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BIOCHIMICA CLINICA E TOSSICOLOGIA FORENSE: UNA PROFICUA ALLEANZA

Sergio Bernardini, Simona Martello

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia, Università di Tor Vergata, Roma

Definizioni biochimico-cliniche in tossicologia

La tossicologia è lo studio degli effetti indesiderati delle sostanze chimiche sull’organismo che si realizza esaminando la natura di questi effetti (inclusi i meccanismi d’azione cellulari, biochimici e molecolari) e valutando la possibilità che essi si verifichino.

Gli effetti tossici di una sostanza possono essere immediati o ritardati, come anche reversibili o irreversibili; la reversibilità o irreversibilità dell’effetto dipende principalmente dalle capacità di rigenerazione del tessuto interessato.

Un’altra distinzione fra i vari tipi di effetti tossici riguarda il sito d’azione. Gli effetti locali sono quelli che si verificano nel sito di primo contatto tra il sistema biologico e l’agente tossico. Invece gli effetti sistemici sono quelli che richiedono l’assorbimento e la distribuzione dell’agente tossico dal suo sito d’entrata a un punto lontano ove è in grado di produrre i suoi effetti tossici. La maggior parte delle sostanze produce effetti sistemici; per alcune sostanze sono stati dimostrati effetti sia locali sia sistemici. In genere gli agenti chimici che causano effetti sistemici producono la loro massima tossicità in uno o due organi, definiti organi bersaglio della tossicità; spesso l’organo bersaglio non corrisponde al sito di massima concentrazione dell’agente chimico.

L’interazione tra sostanze chimiche può avvenire con diversi meccanismi: alterazione dell’assorbimento, del legame con le proteine, del metabolismo (o biotrasfomazione) o dell’escrezione di una o più delle sostanze coinvolte. Oltre ai fenomeni di interazione, la risposta dell’organismo alla combinazione di diverse sostanze tossiche può risultare aumentata o diminuita a causa degli effetti tossici indotti nel sito d’azione.

Si ha un effetto additivo quando due sostanze somministrate contemporaneamente producono un effetto pari alla somma degli effetti indotti da ciascuna di esse somministrata singolarmente; è l’effetto più comune. Si ha un effetto sinergico quando la combinazione di due sostanze produce effetti maggiori della somma degli effetti indotti dalle sostanze somministrate singolarmente. Si ha potenziamento quando una sostanza è di per sé priva di effetti tossici, ma se somministrata contemporaneamente a un’altra questa la rende più tossica.

L’antagonismo è la situazione in cui due o più sostanze interferiscono fra di loro. Esistono quattro categorie fondamentali di antagonismo: l’antagonismo funzionale (quando due sostanze hanno effetti contrapposti sulla stessa funzione fisiologica), l’antagonismo chimico o inattivazione (quando fra le sostanze coinvolte avviene una reazione chimica che generalmente dà esito a un prodotto meno tossico), l’antagonismo cinetico (quando vengono alterati l’assorbimento, il metabolismo, la distribuzione o l’escrezione di una delle sostanze, la cui concentrazione e/o durata dell’effetto sull’organo bersaglio risulterà diminuita) e l’antagonismo recettoriale (quando l’effetto combinato di sostanze che si legano allo stesso recettore è minore della somma degli effetti indotti da ciascuna sostanza somministrata singolarmente o quando una sostanza antagonizza gli effetti di un’altra sostanza).

La tolleranza è la condizione di diminuita risposta all’effetto tossico di una sostanza dovuta a una precedente esposizione alla sostanza stessa o a un’altra strutturalmente simile; i principali

meccanismi responsabili della tolleranza sono una diminuita quantità di sostanza che raggiunge il sito in cui viene prodotto l’effetto tossico (tolleranza cinetica) e una ridotta reattività del tessuto. Gli effetti tossici su un sistema biologico non vengono prodotti senza che l’agente o i suoi metaboliti raggiungano i siti appropriati dell’organismo a una concentrazione e per un tempo sufficienti a evocare l’effetto tossico. Quindi la risposta tossica dipende dalle proprietà chimico-fisiche dell’agente, dalla sede di esposizione, dal metabolismo dell’agente e dalla suscettibilità del sistema biologico o dell’individuo.

Le più importanti vie attraverso cui gli agenti tossici hanno accesso all’organismo sono il tratto gastroenterico (ingestione), i polmoni (inalazione), la pelle (via topica, percutanea o dermica) e le altre vie parenterali. Generalmente gli agenti tossici producono gli effetti maggiori e le risposte più rapide quando vengono iniettati direttamente nel torrente circolatorio. Il “veicolo” (ovvero il materiale in cui l’agente tossico è disciolto) e altri fattori della formulazione possono alterare notevolmente l’assorbimento; inoltre anche la via di somministrazione può influenzare la tossicità degli agenti.

Siccome ogni sostanza è sottoposta a un processo di biotrasformazione (detto metabolismo) che ha lo scopo di trasformare le sostanze estranee in composti più polari e più idrosolubili per aumentarne l’escrezione, per la valutazione del potenziale tossico di uno xenobiotico è importante tenere presenti non solamente gli effetti tossici della sostanza tossica in quanto tale, ma anche quelli dei suoi metaboliti. Questo è di particolare importanza nella valutazione dell’azione di un farmaco, dove i metaboliti da una parte possono essere le sostanze che esplicano l’effettiva azione farmacologica (essendo quindi la sostanza somministrata un profarmaco), ma dall’altra possono ricoprire un’importante azione tossica.

La biotrasformazione di una sostanza può portare alla formazione di metaboliti inattivi, di metaboliti attivi (con spettro d’azione uguale o diverso rispetto a quello della sostanza originaria) e metaboliti decisamente tossici.

La sede principale del metabolismo è il fegato, ma anche polmoni, fegato e intestino hanno una capacità metabolica significativa e ogni tessuto è dotato di una certa capacità metabolica.

Una caratteristica degli enzimi epatici è che la loro sintesi e attività possono aumentare in seguito alla somministrazione ripetuta di sostanze come farmaci, pesticidi, sostanze chimiche di origine industriale e alimenti (un esempio su tutti l’etanolo). L’induzione metabolica, particolarmente importante nel caso dei farmaci, si traduce in un’accelerazione del metabolismo e in una riduzione dell’azione non solo della sostanza induttrice, ma anche di altre sostanze somministrate contemporaneamente all’induttore.

Nel processo metabolico gli xenobiotici vengono trasformati in xenobiotici con attività minore o nulla rispetto al parentale (subendo quindi un processo di detossificazione) oppure in metaboliti con attività maggiore rispetto al parentale (subendo quindi un processo di bioattivazione).

Importante al riguardo è quindi l’utilizzo di opportuni biomarcatori che siano indice di alterazioni biochimiche o molecolari dovute allo xenobiotico e che siano misurabili in campioni di liquidi biologici umani. Si possono considerare importanti:

– biomarcatori di esposizione, definibili come sostanze esogene o loro metaboliti o prodotti dell’interazione tra uno xenobiotico e una molecola o cellulare bersaglio e misurati in un compartimento dell’organismo (per esempio livelli urinari o plasmatici di composti esogeni e/o di loro metaboliti);

– biomarcatori di dose biologicamente efficace, che rappresentano una misura dell’esposizione più vicina al bersaglio (es. addotti al DNA o alle proteine plasmatiche di composti esogeni);

– biomarcatori di effetti biologici, che evidenziano un’alterazione biochimica, fisiologica o di altro tipo misurabile in un organismo che, a seguito dell’esposizione a un determinato fattore di rischio e a seconda dell’entità, indica un danno effettivo o potenziale alla salute

o una vera e propria patologia (per esempio aberrazioni cromosomiche o scambio di cromatidi fratelli);

– biomarcatori di suscettibilità, che evidenziano la diminuzione intrinseca o acquisita della capacità di un organismo di rispondere ai possibili effetti dell’esposizione a un determinato xenobiotico (per esempio lo studio dei genotipi che caratterizzano il polimorfismo di enzimi coinvolti nel metabolismo dei tossici) (1-3).

Tossicologia forense in biochimica clinica

I laboratori di biochimica clinica sono sempre più integrati con i laboratori di tossicologia forense; basti pensare che la nuova Legge n. 41 del 23 marzo 2016 sull’omicidio stradale coinvolge attivamente il laboratorio per analisi di sostanze d’abuso richieste direttamente dalle forze dell’ordine intervenuti in un incidente stradale. La tossicologia forense ha ampliato il suo campo di interesse; il suo compito primario è quello di studiare il rapporto tra uomo e agente tossico in relazione all’applicazione di specifici disposti di legge. Questa è una peculiarità che contraddistingue la tossicologia forense e che la porta ad approfondire problematiche tra loro diverse: analisi su cadavere prettamente legate alla medicina legale, analisi sull’utilizzo voluttuario di sostanze stupefacenti e alcol, rischio chimico nell’ambiente lavorativo, il doping, l’inquinamento ambientale e la tossicologia degli alimenti.

Negli ultimi anni ormai sono state immesse nel mercato clandestino, accanto alle droghe considerate classiche, in quanto da tempo presenti nel mercato illecito (cocaina, metadone, oppiacei, cannabinoidi, amfetamine, ecstasy), nuove droghe sintetiche, definite Nuove Sostanze Psicoattive (NSP). Proprio per questo l’elenco delle sostanze stupefacenti è sottoposto a continuo aggiornamento.

Questo ha portato a un importante sviluppo di applicazioni di tossicologia forense mediante l’utilizzo di strumentazione sempre più sofisticata che ha permesso di scoprire nuove sostanze immesse sul mercato e poterle così identificare.

Le nuove sostanze psicoattive comprendono un ampio spettro di molecole differenti tra loro, molte delle quali non controllate a livello internazionale e con la caratteristica di mimare gli effetti delle sostanze stupefacenti tradizionali. Le NSP sono sostanze chimiche che si presentano in forma solida o liquida, in forma di medicamento, come compresse o capsule.

Tra le sostanze che sono state trovate vi sono cannabinoidi sintetici, spesso contenuti in miscele di erbe, catinoni sintetici, fenetilamine, piperazine, triptamine, ketamina, GHB (Gamma

HydroxyButyrate) e GBL (Gamma-ButyroLactone) e altro.

Il Dipartimento delle Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri riporta che dal 2009 al 2013 sono state segnalate da parte dell’Osservatorio Europeo e dei centri collaborativi italiani, nel Sistema di Allerta Precoce oltre 280 nuove molecole, tra cui soprattutto cannabinoidi sintetici, catinoni sintetici e fenetilamine.

La comparsa di nuove molecole psicoattive è un fenomeno che dobbiamo considerare dinamico, rispondendo infatti a richieste di nuove sostanze da parte del mercato, mercato che a sua volta riflette naturalmente lo stato legale delle molecole che sono state bandite.

La disponibilità di queste nuove molecole era fino al 2011 negli smart shop in varie città italiane, ma l’aggiornamento rapido delle tabelle nel DPR 309/1990 e successive modifiche e integrazioni e l’attività di contrasto da parte delle forze dell’ordine hanno ridotto di molto la loro presenza in questi posti, anche se le NSP sono ampiamente disponibili in internet.

Nel 2013 la Commissione Europea ha proposto di rendere illegali tali sostanze; in particolare la proposta distingue fra sostanze a rischio moderato, che subiscono una restrizione al mercato

dei consumatori, e quelle a rischio alto, che subiscono invece una restrizione completa e sono soggette a provvedimenti di tipo penale.

Scelta della matrice biologica

Nella biochimica clinica, così come nella tossicologia forense, è fondamentale sapere scegliere il tipo di matrice biologica, scelta che dipende dalla finalità dell’accertamento.

Le matrici biologiche più comunemente utilizzate nella biochimica clinica sono rappresentate da urina, sangue e derivati del sangue (plasma e siero). Diversamente dalla tossicologia forense infatti la matrice cheratinica non trova una applicazione di routine in questo campo.

La tossicologia di urgenza è la parte della biochimica clinica che ha più punti di incontro con la tossicologia forense, infatti dovendo dimostrare una attualità d’uso la matrice da utilizzare è il sangue. Se invece è necessario dimostrare un utilizzo della sostanza nei giorni precedenti alla raccolta si utilizza l’urina.

Sangue

Il campione ematico dà indicazioni su una esposizione recente a una sostanza. L’uso di questa matrice è limitato da vari fattori, in particolare dall’invasività del prelievo e dalla difficoltà ad avere volumi importanti di campione. L’analisi del campione ematico risulta però molto importante nelle indagini forensi dove spesso è necessario sapere se un soggetto è sotto effetto di una determinata sostanza e se è in atto una intossicazione acuta dalla sostanza. Pertanto è la matrice di prima scelta nei casi di incidenti stradali ai sensi degli articoli 186 e 187 del Codice della Strada e ai sensi della Legge 41/2016, così come nei casi medico-legali con interesse tossicologico-forense.

Urine

L’urina è il tipo di campione più utilizzato e presenta vari vantaggi quali ad esempio la non invasività del prelievo, la possibilità di campionare grandi volumi di campione e di analizzare i metaboliti delle sostanze anche a distanza di giorni.

Il tempo di permanenza delle sostanze d’abuso nella matrice urinaria dipende da vari fattori: la farmacocinetica della sostanza, e quindi la sua emivita e la variabilità della clearance renale della persona ma anche dal tempo intercorso tra assunzione e prelievo del campione o dal pH delle urine.

Un limite del campione urinario è la sua facile adulterazione con varie sostanze o la sua facile diluizione con lo scopo, in entrambi i casi, di mascherare un’eventuale assunzione e rendere così il campione “negativo”. In questo senso, come è riportato nel paragrafo relativo alla valenza medico-legale delle analisi tossicologiche, il laboratorio può adottare procedure di controllo tramite catena di custodia e procedure analitiche che mettano in luce l’autenticità e l’integrità del campione prelevato.

Procedure analitiche

Il tipo di strategia che un laboratorio deve adottare nella scelta della tecnica analitica dipende essenzialmente dalla finalità delle analisi, fermo restando che una positività a una tecnica di screening necessita sempre di una analisi di conferma, in quanto le tecniche di screening sono poco specifiche e pertanto possono dare risultati falsi positivi.

Le tecniche di screening sono comunque utili in quanto riescono in modo pratico e in poco tempo a esaminare un numero elevato di campioni. Proprio per questo motivo, questo tipo di tecnica trova ampia applicazione nella biochimica clinica di urgenza in quanto permette una rapida risposta e quindi rapida risoluzione di una emergenza.

Analisi di screening

I test di screening sono essenzialmente di tipo immunochimico e si basano su una reazione competitiva per un sito specifico di legame di un anticorpo tra un antigene marcato e l’antigene non marcato, ossia la sostanza da ricercare nel campione. L’anticorpo lega entrambi gli antigeni ma più antigene è presente nel campione e meno antigene marcato verrà legato, così si avrà una quantità diversa di antigene marcato libero, quantità che è inversamente proporzionale alla quantità di antigene nel campione. Pertanto al momento della saturazione sarà possibile calcolare la quantità di antigene marcato legato e la quantità di quello libero. La misura del segnale prodotto dall’antigene marcato metterà in rilievo la reazione primaria con l’anticorpo e permetterà di misurare l’entità della competizione.

I test immunochimici possono essere un fase omogenea o eterogenea ma i più idonei per la tossicologia forense sono quelli di tipo omogeneo, vale a dire quelli in cui, al momento della misura della reazione, non è necessario separare la frazione libera di antigene marcato da quella legata all’anticorpo. Sono test immunochimici in fase omogenea quelli immunoenzimatici (Enzymemultiplied Immunoassay Tecnique, EMIT), mentre sono test in fase eterogenea quelli radioimmunologici (RadioImmunoAssay, RIA).

Come detto, nella tossicologia forense trovano ormai applicazione esclusivamente i test immunoenzimatici, a causa del fatto che questi metodi sono diretti, automatizzati, veloci e di facile esecuzione, richiedono piccoli volumi di campione e forniscono una risposta semiquantitativa.

Nella biochimica clinica il RIA, che se in modo sempre più limitato, ma trova sempre possibile applicazione nel dosaggio di alcuni ormoni e marker tumorali.

Analisi di conferma

I test cromatografici di conferma sono esami altamente specifici, che distinguono all’interno di una classe di sostanze le singole sostanze, e con una sensibilità maggiore dei test di screening.

Le tecniche cromatografiche più utilizzate nei laboratori di tossicologia forense sono la cromatografia (gassosa o liquida) abbinata alla spettrometria di massa. In entrambi i casi i composti di una miscela vengono separati in quanto trattenuti da una fase stazionaria (colonna cromatografica) e allo stesso tempo trascinati da una fase mobile (gassosa o liquida) in modo differente, a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche di ognuno di essi. A seconda del tipo di analizzatore o detector interfacciato al cromatografo si avranno tecniche analitiche differenti, ma le più idonee per le applicazioni di tipo forense sono quelle in cui viene interfacciato al cromatografo uno spettrometro di massa: la gas cromatografia abbinata alla spettrometria di massa (Gas Chromatography-Mass Spectrometry, GC-MS) e la cromatografia liquida abbinata

alla spettrometria di massa (Liquid Chromatography-Mass Spectrometry LC-MS). Questo tipo di tecniche forniscono per ogni molecola uno spettro di massa, vale a dire un grafico specifico in cui viene riportata l’intensità relativa di ogni ione rispetto al rapporto massa-carica (m/z, cioè la massa di una data particella m con il numero di cariche z che la particella porta). Questo tipo di tecniche possono distinguere, ad esempio, le singole sostanze della classe degli oppiacei, e quindi morfina, codeina, 6-monoacetilmorfina, per il loro diverso spettro di massa e, grazie all’utilizzo della LC-MS, possono anche individuare altri metaboliti quali ad esempio la morfina-3-glucuronide e la morfina-6-glucuronide. Questo perché la LC-MS è un tipo di tecnica che permette di analizzare, a differenza della GC-MS, anche molecole termolabili e idrofile come ad esempio i glucuronidi.

I metodi cromatografici adottati da ogni laboratorio devono essere validati dal laboratorio stesso calcolando diversi parametri e in particolare precisione, accuratezza, LOD, LOQ, robustezza e specificità.

Conclusioni

Le due discipline hanno tra loro molti punti in comune, in particolare il tipo di matrici biologiche utilizzate e le tecniche analitiche applicate. Quello che le distingue e le rende peculiari l’una rispetto all’altra è soprattutto la finalità con cui vengono eseguite le analisi stesse.

La biochimica clinica ha finalità di ausilio alla terapia medica e terapia medica come anche ha grande utilità nella medicina di urgenza.

La tossicologia forense ha come scopo principale quello di studiare il rapporto tra uomo e agente tossico in relazione all’applicazione di specifici disposti di legge. Il suo legame con le normative in ambito penale fa sì che, per eseguire analisi tossicologiche di tipo forense, non basta essere un laboratorio di analisi chimico-cliniche certificato secondo standard nazionali, ma è necessario seguire requisiti specifici necessari per garantire la qualità in ambito forense. I requisiti sono non di tipo analitico ma di tipo culturale, che portano a ottenere una specifica preparazione di tipo universitaria nelle scienze forensi. È necessario che un laboratorio di analisi, anche di tipo farmaco-tossicologico, consegua questo requisito aggiuntivo per eseguire analisi in campo medico-legale che ricadono anche nel campo giudiziario.

Bibliografia

1. Klaassen CD, Watkins III JB. Casarett&Doull’s. Elementi di tossicologia. Roma: Casa Editrice Ambrosiana; 2013.

2. Lu FC, Kacew S. Elementi di tossicologia. Roma: EMSI; 2015

3. Hayes AW, Kruger CL. Principles and methods of toxicology. Boca Raton, Florida, Stati Uniti: CRC Press; 2014.