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103 Frisch aus der Schreibmaschine

3.2. Habitus e maschera L’immagine pubblica

3.2.1. Bertolt Brecht

Brecht gebrauchen, ohne ihn zu kritisieren, ist Verrat.358

Sia in ambito letterario che iconografico è infatti necessario chiamare in causa uno fra i principali, quanto controversi e complessi, modelli mülleriani, ovvero Bertolt

356 Rüter, C., Cameos, 2008.

357 Wer raucht sieht kaltblütig aus /Trad.: E forse fumare è un veicolo dello stoicismo. Nell’Ui di

Brecht c’è una frase: “Chi fuma sembra avere sangue freddo.” E chi fuma diventa a sangue freddo.

358 Welzel, K., Utopieverlust - Die deutsche Einheit im Spiegel ostdeutscher Autoren, Verlag

Königshausen & Neumann, Würzburg 1998, p. 220/ Trad.: Utilizzare Brecht senza criticarlo è un tradimento.

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Brecht, che resterà un punto di riferimento costante all’interno di questo lavoro come oggetto di numerose conversazioni pubbliche, nonché una delle principali fonti delle citazioni mülleriane.

Wirklich er lebte in finsternen Zeiten. Die Zeiten sind heller geworden. Die Zeiten sind finsterer geworden. Wenn die Helle sagt, ich bin die Finsternis Hat die Wahrheit gesagt.

Wenn die Finsternis sagt, ich bin Die Helle, lügt sie nicht.359

È proprio con una citazione dalla celebre An die Nachgeborenen (1956)360 che Müller celebra il più celebre “Kristallisationspunkt” del panorama teatrale tedesco del ‘900, nonché il proprio principale modello e antagonista, in occasione della sua morte, nel 1956, osservando il mutare dei tempi, e lasciando presagire le difficoltà e le

condraddizioni interne alla costruzione dello stato socialista tedesco, che il poeta di Augusta aveva potuto unicamente intravedere negli eventi del 1953.

In die Städte kam ich zu der Zeit der Unordnung Als da Hunger herrschte.

Unter die Menschen kam ich zu der Zeit des Aufruhrs Und ich empörte mich mit ihnen.

So verging meine Zeit

Die auf Erden mir gegeben war.

Mein Essen aß ich zwischen den Schlachten.361

Recita la celebre dedica alle generazioni future, in cui è ancora possiblie leggere il coinvolgimento diretto dell’autore, che si pone non come oggetto, ma come soggetto della storia, nonché l’utopia di un teatro politico, che, ancora nel 1939, vede nel teatro la funzione di mediazione tra soggettività e collettività, con un preciso intento didattico, come si evince dalla stessa concezione brechtiana del Lehrstück362.

359 W 1, p. 36.

360 Brecht, B., An die Nachgeborenen, in “Die neue Weltbühne”, Paris 1939. / Trad.: Davvero, ha

vissuto in tempi bui. I tempi sono divenuti più chiari. I tempi sono divenuti più bui. Se la luce dice io sono il buio afferma il vero. Se il buio dice io sono la luce non mente.

361 Ibid./ Trad. di Franco Fortini, da Brecht, B., Ai posteri, in Poesie politiche, Einaudi, Torino

2015, p. 290: Nelle città venni al tempo del disordine/ Quando la fame regnava./ Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte/ E mi ribellai insieme a loro./ Così il tempo passò/ Che sulla terra m’era stato dato./ Il mio pane, lo mangiai tra le battaglie.

362 Riguardo al rapporto fra Müller e il Lehrstück brechtiano si veda Gatti, L., Erinnerung an die

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Insieme a Shakespeare, e forse ancor di più, l’autore di Mutter Courage363 ha rappresentato la principale fonte di emulazione, nonché la principale ossessione mülleriana in ambito letterario, e non solo, come dimostrano i primi drammi, come

Lohndrücker e Die Umsiedlerin, scritti nel segno dell’utopia socialista, alla risposta a Furcht und Elend des Dritten Reiches364 contenuta in Die Schlacht (1974), fino alle

esplicite riletture e manipolazioni del materiale di Fatzer (1978).

Se ancora oggi numerosi sono gli esempi che vedono, a nostro parere

erroneamente, nell’autore di Hamletmaschine il diretto epigono di Brecht, come è Müller a raccontare all’interno della propria autobiografia, da lui stesso definita “una guerra senza battaglia” a sottolineare la posizione politica ben più controversa di quella del fondatore del nuovo Berliner Ensemble, Bertolt Brecht ha costituito per la sua formazione e per la sua carriera, allo stesso tempo, un punto di riferimento e un pensiero costante, al quale attingere e dal quale fuggire. Se infatti il trasferimento a Berlino Est non ebbe inizialmente altro obiettivo se non quello entrare a far parte della compagnia brechtiana, il commento retrospettivo dell’autore di Quartett, in grado di distinguersi già nei primi anni ’50 per il proprio spirito critico e per la forte esigenza di indipendenza artistica, è stato: “Gott sei Dank ging das schief.”365

All’interno delle conversazioni con Alexander Kluge, l’onnipresente poeta di Augusta è uno dei protagonisti, insieme a Ernst Jünger, dell’intervista dedicata alle esperienze di vita legate al potere, e dunque all’inevitablie brutalità insita nell’essere umano, ovvero Geist, Macht, Kastration366.

È proprio all’interno di una delle numerose sedute psicoanalitiche con il regista di Halberstadt che il fondatore del nuovo Berliner Ensemble viene descritto nei suoi ultimi anni di vita in una giovane DDR in costruzione come un modello paterno, virile, potente e irritabile, nonché espressione, insieme al padre naturale del drammaturgo di Eppendorf,

(2014) 3, 2014, pp. 344-369. Qui viene posto l’accento sulla svolta che gli anni ’70 hanno

rappresentato per la produzione mülleriana, in cui la storia, che non abbandona mai il primo piano, inizia ad essere rappresentata sotto mentite spoglie, sottoponendo il lettore ad enigmi e depistaggi. Luciano Gatti, che sottolinea in questa sede la vicinanza microstrutturale fra Müller e Kafka, vede in Quartett la prima chiara manifestazione di tale fenomeno. Seguendo le parole dello stesso Müller (W 9, p. 248) infatti, quella che viene proposta al pubblico attraverso la rielaborazione delle Liaisons Dangèreuses è una riflessione sul terrorismo, in cui il materiale utilizzato, almeno superficialmente, non ha niente a che vedere con il tema trattato.

VERABSCHIEDUNG DES LEHRSTÜCKS (si veda W 8, p. 187) rappresenta la presa di distanza formale da parte di Müller nei confronti del modello brechtiano. La motivazione fornita a Markus SteinWeg è, già nel 1977, la scomparsa del teatro, della sua funzione collettiva e del suo pubblico di riferimento. Tutto ciò che è rimasto sono singoli testi che aspettano la storia, ovvero il

riappropriarsi della storia da parte dei singoli individui.

363 Brecht, B., Mutter Courage und Ihre Kinder, Suhrkamp, Frankfurt am Main, 2010. 364 Brecht, B., Furcht und Elend des Dritten Reiches, Aufbau Verlag, Berlin 1948. 365 W 9, p. 64. / Trad.: Per fortuna è andata male.

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dell’ossessione del tradimento, in questo caso ideologico. Allo stesso tempo, le stesse conversazioni con Kluge rappresentano un’ulteriore conferma dell’importanza di Brecht dal punto di vista teatrale, come dimostra l’ossessione per il frammento Fatzer, che vede l’annullamento degli schieramenti militari e politici davanti alla natura intrinseca dell’essere umano, fornendo, già nel 1939, una critica della civiltà in grado di prevedere gli eventi della seconda Guerra mondiale e di risultare ancora attuale nel 1990, che dal punto di vista filosofico. Questo è il principale aspetto che si riscontra all’interno delle conversazioni Die Stimme des Dramatikers e Herzkönigin am jünsten Tag, in cui il drammaturgo della DDR vede nel proprio teatro il tentativo di prosecuzione di quello che per Brecht è rimasto unicamente un sogno, ovvero la scomposizione della realtà in segmenti, lasciando allo spettatore la libertà di plasmarne una nuova, attraverso la ricomposizione:

Die Realität sehen kann man nur, wenn man sie in Teile zerlegt, in Segmente zerlegt. Wenn jeder Zuschauer die Möglichkeit hat, sie neu zusammenzusetzen, diese Segmente, zu eigenen Realität, in Verbindung auch mit der eigenen Traumrealität. Das wäre das ideale Theater. Ob wir das noch erleben, weiß ich nicht. Das war auch ein Traum von Brecht, und er hat es nie gemacht. Weil das Schreckliche ist am Theater, du stehst einem Apparat gegenüber, der einen ungeheuren Sog, eine ungeheuere Macht hat.367

Vedremo nei capitoli centrali di questo lavoro, in cui torneremo più volte a chiamare in causa il Fatzer-Fragment, come questo aspetto rappresenti il nucleo della poetica, sia di Müller, che dell’autore di Geschichte und Eigensinn, ovvero lo stesso Alexander Kluge, attraverso il quale si avrà modo di analizzare anche il ruolo del poeta di Augusta nel pensiero storico mülleriano.

Emblematica, invece, riguardo al conflittuale rapporto di Müller con il proprio

predecessore è l’intervista Man muss nach der Methode fragen368 in cui Müller analizza con Werner Heinitz il fatale parricidio artistico, necessario per la propria indipendenza e autorialità, definendo Brecht, più che un maestro, un “impianto di depurazione”369, ovvero un filtro attraverso il quale catalizzare il proprio materiale per creare un teatro del conflitto. Come vedremo, il poeta di Augusta manterrà questa funzione anche all’interno

367 Herzkönigin am jünsten Tag, 9.10.1995. / Trad.: La realtà è visibile solo se la si suddivide in

parti, in segmenti. Quando ogni spettatore ha la possibilità di ricomporre questi segmenti in una realtà propria, connessa anche alla propria realtà onirica. Questo sarebbe il teatro ideale. Non so se lo vivremo ancora. Questo era anche un sogno di Brecht, e non ci è mai riuscito. L’aspetto più inquietante del teatro, infatti, è che ci si trova davanti a un apparato estremamente forte, in grado di risucchiarci.

368 GI 2, p. 26. 369 Ibid., p. 27.

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delle conversazioni pubbliche mülleriane, costiuendo molto spesso la fonte, anche non dichiarata, delle citazioni utilizzate come enigmatica risposta.

Se Brecht rappresenta per Heiner Müller un’importante fonte di aneddoti, poetica e materiale in ambito letterario e teatrale, quanto una figura controversa e una pesante eredità da cui mantenersi indipendente, come si legge nella conversazione pubblica con Frank Michael Raddatz, Ich wünsche mir Brecht in der Peep-Show370, è necessario tenere presente il suo ruolo di principale punto di riferimento della realtà intellettuale, in

particolar modo a Berlino Est, negli anni della fondazione della DDR. Si potrebbe dunque affermare che, sotto alcuni aspetti, l’ultimo direttore del Berliner Ensemble, quando questi faceva ancora parte della Repubblica Democratica Tedesca, abbia voluto cercare una continuità iconografica con il proprio modello e predecessore. Se la massima identificazione sul piano autobiografico verrà raggiunta da Müller con il personaggio del pensatore Keuner, come si avrà modo di approfondire nei capitoli seguenti, un primo elemento degno di nota è dato dall’immagine che Brecht dà di se stesso all’interno di Von

armem B.B. messa a confronto con l’habitus mülleriano, in cui si riscontrano numerosi

punti in comune:

In der Asphaltstadt bin ich daheim. Von allem Anfang Versehen mit jedem Sterbsakrament:

Mit Zeitungen. Und Tabak. Und Branntwein. Mißtraurisch und faul und zufrieden am End.371

Nel saggio Fotografie und Lyrik. Beobachtungen zu medialen

Selbstinszenierungen Bertolt Brechts, Hans-Harald Müller mostra in prima pagina una

fotografia372 dell’autore di Mutter Courage (1939) del 1927, ritratto con il sigaro in bocca e il tipico cappotto di pelle alla moda, elementi costantemente presenti nell’habitus brechtiano. Come nota Hans-Harald Müller, l’abbigliamento di Brecht rappresenta una vera e propria uniforme, che “nasconde il corpo e incorpora un programma”373,

definizione che, come la seguente, ben descrive anche l’autorappresentazione mülleriana:

370 LN, pp. 59-79.

371 Brecht, B., Hauspostille, Suhrkamp, Berlin 1961. / Trad. di Franco Fortini, da Brecht, B.,

Poesie, Einaudi, Torino 2005: Nella città d’asfalto mi sento a casa mia./ Munito dall’inizio di ogni sacramento di morte: di giornali, tabacco e acquavite. Sono pigro e diffidente ma contento.

372 Künzel, C., Schönert, J., (Hg.), Autorinszenierungen. Autorschaft und literarisches Werk im

Kontext der Medien, Königshausen&Neumann, Würzburg 2007, p. 79.

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Die Simultaneität von Selbstdarstellung und Versteck, das Verlangen nach

Unbesehbarkeit und Unsichtbarkeit es ist ein Charakteristikum der Selbstinszenierungen Bert Brechts, das uns in seiner Lyrik wieder begegnen wird.374

È infatti proprio basandosi sulle parole di Hans Harald Müller che è necessario

avvicinarsi all’argomento del sottocapitolo successivo, ovvero l’iconografia dell’habitus mülleriano in ambito mediatico.

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