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Beni comuni e beni privati: ius excludendi alios, diritto a non essere esclusi.

CAPITOLO III: ELEMENTI RICOSTRUTTIVI 1 Premessa

3 Beni comuni e beni privati: ius excludendi alios, diritto a non essere esclusi.

Se la nozione di proprietà ha perso unitarietà, e l’istituto ha subito forti mutamenti nella sua struttura, che giungono fino a rendere impossibile l’identificazione della titolarità formale della proprietà con il sistema di high speed trading40, d’altra parte “nelle aule dei tribunali, e nell’arena pubblica in genere, si assiste alla corsa a travestire qualsiasi posizione giuridica soggettiva con lo stemma della proprietà”41. Le tutele proprietarie, profondamente connesse con l’esclusività, sembrano dunque vivere una nuova stagione di espansione, mentre i confini dell’istituto appaiono sempre più labili; riguardo alla proprietà privata si è detto che ormai “la parola non veicola alcun significato preciso”42.

                                                                                                               

38 Si veda la riflessione di Maria Rosaria Marella circa il concetto di comunità, brevemente riportata nel paragrafo 4 del II capitolo. Sul tema: Maria Rosaria Marella Introduzione. Per un diritto dei beni comuni cit.

39 Paolo Grossi, Pagina introduttiva (ancora sulle fonti del diritto) cit. p. 5.

40 Per una trattazione del tema della trasformazione del diritto di proprietà e per i riferimenti bibliografici si vedano i paragrafi 2.2 e 3 del I capitolo.

41 Antonio Gambaro, Relazione introduttiva cit. 42 Antonio Gambaro, Relazione introduttiva cit.

L’esclusività dello sfruttamento delle utilità connota gli oggetti della tutela proprietaria; d’altra parte i soggetti titolari di diritti proprietari sono sempre più spesso persone giuridiche, le società per azioni43, strutture organizzative che agiscono nel e per il mercato. Lo ius excludendi alios sembra configurarsi come funzionale alle logiche del mercato concorrenziale, in quanto l’unicità della relazione fra il soggetto e le utilità del bene consente di attribuire a queste ultime un valore di scambio che permette poi la loro collocazione sul mercato. I beni , appropriati in via esclusiva, circolano attraverso modalità in cui il loro valore di scambio prevale sul valore d’uso, e sono in gran parte funzionalizzati alle logiche del mercato, forse anche perdendo il legame con le utilità che essi esprimono in relazione ai bisogni della persona, essendo immersi all’interno di logiche finanziarie.

L’espansione delle tutele proprietarie si può dunque forse leggere in relazione a quella del mercato44, che assumendo come strumento giuridico privilegiato il contratto, ricopre ambiti del diritto prima ad esso estranei. I beni sono dunque collocati in una dimensione che, a prescindere dall’appartenenza, è regolata attraverso strumenti normativi che non sono solamente quelli legislativi, ma che soprattutto si identificano con quella lex mercatoria che regola “la vita dei mercati” che “ha spostato l'intero asse del diritto dalla norma imperativa all'efficacia dei contratti”45.

Rovesciando i termini dell’equazione che costruisce la disciplina dei beni a partire dal loro valore di scambio, Luca Nivarra definisce i beni comuni come categoria in cui il bene è “indisponibile a trasformarsi in merce o, se si preferisce, in cui il valore d’uso prevale sul valore di scambio”46. La prospettiva della dottrina che indaga il tema dei beni comuni li colloca in una posizione che è estranea alle                                                                                                                

43 Per una breve trattazione delle trasformazione della s.p.a. e per i riferimenti bibliografici si veda il paragrafo 3.2 del I capitolo.

44 Sull’espansione della logica di mercato in ambiti prima regolati in base ad altre logiche, quelle in capo allo Stato, si vedano il paragrafi 3 e 4 del I capitolo.

45 Guido Rossi in Liberalismo, diritto dei mercati e crisi economica cit. p. 1.

46 Luca Nivarra Alcune riflessioni sul rapporto fra pubblico e comune cit. p. 70. Nello stesso senso anche Antonello Iuliani Prime riflessioni in tema di beni comuni cit. p. 617

logiche di mercato, sebbene non escluda a priori la circolazione di questi beni. In questa prospettiva sembra doversi leggere la qualificazione dei beni comuni come extracommercium, che – almeno in parte della dottrina – si apprezza in ragione di una loro sottrazione “al mercato concorrenziale e alle sue regole, prima di tutto quella del profitto”47. Pare opportuno sottolineare come l’esclusione dalle regole

di mercato non implichi una sottrazione dei beni alla circolazione, ma costituisca al contrario la base per costruire meccanismi di fruizione e di circolazione diversi da quelli funzionali al mercato e alla massimizzazione dei profitti.

La dottrina che definisce i beni comuni come extracommercium revoca dunque in dubbio la veridicità del pensiero – cui sembrano rivolte alcune delle politiche dell’Unione Europea – per cui il “corretto funzionamento” del mercato costituisce “lo strumento più idoneo per garantire la crescita economica e il benessere sociale, necessari per il pieno sviluppo della persona umana”48.

Il dubbio rispetto alla capacità dei meccanismi di mercato di garantire i bisogni della persona sembra trovare una delle sue ragioni proprio nella considerazione critica della logica escludente con cui esso opera, e dell’individuazione della disponibilità economica come medium fra la persona e il bene. Il carattere extracommercium dei beni comuni così delineato sembra costituire la base della costruzione di un regime dei beni in una posizione non solo molto distante, ma anche conflittuale rispetto alla loro finalizzazione all’impresa, e alla logica di profitto49 ad essa intrinseca.

Nella stessa direzione della qualificazione dei beni comuni come extracommercium sembra potersi considerare la configurazione che Stefano Rodotà50 propone del diritto all’accesso, “che non è                                                                                                                

47 Maria Rosaria Marella Introduzione. cit.

48 Chiara Tenella Sillani, Panoramica del diritto di proprietà cit. p. 62.

49 La nozione di profitto, come già si è detto, sarà qui utilizzata in senso atecnico.

50 Al pensiero di Stefano Rodotà in tema di beni comuni si è dedicato il paragrafo 2 del II capitolo.

necessariamente e strumentalmente collegata all’acquisizione di un titolo di proprietà”51. La configurazione del diritto di accesso come autonomo rispetto a quello proprietario sembra costituire una condizione di possibilità per l’esistenza di una relazione fra la persona e il bene che non si risolva nell’appartenenza esclusiva, di un uso non mediato dalle prerogative proprietarie. Nella riflessione di Rodotà il diritto all’accesso si va configurando come diritto a non essere esclusi dalla fruizione del bene indipendentemente dalla disponibilità economica, ed è costruito come indifferente rispetto alla titolarità formale, e strettamente connesso ai bisogni della persona.

Il carattere extracommercium dei beni, così come il diritto a una loro fruizione non subordinata alla disponibilità economica appaiono svincolati, come si è detto52, dalla titolarità formale dell’appartenenza.

L’indifferenza alla titolarità, considerata uno dei punti cardine della riflessione sui beni comuni, sembra essere, più che una caratteristica che delinea un tratto peculiare nel regime dei beni comuni, ciò che permette collocarli al contempo sullo stesso piano e in direzione opposta – e spesso conflittuale – rispetto alla funzionalizzazione dei beni al mercato; se nell’ambito del diritto privato la titolarità formale del bene, l’aspetto statico della proprietà hanno perduto centralità fino a scomparire negli scambi finanziari regolati con il sistema dell’high speed trading, definire i beni comuni in relazione alla titolarità non avrebbe permesso di immaginarli come estranei alle logiche proprietarie. La scelta di qualificare alcuni beni come comuni a prescindere dalla titolarità sembra rispondere all’esigenza di contrastare le logiche proprietarie con uno strumentario giuridico adeguato, nei reali ambiti in cui ad oggi in cui si esplicano i meccanismi appropriativi e si costruiscono gli schemi di appartenenza.

Quello che sembra rilevante quindi nella qualificazione di beni come ‘comuni’ è la finalizzazione delle utilità del bene estranea alle                                                                                                                

51 Stefano Rodotà Beni comuni: una strategia globale contro lo human divide cit. 52 Si vedano le diverse posizioni dottrinali di cui si è trattato nel II capitolo.

logiche del mercato concorrenziale e – se si permette una nozione atecnica del termine – al profitto. L’estraneità alla logica di mercato costituisce il presupposto per una organizzazione della fruizione dei beni improntata al ‘comune’.

Nel solco di queste considerazioni la riflessione potrebbe forse abbracciare anche lo studio critico dei meccanismi concorrenziali, strettamente connessi con l’accessibilità ai beni e alle risorse, nel loro istituire un legame fra accesso e diponibilità economica. Quello che i beni comuni sembrano revocare in dubbio è proprio il legame fondativo fra bene e sua utilizzazione mediata dall’agire economico all’interno del mercato.

D’altra parte la riflessione dall’analisi del regime dei beni si sposta su un piano più generale – cui in questa sede si può unicamente accennare – e arriva ad indagare alcune questioni fondamentali del diritto, ma anche dell’economia e, ancora più in generale, dell’organizzazione della società; lo sguardo si sposta quindi sui macro – meccanismi con cui si gestisce e governa l’accesso ai beni, e in definitiva si distribuiscono le risorse. La riflessione sui beni comuni, e sul ‘comune’, avendo come punto fermo la garanzia di una fruizione generalizzata ed indipendente dal dato economico di alcuni beni, analizza in chiave critica i sistemi di governance, alla luce delle trasformazioni dei rapporti fra potere politico e potere economico53, e si interroga su quali possano essere i metodi di un governo del ‘comune’54. Nella riflessione un nodo centrale sembra essere quello del legame fra il regime dei beni e i bisogni della persona; la ricerca si sviluppa in una duplice direzione; da una parte la funzionalizzazione dei beni all’effettività dei diritti fondamentali, di cui si tratterà nel prossimo paragrafo, d’altra parte la ricerca di meccanismi cooperativi e di fruizione collettiva che rompano il paradigma dell’esclusività, di cui si tratterà nel paragrafo 5.

                                                                                                               

53 Cui si è brevemente accennato nel paragrafo 3 del I capitolo.

54 Si vedano i contributi riuniti nel libro di Sandro Chignola (a cura di) Il diritto del comune.