• Non ci sono risultati.

Il bilancio di sostenibilità come efficace strumento di stakeholder engagement: il caso ASA S.p.a.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il bilancio di sostenibilità come efficace strumento di stakeholder engagement: il caso ASA S.p.a."

Copied!
120
0
0

Testo completo

(1)

~ 1 ~

Sommario

Prefazione ... 3

I. La comunicazione aziendale. ... 4

I.1 La comunicazione obbligatoria. ... 5

I.2 La comunicazione volontaria.... 8

I.2.1 Le finalità e il rapporto della comunicazione volontaria con l’ informativa obbligatoria. ... 9

I.2.2 L’evoluzione dei contenuti della comunicazione volontaria. ... 11

I.2.3 La comunicazione aziendale volontaria nella normativa europea. ... 12

I.3 La comunicazione derivata ... 15

II. L’impresa e la sostenibilità ... 17

II.1 Comunicare la sostenibilità: i principi di materialità, inclusività e rispondenza. ... 22

III. L’evoluzione dei sistemi di reportistica: dal bilancio sociale al bilancio integrato. ... 32

III.1 Il Bilancio sociale. ... 32

II.2.1 Lo sviluppo e la diffusione del bilancio sociale nel contesto internazionale ... 36

III.2 Il Bilancio ambientale. ... 38

III.3 Il Bilancio di sostenibilità ... 44

III.4 Il Bilancio Integrato ... 48

(2)

~ 2 ~

IV.1 La Global Reporting Initiative (GRI) ... 55

IV.2 Il Gruppo Bilancio Sociale (GBS) ... 61

IV.3 Lo standard AA1000 ... 66

IV.4 L’ISO 26000 ... 69

V. Il caso ASA S.p.a. ... 74

V.1 L’Azienda. ... 74

V.1.1 Il Servizio Idrico Integrato. ... 78

V.2 Il processo di restyling del bilancio socio-ambientale di ASA S.p.a. ... 85

V.2.1 Il valore aggiunto nel “Bilancio Socio Ambientale ASA 2016”. ... 108

V.2.2 ASA e la sostenibilità. ... 113

Conclusioni ... 115

(3)

~ 3 ~

Prefazione

L’evoluzione dei sistemi economico-sociali da semplici di tipo chiuso a sistemi via via più complessi, tipici delle società industriali e post-industriali, ha comportato un sempre maggiore flusso di relazioni, sia in termini quantitativi che qualitativi. Ciò ha sviluppato nel mondo aziendale un sistema di comunicazione che va ampliandosi ed arricchendosi sempre più relativamente ai contenuti, alle motivazioni e alle finalità, assumendo un ruolo sempre più importante nel processo decisionale. In tale contesto si amplia anche la sfera degli interlocutori a cui l’azienda si rivolge, estendendosi dal mercato di riferimento al coinvolgimento dei gruppi di interesse, i cosiddetti stakeholder, fino all’intera collettività, chiamata ad esprimere un giudizio sull’operato dell’azienda considerata investita di responsabilità sociale. In tale ottica, diviene fondamentale per le aziende assumersi un grado sempre crescente di responsabilità per potersi integrare nella società e per legittimare il proprio ruolo, da cui consegue la necessità di “plasmare” l’informativa in base alle diverse esigenze comunicazionali.

Il presente lavoro descrive l’evoluzione della responsabilità sociale d’impresa e dei modelli di comunicazione ad essa associati con particolare attenzione al tema della comunicazione di sostenibilità che trova la sua espressione nel bilancio ambientale. Infine descrive il processo che ha portato alla redazione del bilancio socio-ambientale di ASA S.p.a. che mi ha vista coinvolta in prima persona poiché oggetto del progetto di tirocinio nato da una collaborazione tra la Società e il dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa al quale ho partecipato durante l’anno accademico 2016-2017 e che ha dato l’incipit per la realizzazione della presente trattazione.

(4)

~ 4 ~

I. La comunicazione aziendale.

“La comunicazione è un processo nell’ambito del quale si produce un significato”.”1

Il significato prodotto, nella comunicazione aziendale, scaturisce dalla collaborazione tra l’azienda e i diversi interlocutori o meglio dalle considerazioni che questi ultimi fanno sulle base delle informazioni trasmesse dall’organizzazione verso l’esterno. In quest’ottica, assumono rilevanza particolare gli strumenti conoscitivi adoperati da tutti quei soggetti che sono interessati, direttamente o indirettamente, all’analisi e alla verifica degli andamenti aziendali.

L’impresa si configura, infatti, come un sistema aperto poiché vi è un continuo interscambio di influenze reciproche con l’ambiente circostante, pertanto più queste relazioni si fanno complesse più assume importanza la predisposizione di una politica di informazione per l’esterno. Comunicando all’esterno l’organizzazione vuole trasmettere i propri valori e condividerli con tutta la realtà che la circonda. Per fare questo, l’emittente deve far ricorso ad uno specifico canale per trasmettere il proprio messaggio ma anche ad un apposito linguaggio che verrà interpretato dal destinatario fornendo così un feedback all’azienda sul quale valutare l’efficacia dell’informazione fornita.

Esistono due tipi di informazioni trasmesse dall’azienda:2

 informazioni derivanti da disposizioni legislative o da rapporti contrattuali;  informazioni originate dall’iniziativa dell’impresa stessa.

Le prime alimentano la comunicazione obbligatoria e derivata, le seconde la comunicazione discrezionale o volontaria.

Considerando che alle scelte e decisioni del soggetto economico corrispondono scelte e decisioni dell’ambiente esterno, si rileva come sia nell’interesse dell’utente ricevere informazioni affidabili ma anche sottoponibili a forme di verifica e riscontro volte a ridurre l’asimmetria informativa esistente fra le due parti che è causa di forti distorsioni del mercato. E’ cosi che accanto alla comunicazione dovuta e voluta si configura quella derivata, che basandosi sui contenuti conoscitivi delle prime due e rielaborandoli, genera nuova informazione allo scopo di ricostruire uno schema sufficientemente attendibile degli andamenti aziendali.

1 DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore,1990, Milano, pag. 146.

2 DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore,1990, Milano, pag. 148.

(5)

~ 5 ~

I.1 La comunicazione obbligatoria.

L'informativa obbligatoria deriva da disposizioni normative previste dal legislatore. Oltre alle norme presenti nel Codice Civile, attinenti al bilancio d'esercizio e altri obblighi comunicativi, la normativa riguardante l'informativa obbligatoria è raccolta nel Testo Unico della Finanza (TUF), che deriva dal Decreto Legislativo 58/98 e dal suo regolamento attuativo numero 11520/98, deliberato dalla Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa)3 che disciplinano l’attività dei soggetti che operano nei mercati finanziari.

L’esigenza di imporre per legge un’offerta minima di informazioni alle imprese nasce dal fatto che le forze operanti nel mercato portano, autonomamente, ad una produzione di informazioni economico-finanziarie quantitativamente e qualitativamente insufficiente, e soprattutto ad una distribuzione non uniforme delle stesse tra i diversi soggetti interessati. A tal proposito si pensi al documento cardine dell’informativa obbligatoria, il bilancio di esercizio, nel quale il principio informatore della normativa è quello di tutelare gli interessi dei soggetti esclusi dal processo di formazione delle informazioni che lo compongono e di coloro che non hanno una rilevante forza contrattuale.4

Il sistema informativo di bilancio, infatti, implica l’esistenza di un unico documento, pubblicato annualmente, volto ad assolvere all’informazione dovuta e predisposto per delega del soggetto economico, il quale contiene un’informazione minima che non esaurisce le aspettative di tutti gli stakeholder. Inoltre le ipotesi di fondo su cui si basa la redazione del documento di esercizio conferiscono allo stesso un carattere di soggettività che non permette di rappresentare la realtà aziendale in modo del tutto obiettivo. Emergono così una serie di problematiche di comunicazione legate alla necessità dei destinatari di interpretare i contenuti dell’informativa di bilancio.

Nel rapporto tra l’informativa di bilancio e l’ambiente esterno si possono evidenziare i seguenti limiti:5

3 PERUCH F., Tesi di laurea, “La comunicazione aziendale: la nuova frontiera del Report Integrato”, anno accademico 2013/2014 dal sito https://scholar.google.it

4 DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990.

5 DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990, pag. 157.

(6)

~ 6 ~

 l’efficacia della comunicazione è legata alla comprensione della simbologia con la quale viene redatto il documento;

 nessuna classe di portatori di interesse soddisfa le conoscenze attese sulla realtà aziendale dalla sintesi di bilancio;

 i contenuti del bilancio nel caso essi siano pubblici non sempre vengono diffusi adeguatamente.

Il primo limite è aggravato dal fatto che il bilancio di esercizio è un canale di comunicazione dove non vi è feedback, si configura infatti come un messaggio unidirezionale. Avere un feedback aiuterebbe l’impresa a forgiare l’informazione sui bisogni degli stakeholder, coinvolgendoli ancor di più nel processo di comunicazione. Proprio perché il bilancio è uno strumento diretto ad un audience tanto più variegato quanto più si estende l’area di influenza dell’azienda, è necessario che il suo compilatore non faccia più riferimento ad un ipotetico lettore ma ad un pubblico di specialisti. E’ necessario, infatti, che siano stabiliti specifici criteri in modo che, chi elabora il messaggio conosca bene l’ambito di discrezionalità di cui dispone e chi lo riceve possa coglierne a pieno il significato e i limiti, onde evitare che l’estrema diversità di soggetti, a cui l’informativa obbligatoria si rivolge, porti alla perdita della qualità e capacità informativa del sistema di bilancio.6

La globalizzazione dei mercati, la crescente competitività che li caratterizza, l’internazionalizzazione che vede protagoniste le organizzazioni moderne e la velocità con cui oggi si trasmettono gli avvenimenti e il loro impatto sulla gestione aziendale hanno fatto sì che, per interpretare al meglio i dati di bilancio, sia necessario affiancare alla conoscenza della tecnica contabile anche quella dei fenomeni economici che influenzano le scelte e i risultati delle organizzazioni. Si sviluppano così forme di comunicazione e/o elaborazione dell’informazione volte a svolgere una funzione di supporto, permettendo una rilettura e reinterpretazione del bilancio da parte di soggetti tecnicamente preparati.7

Nell’ambito dell’ordinamento italiano i pubblici poteri si sono concentrati prevalentemente sulle società quotate.8 Ritenendo la comunicazione finanziaria come mezzo di tutela del risparmio si è cercato di migliorarne la capacità informativa

6 GIANCARLO DI STEFANO, “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990, pag. 158.

7 QUAGLI A., TEODORI C., (a cura di), “L’informativa volontaria per settori di attività”, FrancoAngeli, Milano, 2012, pag.51.

8 GIANCARLO DI STEFANO, “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990, pag. 167.

(7)

~ 7 ~

attraverso una serie di interventi innovativi che hanno riguardato: i bilanci consolidati di gruppo, le relazione semestrali, i dati che l’organo di controllo (Consob) può richiedere e la relazione di certificazione. Quanto detto trova fondamento nella Legge n. 216/1974 (e successive modifiche) di"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge

8 aprile 1974, n. 95, recante disposizioni relative al mercato mobiliare ed al trattamento fiscale dei titoli azionari".

La norma attribuisce alla Consob il potere di disporre la pubblicazione di “dati e notizie

necessari per l'informazione del pubblico in aggiunta a quelli risultanti dal bilancio e dalle relazioni, con esclusione di quelli la cui divulgazione possa essere di pregiudizio alla società salvo che ciò non induca in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali”.9 Si affermano così, il principio della prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato e il principio della completa disponibilità dell’informazione per il pubblico in ogni circostanza che risulti meritevole di evidenziazione e specificazione.10 E’ possibile quindi fare una prima distinzione delle informazioni obbligatorie tra tipiche e non, dove per quanto riguarda le prime ci si riferisce alle operazioni relative alla cosiddetta vita “normale” dell'azienda, mentre per quanto riguarda le seconde sono riferite a informazioni che devono essere date al verificarsi di determinati episodi e fatti rilevanti. I fatti rilevanti sono descritti nell'articolo 66 del regolamento attuativo della CONSOB e più in dettaglio nell'articolo 114 del TUF, dove vengono esposte le peculiarità degli eventi indicandoli (semplificando) come: fatti non resi noti al pubblico riconducibili all'operatività dell'impresa che possono influenzare significativamente i prezzi degli strumenti finanziari ( si parla infatti di informazioni privilegiate o price

sensitive)11. Tali fatti devono essere comunicati con tempestività al mercato.

A titolo esemplificativo è possibile riportare alcuni fatti che in funzione della loro natura e dimensione potrebbero configurarsi come rilevanti: ingresso/ritiro da un settore di business; dimissioni/nomina di consiglieri o sindaci; modifiche dei diritti degli strumenti finanziari quotati; controversie legali; operazioni sulle azioni proprie; ecc12,.. L'informazione tipica viene a sua volta divisa in base alla periodicità con cui devono essere divulgate le informazioni obbligatorie; in particolare, per le società quotate, si distingue tra: informativa iniziale (prospetto di quotazione quando la società si quota in

9 Si veda art 3 lettera b della Legge n.216 del giugno 1974 10

DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990, pag.167.

11 A tal proposito si veda l’art 181 del Decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58 (TUF)

12 QUAGLI A., “Comunicare il futuro: l’informativa economico – finanziaria di tipo previsionale nelle società quotate italiane”, FrancoAngeli, Milano, 2004, pag.52.

(8)

~ 8 ~

borsa), informativa periodica (comunicazioni effettuate ad intervalli di tempo prestabiliti, come il bilancio d'esercizio, il bilancio consolidato, le relazioni trimestrali e semestrali) e informativa episodica (relativa a fatti di natura straordinaria, come fusioni acquisizioni, aumenti di capitale con conferimenti in natura, acquisto e alienazione azioni proprie, ecc) 13.

I.2 La comunicazione volontaria.

La comunicazione aziendale volontaria può essere definita, in modo approssimativo, come l’insieme delle informazioni non obbligatorie diffuse dalle aziende sulle quali non vi sono vincoli normativi né di contenuto né di forma.

Visti i limiti dell’informativa obbligatoria, vi è la necessità per l’azienda di fornire, su base volontaria, informazioni aggiuntive e differenti da quelle previste dall’ordinamento. La motivazione di fondo che spinge le imprese a diffondere tali informazioni è l’esigenza del management di sviluppare una comunicazione di indirizzo verso i diversi stakeholder, esigenza che l’informativa obbligatoria non è in grado di soddisfare.14 Vi è pertanto la necessità di individuare precisamente i destinatari dell’informazione, così da realizzare e diffondere un messaggio appropriato per ciascuno di essi. Pertanto nella comunicazione voluta saranno comprese informazioni aggiuntive che si rivelano utili, se non indispensabili, per il mantenimento di relazioni di scambio con particolari classi di interesse (ad esempio le informazioni rilasciate ad enti di garanzia o ad organizzazioni sindacali) e caratterizzate da un linguaggio estremamente tecnico, fino a forme di comunicazione che tendono ad identificarsi con la pubblicità istituzionale e finanziaria, caratterizzate da un linguaggio semplice, ripetitivo e facile da recepire da parte di un più ampio e generico pubblico.

La scelta del canale di comunicazione implica che vi sia coerenza tra i messaggi che in esso veicolano e tra questi e l’informazione pubblicamente diffusa, ciò significa che vi deve essere una più profonda coerenza fra la comunicazione voluta e quella dovuta, tra

13 QUAGLI A., “Comunicare il futuro: l’informativa economico – finanziaria di tipo previsionale nelle società quotate italiane”, FrancoAngeli, Milano, 2004, pag.53.

14 DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990.

(9)

~ 9 ~

la politica di comunicazione e la politica aziendale, così da conferire veridicità al messaggio trasmesso.15

La comunicazione non deve ammaliare con messaggi suadenti e impattanti ma vuoti o scollegati dai contenuti. Deve agevolare il rapporto azienda – target in un ambito dove la complessità informativa deve essere resa più funzionale da scelte di comunicazione creative ma allo stesso tempo rigorose.16 “La comunicazione affidabile è quella

attraverso la quale l’organizzazione rivela in modo sincero sé, e le sue caratteristiche distintive”17

.

I.2.1 Le finalità e il rapporto della comunicazione volontaria con l’ informativa obbligatoria.

Nell’informativa obbligatoria, si pensi al Bilancio di Esercizio, i vertici aziendali devono illustrare aspetti della gestione imposti da norme e regolamenti che non sempre rappresentano al meglio la capacità dell’impresa di creare ricchezza. Ciò che non emerge è il capitale intangibile. Si pensi ad elementi quali il capitale intellettuale, la notorietà del marchio o la credibilità nei confronti della clientela che per certe aziende sono fondamentali ai fini competitivi ma sui quali nessuna norma impone obblighi informativi.

Gli invisible asset vengono definiti come “risorse basate sull’informazione o che

l’incorporano”18

. “Vi è una stretta correlazione tra risorse immateriali e flussi informativi, in particolare sono tre le tipologie d’informazioni che si sviluppano: le informazioni ambientali (es. le competenze produttive), le informazioni aziendali (es. la reputazione dell’azienda, l’immagine della marca) e in ultimo le informazioni interne (es. la cultura aziendale)”19

.

15

DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990, pag. 178.

16 PERSICO MG., ROSSI F., “Comunicare la sostenibilità”, FrancoAngeli / Manuali, Milano, 2016, pag.51.

17 ROMENTI S., “Corporate governance e reputazione: dallo stakeholder relationship management allo stakeholder engagement”, Impresa progetto, rivista online del DITEA, n. 2, 2008, articolo tratto da https://scholar.google.it, pag.8.

18 ITAMI H., “Le risorse invisibili”, Isedi, Torino, 1988.

19 COCCOLI S.,Tesi di laurea, “La comunicazione economico-finanziaria”, anno accademico 2015/2016 dal sito https://scholar.google.it

(10)

~ 10 ~

Da un punto di vista formale, l’informativa obbligatoria tende a uniformare la comunicazione, limitando la possibilità delle aziende concorrenti di differenziarsi le une dalle altre. Non solo, il linguaggio strettamente tecnico e spesso molto dettagliato di cui essa si forgia, non risultando per tutti di facile comprensione, rischia di far perdere di vista le questioni più rilevanti.

Nelle società quotate, una buona disclosure, ottenuta diffondendo ampie informazioni anche attraverso canali di comunicazione diversi da quelli richiesti dalla legge, amplia la platea di soggetti interessati ad investire, poiché contribuisce a ridurre l’asimmetria informativa tra società ed investitori riducendo il rischio di mercato e di conseguenza anche il costo del capitale raccolto. Da non tralasciare è il fatto che la comunicazione volontaria contribuisce a rafforzare i flussi di informazione derivata, cioè quella elaborata da soggetti esterni all’impresa come ad esempio gli analisti finanziari o i mass media. Ricerche empiriche su società quotate hanno dimostrato che il rafforzamento della comunicazione derivata ha un doppio effetto benefico: da una parte migliora la liquidità dei titoli data dall’aumento dei potenziali investitori, dall’altra favorisce la precisione delle stime degli analisti ad esclusivo vantaggio dell’efficienza informativa dei mercati.20

Ulteriore caratteristica della comunicazione volontaria è che, a differenza di quella obbligatoria, non viene sottoposta a sanzioni in caso di inattendibilità dei dati, generando così il problema della loro affidabilità. Questo potrebbe essere risolto sottoponendo al vaglio dei revisori anche i dati non contabili, ma ciò diventa difficoltoso poiché non esistono, ad oggi, standard consolidati per certificare le informazioni volontarie e questo fa aumentare in modo esponenziale il rischio assunto dal revisore che si amplia ancor di più per effetto dell’aumento dei litigation cost21.

Proprio per quanto detto risulta determinante la credibilità della società, intesa come la fiducia di cui essa gode verso i portatori d’interesse, frutto delle azioni e delle scelte passate.

Da ultimo è opportuno ricordare che anche nella comunicazione volontaria vi sono dei vincoli se pur non di natura legale. Questi sono dovuti al sostenimento di costi:22

20 QUAGLI A., TEODORI C., (a cura di), “L’informativa volontaria per settori di attività”, FrancoAngeli, Milano, 2012, pag. 24.

21 QUAGLI A., TEODORI C., (a cura di), “L’informativa volontaria per settori di attività”, FrancoAngeli, Milano, 2012, pag. 25.

22 QUAGLI A., TEODORI C., (a cura di), “L’informativa volontaria per settori di attività”, FrancoAngeli, Milano, 2012, pag. 25-26.

(11)

~ 11 ~

 determinati dall’incremento del potere contrattuale che una maggior disclosure dà a clienti, fornitori e dipendenti (bargaining cost);

 per cause giudiziarie intentate perlopiù da investitori che hanno subito perdite dovute a decisione prese sulla base di informazioni rivelatesi inaffidabili (litigation cost);

 dovuti alla rivelazione ai concorrenti di aspetti importanti della gestione aziendale (costi competitivi).

Questi vincoli impongono alle società di effettuare un’ analisi di convenienza sui costi- benefici legati alla diffusione di determinati dati e alle modalità con cui effettuarla. L’analisi risulta ancor più complessa per effetto dei costi di continuità della comunicazione volontaria, cioè quei costi connessi alla riduzione del prestigio e dell’immagine in presenza di andamenti negativi. Infatti l’azienda che decide di optare per la diffusione di dati non obbligatori difficilmente potrà cambiare atteggiamento poiché verrebbe interpretato negativamente dai diversi stakeholder e dal mercato finanziario tanto da penalizzare le relazioni con la società.

I.2.2 L’evoluzione dei contenuti della comunicazione volontaria.

Come illustrato in precedenza l’informativa volontaria nasce dalla volontà di superare i limiti di quella obbligatoria fornendo una visione più analitica della realtà aziendale. Vi sono essenzialmente tre dimensioni sulle quali si sviluppano i contenuti : la dimensione temporale, la dimensione spaziale e la dimensione finalistica.23

La prima dimensione della comunicazione volontaria vede un crescente ampliamento dell’informativa prospettica che si origina dall’anticipazione dei piani aziendali e dalla descrizione della capacità innovativa sulla quale l’impresa basa il proprio vantaggio competitivo. Ciò è riconducibile al fatto che i cambiamenti repentini del mercato e la facilità e velocità con cui oggi le imprese concorrenti riescono ad imitarsi portano le aziende a dover compiere sforzi sempre più intensi per riuscire a creare vantaggi duraturi. Sforzi che richiedono lunghi periodi prima di dare risultati apprezzabili. Di

23 QUAGLI A., TEODORI C., (a cura di), “L’informativa volontaria per settori di attività”, FrancoAngeli, Milano, 2012, pag. 29-34.

(12)

~ 12 ~

conseguenza l’orizzonte temporale delle prospettive reddituali si amplia imponendo alle aziende di comunicare dati che si proiettino su di uno stesso arco di tempo.

La dimensione spaziale è quella in cui l’informativa ha ad oggetto le cause degli andamenti economici. Essa è caratterizzata dalla tendenza sempre più marcata di inserire nel “pacchetto di bilancio” indicatori di performance tecnico – fisici, utilizzati nel sistema di controllo di gestione per agevolare i portatori di interesse sulla comprensione delle ragioni che stanno alla base di eventuali variazioni significative dei risultati aziendali.

In questa dimensione si collocano anche le informazioni sulle risorse intangibili quali, come anticipato nel precedente paragrafo, il capitale intellettuale, la credibilità dell’impresa verso clienti, fornitori, dipendenti ... Queste risorse sono molto importanti ai fini competitivi poiché sono difficilmente imitabili dalla concorrenza e rappresentano un importante elemento distintivo per le società.

Infine, la dimensione finalistica dei contenuti dell’informazione trae origine dalla crescente considerazione da parte degli stakeholder delle performance aziendali in campo ambientale e sociale, ne sono un esempio la tutela dell’ambiente naturale, il rispetto dei principi di solidarietà umana e di sviluppo delle comunità limitrofe all’impresa. Infatti è ormai prassi consolidata per le società presentare una rendicontazione di carattere sociale ed ambientale. Esistono a tal proposito norme a livello comunitario, come la raccomandazione 2001/453/EC del 13.06.2001, che hanno previsto obblighi informativi in ambito ambientale. Ad oggi lo strumento di divulgazione più diffuso è il bilancio di sostenibilità, nel quale le performance socio-ambientali vengono presentate insieme a quelle economiche per offrire una visione completa della realtà aziendale.

I.2.3 La comunicazione aziendale volontaria nella normativa europea.

La direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2003, pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (L. 178 del 17 luglio 2003), relativa ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione, introduce per la prima volta il concetto di informazione non finanziaria come elemento indispensabile per il cambiamento necessario a rendere coerenti i conti annuali e consolidati ai principi

(13)

~ 13 ~

contabili internazionali. La necessità di un tale cambiamento è da ricondursi alla proposta di regolamento che la Commissione delle Comunità Europee ha presentato, in data 13 febbraio 2001, per disciplinare l’adozione dei principi contabili internazionali in seguito alla quale è stato emanato il Regolamento CE n. 1606/2002.

Questo Regolamento ha disposto l’obbligo di adozione dei principi contabili internazionali IAS e delle relative interpretazioni SIC per i bilanci delle società quotate nei mercati regolamentati europei e la facoltà degli stati membri di consentire o prescrivere l’uso degli IAS per i bilanci consolidati e/o annuali delle società non quotate, generando uno scenario in cui l’informativa aziendale, essendo redatta con principi contabili diversi, diviene di difficile interpretazione. Perciò si è reso necessario rendere coerenti i dati aziendali con i principi contabili internazionali.

“La Direttiva CE oltre a riconoscere l’utilità delle informazioni non finanziarie citandole esplicitamente tra gli elementi essenziali relativamente ai quali ciascuno stato membro è chiamato a focalizzare la propria attenzione, suggerisce anche il luogo in cui le stesse dovrebbero trovare collocazione”24, riferendosi non ad un apposito allegato ma alla relazione di gestione.

Richiedendo alle aziende di fornire un’informativa aggiuntiva a quella prevista nella legislazione civilistica e su base volontaristica, la direttiva fa si che anche in Europa venga riconosciuta l’importanza della “volontary disclosure” nel più complesso sistema di reporting aziendale. Importanza che studi oltre oceano avevano sancito più di un decennio prima.

Ad oggi importanti novità in materia di comunicazione volontaria sono state introdotte dalla direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni che è stata recepita nel nostro ordinamento attraverso il Decreto Legislativo 30 dicembre 2016, n. 254.

La modifica ha riguardato, in particolare, l’inserimento di un nuovo articolo 19 bis ai sensi del quale: “le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse

pubblico e che, alla data di chiusura del bilancio, presentano un numero di dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari o maggiore a 500, includono nella relazione

24 QUAGLI A., TEODORI C., (a cura di), “L’informativa volontaria per settori di attività”, FrancoAngeli, Milano, 2012, pag.34.

(14)

~ 14 ~

sulla gestione una dichiarazione di carattere non finanziario contenente almeno informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell’andamento dell’impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto dei suoi risultati”25

.

La direttiva, che va a integrare l’impianto comunitario del diritto societario e i principi di redazione del bilancio, punta in modo molto preciso ad accrescere la trasparenza della gestione aziendale. Alle aziende verrà lasciata la libertà di scegliere quali indicatori e

standard usare per la rendicontazione, con l’intento di non soffocare l’attività di reporting in rigidi schemi di stampo burocratico. I revisori legali e le imprese di

revisione contabile dovrebbero pertanto limitarsi a controllare l'avvenuta presentazione della dichiarazione di carattere non finanziario o della relazione distinta. La volontà di fondo è che la redazione del report non venga vista come un ulteriore adempimento, bensì come uno strumento di competitività lasciato alla libertà dell’azienda, al fine di mantenere il carattere di volontarietà tipico della responsabilità sociale d’impresa26

. Certo, in teoria sarà possibile non pubblicare le informazioni richieste dalla direttiva, ma vigendo il principio «comply or explain», in caso di mancata disclosure le imprese avranno l’onere di dichiarare in maniera esaustiva i motivi di tale scelta omissiva27

. La normativa riguarda direttamente circa 6000 imprese in Europa e 250 in Italia. Poche per fare massa critica? Solo in apparenza poiché si tratta dei maggiori gruppi, con alti fatturati e imponente numero di lavoratori e fornitori e che hanno un grande impatto sulla catena di fornitura e in termini di creazione di valore non solo economico28.

Una svolta significativa, quindi, che però pare non essere stata ancora percepita, a livello generale seppur con lodevoli eccezioni. Molti consigli d’amministrazione, responsabili dell’ufficio legale e finanziario ne stanno solo ora prendendo coscienza29.

25 http://www.assirevi.it

26 MIAN L., “Responsabilità sociale d’impresa e misurazione della performance”, tesi di laurea, anno accademico 2014-2015, tratto da https://scholar.google.it

27

Si veda art 2, comma 4 del Decreto Legislativo 30 dicembre 2016, n. 254.

28 LA POSTA L., “Responsabilità d’impresa in bilancio”, Il sole 24 ore, 31 maggio 2016, tratto da http://www.ilsole24ore.com

29 LA POSTA L., “Responsabilità d’impresa in bilancio”, Il sole 24 ore, 31 maggio 2016, tratto da http://www.ilsole24ore.com

(15)

~ 15 ~

I.3 La comunicazione derivata30

L’informativa economico-finanziaria diffusa dall’azienda obbligatoriamente o volutamente viene recepita, vagliata ed analizzata dai diversi stakeholder, interessati direttamente o indirettamente agli andamenti aziendali. Come detto precedentemente, nel processo comunicativo l’impresa ha una posizione di maggior potere che se da una parte porta all’asimmetria informativa che origina le inefficienze di mercato, dall’altra costituisce un forte incentivo per lo sviluppo di forme di verifica e di analisi da parte della collettività che orbita attorno alle organizzazioni. E’ cosi che, nel tempo, si è formato un vero e proprio settore specializzato nel trattamento dell’informazione economico-finanziaria, con l’obiettivo di produrre e diffondere informazioni derivate da quelle messe a disposizione dalle aziende.

La possibilità di accesso interattivo e istantaneo a qualificate banche dati favorita dallo sviluppo tecnologico, la possibilità di elaborare le informazioni attraverso procedure standardizzate ed automatizzate, la maggior trasparenza delle aziende ed infine la globalizzazione e la velocità con cui oggi si trasmettono i dati costituiscono i principali fattori che hanno favorito la nascita del settore della comunicazione derivata.

I “produttori” di questo tipo di informativa sono principalmente gli analisti (contabili, finanziari, d’impresa ecc..) e i mass-media, il cui prodotto è volto a soddisfare le esigenze conoscitive di una vasta ed eterogenia platea che va dal piccolo utente alla grossa istituzione finanziaria.

Il procedimento di creazione dell’informazione parte dal trattamento del flusso informativo disponibile sia su base numerica che descrittiva, il quale viene sintetizzato ottenendo un messaggio immediato o convertito in un linguaggio logico-discorsivo e quindi reso di facile comprensione, oppure integrato ed uniformato così da renderlo organicamente completo. Ma l’intervento degli intermediari può anche limitarsi esclusivamente alla diffusione dell’informazione al fine di consentirne la sua immediata disponibilità.

Lo strumento principe che sta alla base del procedimento di creazione dell’informativa derivata, sia essa a carattere economico, finanziario o patrimoniale, è l’analisi di bilancio, effettuata basandosi sui dati messi a disposizione attraverso la comunicazione

30 DI STEFANO G., “Il Sistema delle comunicazioni economico-finanziarie nella realtà aziendale moderna”, Giuffrè Editore, Milano,1990.

(16)

~ 16 ~

dovuta e voluta, ma anche attraverso un’altra particolare fonte informativa che viene definita comunicazione spontanea.

La stampa economica italiana colloca, infatti, tra le fonti di informazione utilizzate maggiormente dopo le imprese, i sindacati e le associazioni di categoria. Interessanti, a tal proposito, risultano le opinioni dei giornalisti riportate da una ricerca condotta dalla Reconta Touche Ross S.p.a.31, nella quale essi dichiarano che una buona e soddisfacente fonte di informazioni sono le amicizie all’interno delle aziende, partendo dall’operaio fino ai livelli gerarchici superiori.

La comunicazione spontanea, proprio perché sfugge al controllo dell’azienda, esprime contenuti che permettono a terzi di verificare l’intero sistema delle comunicazioni posto in essere dall’impresa. Ciò le conferisce il potenziale potere di mettere in discussione i modelli interpretativi che l’azienda proietta o vorrebbe proiettare all’esterno. Risulta evidente, però, che vi sia la necessità di valutare questo tipo di informazioni con adeguata cautela poiché, essendo caratterizzate da casualità e non organicità, non sono completamente verificabili.

La comunicazione derivata interagendo con quella obbligatoria e volontaria regola indirettamente il livello di trasparenza e la qualità delle informazioni erogate dalle organizzazioni, pertanto, tanto minore sarà l’informativa diffusa all’esterno dalle società tanto maggiore sarà il valore delle verifiche e delle analisi fatte da terzi.

31 Si tratta di una Società specializzata in ricerca e informazioni sugli investimenti che opera a livello internazionale.

(17)

~ 17 ~

II. L’impresa e la sostenibilità

Nonostante la sostenibilità rappresenti oggi uno degli argomenti più caldi sul fronte aziendale, nel mondo imprenditoriale e manageriale vi è ancora molta confusione su cosa essa sia e possa rappresentare in termini di vantaggio competitivo e leva differenziale rispetto alla concorrenza32.

“Riferita alle organizzazioni imprenditoriali, la sostenibilità può essere vista come il terreno comune tra gli interessi economici della proprietà e del management e quelli dei restanti stakeholder”33.

In un mercato che si caratterizza sempre più per dinamicità, imprevedibilità, velocità e globalizzazione, l’impresa ha la necessità di imparare a misurarsi con tensioni socio-ambientali su scala mondiale che portano ad individuare nella Corporate Social

Responsibility (CSR) una risorsa critica per il proprio successo. Nella Green Paper

redatta dalla Commissione Europea nel 2001, la CSR è stata definita come: “the

voluntary inclusion of a company's social and environment concerns in its commercial operations and dealings with stakeholder”34. Già nel 1987, la Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (World Commission on Environment and Development) aveva definito lo sviluppo sostenibile quale: “development that meet the needs of the

present without compromising the ability of future generations to meet their own needs”.35

Se pur tali definizioni siano accreditate e pubbliche da anni, anche l’ultima crisi economico-finanziaria, in corso dal 2008, ha dimostrato come le diverse realtà siano distanti da un’applicazione concreta della Corporate Social Responsibility, basata sulla ricerca di uno sviluppo più sostenibile.

La ricerca dello sviluppo sostenibile, nella realtà aziendale, è finalizzata a trovare un equilibrio coerente e perseguibile tra la crescita economica, la salvaguardia

32 PERSICO MG., ROSSI F., “Comunicare la sostenibilità”, FrancoAngeli / Manuali, Milano, 2016, pag. 31.

33 SIANO A., “La comunicazione per la sostenibilità nel management delle imprese”, articolo tratto da https://scholar.google.it

34 Traduzione:“l'inclusione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali di un'azienda nelle sue operazioni commerciali e nei confronti delle parti interessate”

35 Traduzione:“sviluppo che risponda alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.

(18)

~ 18 ~

dell’ambiente e la giustizia sociale. Questi sono i tre elementi su cui si basa il modello della Triple Bottom Line (TBL) di John Elkington che si esplica in36:

 generare profitto, quale condizione necessaria ma non sufficiente per la sopravvivenza economica ( profit );

 limitare l’impatto ambientale relativo alle decisioni dell’impresa ( planet );  rispondere alle esigenze dei propri stakeholder ( people ).

Nel modello, il concetto di profittabilità supera la sfera economica fondendosi con la sfera sociale e ambientale. La ricchezza prodotta dalle organizzazioni non è più solo quella distribuita tra gli stakeholder aziendali ma è la creazione di un benessere diffuso tra la collettività. Alle imprese viene chiesta attenzione verso le persone sia interne all’organizzazione, garantendo un’adeguata remunerazione e offrendo condizioni di lavoro adeguate a tutelare la sicurezza e la salute, sia verso la comunità di riferimento. Al contempo le imprese dovranno aver riguardo per l’eco-sistema nel quale operano, ponendo l’attenzione sugli impatti ambientali dei propri processi produttivi.

Si configura così il prototipo di “società sostenibile”, ovvero di quell’azienda che fonda la sua azione su mission, filosofia, valori, strategie, politiche, processi, interazioni, relazioni e prodotti fortemente orientati alla sostenibilità sociale e ambientale37. Prototipo che, ancora oggi, le diverse realtà sembrano essere lontane dal realizzare. Si possono evidenziare essenzialmente due fattori di resistenza al raggiungimento dello sviluppo sostenibile38:

 la necessità di cooperazione tra i diversi Stati;

 comprendere e fare propria la vera ragione per cui perseguire il modello della

Triple Bottom Line.

L’esigenza di cooperazione tra i diversi Paesi nasce dal fatto che nell’ambito della sostenibilità non vi sono confini istituzionali o fisici. Da questo punto di vista le organizzazioni multinazionali, agendo in mercati soggetti a diverse giurisdizioni, sono molto meno vincolate rispetto alle piccole-medie imprese che operano a livello nazionale nel raggiungimento dello sviluppo sostenibile39.

36 ELKINGTON J., “Cannibals with Forks: the Triple Bottom Line of 21st Century Business”, Capstone, 1997.

37 ELKINGTON J., “Toward the Sustainable Corporation: Win-Win-Win Business Strategies for Sustainable Development”, California Management Review, 1994.

38 BISIO L., “Comunicazione aziendale di Sostenibilità Socio-Ambientale”, G.Giappichelli, Torino, 2015, pag. 3.

39 BISIO L., “Comunicazione aziendale di Sostenibilità Socio-Ambientale”, G.Giappichelli, Torino, 2015, pag. 2.

(19)

~ 19 ~

Il secondo punto merita una riflessione più approfondita. Oggi, ancora troppo spesso, molte organizzazioni credono di aver intrapreso un percorso virtuoso di Corporate

Social Responsibility unicamente perchè sponsorizzano attività locali o dirottano parte

del ricavato a enti benefici o, ancora, ritengono di essere eco-sostenibili perché installano pannelli fotovoltaici o attuano la raccolta differenziata. In questi casi la CSR assume le caratteristiche di un programma di pubblicità istituzionale finalizzato a riqualificare l’immagine aziendale di fronte ad un pubblico sempre più attento alle organizzazioni impegnate nelle attività sociali40.

Il Reputation Institute Italia afferma, nello studio RepTrakPulse 2012, che nella scelta finale d’acquisto da parte del consumatore il prodotto conta solo per il 40% , mentre per il restante 60% il comportamento d’acquisto è determinato dalla positiva percezione di altri fattori come l’eticità dell’azienda, le capacità manageriali, la sostenibilità, la trasparenza, la capacità di raggiungere e mantenere risultati nel lungo termine, la qualità del posto di lavoro e altro. Ciò viene evidenziato anche nella Global Corporate Citizen Survey, condotta dalla Nelsen nel 2014, secondo la quale più della metà dei consumatori

(55%) sono disposti a pagare un sovrapprezzo per prodotti e servizi di aziende che mostrano un comportamento socialmente responsabile41.

I comportamenti dei consumatori orientati alla sostenibilità hanno spinto molte imprese ad investire nel comunicare il proprio impegno in termini di sostenibilità, anche se in diversi casi con finalità prevalentemente opportunistiche. “Tali pratiche, generalmente

denominate greenwashing, tendono a capitalizzare i vantaggi (sviluppo della reputazione, attrazione dei consumatori eco-consapevoli, ecc.) di un business approach fondato sulla sostenibilità, cercando di distogliere l’attenzione dalla propria condotta ‘non etica’ o non propriamente allineata ai principi della sostenibilità”42

.

Mentre fare delle azioni di Corporate Social Responsibility filantropia d’impresa, se pur non sbagliato, limita la portata innovativa e differenziale che un adeguato e radicato approccio alla sostenibilità avrebbe in termini di revisione dei processi, prodotti, rapporti con l’ambiente di riferimento e più in generale di filosofia d’impresa43

. Questo

40 PERSICO MG., ROSSI F., “Comunicare la sostenibilità”, FrancoAngeli / Manuali, Milano, 2016, 31-32.

41 MIAN L., “Responsabilità sociale d’impresa e misurazione della performance”, tesi di laurea, anno accademico 2014-2015, tratto da https://scholar.google.it

42

VOLLERO A., “Il rischio di greenwashing nella comunicazione per la sostenibilità: implicazioni manageriali”, sinergie, rivista di studi e ricerche, n. 92, Settembre-Dicembre 2013, articolo tratto da https://scholar.google.it, pag.5.

43 PERSICO MG., ROSSI F., “Comunicare la sostenibilità”, FrancoAngeli / Manuali, Milano, 2016, pag. 32.

(20)

~ 20 ~

significa riconoscere la CRS come fonte di opportunità, innovazione e vantaggio competitivo. In tale ottica, l’assunzione di responsabilità non rappresenta più unicamente un costo aggiuntivo per le aziende, ma diventa una vera e propria opportunità di profitto.

“Per CSR si intende un nuovo approccio strategico alla gestione d’impresa, basato su una visione relazionale della stessa. E’, in sintesi, innovazione per la sostenibilità dell’azienda (Corporate Sustainability) e dello stakeholder network in cui questa è inserita”44

.

L’analisi del legame tra Corporate Sustainability e Corporate Social Responsibility può essere condotta sulla base della teoria secondo cui la responsabilità sociale di un’organizzazione comporta quattro tipi di responsabilità: economica, legale, etica, filantropica45.

Le organizzazioni che intendono perseguire la Corporate Sustainability hanno bisogno di inglobare, nella propria vision e strategia e nelle pratiche aziendali, i principi economici, legali, etici e filantropici della CSR. Questi principi consentono di sostanziare le tre dimensioni ( profit, people, e planet ) del modello della bottom line. La dimensione profit è inevitabilmente correlata alla responsabilità economica, per il fatto che lo scopo dell’impresa è generare ricchezza, mantenendo un alto livello di efficienza operativa e garantendo una soddisfacente remunerazione degli azionisti. L’impresa per soddisfare la propria funzione economica deve, tuttavia, operare nel rispetto della normativa vigente nei sistemi economici in cui agisce. La dimensione

profit è perciò legata alla responsabilità legale ed inoltre è in relazione con la

responsabilità etica per il fatto che le organizzazioni sono tenute al rispetto di principi etici contrari ad esempio alla costituzione di “cartelli” con imprese concorrenti, destinati a tenere artificiosamente alti i livelli di prezzo. La dimensione profit si lega, infine, alla responsabilità filantropica, ne è un esempio il marketing filantropico, vale a dire l’attività di marketing che prevede il miglioramento della brand awareness46

e l’aumento delle vendite e dei profitti attraverso il sostegno fornito a cause socialmente rilevanti.

44 PERRINI F., TENCANI A., “La responsabilità sociale d’impresa: strategia per l’impresa relazionale e innovazione per la sostenibilità” articolo tratto da https://scholar.google.it

45 SIANO A., “La comunicazione per la sostenibilità nel management delle imprese”, sinergie, rivista di studi e ricerche n. 89, Settembre-Dicembre 2012, articolo tratto da https://scholar.google.it

46Capacità dei consumatori di riconoscere un marchio e di associarlo correttamente a un Prodotto, a una linea di prodotti o a un'impresa.

(21)

~ 21 ~

La dimensione people della Corporate Sustainability è correlata, innanzitutto, alla responsabilità economica dell’impresa. La produzione di beni e servizi per la creazione di ricchezza deve avvenire, infatti, nel rispetto per i prestatori di lavoro, per i consumatori e per gli investitori. La responsabilità legale non fa che rafforzare questi tipi di tutele e garanzie a favore dei suddetti stakeholder group. La responsabilità etica, a sua volta, induce comportamenti sociali attesi dall’intera comunità. La cultura aziendale e le regole che orientano la condotta delle imprese verso tutti gli interlocutori sono rintracciabili nel Codice etico o nella Carta istituzionale dell’impresa. Infine, la responsabilità filantropica agisce a favore degli stakeholder nella misura in cui i programmi aziendali volontaristici sono a vantaggio della comunità (es. contributi per finanziare l’istruzione, l’arte, le comunità locali).

Anche la terza componente della Corporate Sustainability, il planet, trova le sue fondamenta nei quattro tipi di responsabilità sociale. La responsabilità economica agisce sulla salvaguardia dell’ecosistema attraverso il reinvestimento di utili finalizzato alla realizzazione di produzioni di beni e servizi ecocompatibili. La responsabilità legale contribuisce alla tutela ambientale nella misura in cui impone il rispetto di specifici standard/certificazioni (es la norma I.S.O. 14001 e regolamento E.M.A.S. in materia di legislazione ambientale comunitaria). La responsabilità etica porta l’impresa ad aderire ai principi di protezione dell’ambiente e di uso attento e razionale delle risorse naturali. La responsabilità filantropica, infine, supporta la salvaguardia del pianeta attraverso i programmi e le attività volontaristiche dell’impresa, volti a migliorare l’impatto ambientale delle attività aziendali, nonché a prevenire i rischi per le popolazioni e per l’ecosistema.47

L’approccio strategico alla gestione d’impresa costituito da questa CSR relazionale implica e richiede innovazione: innovazione al fine di rendere la value proposition attrattiva per i portatori d’interessi e innovazione nella definizione e nel consolidamento della stakeholder relationship. Innovazione, quindi, non solo di tipo hardware/tecnologico, ma anche e soprattutto a livello software/organizzativo manageriale. Sono, infatti, necessarie nuove forme di stakeholder engagement48 e di

47

SIANO A., “La comunicazione per la sostenibilità nel management delle imprese”, sinergie, rivista di studi e ricerche n. 89, Settembre-Dicembre 2012, articolo tratto da https://scholar.google.it

48 Lo stakeholder engagement è lo strumento di ascolto, dialogo e coinvolgimento dei principali interlocutori di un'impresa finalizzato a incoraggiare la qualità nei rapporti, attivare processi di ascolto e soddisfazione delle relative istanze e avviare opportunità di partnership innovative.

(22)

~ 22 ~

coinvolgimento, orientate all’interazione partecipativa e alla collaborazione, funzionali alla sostenibilità dell’intero set di relazioni e dell’impresa nel suo complesso49

.

II.1 Comunicare la sostenibilità: i principi di materialità, inclusività e rispondenza.

Una comunicazione di sostenibilità vincente è quella che sfruttando la forza della creatività, delle idee e dei mezzi di comunicazione riesce a trasferire messaggi corretti, veritieri, attendibili, chiari, accurati, rilevanti e coerenti50al pubblico cui si riferisce. La definizione degli stakeholder di riferimento nonché le modalità di coinvolgimento degli stessi sono aspetti fondamentali nel processo di comunicazione. Ciò trova conferma nella forte spinta da parte di diverse organizzazioni globali a un rafforzamento della corporate governante, non solo in ragione di una trasparente ed efficace comunicazione che considera gli stakeholder quali meri destinatari, ma che li coinvolge nella definizione degli obiettivi relativi alla Triple Bottom Line51.

In uno dei principi generali delineato nelle “Linee Guida OCSE destinate alle Imprese Multinazionali” (OECD Guidelines for Multinational Enterprises), pubblicate nel 2011, si legge che “le imprese dovrebbero coinvolgere gli stakeholder interessati dando loro

concrete opportunità di far valere il proprio punto di vista in merito alla pianificazione e alle decisioni su progetti o altre attività che possano avere un impatto notevole sulle comunità locali”52

. Ciò che appare chiaro è la visione di stakeholder quale partner, si

parla infatti di coinvolgimento e collaborazione dello stesso nel processo di creazione di ricchezza e benessere sociale.

“ E’ la visione per stakeholder relationship il driver del cambiamento secondo il conosciuto binomio strategia-struttura, in cui è il cambio radicale di orizzonte

49 PERRINI F., TENCANI A., “La responsabilità sociale d’impresa: strategia per l’impresa relazionale e innovazione per la sostenibilità”, sinergie, rivista di studi e ricerche n.77/08, articolo tratto da https://scholar.google.it

50

PERSICO MG., ROSSI F., “Comunicare la sostenibilità”, FrancoAngeli / Manuali, Milano, 2016, pag. 50.

51 BISIO L., “Comunicazione aziendale di Sostenibilità Socio-Ambientale”, G.Giappichelli, Torino, 2015, pag. 9.

52

(23)

~ 23 ~

strategico a prevalere e a determinare imprescindibili mutazioni nella struttura organizzativa e negli stessi meccanismi di corporate governance”53.

Questa visione viene ribadita e rafforzata nei Principles of Corporate Governance, pubblicati dall’OECD nel 2015, dove, nella sezione dedicata al ruolo degli stakeholder nella corporate governante, si legge: “The corporate governance framework should

recognise the rights of stakeholder established by law or through mutual agreements and encourage active co-operation between corporations and stakeholder in creating wealth, jobs, and the sustainability of financially sound enterprises”54.

Oltre all’OECD anche altre iniziative internazionali come AA1000 (AccountAbility

Principles) e Global Reporting Initiative (GRI) sostengono questa visione di partnership

azienda-portatori di interesse attraverso la definizione di principi chiave, quali: materialità o rilevanza, inclusività e rispondenza, che costituiscono i principi di definizione del contenuto del report di sostenibilità.

“L’informazione è rilevante se la sua omissione o errata rappresentazione nel report può influenzare le decisioni e le azioni degli stakeholder dell’organizzazione che rendiconta”55

.

Nel reporting finanziario, di norma, la materialità è considerata come la soglia per influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori del bilancio d’esercizio di un’organizzazione, in particolare degli investitori56

. Il concetto di soglia è altrettanto importante per il reporting di sostenibilità ma si riferisce a una gamma più ampia di impatti e di stakeholder. Infatti, nel caso del reporting di sostenibilità, la materialità non si limita ai temi sulla sostenibilità che hanno un impatto finanziario significativo sull’organizzazione ma considera anche gli impatti economici, ambientali e sociali che influenzano la capacità di soddisfare i bisogni della generazione attuale e quelli delle generazioni future.

Per determinare se un’informazione è rilevante, è necessario utilizzare una combinazione di fattori interni ed esterni, tra cui la mission e la strategia competitiva dell’organizzazione, le preoccupazioni espresse direttamente dai diversi portatori di interesse, le aspettative sociali in senso lato e l’influenza dell’organizzazione sulle entità “a monte” (ad esempio, fornitori) e “a valle” (ad esempio, clienti). Inoltre, la

53 PERRINI F., TENCANI A., “La responsabilità sociale d’impresa: strategia per l’impresa relazionale e innovazione per la sostenibilità”, sinergie, rivista di studi e ricerche n. 77/08, articolo tratto da https://scholar.google.it

54 Tratto da: https://www.oecd.org/daf/ca/Corporate-Governance-Principles-ENG.pdf

55 Si veda: www.unimc.it/it/ateneo/amministrazione/direzione.../05bsaa1000aps2008ita.pdf, pag. 21. 56

(24)

~ 24 ~

valutazione della materialità deve considerare le attese di base espresse dagli standard internazionali e dagli accordi che l’organizzazione dovrà rispettare. Tali fattori interni ed esterni dovranno essere considerati in fase di valutazione dell’importanza delle informazioni al fine di riflettere gli impatti economici, ambientali e sociali. Per valutare la portata degli impatti è possibile utilizzare un’ampia gamma di metodologie. Solitamente, per “impatti significativi” si intendono quelli che sono fonte di preoccupazione per le comunità di esperti o che sono stati identificati utilizzando strumenti consolidati quali metodologie di valutazione degli impatti o valutazioni del ciclo di vita. Possono essere considerati significativi gli impatti valutati abbastanza importanti da richiedere la gestione attiva o l’intervento dell’organizzazione. Oltre a regolare la scelta dei temi da includere nel report, il principio di materialità si applica anche all’utilizzo degli indicatori di performance57

.

Quando si illustrano i dati relativi alla performance, vi sono diversi gradi di completezza e di dettaglio da includere nel report. In alcuni casi, il GRI fornisce delle linee guida sul livello di dettaglio generalmente considerato appropriato per un determinato indicatore. Nel complesso, la scelta della modalità di presentazione dei dati dovrà basarsi sull’importanza delle informazioni per valutare la performance dell’organizzazione e facilitare i confronti del caso58

.

“L’AA1000 sostiene che garantire la materialità consiste nell’attuazione di un

processo finalizzato ad assicurare informazioni comprensive e bilanciate”59.

Per quanto detto, affermando il principio di materialità si vuol prediligere la qualità piuttosto della quantità delle informazioni che costituiscono il report di sostenibilità. Per principio d’inclusività si intende60:

 impegno dell’organizzazione ad identificare e comprendere le proprie performance in termini di impatto sociale, ambientale ed economico, ed il relativo punto di vista dei suoi stakeholder;

 impegno a considerare e rispondere coerentemente (sia positivamente che negativamente) alle aspettative ed ai bisogni dei propri stakeholder attraverso le proprie politiche e prassi;

57 https://www.globalreporting.org/resourcelibrary/Italian-G3.1-Final.pdf, pag. 7-8. 58

https://www.globalreporting.org/resourcelibrary/Italian-G3.1-Final.pdf, pag. 8-9.

59 BISIO L., “Comunicazione aziendale di Sostenibilità Socio-Ambientale”, G.Giappichelli, Torino, 2015, pag 10.

(25)

~ 25 ~

 impegno a fornire un resoconto ai propri stakeholder delle decisioni, azioni e impatti di cui è responsabile.

“La relazione che lega colui che fornisce un resoconto (accountor) a colui che ricevere le informazioni (accountee), dalla quale derivano diritti e doveri di informazione, e, conseguentemente, la caratterizzazione del modello di corporate social accounting e reporting61, dovrebbe configurarsi come relazione comunicativa dialogica, intersoggettiva e di reciproca cooperazione […], relazione caratterizzata da una interazione consapevole tra le parti in cui ciascuna può imparare dall’altra”62

.

“Perché un report possa ottenere un’assurance esterna si dovrà documentare il processo di coinvolgimento degli stakeholder. I processi di coinvolgimento degli stakeholder utilizzati ai fini del reporting devono basarsi su approcci, metodologie o principi sistematici o comunemente accettati. L’approccio generale dovrà essere tale da garantire l’adeguata comprensione del fabbisogno informativo degli stakeholder. L’organizzazione dovrà documentare l’approccio utilizzato per definire gli stakeholder coinvolti, con quale modalità e tempistica e in che modo detto coinvolgimento ha influenzato il contenuto del report e le attività in tema di sostenibilità dell’organizzazione stessa. Questi processi permettono di identificare gli input diretti dagli stakeholder così come le aspettative sociali legittime. E’ possibile che un’organizzazione si scontri con opinioni o aspettative diverse tra i propri stakeholder. Pertanto, dovrà saper spiegare in che modo ha raggiunto un equilibrio per arrivare alle decisioni relative al reporting. La mancata identificazione e il mancato coinvolgimento degli stakeholder potrebbero dar luogo a un report inadeguato e, pertanto, non del tutto credibile per alcuni di essi. Di contro, il regolare coinvolgimento degli stakeholder migliora la ricettività degli stessi e l’utilità del report. Inoltre, se svolto regolarmente, il coinvolgimento degli stakeholder fornisce momenti di apprendimento continuo all’interno dell’organizzazione e da parte di terzi, incrementando la responsabilità nei confronti di diversi stakeholder, così come la

61 Social accounting (detto anche social accounting and auditing, social accountability, social and environmental accounting, corporate social reporting, corporate social responsibility reporting, non-financial reporting or accounting) è il processo di comunicazione degli effetti sociali e ambientali delle azioni economiche delle organizzazioni a particolari gruppi di interesse all'interno dell’organizzazione e alla società in generale.

62 TARQUINO L., ROSSI A., “Customizzazione dei report di sostenibilità e stakeholder engagement. Il contributo del World Wide Web”, Impresa Progetto, Electronic Journal of Management, n.1, 2014, articolo tratto da https://scholar.google.it

(26)

~ 26 ~

responsabilità rafforza la fiducia tra l’organizzazione e gli stakeholder. A sua volta, la fiducia consolida la credibilità del report”63

.

A facilitare il coinvolgimento dei diversi stakeholder è l’uso delle tecnologie digitali. La comunicazione tramite strumenti digitali consente di64:

 superare i limiti di storicità dell’informazione, garantendo una maggiore tempestività;

 ridurre i costi per la preparazione e diffusione dell’informazione;

 superare le barriere fisiche, raggiungendo contemporaneamente soggetti presenti in zone geograficamente distanti;

 contenere l’asimmetria informativa tra impresa e cliente, supportando l’interazione impresa - stakeholder nonché la costruzione e fruizione dei report di responsabilità65.

Infine “il principio di rispondenza richiede che l’organizzazione dimostri nel suo report

cosa abbia deciso di fare in risposta a specifiche preoccupazioni ed interessi degli stakeholder, e fornisce adeguati indicatori dei cambiamenti intervenuti nella propria performance di sostenibilità. Questo principio non richiede che l’organizzazione concordi con le preoccupazioni e gli interessi degli stakeholder, ma che vi abbia risposto in modo coerente e adeguato”66.

“Il report deve illustrare la performance dell’organizzazione con riferimento al più ampio tema della sostenibilità. E’ necessario contestualizzare le informazioni sulla performance. La questione sottostante il reporting di sostenibilità è rappresentata dal modo in cui un’organizzazione contribuisce, o intende contribuire in futuro, al miglioramento o al peggioramento delle condizioni economiche, ambientali e sociali e dei rispettivi andamenti a livello locale, regionale o internazionale. Il mero reporting dell’andamento della performance individuale (o dell’efficienza dell’organizzazione) non sarebbe in grado di rispondere a questa domanda. Pertanto, è necessario che il report presenti la performance rispetto al concetto più ampio di sostenibilità, cioè che analizzi la performance dell’organizzazione nel contesto dei limiti e delle richieste

63

https://www.globalreporting.org/resourcelibrary/Italian-G3.1-Final.pdf, pag 10. 64

BISIO L., “Comunicazione aziendale di Sostenibilità Socio-Ambientale”, G.Giappichelli, Torino, 2015, pag. 8-9.

65 TARQUINO L., ROSSI A., “Customizzazione dei report di sostenibilità e stakeholder engagement. Il contributo del World Wide Web”, Impresa Progetto, Electronic Journal of Management, n.1, 2014, articolo tratto da https://scholar.google.it

(27)

~ 27 ~

relative a risorse ambientali o sociali a livello settoriale, locale, regionale o internazionale”67

.

Sia nei Principles of Corporate Governance sia nell’AccountAbility Principles che nel

Global Reporting Initiative si richiede alle diverse organizzazioni la stesura di un report

di qualità.

“Le imprese dovrebbero applicare standard di alta qualità in materia di divulgazione di informazioni contabili, finanziarie e non finanziarie, comprese, ove esistenti, le rendicontazioni di carattere ambientale e sociale. Gli standard e le politiche seguite nella raccolta e divulgazione delle informazioni dovrebbero essere resi noti. Un audit dovrebbe essere condotta ogni anno da un revisore qualificato, competente e indipendente, al fine di fornire al consiglio di amministrazione e agli azionisti un parere esterno e obiettivo che attesti che il bilancio rappresenta correttamente la situazione finanziaria e i risultati dell’impresa sotto ogni aspetto rilevante68”.

A tal fine è opportuno che le informazioni siano conformi ai principi di correttezza, veridicità, attendibilità, tempestività, chiarezza, accuratezza e comparabilità69.

Per veridicità s’intende forgiare un’informazione che utilizzi dati corretti e veritieri in modo trasparente e oggettivo, che non sia a esclusivo fine di immagine o posizionamento di marketing ma che sia in grado di comunicare concordanza tra il sistema di valori dell’impresa e quello degli stakeholder. L’attendibilità implica che i dati siano generati da processi di analisi e verifica il più possibile codificati e standardizzati a livello internazionale, ancor meglio se replicabili e certificati da enti terzi indipendenti70.

“Informazioni e dati sulla performance senza supporto di prove documentali non devono essere inclusi nel report di sostenibilità, a meno che rappresentino informazioni rilevanti e purché il report spieghi chiaramente le incertezze associate a tale informativa”71

. Tali elementi portano alla comparabilità reale dei dati che, insieme alla

veridicità delle informazioni, condurrà il destinatario a valutare in modo oggettivo la validità delle soluzioni prodotto – impresa proposte72.

67 https://www.globalreporting.org/resourcelibrary/Italian-G3.1-Final.pdf, pag 11. 68 http://www.oecd.org/daf/inv/mne/MNEguidelinesITALIANO.pdf, pag 21-22. 69 https://www.globalreporting.org/resourcelibrary/Italian-G3.1-Final.pdf 70

PERSICO MG., ROSSI F., “Comunicare la sostenibilità”, FrancoAngeli / Manuali, Milano, 2016, pag 50-51.

71 https://www.globalreporting.org/resourcelibrary/Italian-G3.1-Final.pdf, pag. 17.

72 PERSICO MG., ROSSI F., “Comunicare la sostenibilità”, FrancoAngeli / Manuali, Milano, 2016, pag. 51.

Riferimenti

Documenti correlati

The obtained results show that, using our multi-scale approaches, it is possible to provide an approximation of the metric induced by the matching distance between persistence

I report pubblici possono giocare un ruolo vitale nell’informare tutti i diversi stakeholder sulle performance aziendali, ma possono essere concepiti anche come un

Una volta raggiunta la maturità del processo di coinvolgimento, l’orga- nizzazione potrà chiamare gli stakeholder a condividere il progetto e la realizzazione della sua strategia

Per comunicare efficacemente, il rappresentante del Servizio clienti (CSR, Customer Service Representative) deve capire come adeguarsi a questi diversi stili ed emozioni prima

1) We are all equally different! aims at raising awareness among young people on how media represents reality and deals with radicalisation, as well as at guiding students’

ALLEGATO I - SCHEDA B: PROGRAMMA TRIENNALE DEI LAVORI PUBBLICI 2019/2021 DELL'AMMINISTRAZIONE COMUNE DI OZZANO DELL'EMILIA.. CUP (1)

La Fondazione Advantage organizza il Forum “Sostenibilita’ e prospettive globali per la crescita: quali opportunità per le aziende?” che si focalizza sulla sostenibilità,

«Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione», in attuazione dell’art. 6 della Convenzione