto 2005. L’art. 6 c. 2 di tale legge stabilì il dimezzamento da dieci a cinque anni del periodo di ammortamento delle svalutazioni.