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Beni pubblici e proprietà pubbliche

3 (Segue) Beni, impresa e sue trasformazion

4 I beni pubblici e le loro classificazion

4.1 Beni pubblici e proprietà pubbliche

La Costituzione italiana nel suo articolo 42 sancisce la ‘proprietà pubblica’ senza definirla, mentre il capo II del titolo I del libro III del Codice Civile si intitola: “Dei beni appartenenti allo Stato, agli enti pubblici e agli enti ecclesiastici”, e distingue, attraverso la tecnica dell’elencazione, fra demanio e patrimonio indisponibile, costituendo

                                                                                                               

99 Edoardo Reviglio in Per una riforma del regime giuridico dei beni pubblici. Le proposte

la categoria del patrimonio disponibile come residuale (art 822, 824, 826 c.c.).

Il codice del 1942 risente dell’impostazione che era stata assunta in materia nel codice del 1865, volto ad affermare la proprietà privata, e come suo corrispettivo la proprietà pubblica, profondamente connessa con la costruzione della sovranità statale.

Né nella costituzione né nel codice civile è disciplinata la proprietà pubblica e questo sembra essere un sintomo della difficoltà di risolvere in un’unica categoria situazioni molto diverse, che nel codice civile trovano una – non molto fortunata – classificazione attraverso le nozioni di demanio e di patrimonio indisponibile, senza, peraltro, arrivare a definire i confini della categoria dei beni pubblici100. A

questo proposito si è detto che il codice civile “non definisce e non descrive, rimettendosi in ciò all’elaborazione della dottrina, esso si limita a stabilire alcune qualità giuridiche o situazioni oggettive come proprie di certi beni appartenenti allo stato e ad altri enti pubblici”101.

L’elaborazione dottrinale ha ripreso le fila delle situazioni di appartenenza pubblica, e in questo fu maestro Massimo Severo Giannini102, riuscendo a fare per la proprietà pubblica quello che Pugliatti103 fece per la proprietà privata, e cioè rompere quel monolite che era stato costruito con la Rivoluzione francese, e che aveva escluso dall’ordine dei discorsi ogni altra possibile forma di appartenenza e di titolarità che non fosse quella interna alla dicotomia del pubblico e del privato, di uno Stato sovrano e di un individuo proprietario.

La costruzione della proprietà pubblica sulla falsariga del modello della ‘proprietà privata’, trova la sua ragione nella rappresentazione di

                                                                                                               

100 fra gli altri, Antonio Gambaro, Gli statuti dei beni pubblici in Mattei Reviglio Rodotà, I

beni pubblici dal governo democratico dell’economia alla riforma del Codice Civile,

Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 2010 p. 56.

101 Massimo Severo Giannini, I beni pubblici (Lezioni), Roma, 1963 p. 2. 102 Massimo Severo Giannini, I beni pubblici cit.

questa come una realtà astorica e sempre valida104, fu tanto pervasiva a livello simbolico e discorsivo, quanto non aderente alla realtà fattuale105, e l’autore ebbe il merito di analizzare con rigore sistematico le varie forme di proprietà pubblica, scoprendo che quella individuale dello Stato era solo una delle tre possibili forme di appartenenza pubblica, in quanto emergevano come realtà giuridiche anche la proprietà collettiva106 e la proprietà indivisa. Giannini mostrò come il rapporto fra poteri pubblici, beni e collettività –variamente definite – non si possa risolvere in un unico istituto, per la complessità e per le varie possibili modulazioni con cui esso si può configurare e concretamente si configura107.

Il diritto positivo connette però l’attributo ‘pubblico’ alla titolarità in capo a enti pubblici, pur non risolvendo il primo nella seconda, e la dottrina ha costruito la categoria dei beni pubblici in questo senso. In molteplici ricostruzioni dottrinali108 questa è individuata attraverso la combinazione di un criterio soggettivo, quello dell’appartenenza del                                                                                                                

104 “ (…) entrambe le proprietà, privata e pubblica, assumono rilievo ontológico: la prima

quale attributo essenziale dell’individuo, determinante la sua identità; la seconda quale attributo determinante l’identità politica e la dimensione territoriale del potere dello Stato” in

Pietro Perlingieri La gestione del patrimonio pubblico: dalla logica dominicale alla

destinazione funzionale in Mattei Reviglio Rodotà, I beni pubblici dal governo democratico dell’economia cit. p. 98.

105 “(…) si deve invece dire (…) che la proprietà individuale non è per nulla diversa dagli altri

istituti giuridici, nel senso che essa è uno strumento creato dall’uomo, in presenza di determinanti storiche reali (..)” Massimo Severo Giannini, I beni pubblici cit. p. 6, su altre

forme di appartenenza presenti in Italia, Paolo Grossi, Un altro modo di possedere:

l’emersione di forme alternative di proprietà cit. pp. 191 ss.

106 Della proprietà collettiva si tratterà nel capitolo 2.

107 Scrive Giannini: “(…)si escogitò il concetto di “proprietà pubblica”, con il quale si

ritenne di poter sistemare quasi tutto, vedremo poi che in realtà esso non è niente più che un’espressione verbale, con cui non si è riusciti a spiegar nulla, e che sotto l’espressione seguita a circolare per proprio conto una fervida e complessa realtà giuridica” Massimo

Severo Giannini I beni pubblici cit. p. 7.

108 Senza nessuna pretesa di esaustività si citano solo alcune delle ricostruzioni dottrinali. La qualificazione dei beni pubblici attraverso i criteri, soggettivi e oggettivi si ritrova nella prospettazione di Vincenzo Caputi Jamberghi: “L’elemento soggettivo soggettivo del rapporto

giuridico tra autorità, collettività dei soggetti interessati alle utilità della cosa e bene pubblico, influenza e condiziona, infatti, i connotati giuridici che sono tipici della proprietà in misura assai notevole, come conferma l’orientamento dottrinale più condiviso. Beni pubblici confluiscono nella categoria di beni di interesse pubblico ed è proprio la loro appartenenza allo Stato e agli altri enti a caratterizzarne il regime giuridico in misura preponderante nel senso del dovere anziché in quello del diritto.” in Vincenzo Caputi Jamberghi voce Beni pubblici in Enc. giur. Treccani, V, Roma, 1984 p 2, così come in quella di Sabino Cassese, che

scrive “il criterio di identificazione oggettivo, in base alle categorie, si somma ad un criterio

soggettivo, nel senso che saranno sottoposti al regime del demanio tutti i beni della categoria che appartengono allo Stato”, in Sabino Cassese I beni pubblici, circolazione e tutela Milano,

bene ad enti pubblici, e attraverso un criterio oggettivo, variamente configurato. Fra gli altri, Sandulli109 e Giannini110 lo individuano l’uno nel realizzare direttamente un interesse pubblico, l’altro nel fornire un’utilità a una collettività pubblica.

La categoria è costruita come contraltare di una proprietà che ancora non è conformata dai vincoli che la funzione sociale111 avrebbe

portato con sé. I beni pubblici sono tali in quanto vengono sottratti al regime di diritto comune, e quindi in primis al regime di proprietà privata, per garantire “interessi esterni alla proprietà, ossia quelli diffusi fra la generalità dei cittadini” 112.

Si individuano nello Stato e negli enti pubblici i soggetti deputati ad avere la titolarità di questi beni, e si stabiliscono alcune regole circa la

disciplina, costituendo la categoria del demanio come

extracommercium e quella del patrimonio indisponibile come caratterizzata dal vincolo del bene alla destinazione.

In questo quadro il soggetto pubblico svolge un ruolo centrale nella realizzazione degli interessi della collettività; esso prende le decisioni circa la scala di valori in base alla quale individuare gli interessi cui accordare priorità, fissa le modalità con cui sfruttare le utilità dei beni, sceglie il modus di tutela degli interessi diffusi cui si è poc’anzi accennato.

Il soggetto pubblico – non privo di interessi propri – diventa una sorta di intermediario fra l’interesse diffuso dei cittadini e la sua                                                                                                                

109 Aldo M. Sandulli individua i beni pubblici come quei beni che hanno la caratteristica “di

realizzare direttamente essi stessi, un interesse pubblico, inerente di volta in volta alle comunicazioni, alla produzione, alla cultura (…), nonché di essere, appunto in relazione a ciò, soggetti a un particolare regime pubblicistico” e la cui titolarità spetta a enti pubblici, in Aldo

M. Sandulli Beni pubblici, in Enc. Dir. V, Milano, 1959 p. 280.

110 “in senso oggettivo un bene è pubblico in quanto fornisce una utilità ad una collettività

pubblica” Massimo Severo Giannini, I beni pubblici cit. p. 10. 111 Si veda il paragrafo 3.

112 Antonio Gambaro, Gli statuti dei beni pubblici in Mattei Reviglio Rodotà, I beni pubblici

dal governo democratico cit. p. 60, scrive: “se l’unica forma di proprietà riconosciuta dall’ordinamento è quella che assegna necessariamente al proprietario poteri assoluti e dispotici sulla cosa, vi è un solo modo per salvaguardare gli interessi esterni alla proprietà, ossia quelli diffusi tra la generalità dei cittadini, ed è quello di assegnare la proprietà del bene ad un ente pubblico e predisporre per essa un regime differenziato dal diritto comune”.

realizzazione. Si è detto che “(…) l’ente territoriale, anche quando agisce (…) nella cura di interessi di cui è rappresentativo, è pur sempre un pubblico potere. Esso quindi, ha una sua volontà, che è quella dei suoi amministratori, e non è certo quella dei componenti la collettività”113. Questo profilo appare come centrale se si considerano le differenti possibili opzioni di politica legislativa, che possono configurarsi come molto diverse fra loro, finanche opposte.

Cercando dunque di individuare i caratteri fondamentali della categoria dei beni pubblici, questi sembrano sostanziarsi nella loro sottrazione al regime di diritto comune, e d’altra parte nella funzionalizzazione della loro gestione in un’ottica di soddisfazione dei bisogni delle collettività pubbliche.

A partire dal processo di funzionalizzazione114 che investe la

proprietà privata, anche nella dottrina che si occupa dei beni pubblici discorso centrale diventa il concetto di destinazione, e quello di vincolo115. Quest’impostazione porta all’elaborazione dottrinale della categoria dei beni d’interesse pubblico116, che guarda non alla titolarità, bensì all’interesse che attraverso il bene può essere realizzato.

In ordine al secondo carattere distintivo della categoria dei beni pubblici due possono essere le considerazioni: da una parte si trova la dottrina117 che costruisce la nozione di proprietà pubblica nel senso del dovere – in opposizione a quella privata costruita come diritto – considerando che la proprietà è pubblica in quanto i beni che essa investe sono funzionale alla realizzazione di interessi diffusi della –o delle – collettività. In questo senso si può dire che la proprietà pubblica nel progetto costituente della costruzione dello Stato sociale si struttura

                                                                                                               

113Massimo Severo Giannini, I beni pubblici cit. p. 53. 114 Si veda il paragrafo 3.

115 Antonio Gambaro, Gli statuti dei beni pubblici cit. p. 63.

116 Per un primo inquadramento: Luciano Orusa voce Beni d’interesse pubblico in Enc. Giur. 117 Fra gli altri, Vincenzo Caputi Jamberghi voce Beni pubblici cit. p. 2.

come funzionale all’effettività dei diritti fondamentali garantiti dal dettato costituzionale.

In secondo luogo si rileva come negli ultimi due decenni imponenti politiche di dismissione dei beni pubblici hanno alterato la loro funzione in relazione alla soddisfazioni di interessi delle collettività. Negli anni ’90 si inizia una politica dismissiva su larga scala dei beni pubblici, che arriva a permettere l’alienazione di beni demaniali.118 Questa linea di tendenza è dovuta da una parte alla “necessità di adempiere gli obblighi imposti dal sistema comunitario”, dall’altra alla “ideologia dell’efficienza assoluta dei modelli privatistici”119, che sottende il pensiero per cui non sia utile sottrarre alcunchè al regime di diritto comune, che, attraverso i meccanismi del mercato, sono soddisfatti anche gli interessi della collettività. Quest’ultima considerazione si inserisce in un contesto in cui la funzione della proprietà privata diventa interna al mercato e alla concorrenza, concepiti come funzionali al pieno sviluppo della persona umana120.