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III. L’evoluzione dei sistemi di reportistica: dal bilancio sociale al bilancio

III.3 Il Bilancio di sostenibilità

Il bilancio di sostenibilità o socio – ambientale è il documento di sintesi sugli impatti finanziari, economici, ambientali e sociali derivanti dall’azione aziendale. Per tale motivo si parla di rendicontazione di tipo triple bottom line128.

L’impostazione settoriale del bilancio sociale e ambientale non permette un confronto trasversale che metta in relazione le ricadute sociali delle politiche ambientali e le

125 PASTORELLI ES., “I modelli di rendicontazione socio – ambientale”, cap 2, 2010, pag. 96, tratto dal sito: siba-ese.unisalento.it/index.php/phdpastorelli/article/download/11141/10269 126 PASTORELLI ES., “I modelli di rendicontazione socio – ambientale”, cap 2, 2010, pag. 97, tratto dal sito: siba-ese.unisalento.it/index.php/phdpastorelli/article/download/11141/10269 127 TENUTA P., “Indici e modelli di sostenibilità”, FrancoAngeli, Milano, 2009, pag. 87. 128

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ricadute ambientali delle politiche sociali, cosa che è possibile nella realizzazione del bilancio di sostenibilità. L’utilità di questo strumento è legata:129

 al miglioramento dei processi di governo, rendendo possibile la gestione della conflittualità tra le variabili economica, sociale ed ambientale;

 al perfezionamento dei processi di integrazione delle politiche settoriali;

 all’analisi degli elementi di conflitto tra le politiche ambientali, sociali ed economiche e dell’equilibrio raggiunto;

 alla maggiore trasparenza della rendicontazione e al maggior coinvolgimento degli stakeholder sia interni che esterni all’organizzazione.

La mancanza di un modello legislativo di riferimento per la redazione di tale bilancio, che fino al 2017, come detto nella seguente trattazione, avveniva, per tutte le organizzazioni, su base volontaristica, ha generato problemi riguardanti la selezione delle informazioni rilevanti da fornire e l’uniformità e confrontabilità delle stesse. Per questo, fin dalla fine degli anni ’90, si sono diffuse numerose iniziative per la definizione di metodologie e standard di rendicontazione, a testimonianza della crescente sensibilità delle organizzazioni, del mondo accademico, e dei professionisti relativamente alle tematiche suddette130.

La presenza di numerosi documenti, linee guida, standard, spesso non coerenti tra loro, genera il rischio che si aggiungano ulteriori informazioni nei reports invece di selezionarle sulla base dei principi condivisi di rilevanza, materialità, coerenza e attendibilità131.

Gli standard maggiormente accreditati da parte della comunità accademica e professionale sono:132

 le linee guida della Global Reporting Initiative (GRI);  la norma internazionale UNI ISO 26000 del 2010;  lo standard di processo AA 1000;

 il modello elaborato a livello nazionale dal Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale (GBS).

Secondo l’ultima indagine condotta da KPMG, “The KPMG Survey of Corporate

Responsibility Reporting”2015133

, che ha analizzato le prime 250 aziende (G250)

129 TENUTA P., “Indici e modelli di sostenibilità”, FrancoAngeli, Milano, 2009, pag. 89. 130

BISIO L., “Comunicazione aziendale di Sostenibilità Socio-Ambientale”, G.Giappichelli, Torino, 2015, pag. 16.

131 Sull’argomento di rimanda al paragrafo II.1

132 BISIO L., “Comunicazione aziendale di Sostenibilità Socio-Ambientale”, G.Giappichelli, Torino, 2015, pag.17-18.

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incluse nel Global Fortune 500 e le 100 aziende di maggiori dimensioni per reddito di 45 paesi (N100), per un totale di oltre 4500 aziende, circa tre quarti (73%) delle aziende svolge attività di reporting sulla responsabilità sociale d’impresa (considerando l’insieme dei bilanci e delle forme di rendicontazione sociale, ambientale e di sostenibilità). Lo studio svolto da KPMG ogni 3 anni e basato sulle informazioni rese pubbliche dalle aziende sulle loro strategie e attività di Corporate Responsibility (CR), ha registrato un piccolo incremento dal 2013 (71%). Questo suggerisce che la crescita futura del trend di tale rendicontazione sarebbe stata lieve se non si fosse introdotto un obbligo legislativo di rendicontazione come è avvenuto con la direttiva 2014/95/UE. Il tasso attuale di CR tra il campione di imprese G250 è del 92%. Negli ultimi quattro anni d’indagine (2011-2015) questo tasso ha oscillato tra il 90 e il 95 per cento. Ciò è dovuto principalmente alla composizione del cambiamento della lista G250 infatti rispetto al 2013, nel 2015 sono stati introdotti nel sondaggio quattro nuovi paesi: Repubblica Ceca, Irlanda, Oman e Perù. KPMG si aspetta che i tassi segnalati restino a questo livello anche per il prossimo futuro.134

Tuttavia, dallo studio della KPMG emerge che il Global Reporting Initiative (GRI) sia ormai diventato il punto di riferimento principale per lo sviluppo dei sistemi di reportistica di sostenibilità delle imprese. Sono infatti il 72% (2013: 74%) le aziende che utilizzano le linee guida GRI, risultando maggiormente diffuso tra le aziende di maggiori dimensioni essendo infatti i tre quarti (74%) del campione G250 ad usare il GRI con un calo dall'81 per cento dal 2013 dovuto presumibilmente all’introduzione del quadro GRI G4 che potrebbe essere considerato più complesso rispetto al precedente GRI o potrebbe essere dovuto alle aziende che riferiscono informazioni CR nel rapporto annuale o integrato.

Questi dati rappresentano un risultato importante, in quanto mostra chiaramente come la maggior parte delle imprese mondiali ormai si confrontino sulla base di uno standard comune che pone un chiaro accento sulle politiche e strategie di medio-lungo periodo delle organizzazioni relativamente alle tre dimensioni della sostenibilità: economica, sociale e ambientale. Tuttavia, è ormai evidente che la Corporate Responsibility non si esaurisce nell’adesione a standard normativi o codici di condotta, ma deve costituire un approccio gestionale che, promosso dai vertici aziendali, pervada in toto le organizzazioni aziendali. Attualmente, solo la minoranza delle aziende descrive qual è il 133 A tal proposito si veda: http://www.kpmg.com/crreporting

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rapporto tra i propri sistemi di Corporate Governance e la CR e sebbene il collegamento naturale tra Governance e Responsibility sia evidente, sono ancora poche le aziende che lo riconoscono formalmente.

La Corporate Responsibility dovrebbe essere completamente integrata con il sistema di Corporate Governance, il cui elemento essenziale è la mitigazione dei rischi attraverso

decisioni che tutelano gli interessi dei diversi stakeholder dell’azienda. Infatti, la CR consente di gestire al meglio i rischi, attraverso l’analisi integrata dei tipici risultati economico-finanziari con quelli ambientali, sociali e reputazionali. Nonostante queste considerazioni, un numero ancora limitato di imprese (solo il 43% delle aziende G250 e il 29% delle aziende N100) mostra un collegamento tra il risk management e la CR. Il riconoscimento della CR come elemento strategico all’interno del sistema di gestione aziendale ha portato, circa il 50% delle società analizzate, alla costituzione di comitati o di unità aziendali specifiche per la gestione della Corporate Responsibility. Sebbene quasi tutte le aziende G250 che pubblicano un report di sostenibilità dichiarino la propria strategia di CR, una percentuale minore è dotata di un efficace sistema di gestione e monitoraggio delle performance socio - ambientali. Questo potrebbe indicare un gap tra le aspirazioni strategiche e l’effettiva implementazione delle strategie dichiarate. A livello strategico, il 6% delle aziende G250 coinvolge attivamente il CEO o il Board nella definizione delle attività di CR, mentre una percentuale di poco maggiore (13%) ha affidato la gestione delle pratiche di CR a comitati specifici135.

135 Tutti i dati qui riportati sono tratti da: “The KPMG Survey of Corporate Responsibility Reporting”2015

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Fig.4 Rielaborato da “The KPMG Survey of Corporate Responsibility Reporting 2015”, pag.30

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