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La proposta della Commissione Rodotà

3 (Segue) Beni, impresa e sue trasformazion

4 I beni pubblici e le loro classificazion

4.4 La proposta della Commissione Rodotà

La proposta della Commissione Rodotà141 muove anch’essa da una prospettiva sostanzialistica: da una parte, come già si è detto142, articola la nozione di bene giuridico su quella di utilità, dall’altra ristruttura completamente la categorizzazione sistematica dei beni pubblici, concepiti in una prospettiva di attuazione del dettato costituzionale, e in particolare con gli articoli 1, 2, 3, 5, 9, 41, 42, 43 della Costituzione.

La categoria dei beni pubblici continua ad essere individuata attraverso l’appartenenza, mentre cambia rispetto all’impostazione dottrinale tradizionale il profilo oggettivo, che viene chiaramente individuato attraverso la natura e la funzione dei beni, in funzione dell’attuazione degli articoli della Costituzione poc’anzi citati.

Fra questi preliminarmente pare opportuno soffermarsi – molto superficialmente – sugli articoli 2, garanzia dei diritti fondamentali, e sull’articolo 3, che introduce nel nostro ordinamento il principio dell’uguaglianza sostanziale. In riferimento all’articolo 2, si ricollegano le utilità dei beni all’effettività di quei diritti fondamentali che la Costituzione tutela al massimo grado; il generico riferimento della dottrina tradizionale ad un “interesse pubblico” sembra qui concretarsi nel dovere delle istituzioni pubbliche di sfruttare le utilità dei beni pubblici in funzione della tutela e dell’effettività dei diritti garantiti ex art 2.

Con riguardo al riferimento all’articolo 3, questo appare centrale in particolar modo con riguardo alla regolamentazione dell’accesso ai beni e della fruizione delle loro utilità, che deve rispondere a criteri di uguaglianza sostanziale, in quanto il modus dell’accesso e della fruizione devono essere funzionalizzati al “compito della Repubblica” di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,                                                                                                                

141 Sull’istituzione della Commissione e sui suoi membri si veda il paragrafo 1.4. 142 Si veda il paragrafo 1.4.

limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana (…)” (articolo 3 cost. II comma).

Fatte queste premesse la classificazione proposta nel disegno di legge prevede la distinzione dei beni pubblici in tre categorie: i beni ad appartenenza pubblica necessaria, i beni pubblici sociali e i beni pubblici fruttiferi.

I beni ad appartenenza pubblica necessaria, sono identificati per il fatto che soddisfano interessi generali fondamentali, la cui cura è affidata allo Stato e agli enti pubblici territoriali. La norma fornisce un elenco esemplificativo di tali beni e ne prevede la non usucapibilità, la non alienabilità e forme di tutela amministrativa e giudiziale.

Per quanto riguarda i beni pubblici sociali, questi sono definiti in base alle utilità essenziali, che sono quelle destinate a soddisfare bisogni corrispondenti ai diritti civili e sociali della persona. Anche in tal caso, l’elenco è esemplificativo. La norma prevede un vincolo reale di destinazione pubblica e ne subordina i casi di cessazione alla condizione che gli enti pubblici titolari del potere di rimuoverlo assicurino il mantenimento o il miglioramento della qualità dei servizi sociali erogati.

I beni pubblici fruttiferi sono costruiti come una categoria residuale, in cui rientrano i beni che non sono inquadrabili in una delle due categorie precedentemente esposte. La norma regola i casi e le procedure di alienazione, vincolandole alla dimostrazione del venir meno della necessità dell’utilizzo pubblico dello specifico bene e dell’impossibilità di continuarne il godimento in proprietà con criteri economici. I proventi derivanti dall’alienazione di questi beni non possono essere imputati alla spesa corrente.143

                                                                                                               

143 Per una trattazione più approfondita si veda Edoardo Reviglio in Per una riforma del

Gli indirizzi che emergono dalla lettura dei lavori della Commissione Rodotà paiono rinvenirsi da una parte nell’accoglimento di una prospettiva che guarda ai beni in relazione alle loro utilità, di cui già si è detto144, dall’altra nella strutturazione dela materia dei beni pubblici in modo tale da garantire che “il governo pro tempore non ceda alla tentazione di vendere beni del patrimonio pubblico, per ragioni diverse da quelle strutturali o strategiche, legate alla necessaria riqualificazione della dotazione patrimoniale dei beni pubblici del Paese, ma per finanziare spese correnti”145. Sembrano vertere in questo senso la norma secondo cui il regime previsto per le singole categorie può essere derogato o modificato “solo in via generale ed espressa e non tramite leggi speciali o concernenti singoli tipi di beni.”146, la disciplina sulla cessazione del vincolo di

destinazione dei beni pubblici sociali e quella sull’alienazione dei beni pubblici fruttiferi, dell’utilizzazione di beni pubblici da parte di un privato147.

Queste ultime previsioni assumono un ruolo centrale se si considera la tendenza alla dismissione del patrimonio pubblico che ha guidato molti governi a partire dagli anni Novanta, e che in questi ultimi anni è stata utilizzata al fine di ridurre il debito pubblico all’interno dei parametri stabiliti dall’Eurosistema.148

La proposta della Commissione Rodotà mette in luce la connessione fra regimi dei beni e diritti fondamentali; nel prossimo paragrafo si                                                                                                                

144 Si veda il paragrafo 1.4.

145 Così si legge nella Relazione di accompagnamento al Disegno di legge delega.

146 Art 1 comma II dello schema di disegno di legge delega al Governo per la novellazione del Capo II del Titolo I del Libro III del Codice Civile.

147 L’articolo 1 comma III lett e) del Disegno di legge delega dispone: “Tutte le utilizzazioni di

beni pubblici da parte di un soggetto privato devono comportare il pagamento di un corrispettivo rigorosamente proporzionale ai vantaggi che può trarne l’ utilizzatore individuato attraverso il confronto fra più offerte. Nella valutazione delle offerte, anche in occasione del rinnovo, si dovrà in ogni caso tenere conto dell’ impatto sociale ed ambientale dell’ utilizzazione. La gestione dei beni pubblici deve assicurare un’adeguata manutenzione e un idoneo sviluppo anche in relazione al mutamento delle esigenze di servizio.”.

148 I limiti sono il 3% nel rapporto deficit/PIL e il 60% nel rapporto debito/PIL. Sulla relazione tra debito pubblico e politiche in materia di beni pubblici si veda la parte seconda del libro Mattei Reviglio Rodotà, I beni pubblici dal governo democratico dell’economia alla riforma

del Codice Civile, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 2010, e ivi, in particolare per una

voce critica sul metodo delle privatizzazioni per abbattere il debito, Daniele Franco, Il debito

tratterà tenterà di indagare questa connessione, in relazione alla distinzione fra beni privati e beni pubblici.

5 Il significato della tradizionale distinzione tra beni